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Pagina 15
[ cyborg ]
Nella fantascienza americana la
figura del cyborg nasce abbastanza
presto, negli anni Venti, ed è piú
o meno contemporanea a quelle del
robot e dell'androide, che la
fantascienza riprende da tradizioni
e contesti piú antichi. Il termine,
in quegli anni, non è stato ancora
coniato (lo sarà solo nel 1960, e
non da uno scrittore di
fantascienza, ma da due medici del
Rockland State Hospital di New
York, Manfred Clynes e Nathan
Kline, nell'ambito di studi
finalizzati all'astronautica): ma
sulla natura dei nuovi esseri non
possono esserci dubbi. L'uomo dell'
8000 d.C. con un meccanismo a
orologeria nella testa con il quale
può passeggiare nel tempo e in
dimensioni sconosciute ("The
Clockwork Man" di E.V. Odle, 1923);
i cervelli immortali racchiusi in
involucri metallici che progettano
di spostare la Terra dalla sua
orbita per attrarla in quella della
loro cometa e cosí conquistarla
("The Comet Doom" di Edmond
Hamilton, 1928); Il professor
Jameson, che sopravvive alla
distruzione della razza umana
grazie, anch'egli,
all'inscatolamento del cervello, e
scorrazza per i mondi nel secolo
XXV ("The Jameson Satellite" di
Neil R. Jones, 1931, primo racconto
di una lunga e fortunata serie):
ecco i primi ibridi uomo-macchina
della fantascienza dei "pulps".
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[ fisica newtoniana, spazio ]
Ma ben presto le cose cambiano.
La diffusione della versione
ottocentesca, meccanicistica, della
fisica newtoniana aveva portato il
colpo di grazia alle valenze
simboliche di cui era dotata la
geometria dell'universo nella
visione medioevale, in cui l'alto e
il basso, il noto e l'ignoto
corrispondevano, come abbiamo
visto, a qualità «morali» e
postulavano quindi un genere ben
preciso di abitatori. Lo spazio
nella visione meccanicistica è un
contenitore (nelle versioni piú
ingenue) o una funzione mentale (in
quelle piú agguerrite, che tengono
conto della lezione di Kant), ma
comunque omogeneo ed isotropo: non
ha piú direzioni né dimensioni
privilegiate. Il mostro parrebbe
quindi libero, in linea di
principio, di abitare dove piú gli
aggrada, l'assioma baconiano ha
perso validità. E lo spazio, anche
se sconosciuto, è nella sua essenza
tutto prevedibile e percorribile.
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[ intelligenza artificiale, Searle, cyborg, mente/corpo, funzionalismo ]
... I critici del programma di
ricerca dell'Intelligenza
Artificiale, fra i quali si
annovera Searle, non si richiamano
affatto a posizioni, per cosí dire,
«idealiste», ma al contrario
fortemente materialiste, e
identificano il pensiero con
l'attività di una macchina
particolare quale è il cervello:
per questo trovano inconcepibile
che si possano attribuire
caratteristiche «intelligenti» a
qualcosa di immateriale quale è un
programma, per quanto complesso
sia. I sostenitori dell'
Intelligenza Artificiale, al
contrario, sembrano poco
interessati alla questione
«metafisica» del supporto materiale
dei processi intelligenti, e si
concentrano su un modello della
mente, per cosí dire, «funzionale»,
piú attento ai modi di
funzionamento, alle relazioni, ecc.
In questo senso il loro
atteggiamento sembra abbastanza
vicino a quello dei medici e degli
ingegneri della NASA che per primi,
negli anni Sessanta, teorizzarono i
cyborgs spaziali. «Io credo la che
la vita sia piú una questione di
relazioni e di organizzazione che
di materiale», dichiara Manfred
Clybes. È chiaro che questa
visione del problema, che accantona
come irrilevante, piú che assumere
una posizione precisa, l'antico
dilemma mente/corpo, sembra la piú
adatta ad assicurare una pacifica
integrazione fra uomo e macchina.
In questa prospettiva il cyborg è
una figura molto meno conflittuale
di quanto non appaia nelle opere
letterarie.
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[ intelligenza artificiale, Turing, macchina, video, computer ]
... Una delle prime procedure
proposte per decidere il carattere
«intelligente» dell'attività di una
macchina è il cosiddetto test di
Turing, che consiste nel sottoporre
al giudizio di un esterno una serie
di elaborati (sostanzialmente
risposte a domande) che provengono
da due interlocutori invisibili al
giudice, uno dei quali è un uomo e
l'altro una macchina. Quest'ultima
supera il test se il giudice non
riesce a identificare le sue
risposte in una percentuale
significativa di casi. Questa
immagine di una stanza chiusa da
cui escono informazioni, risposte,
fogli ricoperti di segni di
scrittura o immagini, acquista un
significato che va al di là del
contesto strettamente scientifico
in cui viene usata dai ricercatori.
Essa richiama da vicino
l'esperienza che abbiamo quando
guardiamo un televisore o usiamo un
computer: un mondo piatto,
bidimensionale ( i termini sono
descrittivi, non valutativi) quello
del video, un mondo discreto,
segmentato, scomposto in tanti
piccoli movimenti elementari, in
tante posizioni atomiche quello del
computer. È del tutto normale che
in un lavoro scientifico si proceda
in questo modo, per astrazioni e
quindi per sottrazioni di attributi
agli oggetti che devono essere
studiati. Tuttavia, non possiamo
evitare di provare un certo
brivido, una sensazione di disagio
quando l'oggetto di questo studio è
la nostra mente. Non possiamo fare
a meno di contemplare con un certo
straniamento il mondo segmentato e
quantizzato del video e del
computer: tanto piú se vediamo,
anche senza disperazione, che esso
coincide sempre piú, in senso
letterale, con la realtà in cui
viviamo. Tanto piú se ci accorgiamo
che alla segmentazione e alla
quantizzazione del mondo
corrisponde sempre piú una
frammentazione e una discontinuità
del nostro mondo interiore,
dell'insieme di attività che siamo
soliti chiamare « io ».
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