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| << | < | > | >> |Pagina 17Alice si stava veramente stufando di stare lì seduta sulla riva accanto a sua sorella senza niente da fare; aveva dato qualche sbirciatina al libro che sua sorella stava leggendo, ma non aveva trovato illustrazioni e nemmeno conversazioni e "A cosa potrà mai servire — pensò Alice — un libro senza figure e senza dialoghi?". E così stava soppesando tra sé e sé (per come poteva, perché la calura della giornata la rendeva sonnolenta e istupidita) se valesse la pena, per il piacere di intrecciare una coroncina di margherite, di tirarsi su e raccogliere i fiori, quand'ecco che improvvisamente le sfrecciò accanto un Coniglio Bianco dagli occhietti rosa. Non c'era niente di così speciale in questo; e nemmeno parve troppo strano ad Alice sentire che il Coniglio diceva tra sé "Oh cielo! Oh cielo! Arriverò troppo tardi!" (in seguito, ripensandoci, si rese conto che ci sarebbe stato di che stupirsi, ma al momento tutto le era sembrato naturale); ma quando il Coniglio addirittura estrasse un orologio dal taschino del panciotto, lo guardò e poi riprese a correre, Alice balzò in piedi perché come un lampo le si era acceso il pensiero di non aver mai visto un coniglio con il panciotto, da cui per di più uscisse un orologio, e, ardendo di curiosità, corse attraverso il campo all'inseguimento del Coniglio e fece appena in tempo a vederlo saltare in un ampio cunicolo sotto la siepe. Un istante dopo Alice si buttava giù anche lei, senza affatto domandarsi come cavolo ne sarebbe potuta uscire. La buca del Coniglio portava in una galleria che andava dritta per un po' e poi precipitava di botto, tanto di botto che Alice non ebbe il tempo di pensare a fermarsi e si trovò a cadere come in un profondissimo pozzo. O che il pozzo fosse molto profondo, o che la sua caduta fosse molto lenta, nella discesa Alice ebbe tutto il tempo di guardarsi attorno e di domandarsi cosa sarebbe seguìto. Dapprima cercò di gettare lo sguardo in basso per capire dove stesse andando a parare, ma con quel buio non si vedeva niente: allora rivolse gli occhi ai fianchi del pozzo e notò che erano pieni di stipi e mensole; qua e là si scorgevano carte geografiche e quadri appesi a ganci. Passando prese al volo un barattolo da uno scaffale: l'etichetta diceva "MARMELLATA DI ARANCE" ma con gran disappunto la trovò vuota; non voleva lasciar cadere il barattolo per paura che sotto potesse ammazzare qualcuno e riuscì a sistemarlo in uno stipetto che incontrò nella sua caduta. "Beh! — considerava Alice tra sé e sé. — Dopo una caduta simile rotolare giù dalle scale mi parrà una cosa da nulla! A casa penseranno che sono molto coraggiosa! Eh, non direi una parola neanche se dovessi cadere dalla cima del tetto!" (Cosa molto probabilmente vera). Giù, giù, giù. Ma quella caduta non doveva finire mai? | << | < | > | >> |Pagina 87Di fronte alla casa c'era una tavola apparecchiata, dove la Lepre Marzolina e il Cappellaio stavano prendendo il tè: in mezzo a loro era seduto un Ghiro, profondamente addormentato; gli altri due lo usavano come cuscino, gli appoggiavano sopra i gomiti e, dalla loro posizione di superiorità, conversavano. "Molto scomodo per il Ghiro — pensò Alice — ma, dato che sta dormendo, immagino che non lo disturbi". La tavola era spaziosa, eppure i tre si affollavano tutti in un solo angolo. "Non c'è spazio! Non c'è spazio!" esclamarono quando videro arrivare Alice. "C'è un sacco di spazio!" disse lei indignata e si sedette in un'ampia poltrona a un capo del tavolo. "Prendi un goccio di vino," disse la Lepre Marzolina in tono incoraggiante. Alice percorse con lo sguardo tutto il tavolo ma non vi vide altro oltre al tè. "Non vedo il vino," osservò. "Non ce n'è," disse la Lepre Marzolina. "Allora non è stato molto cortese da parte tua offrirmelo," disse Alice con rabbia. "Non è stato cortese da parte tua metterti a tavola senza essere invitata," disse la Lepre Marzolina. "Non sapevo che la tavola fosse vostra, – disse Alice. – È apparecchiata per molte più di tre persone". "Hai i capelli troppo lunghi," disse il Cappellaio. Era un po' che fissava Alice con grande curiosità e queste erano le prime parole che pronunciava. "Dovresti imparare a non fare commenti personali, – disse Alice con una certa severità – è proprio da maleducati". All'udir ciò il Cappellaio sbarrò gli occhi ma si limitò a dire: "Cos'hanno in comune un corvo imperiale e una scrivania?". "Dài, adesso ci divertiamo! – pensò Alice. – Sono contenta che abbiano attaccato con gli indovinelli". "Questo credo di poterlo indovinare," soggiunse a voce alta. "Vuoi dire che credi di poter trovare una risposta?" chiese la Lepre Marzolina. "Esattamente," disse Alice. "Allora dovresti dire cosa intendi," proseguì la Lepre. "Certo, – si affrettò a rispondere Alice – o perlomeno... perlomeno intendo ciò che dico... che è la stessa cosa, sapete". "Non è per niente affatto la stessa cosa! – osservò il Cappellaio. – Ma come? Allora potresti anche dire che 'vedo ciò che mangio' è lo stesso di 'mangio ciò che vedo'!". "Potresti anche dire – aggiunse la Lepre Marzolina – che 'mi piace ciò che mi danno' è lo stesso di 'mi danno ciò che mi piace'!". "Potresti anche dire, – aggiunse il Ghiro, che sembrava parlare nel sonno – che 'respiro mentre dormo' è lo stesso di 'dormo mentre respiro'!". "Nel tuo caso è sì lo stesso," disse il Cappellaio e qui cadde la conversazione; la compagnia rimase zitta per un minuto, mentre Alice passava in rassegna tutto ciò che riusciva a ricordare sui corvi imperiali e le scrivanie, che non era molto. Il Cappellaio fu il primo a rompere il silenzio. "Che giorno del mese è?" disse rivolto ad Alice: aveva estratto di tasca l'orologio e lo guardava preoccupato, dandogli ogni tanto una scossa e portandoselo all'orecchio. Alice ci pensò un po' sopra e poi disse: "Il quattro". "Due giorni di differenza! — sospirò il Cappellaio. — Te l'avevo detto che il burro non andava bene per gli ingranaggi!" aggiunse gettando uno sguardo infuriato alla Lepre Marzolina. "Il burro era ottimo," rispose mitemente la Lepre. "Sì, ma devono essere finite dentro anche delle briciole — brontolò il Cappellaio. — Non avresti dovuto usare il coltello del pane". La Lepre Marzolina prese l'orologio e lo osservò con aria cupa; poi lo immerse nella sua tazza di tè e tornò a guardarlo: ma non trovò altro di meglio da dire che la sua prima osservazione: "Il burro era ottimo, sai". Alice lo aveva guardato da dietro con una certa curiosità. "Che strano orologio! — osservò. — Dice il giorno del mese ma non dice che ore sono!". "E perché dovrebbe? — borbottò il Cappellaio. — Il tuo di orologio dice forse che anno è?". "Certo che no, — Alice fu pronta a rispondere — ma c'è un motivo, dato che rimane lo stesso anno per un sacco di tempo". "Proprio quello che succede con il mio" disse il Cappellaio. | << | < | > | >> |Pagina 111"Non t'immagini quanto sia felice di rivederti, mia cara vecchia amica!" disse la Duchessa nel prendere Alice affettuosamente sottobraccio e se ne andarono insieme. Alice fu molto felice di vederla così di buonumore e pensò tra sé che forse semplicemente era stato il pepe a renderla tanto furiosa quando si erano incontrate nella cucina. "Quando sarò Duchessa io — disse a se stessa (in tono poco speranzoso, però) il pepe in cucina non lo terrò per niente. La minestra va benissimo senza... Forse il pepe rende sempre le persone irascibili — proseguì, compiacendosi molto per aver trovato una regola di nuovo tipo — e l'aceto fa diventare acidi, la camomilla, amareggiati e... e i bastoncini di zucchero fanno diventare dolci i bambini. Vorrei tanto che questo fosse risaputo: e allora non verrebbe lesinato tanto come ora, sapete...". Nel frattempo si era completamente dimenticata della Duchessa e rimase un po' sorpresa quando udì la sua voce vicino all'orecchio. "Stai pensando a qualcosa, cara, e così ti sei dimenticata di parlare. Non ti so dire sul momento qual è la morale di questo, ma tra un po' mi verrà in mente". "Magari non c'è una morale," si arrischiò ad osservare Alice. "Che dici, che dici, bambina! – disse la Duchessa. – In tutto c'è una morale, si tratta solo di trovarla". E dicendo questo si strinse al fianco di Alice. Ad Alice non piaceva molto di averla così addosso: primo, perché la Duchessa era molto brutta; e secondo, perché aveva proprio l'altezza giusta per poggiare il mento sulla spalla di Alice, ed era un mento sgradevolmente aguzzo. Comunque, non voleva essere scortese: così fece buon viso a cattivo gioco. "Adesso il gioco procede molto meglio," disse, per non lasciar cadere del tutto la conversazione. "È vero, – disse la Duchessa – e la morale è: 'Oh, è l'amore, è l'amore che fa girare il mondo!". "Qualcuno ha detto – bisbigliò Alice – che il mondo girerebbe meglio se ciascuno badasse agli affari propri!". "Ah, beh ! Il significato è più o meno lo stesso, – disse la Duchessa affondando il suo mento appuntito nella spalla di Alice, e aggiunse – e la morale di questo è 'Bada al senso ed il suono andrà a posto da sé'" . "Quanto le piace trovare una morale in ogni cosa!" pensò Alice tra sé. "Oserei dire che immagino tu ti stia domandando perché non ti cingo la vita col braccio – disse la Duchessa dopo una pausa – e il motivo è che sono incerta sul carattere del tuo fenicottero. Faccio l'esperimento?". "Potrebbe beccare," rispose cauta Alice, per nulla ansiosa di tentare l'esperimento. "Verissimo, – disse la Duchessa – sia i fenicotteri che la senape pizzicano. E la morale di questo è 'Ciascuno cerca i suoi simili: il gallo la gallina, l'uccello l'uccellina'". "Solo che la senape non è un uccello" osservò Alice. "Giusto, come sempre, – disse la Duchessa – con che chiarezza inquadri le questioni!". "La senape è un minerale, credo," aggiunse Alice. "Ma certo, – disse la Duchessa, che sembrava ansiosa di approvare ogni affermazione di Alice – c'è una grossa miniera di senape qui vicino. E la morale di questo è 'Mors tua vita mea'". "Oh, lo so! – esclamò Alice, che non aveva fatto caso all'ultima osservazione. – È un vegetale. Non sembra, ma è così". "Sono assolutamente d'accordo con te, – disse la Duchessa – e la morale di questo è 'Sii ciò che vorresti apparire' o, per dirla più semplicemente, 'Non immaginare mai di non essere altro che non ciò che potrebbe apparire al prossimo di ciò che eri o saresti potuto essere, non altrimenti che se tu avessi voluto presentarti a loro diversamente'". "Credo che lo comprenderei meglio – disse molto gentilmente Alice – se lo vedessi scritto: ma non riesco a seguirlo mentre lo reciti". "Questo è niente rispetto a ciò che potrei dire se solo volessi," rispose compiaciuta la Duchessa. "Non disturbarti a farlo ancora più lungo" disse Alice. "Oh, ma quale disturbo! – disse la Duchessa. – Tutto quello che ho detto finora te lo regalo". "Un regalo in economia! – pensò Alice. – Meno male che non danno regali di compleanno così!". Ma non osò dirlo a voce alta. "Stai ancora pensando?" chiese la Duchessa affondando ancora il suo mento aguzzo. | << | < | |