Autore Sean Carroll
Titolo Qualcosa di nascosto a fondo
SottotitoloIl mondo dei quanti e l'emergere dello spaziotempo
EdizioneEinaudi, Torino, 2020, Saggi 1006 , pag. 296, ill., cop.rig.sov., dim. 15,5x23,7x2 cm , Isbn 978-88-06-24577-1
OriginaleSomething Deeply Hidden
TraduttoreDaniele A. Gewurz
LettoreCorrado Leonardo, 2021
Classe fisica , storia della scienza , epistemologia












 

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Indice


VII Prologo. Non abbiate paura


    Qualcosa di nascosto a fondo


    Parte prima   Inquietante

  5 I.    Che cosa succede
          Guardiamo il mondo quantistico

 18 II.   La formulazione coraggiosa
          La meccanica quantistica austera

 32 III.  Come si fa a pensare a una cosa simile?
          Come si è arrivati alla meccanica quantistica

 55 IV.   Ciò che non si può sapere, perché non esiste
          Indeterminazione e complementarità

 75 V.    Entangled Up in Blue
          Funzioni d'onda di molte parti


    Parte seconda   Divisione

 93 VI.   Dividere l'universo
          Decoerenza e mondi paralleli

110 VII.  Ordine e casualità
          Da dove viene la probabilità

130 VIII. Questo impegno ontologico m'ingrossa?
          Un dialogo socratico sui rompicapi quantistici

152 IX.   Altri modi
          Alternative ai molti mondi

177 X.    Il lato umano
          Vivere e pensare in un universo quantistico


    Parte terza   Spaziotempo

197 XI.   Perché esiste lo spazio?
          Emergenza e località

212 XII.  Un mondo di vibrazioni
          Teoria quantistica dei campi

229 XIII. Respirare nello spazio vuoto
          Trovare la gravità all'interno della meccanica quantistica

250 XIV.  Al di là dello spazio e del tempo
          L'olografia, i buchi neri e i limiti della località


265 Epilogo. Tutto è quantistico

268 Appendice. La storia delle particelle virtuali

277 Ringraziamenti
279 Ulteriori letture
281 Riferimenti bibliografici
287 Indice analitico


 

 

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Pagina VII

Prologo

Non abbiate paura


Non serve un dottorato in fisica teorica per aver paura della meccanica quantistica. Ma aiuta.

Può sembrare strano. La meccanica quantistica è la nostra migliore teoria sul mondo microscopico. Descrive come gli atomi e le particelle interagiscono attraverso le forze fisiche e fa previsioni sperimentali incredibilmente precise. Certo, la meccanica quantistica ha la reputazione di essere difficile e misteriosa, appena appena al di qua della magia. Ma almeno i fisici professionisti dovrebbero sentirsi relativamente a proprio agio con una teoria cosí. Fanno in continuazione calcoli complessi sui fenomeni quantistici e costruiscono macchine gigantesche che servono a verificare le loro previsioni. Non è che avranno finto per tutto questo tempo, no?

No, certo, ma non sono nemmeno stati del tutto sinceri con se stessi. Da un lato, la meccanica quantistica è il cuore e l'anima della fisica contemporanea. Astrofisici, fisici delle particelle, fisici atomici, fisici del laser: tutti usano in continuazione la meccanica quantistica e la conoscono molto bene. Non stiamo parlando solo di ricerche avanzatissime. La meccanica quantistica è onnipresente nella tecnologia contemporanea: semiconduttori, transistor, microchip, laser e memorie dei computer si basano sulla meccanica quantistica per funzionare. Se è per questo, la meccanica quantistica è indispensabile per dare un senso ai fenomeni piú elementari del mondo che ci circonda. Fondamentalmente tutta la chimica è meccanica quantistica applicata. Per capire come splende il Sole o perché i tavoli sono solidi, serve la meccanica quantistica.

Immaginiamo di chiudere gli occhi. Presumibilmente è tutto buio. Sembra ovvio, perché non arriva luce, ma non è esattamente cosí; la luce infrarossa, che ha una lunghezza d'onda di poco maggiore della luce visibile, viene emessa continuamente da qualsiasi oggetto caldo, e quindi anche dal nostro corpo. Se gli occhi fossero sensibili alla luce infrarossa come lo sono a quella visibile saremmo accecati dalla luce emessa dai nostri stessi globi oculari, anche con le palpebre abbassate. Ma i bastoncelli e i coni che agiscono da recettori di luce negli occhi sono sensibili alla luce visibile e non a quella infrarossa. Come ci riescono? In ultima analisi, la risposta viene dalla meccanica quantistica.

La meccanica quantistica non è magia. È la visione della realtà piú profonda e piú completa che conosciamo. Per quanto ne sappiamo attualmente, non è solo un'approssimazione della verità: è la verità. Questo discorso potrà cambiare di fronte a risultati sperimentali inaspettati, ma finora non abbiamo nulla che ci faccia pensare a sorprese simili. Lo sviluppo della meccanica quantistica a opera di nomi come Planck , Einstein , Bohr , Heisenberg , Schrödinger e Dirac ci ha lasciato nel 1927 con una teoria matura che è sicuramente uno dei piú grandi successi intellettuali della storia umana. Abbiamo tutti i motivi per esserne orgogliosi.

D'altro canto, per dirla con le memorabili parole di Richard Feynman: «Credo di poter dire con sicurezza che nessuno ancora comprende la meccanica quantistica». Usiamo la meccanica quantistica per progettare nuove tecnologie e prevedere i risultati degli esperimenti, ma i fisici onesti ammettono che non capiamo veramente la meccanica quantistica. Abbiamo una ricetta che sappiamo bene come applicare in determinate situazioni specifiche, e che ci fornisce previsioni precisissime, confermate trionfalmente dai dati. Ma se vogliamo scavare piú a fondo e chiederci che cosa stia succedendo davvero, la risposta è che non lo sappiamo. I fisici tendono a trattare la meccanica quantistica come un robot senza cervello su cui fanno affidamento per svolgere determinati compiti, non come un amato membro della famiglia a cui tengono a livello personale.

Questo atteggiamento dei professionisti passa anche nel modo in cui la meccanica quantistica viene presentata al pubblico. Quello che ci piacerebbe è offrire un'immagine compiuta della natura, ma non lo sappiamo fare, dal momento che i fisici non sono d'accordo su che cosa dica davvero la meccanica quantistica. Le esposizioni divulgative tendono invece a sottolineare quanto la meccanica quantistica sia misteriosa, sconcertante, impossibile da capire. Questo messaggio va contro i principi alla base della scienza stessa, tra cui l'idea che il mondo sia fondamentalmente intelligibile. Abbiamo una specie di blocco mentale quando si parla di meccanica quantistica e abbiamo bisogno di un po' di terapia quantistica che ci aiuti a superarlo.

[...]

Questo libro ha tre messaggi principali. Il primo è che la meccanica quantistica dev'essere comprensibile; non ci siamo ancora, ma arrivare a questo livello dovrebbe essere un obiettivo prioritario della scienza contemporanea. La meccanica quantistica è l'unica tra le teorie fisiche a tracciare un'apparente distinzione tra ciò che vediamo e ciò che succede veramente. Questo pone una sfida insolita alle menti degli scienziati (e di tutti gli altri), che sono abituati a considerare senza problemi ciò che vediamo come «reale» e che lavorano per spiegare le cose di conseguenza. Ma questa sfida non è insormontabile, e se liberiamo la mente da certi modi di pensare intuitivi vecchio stile, scopriamo che la meccanica quantistica non è irrimediabilmente mistica o inspiegabile. È solo fisica.

Il secondo messaggio è che abbiamo già fatto grandi passi avanti in questa direzione. Mi concentrerò sull'approccio che ritengo di gran lunga la via piú promettente, la formulazione di Everett o dei molti mondi della meccanica quantistica. I molti mondi sono stati accolti con entusiasmo da un gran numero di fisici, ma hanno una fama dubbia presso chi ritiene sgradevole una proliferazione di altre realtà che contengono copie di se stessi. Se siete una di queste persone, voglio almeno convincervi che i molti mondi sono il modo piú puro di dare un senso alla meccanica quantistica: sono il punto a cui arriviamo se seguiamo semplicemente il percorso di minor resistenza nel prendere sul serio i fenomeni quantistici. In particolare, i mondi multipli sono previsioni del formalismo che è già in atto, non una cosa aggiunta a mano. I molti mondi non sono però l'unico approccio rispettabile e, infatti, menzionerò alcuni dei suoi principali concorrenti. (Cercherò di essere corretto, anche se non necessariamente imparziale). L'importante è che i vari approcci siano tutti teorie scientifiche ben costruite, con diverse possibili conseguenze sperimentali, e non solo «interpretazioni» bizantine di cui discutere al momento del cognac e dei sigari dopo aver finito il vero lavoro.

Il terzo messaggio è che tutto ciò è importante, e non solo per l'integrità della scienza. Il successo dell'attuale quadro della meccanica quantistica, adeguato ma non perfettamente coerente, non deve farci dimenticare che ci sono circostanze in cui questo approccio semplicemente non è all'altezza del compito. In particolare, quando cerchiamo di comprendere la natura dello spaziotempo, e l'origine e il destino finale dell'intero universo, le basi della meccanica quantistica sono assolutamente cruciali. Presenterò alcune proposte nuove, entusiasmanti e senza dubbio congetturali che istituiscono collegamenti provocatori tra l'entanglement quantistico e il modo in cui lo spaziotempo si curva e deforma: il fenomeno che in genere chiamiamo «gravità». Da ormai molti anni la ricerca di una teoria quantistica della gravità che sia completa e convincente è riconosciuta come obiettivo scientifico importante (prestigio, premi, rubare ricercatori alle altre università e così via). Il segreto forse è che non dobbiamo iniziare con la gravità e «quantizzarla», ma scavare a fondo nella meccanica quantistica e scoprire che vi si nascondeva da sempre la gravità.

Non lo sappiamo per certo. È l'entusiasmo e l'incertezza della ricerca piú avanzata. Ma è giunto il momento di prendere sul serio la natura fondamentale della realtà, e ciò significa confrontarsi faccia a faccia con la meccanica quantistica.

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Pagina 13

Mettiamo le regole della meccanica classica e di quella quantistica fianco a fianco per confrontarle. Lo stato di un sistema classico è dato dalla posizione e dalla velocità di ciascuna delle sue parti in movimento. Per seguirne l'evoluzione, usiamo una procedura come la seguente:


Regole della meccanica classica

1) Impostare il sistema fissando una posizione e una velocità per ciascuna parte.

2) Far evolvere il sistema usando i principi della dinamica di Newton.


Questo è quanto. Il diavolo è nei dettagli, ovviamente. Alcuni sistemi classici possono avere un numero enorme di parti in movimento.

Le regole della meccanica quantistica da libro di testo si dividono in due parti. Nella prima, abbiamo una struttura che è esattamente parallela a quella del caso classico, tranne che i sistemi quantistici sono descritti da funzioni d'onda anziché da posizioni e velocità. Cosí come i principi della dinamica di Newton governano l'evoluzione dello stato di un sistema nella meccanica classica, esiste un'equazione che governa l'evoluzione delle funzioni d'onda chiamata «equazione di Schrödinger». Possiamo esprimere l'equazione di Schrödinger come: «Il tasso di variazione di una funzione d'onda è proporzionale all'energia del sistema quantistico». Entrando appena piú in dettaglio, una funzione d'onda può rappresentare varie diverse possibili energie, e l'equazione di Schrödinger afferma che le parti ad alta energia della funzione d'onda si evolvono rapidamente, mentre quelle a bassa energia si evolvono molto lentamente. Il che ha senso, a pensarci.

Ai nostri fini l'importante è semplicemente che ci sia un'equazione cosí, che prevede come le funzioni d'onda si evolvono nel corso del tempo. Questa evoluzione è prevedibile e inevitabile come le traiettorie degli oggetti secondo le leggi di Newton nella meccanica classica. Finora non abbiamo detto niente di strano.

L'inizio della ricetta quantistica è piú o meno cosí:


Regole della meccanica quantistica (parte uno)

1) Impostare il sistema fissando una funzione d'onda Ψ.

2) Far evolvere il sistema usando l'equazione di Schrödinger.


Fin qui tutto bene: queste parti della meccanica quantistica sono esattamente analoghe a quelle corrispondenti in ambito classico. Però, laddove le regole della meccanica classica si fermano qui, quelle della meccanica quantistica continuano.

Tutte le regole extra riguardano le misurazioni. Quando eseguiamo una misura, come la posizione o lo spin di una particella, secondo la meccanica quantistica ci sono solo certi risultati che possiamo ottenere. Non sappiamo prevedere quale dei risultati sarà quello che troveremo, ma sappiamo calcolare la probabilità di ognuno di quelli possibili. E dopo che è stata svolta la misurazione, la funzione d'onda collassa a una funzione completamente diversa, in cui tutta la nuova probabilità si concentra sul risultato che abbiamo ottenuto. Quindi, se misuriamo un sistema quantistico, in generale il meglio che possiamo fare è prevedere le probabilità per vari risultati, ma se misurassimo di nuovo immediatamente la stessa grandezza, riotterremmo lo stesso risultato: quello su cui è collassata la funzione d'onda.

Scriviamolo dettagliatamente.


Regole della meccanica quantistica (parte due)

3) Ci sono alcune grandezze osservabili che possiamo decidere di misurare, come la posizione, e quando le misuriamo, otteniamo risultati ben precisi.

4) La probabilità di ottenere un risultato specifico si può calcolare dalla funzione d'onda, che associa un'ampiezza a ogni possibile risultato della misurazione; la probabilità di un risultato è il quadrato di questa ampiezza.

5) Al momento della misurazione, la funzione d'onda collassa. Qualunque distribuzione avesse prima della misura, dopo è concentrata sul risultato ottenuto.


In un corso di studi universitario moderno, quando si spiega per la prima volta la meccanica quantistica agli studenti di fisica vengono loro insegnate, in un modo o nell'altro, queste cinque regole. L'ideologia associata a questa presentazione - considera le misure come fondamentali, le funzioni d'onda collassano quando vengono osservate, non chiederti che cosa succede dietro le quinte - è detta a volte «interpretazione di Copenaghen» della meccanica quantistica. D'altro canto la gente, compresi i fisici di Copenaghen che avrebbero inventato questa interpretazione, non concorda su che cosa dovrebbe indicare questa etichetta. Possiamo solo pensarla come «meccanica quantistica standard dei libri di testo».

L'idea che queste regole rappresentino il modo in cui funziona effettivamente la realtà è, inutile dirlo, scandalosa.

Che cosa intendiamo esattamente con «misurazione»? Quanto dev'essere veloce? Che cos'è di preciso un apparecchio di misura? Deve essere umano, avere una certa quantità di coscienza o forse solo la capacità di codificare informazioni? O magari basta che sia macroscopico, e in tal caso quanto deve esserlo? Quando si verifica esattamente la misurazione e quanto dura? Come si verifica un collasso cosí vistoso della funzione d'onda? Se la funzione d'onda era molto ampia, il collasso avviene a velocità maggiore di quella della luce? E che cosa succede a tutte le possibilità che apparentemente erano consentite dalla funzione d'onda ma che non abbiamo osservato? Non c'erano mai state davvero? Svaniscono nel nulla?

Per dirla in maniera pii esplicita: perché i sistemi quantistici procedono in modo regolare e deterministico secondo l'equazione di Schrödinger fintanto che non li guardiamo, ma poi collassano vistosamente appena li guardiamo? Come fanno a saperlo e che gliene importa? (Non vi preoccupate, risponderemo a tutte quelste domande).

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Pagina 37

Alla fine dell'Ottocento i fisici cominciavano a mettere a fuoco i contorni di una teoria completa del mondo. La materia era composta di atomi, che erano composti di particelle piú piccole, che interagivano attraverso varie forze trasportate dai campi, tutte operanti sotto l'egida della meccanica classica.


Di cosa è fatto il mondo (XIX secolo)

• Particelle (puntiformi, compongono la materia).

• Campi (pervadono lo spazio, danno origine alle forze).


Nel corso del XX secolo sarebbero state scoperte nuove particelle e forze, ma nel 1899 non era folle pensare che l'immagine complessiva fosse sotto controllo. La rivoluzione quantistica era in agguato dietro l'angolo, perlopiú insospettata.

Se avete letto qualcosa sulla meccanica quantistica, probabilmente la domanda non vi è nuova: «Un elettrone è una particella o un'onda?» La risposta è: «È un'onda, ma quando guardiamo (cioè misuriamo) questa onda sembra una particella». Ecco a voi la novità fondamentale della meccanica quantistica. Esiste solo un tipo di oggetto, la funzione d'onda quantistica, ma quando la si osserva nelle giuste circostanze ci appare in sembianze di particella.


Di cosa è fatto il mondo (XX secolo e oltre)

• Una funzione d'onda quantistica.


Ci sono volute varie rivoluzioni concettuali per passare dall'immagine del mondo del XIX secolo (particelle classiche e campi classici) alla sintesi del XX secolo (una singola funzione d'onda quantistica). La storia di come particelle e campi siano aspetti diversi dello stesso ente fondamentale è uno dei trionfi sottovalutati della ricerca di un'unificazione in fisica.

Per arrivarci, i fisici dei primi del Novecento dovettero rendersi conto di due cose: i campi (come l'elettromagnetismo) possono comportarsi in modo simile alle particelle e le particelle (come gli elettroni) possono comportarsi in modo simile alle onde.

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Pagina 170

Esaminando alcuni modi per eliminare i molti mondi implicati da una versione pura e dura del formalismo quantistico, abbiamo preso in considerazione di eliminare i mondi in base a un evento casuale (GRW) o di arrivare a una sorta di soglia ( Penrose ) o di selezionare mondi specifici come reali aggiungendo ulteriori variabili (de Broglie-Bohm). Che altro rimane?

Il problema è che la comparsa di molteplici rami della funzione d'onda è automatica se accettiamo le funzioni d'onda e l'equazione di Schrödinger. Quindi le alternative che abbiamo considerato finora o eliminano questi rami o postulano qualcosa che ne individua uno come speciale.

C'è una terza possibilità: negare proprio la realtà della funzione d'onda.

Con ciò non intendiamo negare l'importanza centrale delle funzioni d'onda nella meccanica quantistica. Possiamo benissimo usarle, ma non affermando che rappresentano parte della realtà. Potrebbero semplicemente descrivere la nostra conoscenza; nello specifico, la conoscenza incompleta,che abbiamo circa il risultato di future misurazioni quantistiche. È il cosiddetto approccio «epistemico» alla meccanica quantistica, in quanto considera che le funzioni d'onda catturino qualcosa di ciò che sappiamo, contrapposto agli approcci «ontologici» che trattano la funzione d'onda come un ente che descrive la realtà oggettiva. Dato che le funzioni d'onda sono di solito indicate con la lettera greca Ψ (psi), i sostenitori degli approcci epistemici alla meccanica quantistica a volte prendono in giro gli everettiani e altri realisti delle funzioni d'onda chiamandoli «psi-ontologi» [Che in inglese suona in modo simile a «scientologi» N.d.T.].

Abbiamo già notato che una strategia epistemica non può funzionare nel modo piú ingenuo e diretto. La funzione d'onda non è una distribuzione di probabilità; le vere distribuzioni di probabilità non sono mai negative, e quindi non possono portare a fenomeni di interferenza come quelli che osserviamo nell'esperimento della doppia fenditura. Anziché arrenderci, però, possiamo provare a essere un po' piú sofisticati nel modo in cui pensiamo al rapporto tra la funzione d'onda e il mondo reale. Possiamo immaginare di costruire un formalismo che ci consenta di utilizzare le funzioni d'onda per calcolare le probabilità associate ai risultati sperimentali, senza al contempo associargli alcuna realtà sottostante. Questo è l'obiettivo che si prefiggono gli approcci epistemici.

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Pagina 174

La comunità di coloro che si occupano dei fondamenti della fisica, che è piena di persone intelligenti che hanno pensato a fondo a questi problemi, non ha raggiunto un'unanimità sul miglior approccio alla meccanica quantistica. Uno dei motivi è che si arriva a questo problema da basi diverse, e quindi con priorità diverse in mente. I ricercatori di fisica fondamentale - teoria delle particelle, relatività generale, cosmologia, gravità quantistica - tendono a preferire l'approccio di Everett, ammesso che si degnino di prendere una posizione sui fondamenti quantistici. Infatti la teoria dei molti mondi è estremamente robusta per quanto riguarda gli enti fisici che descrive. Prendiamo un insieme di particelle, campi e qualsiasi altra cosa insieme alle regole su come interagiscono, e sarà semplice adattare questi elementi in un quadro everettiano. Altri approcci tendono a essere piú schizzinosi, richiedendo di partire da zero per capire che cosa dice la teoria in ogni nuovo caso. Se si ammettesse di non sapere davvero quale sia la teoria fondamentale di particelle, campi e spaziotempo, sarebbe un'impresa estenuante, mentre i molti mondi sono un luogo di riposo naturale e facile. Per dirla con David Wallace: «L'interpretazione di Everett (nella misura in cui è filosoficamente accettabile) è l'unica strategia interpretativa attualmente adatta a dare un senso alla fisica quantistica come la comprendiamo».

C'è però anche un altro motivo, piú basato sullo stile personale. Praticamente tutti concordano sul fatto che bisogna andare in cerca di idee semplici ed eleganti quando cerchiamo spiegazioni scientifiche. Che un'idea sia semplice ed elegante non significa che sia corretta - lo decidono i dati -, ma quando ci sono piú possibili idee che competono per la supremazia e non abbiamo dati a sufficienza per scegliere, è naturale dare un po' piú di credito a quelle piú semplici ed eleganti.

La domanda è: «Chi decide che cosa è semplice ed elegante?»

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Pagina 187

Allo stesso modo, la meccanica quantistica non ha nulla a che fare con la questione del libero arbitrio. È naturale pensarlo, poiché il libero arbitrio è spesso contrapposto al determinismo, l'idea che il futuro sia completamente determinato dallo stato attuale dell'universo. Dopotutto, se il futuro è determinato, che spazio abbiamo noi per compiere scelte? Nella meccanica quantistica come viene presentata nei libri di testo i risultati delle misurazioni sono veramente casuali e quindi la fisica non è deterministica. Forse ciò apre uno spiraglio nel quale far rientrare il libero arbitrio, dopo che il rigido paradigma newtoniano della meccanica classica l'aveva bandito?

Questo ragionamento è cosí sbagliato che è difficile decidere da dove cominciare.

[...]


Sarei negligente se parlassi del lato umano dei molti mondi senza affrontare la questione della coscienza. Da tempo si afferma che la coscienza umana è necessaria per comprendere la meccanica quantistica o che la meccanica quantistica può essere necessaria per comprendere la coscienza. Gran parte di ciò si può attribuire all'impressione che sia la meccanica quantistica che la coscienza sono misteriose, e quindi forse hanno qualcosa a che fare l'una con l'altra.

In realtà non è detto che sia sbagliato. Forse la meccanica quantistica e la coscienza sono collegate in qualche modo; è un'ipotesi che possiamo benissimo contemplare. Ma in base a tutto ciò che sappiamo attualmente, non c'è nessuna prova valida a favore del fatto che le cose stiano veramente cosí.

[...]


Ci sono molti aspetti importanti della coscienza che attualmente non comprendiamo, ed è esattamente ciò che ci dobbiamo aspettare; la mente umana in generale, e la coscienza in particolare, sono fenomeni complessissimi. Il fatto che non li capiamo appieno non deve indurci a proporre leggi completamente nuove della fisica fondamentale per comodità. Conosciamo enormemente meglio le leggi della fisica e quello che ne sappiamo è stato verificato sperimentalmente molto meglio rispetto al funzionamento del cervello e alla sua relazione con la mente. Un giorno potremmo pensare di modificare le leggi della fisica per spiegare la coscienza, ma dovrebbe essere proprio l'ultima spiaggia.

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Pagina 197

Capitolo undicesimo

Perché esiste lo spazio?

Emergenza e località


Bene, siamo finalmente pronti a occuparci del mondo reale.

Un attimo, vi sento pensare. Credevo che stessimo già parlando del mondo reale. La meccanica quantistica non dovrebbe descrivere il mondo reale?

Be', certo. Ma la meccanica quantistica può anche descrivere molti mondi diversi dal nostro. Non è una teoria unica, nel senso che è un modello di uno specifico sistema fisico; è una struttura, come la meccanica classica, in cui possiamo parlare di molti sistemi fisici diversi. Possiamo parlare della teoria quantistica di una singola particella, o del campo elettromagnetico, o di un insieme di spin o dell'intero universo. Ora è il momento di concentrarsi su che aspetto possa avere la teoria quantistica del nostro mondo reale.

Questo obiettivo - trovare la giusta teoria quantistica del mondo reale - è stato perseguito da generazioni di fisici a partire dall'inizio del XX secolo. In qualunque modo lo si voglia giudicare, hanno ottenuto enormi successi. Un passo importantissimo è stato quello di pensare come mattoni fondamentali della natura non le particelle ma i campi che pervadono lo spazio, il che ha portato alla «teoria quantistica dei campi».

Nel XIX secolo i fisici si stavano avvicinando a una visione del mondo in cui particelle e campi svolgevano entrambi un proprio ruolo: la materia era fatta di particelle e le forze con cui interagivano erano descritte da campi. Oggi abbiamo le idee piú chiare; anche le particelle che conosciamo e amiamo sono in realtà vibrazioni dei campi che pervadono lo spazio che ci circonda. Quando in un esperimento di fisica osserviamo tracce simili a particelle, ciò riflette il fatto che quello che vediamo non è quello che c'è veramente. Nelle giuste circostanze vediamo particelle, ma le nostre migliori teorie attuali affermano che i campi sono piú fondamentali.

La gravità è l'unica parte della fisica che non rientra in modo naturale nel paradigma della teoria quantistica dei campi. Sentirete spesso dire che «non abbiamo una teoria quantistica della gravità», ma è un po' eccessivo. Abbiamo un'ottima teoria classica della gravità: la relatività generale di Einstein , che descrive la curvatura dello spaziotempo. La relatività generale è essa stessa una teoria dei campi: descrive un campo che pervade tutto lo spazio, in questo caso il campo gravitazionale. E abbiamo anche capito molto bene le procedure per prendere una teoria dei campi classica e quantizzarla, ottenendo cosí una teoria quantistica dei campi. Se applichiamo queste procedure ai campi noti della fisica fondamentale, arriviamo a qualcosa chiamato core theory (teoria centrale). La core theory descrive in modo accurato non solo la fisica delle particelle ma anche la gravità, purché la forza del campo gravitazionale non cresca troppo. È sufficiente per descrivere tutti i fenomeni che si manifestano nell'esperienza quotidiana e un po' oltre: tavoli e sedie, amebe e gattini, pianeti e stelle.

Il problema è che la core theory non copre una serie di situazioni al di là del quotidiano, compresi i luoghi in cui la gravità diventa estrema, come i buchi neri e il Big Bang. In altre parole, abbiamo una teoria della gravità quantistica che è adeguata quando la gravità è abbastanza debole, e che quindi è perfettamente in grado di descrivere perché le mele cadono dagli alberi o come fa la Luna a orbitare intorno alla Terra, ma che si dimostra limitata nel momento in cui la gravità è molto intensa o se proviamo a spingere troppo lontano i calcoli; in tal caso il nostro impianto teorico ci abbandona. Per quel che ne sappiamo, questo stato di cose vale solo per la gravità; per tutte le altre particelle e forze, le teorie quantistiche dei campi sembrano in grado di gestire qualsiasi situazione immaginabile.

Di fronte alla difficoltà di quantizzare la relatività generale come faremmo per qualsiasi altra teoria dei campi, ci sono varie strategie che possiamo provare. Una è semplicemente di pensarci di piú; forse c'è un buon modo per quantizzare direttamente la relatività generale, ma che richiede nuove tecniche che non sono state necessarie per altre teorie dei campi. Un approccio diverso consiste nell'immaginare che la relatività generale non sia la teoria giusta da quantizzare; forse dovremmo iniziare con un diverso precursore classico, come per esempio la teoria delle stringhe, da quantizzare sperando di costruire una teoria quantistica che comprenda la gravità insieme a tutto il resto. È da qualche decennio che i fisici provano entrambi questi approcci, con qualche successo ma anche con molti enigmi rimasti senza risposta.

Qui prenderemo in considerazione una strategia diversa, che affronta sin dall'inizio la natura quantistica della realtà. Ogni fisico comprende che il mondo è fondamentalmente quantistico, ma quando facciamo concretamente fisica non possiamo fare a meno di essere influenzati dalla nostra esperienza e dalle nostre idee, che si sono formate in buona misura sui principi classici. Ci sono particelle, ci sono campi, i quali fanno cose, e noi li possiamo osservare. Anche quando passiamo esplicitamente alla meccanica quantistica, in genere iniziamo prendendo una teoria classica e quantizzandola. Ma la natura non fa cosí; è semplicemente quantistica fin dall'inizio. La fisica classica, come sottolineava Everett, è solo un'approssimazione utile nelle circostanze giuste.

È qui che veniamo ripagati per tutto il nostro duro lavoro svolto nel corso dei capitoli precedenti. La teoria dei molti mondi è adatta come nessun'altra al compito di buttare via tutto il nostro intuito classico, essere quantistica fin dall'inizio e determinare come il mondo approssimativamente classico che vediamo intorno a noi, con lo spaziotempo e ogni altra cosa, emerga in ultima analisi dalla funzione d'onda dell'universo.

Nelle alternative ai molti mondi sono spesso necessarie variabili aggiuntive (come nella meccanica bohmiana) o regole sul modo in cui le onde collassano spontaneamente (come in GRW). In genere derivano dalla nostra esperienza con il limite classico della teoria considerata, ma è esattamente questa esperienza che finora ha fallito nel darci una gravità quantistica. I molti mondi, al contrario, non si fondano su nessuna sovrastruttura aggiuntiva. In ultima analisi non sono una teoria di qualcosa in particolare, ma solo stati quantistici che si evolvono in base all'equazione di Schrödinger. In circostanze normali questo ci richiederebbe di lavorare di piú, in quanto dovremmo spiegare perché vediamo un mondo di particelle e campi, ma nel contesto unico della gravità quantistica è un vantaggio, dato che lo dovremmo fare comunque. La teoria dei molti mondi, che parte da una visuale quantistica, è l'approccio corretto se riteniamo di non conoscere alcuna teoria classica che possa servire da giusto punto di partenza per costruire una teoria quantistica della gravità.

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