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| << | < | > | >> |Pagina 9L'esistenza è disseminata di segni.L'uomo si aggira in una foresta di simboli, cerca connessioni, crea interpretazioni, scopre codici, inventa un mondo virtuale come Internet. Siamo alla ricerca di segnali ulteriori, siamo tutti affascinati dall'ipnosi. Ci lasciamo corteggiare da idee incredibili. Mes pensées sont mes catins - i miei pensieri sono le mie puttane - dice Diderot. Un buon pensatore è un libertino del pensiero. Mi cullo nell'idea che un'azione velatamente negromantica, forse inutile, probabilmente sciocca, acquisti valore prezioso, permanente per chi la compie. Con questo spirito ho deliberatamente rinunciato alla cauzione versata per l'allacciamento della linea telefonica di papà in clinica. Il numero lo conosco a memoria. Per me quella linea è sempre attiva, funziona. Che fesso! - mi diresti, papà - tutti così voi intellettuali, e peggio ancora gli psicoanalisti! Ma nonostante le animate diatribe sui più diversi temi, dal politico al sentimentale, al professionale, so che in ogni caso mi eri alleato anche se qualche volta non condividevi le mie scelte. Quando diventai medico di bordo, eri dispiaciuto perché mi vedevi lontano, impaziente, impulsivo e ribelle verso una probabile carriera universitaria appena assaggiata ma dal sapore amaro. Eri certo che io avessi la stoffa del ricercatore. Dopo i due anni di lavoro per mare, ti ho nascosto la psicoanalisi fino a quando non sono diventato psicoterapeuta. Il tuo sogno era che diventassi un bravo chirurgo. Forse ce l'ho fatta a diventare un buon chirurgo dell'animo. | << | < | > | >> |Pagina 21Sono sempre stato considerato in famiglia un intellettuale. Anche tu dicevi che è la cosa in cui riesco meglio.Un giorno a tavola - come è costume nelle famiglie italiane - avemmo una discussione. Ero un sessantottino, provocatore e ribelle, di quattordici, quindici anni. L'immaginazione al potere, la contestazione giovanile. Avevo appena preso una cotta per Freud che leggevo avidamente. Ci impuntammo sulla parola psiche. Tu eri esasperato dalla mia oratoria e ponesti fine alla discussione esclamando: La psiche non esiste! Questa affermazione mi offese, ma poi imparai a giocarci, e ogni tanto, insieme a mia sorella, si richiamava la battuta: tanto, la psiche non esiste! Oggi, dopo tanto tempo, capisco che la tua era soltanto una risposta esasperata, guidata dalla necessità di zittire un saccentello, reprimendolo. Ma hai fatto bene. In parte avevi ragione. Tante volte mi accorgo che in certi miei pazienti, e spesso in coloro che li circondano, la psiche non esiste davvero. Sono ridotti soltanto a neuroni e muscoli, linfa e sangue, ossa ed organi senza armonia, senza direttore d'orchestra, musicisti con strumenti funzionanti, ma privi d'ispirazione, senza spartito. Non so lavorare con questi pazienti. È uno dei miei limiti. Tu forse tenteresti l'impossibile e, per come ti conosco, ce la faresti. Io, anche se non sono un giocatore, punterei tutto su di te. | << | < | > | >> |Pagina 43Due scrittori, due vite parallele, che sarebbero piaciute a Plutarco.Paul Auster ha scritto due composizioni riunite sotto un solo titolo, L'invenzione della solitudine. Due pezzi intorno a un unico tema. Il primo riguarda il padre, Ritratto di un uomo invisibile, l'altro riguarda lo scrittore come padre, Il libro della memoria.Auster e Kafka hanno due genitori che hanno avuto risultati comuni: un figlio artista e una figlia psicopatica. Sia Kafka che Auster parlano delle sorelle malate. È curioso notare come entrambi i padri degli scrittori abbiano avuto il medesimo comportamento grottesco nei confronti delle figlie. Il padre di Kafka disprezza la figlia bulimica e la oltraggia. Il padre di Auster pensa che l'unica cura per la psicolabilità della figlia consista in una dieta multivitaminica. È disposto a spendere cifre enormi per banali cure energetiche, ma è assolutamente contrario alla psicoterapia.
Che differenza, caro papà. Tu hai conquistato i tuoi figli, con grande
comprensione, pronto a rivedere le tue tesi. Sei cresciuto insieme a noi.
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