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| << | < | > | >> |Indice7 Introduzione. La rete, quella rivoluzione subdola e profonda di Guido Martinotti LA CITTÀ DELLE RETI 13 Educare nella società dell'informazione 25 Network, innovazione e impresa 49 Spazio fisico e spazio di flussi. Materiali per un'urbanistica della società dell'informazione |
| << | < | > | >> |Pagina 13L'educazione, in termini sociologici, è un sistema di modelli e istituzioni. Per comprendere la scuola, il sistema universitario e le relazioni che in generale intercorrono tra chi insegna e chi studia, non si può prescindere dall'analisi del contesto in cui tali attori si trovano a operare. Contemporaneamente al progressivo affermarsi della logica del networking e dell'innovazione tecnologica, che si stanno diffondendo a macchia d'olio in questo come in molti altri settori nevralgici delle nostre società, si continua, quindi, oggi più che mai, ad avere bisogno di istituzioni in grado di gestire tale sistema intervenendo in positivo sull'educazione e sulla salute individuali, nel rispetto di alcune basilari esigenze di sicurezza.
La base di ogni sistema
educativo è costituita da alcune istanze fondamentali in continua interazione
tra loro. La prima è la socializzazione: la scuola deve plasmare, forgiare e
organizzare la personalità di chi studia. La seconda è la trasmissione dei
contenuti e dei valori che indurranno lo studente a identificarsi con il suo
ruolo di cittadino o cittadina. La terza è l'introduzione al mondo
dell'occupazione, attraverso la promozione di individui in grado di guadagnarsi
un posto di lavoro in
un particolare contesto. La quarta è la produzione di sapere finalizzata al
miglioramento della qualità della vita. La quinta, implicita ma fondamentale, è
la selezione sociale, ovvero lo sviluppo di un sistema meritocratico. Se, per
esempio, una scuola si trova a subire una condizione di segregazione spaziale,
trattandosi, magari, di un istituto pubblico situato in un'area disagiata, è
probabile che tale elemento negativo finisca con l'innescare un meccanismo di
riproduzione di disagio sociale. In un mercato del lavoro sempre più improntato
alla trasmissione dell'informazione, una scuola del genere non risulterà più in
grado di fornire le capacità necessarie a confrontarsi con la realtà
circostante, trasformandosi in terreno fertile per il dilagare dell'irrilevanza
sociale. Un'economia come quella odierna, imperniata sulla produttività e sulla
competizione tra aziende, regioni e Stati, dipende più che mai dalla conoscenza,
dall'informazione e dal livello tecnologico raggiunto. C'è bisogno di un sistema
aperto di personalità cooperative, nel quale ognuno possa collaborare e
interagire con gli altri: una scuola che non crei una netta separazione tra chi
impara velocemente e chi non è dotato delle stesse facoltà.
Al contrario di quanto comunemente si crede, esistono differenti tipologie di università, con caratteristiche particolari e diversa intensità. Il ruolo fondamentale dell'istruzione superiore specialistica, che emerge dalla storia delle principali istituzioni educative contemporanee, è la produzione del sapere. L'università deve generare cultura, dalla quale scaturisce un valore che la scuola legittima attraverso la sua diffusione. Le prime università medievali non erano solo enti educativi. Tali realtà si inserivano nel contesto più ampio di una comunità intellettuale sovranazionale, votata alla trasmissione delle conoscenze e, pertanto, godevano di un relativo grado di autonomia nei confronti del Papato, dell'Impero e delle autorità municipali. Nel tardo Medioevo, però, in seguito ad una lunga serie di stravolgimenti di natura politica e religiosa, queste caratteristiche di indipendenza e cosmopolitismo andarono perdute. L'establishment religioso finì col prevalere, e le università si connotarono in senso essenzialmente teologico. Sul continente europeo il modello educativo sviluppatosi in Germania durante il diciannovesimo secolo esercitò un'enorme influenza nella nascita della moderna università orientata alla ricerca. Nel 1809, a Berlino, Wilhelm von Humboldt definì scopo, organizzazione e struttura di un nuovo paradigma di università che sarebbe successivamente divenuto il simbolo della ricerca quale sistema progressivo di educazione superiore. In America, l'Università di Berkeley fu la prima ad incoraggiare, con ogni mezzo possibile, lo sviluppo intellettuale e scientifico degli abitanti della California. Il suo ruolo in quella regione consisté essenzialmente nel produrre valori adattabili a una civiltà occidentale ed essenziali per il sistema americano. In questa fase la città stessa in cui era situata l'università rappresentava, agli occhi degli statunitensi, l'essenza ultima della conoscenza. | << | < | > | >> |Pagina 19Da questa prospettiva, si sviluppa un nuovo paradigma tecnico-economico: il paradigma dell'informazione tecnologica. Esso possiede cinque caratteristiche:1 - L'informazione come materia prima su cui agire 2 - La pervasività delle tecnologie informative usate 3 - La logica di networking 4 - La flessibilità 5 - La convergenza Il nuovo paradigma tecnico-economico conduce a un nuovo modello di sviluppo, chiamato informazionalismo, caratteristico di una forma specifica di organizzazione sociale nella quale la velocità di informazione, di calcolo e di trasmissione diventa la risorsa fondamentale per favorire produttività e potere.
Il networking è un elemento cruciale della società dell'informazione. Esso
riguarda aziende, persone fisiche, media e governi: si tratta di una
comunicazione flessibile e organizzata da tecnologie informali. Per esempio, le
istituzioni collaborano sempre più spesso con altri enti e realtà
sovranazionali. Insieme costituiscono il cosiddetto Network State, che non è più
il tradizionale Stato nazionale, ma non ne costituisce nemmeno la definitiva
scomparsa. Si tratta solo di una nuova, flessibile forma di Stato.
Internet non è semplicemente una tecnologia. È il mezzo tecnologico fondante della società dell'informazione, che rende possibile l'illimitata espansione di reti interattive in ogni settore della nostra esistenza. Non si tratta di un frammento del sistema tecnologico: è il cuore del sistema, che forgia e modella la nuova struttura sociale di ogni cosa. L'intero mondo attualmente visibile (dall'organizzazione dell'economia ai mercati finanziari, dalla produzione dei servizi alla globalizzazione dei mezzi di comunicazione, dalle scienze tecnologiche alla politica) risponde a una logica reticolare. Per questo oggi si parla di Network State Organization. Per organizzare la società dell'informazione e il Network State si ha bisogno di una democrazia cosmopolita. Le reti stesse e gli attori sociali necessitano di codici culturali condivisi, di valori, categorie e significati che possano essere veicolati dai network comunicativi in modo efficiente. Per cambiare le regole della società, le reti comunicative devono definire codici culturali e significati alternativi. Nell'età dell'informazione, a cercare di costituirsi come fonti di cambiamento sono soprattutto i movimenti sociali basati su nuove identità, per esempio l'ambientalismo. Essi affermano la superiorità dell'esperienza sulla strumentalizzazione, del significato sulla funzione, del valore della vita sui valori che si costituiscono nelle reti. L'informazione tecnologica ha la capacità di elaborare conoscenze attraverso i sistemi interattivi dell'informatica. Il processo di organizzazione del network può funzionare solo in riferimento a Internet. Gli individui, per lavorare con profitto, devono essere in grado di riprogrammare se stessi, rendendo flessibile la propria professionalità. Nella società dell'informazione vengono ridefiniti due tipi di identità, quella collettiva e quella individuale. Le persone si stanno riorganizzando anche in quanto individui, costruendo la propria identità indipendentemente dallo Stato, dall'economia e dalle istituzioni. In generale, chi ha un alto livello di educazione e una vasta possibilità di accesso a risorse culturali e personali, tende a costruire se stesso come singolo, contando su se stesso e sulle proprie reti di amici. Al contrario, chi ha poche opportunità di sopravvivenza, o di difesa dei propri interessi contro i flussi del capitale globale, tende a cercare rifugio in identità collettive. In entrambi i casi, tuttavia, l'identità viene ridefinita in senso difensivo, il che porta ad una grave crisi delle istituzioni politiche e delle organizzazioni sociali. | << | < | > | >> |Pagina 49Siamo entrati in una nuova era, l'Era dell'Informazione. La rivoluzione dello spazio è una dimensione fondamentale del processo complessivo di trasformazione strutturale che sta avvenendo nella società. Si ha oggi bisogno di una nuova teoria delle forme e dei meccanismi spaziali, che si dimostri conforme al nuovo contesto tecnologico, sociale e spaziale in cui viviamo. Cercherò, in questa sede, di proporre alcuni elementi di tale teoria urbanistica dell'Era dell'Informazione. Non mi soffermerò sull'analisi del significato dell'epoca che stiamo attraversando, permettendomi di rimandare il lettore alla mia trilogia sull'argomento (Castells, 1996). La nuova teoria non è il prodotto di altre che l'hanno preceduta. Essa nasce dall'osservazione delle tendenze spaziali e sociali che si stanno affermando in tutto il mondo. Comincerò delineando per sommi capi i principali trend di percezione spaziale di questo inizio di ventunesimo secolo. In seguito, proporrò una mia interpretazione di tali trend, ed esaminerò nel dettaglio le questioni urbanistiche fondamentali in quest'epoca, con particolare attenzione alla crisi delle città come sistemi socio-spaziali di comunicazione culturale. Per concludere, trarrò dalla mia analisi alcune implicazioni di carattere pianificatorio, architettonico e relative al design urbano.
Per passare dalla pura osservazione delle ultime tendenze
dell'urbanizzazione a
una vera e propria nuova teoria del concetto di metropoli, dobbiamo esaminare,
in modo più sistematico, gli elementi fondamentali della rivoluzione
socio-spaziale in atto. La trasformazione della città nell'Era dell'Informazione
si organizza lungo tre direttrici bipolari. La prima ha a che fare con le
funzioni, la seconda con il significato, la terza con la forma.
Dal punto di vista funzionale, la network society si struttura come
opposizione tra globalità e localismo. I processi fondamentali nei settori
dell'economia, della tecnologia, dei media e delle autorità istituzionali sono
organizzati sotto forma di reti globali. Ma il lavoro, il tempo libero, le
identità culturali e la partecipazione politica sono essenzialmente locali. Le
città, in quanto sistemi di comunicazione, dovrebbero fungere da collegamento
tra globale e locale, ma è proprio qui che cominciano i problemi: le logiche
della globalità e del localismo sono in conflitto tra loro, ed è molto difficile
riuscire a soddisfarle entrambe e contemporaneamente.
Le nostre società sono contraddistinte dal simultaneo sviluppo di due
tendenze contrapposte: l'individualismo e il comunitarianismo. Per
individualismo intendo il concentrarsi sui progetti, gli interessi e
l'immaginario individuali, ovvero sul sistema biologico della personalità (o, se
vogliamo, su quella che lo strutturalismo francese definisce la «persona»). Per
comunitarianismo, invece, intendo il concentrarsi sull'identità condivisa, su
quel sistema di valutazioni e credenze da cui dipende ogni altro tipo di
identità. La realtà sociale, ovviamente, esiste solo come compromesso fra questi
due trend,
come interfaccia tra l'individuo e le identità mediate dalle istituzioni. Questa
è la base della «società civile» che, secondo Gramsci, non esiste in opposizione
allo Stato, bensì in articolazione con esso, attraverso la formazione di una
sfera pubblica condivisa, alla Habermas. Le tendenze di questa prima fase di
sviluppo della network society mostrano una tensione crescente tra personalità e
cultura, tra individui e comunità. Le città sono aggregati di persone, e le
comunità sono generalmente inserite nello spazio metropolitano, quindi la
frattura tra individuo e gruppo sociale mette in seria difficoltà questi sistemi
sociali, che dovrebbero invece agevolare la comunicazione e la governabilità.
Il problema dell'integrazione sociale torna alla ribalta, sebbene in condizioni
diverse e in termini del tutto nuovi rispetto alla passata esperienza delle
prime metropoli industriali, in virtù di una terza e basilare direttrice di
trend contrapposti, evidente nella rivoluzione urbana in atto, che ha a che fare
con le forme dello spazio.
Nell'età dell'informazione stiamo assistendo a una crescente tensione e articolazione tra spazio fisico e spazio dei flussi. Lo spazio dei flussi stabilisce un collegamento elettronico tra luoghi fisicamente separati, creando un network interattivo di relazioni tra attività e individui a prescindere dallo specifico contesto di riferimento. Lo spazio fisico, invece, organizza le esperienze nei limiti della collocazione geografica. Le città moderne vengono contemporaneamente strutturate e destrutturate da queste due logiche contrapposte. La metropoli non si annulla nelle reti virtuali: piuttosto, si trasforma attraverso l'interazione tra comunicazione elettronica e relazioni fisiche, attraverso la combinazione di luogo e network. | << | < | > | >> |Pagina 69L'ultima frontiera dell'urbanistica, e delle scienze sociali in generale, è lo studio delle nuove relazioni tra spazio e tempo nell'Era dell'Informazione. Nelle mie ricerche ho avanzato l'ipotesi che nella società reticolare sia la dimensione spaziale a strutturare quella temporale, al contrario di quanto avveniva nella vecchia società industriale regolata dallo scandire del tempo, e in cui i processi di urbanizzazione e industrializzazione erano visti come fasi dell'inarrestabile cammino verso il progresso universale, che avrebbe definitivamente annientato le vecchie tradizioni e culture ancorate allo spazio. Nella società attuale, la cornice di riferimento temporale è imprescindibile dal luogo in cui ci si trova. Nello spazio dei flussi, o comunque in una qualsiasi località inserita nei network dominanti (che sia Wall Street o Silicon Valley), il tempo è senza tempo, in un'incessante corsa contro le lancette dell'orologio. Ma in una fabbrica di Pearl River, a comandare sarà sempre il tempo cronologico, come ai vecchi tempi del taylorismo di Detroit. E in un villaggio di Mamiraua, in Amazzonia, a farla da padrone sarà quello biologico, corrispondente a un'esistenza in media abbastanza breve. Per fronteggiare questa concezione spaziale del tempo, i movimenti ambientalisti portano avanti il concetto di slow motion, o «tempo del lungo istante», per citare Stewart Brand, che espande la dimensione spaziale su scala planetaria in tutta la complessità delle sue interazioni, inglobando anche i nipoti dei nostri pronipoti nella nostra cornice temporale di riferimento (Brand, 1999). Ma quali sono le conseguenze di questa rivoluzione pluridimensionale in termini di pianificazione, architettura e design urbano?Il grande paradosso del ventunesimo secolo è che potremmo tranquillamente continuare a vivere in un contesto prevalentemente urbano anche in assenza di città, ovvero senza sistemi spaziali di comunicazione culturale e condivisione, per quanto conflittuale, di significati. I segni del progressivo disintegrarsi sociale, simbolico e funzionale delle metropoli si stanno moltiplicando in tutto il pianeta. E allo stesso tempo si diffondono gli avvertimenti e i consigli di analisti e commentatori, dai più disparati punti di vista (Kuntsler, 1993; Ascher, 1995; Davis, 1992; Sorkin, 1997; Russell, 2000). Ma le società e lo spazio sono il prodotto di un intervento umano consapevole. Il determinismo strutturale non esiste. Quindi, insieme all'entusiasmo riguardo la competitività economica, la mobilità, la privatizzazione degli spazi, il controllo e la sicurezza delle nuove città, si sta anche affermando un giudizio sempre più positivo sulla vivibilità, la cultura e le nuove forme spaziali che stanno prendendo piede nei centri urbani di tutto il mondo. Il processo di ridefinizione della realtà cittadina è appena iniziato. E i progetti più sofisticati del pianeta attribuiscono una particolare rilevanza all'elemento comunicativo, nella sua accezione pluridimensionale: recuperare una funzionalità delle comunicazioni attraverso una migliore pianificazione; dare una rilevanza simbolica ai nuovi nodi urbani, sfruttando le tecniche architettoniche più innovative; restituire alla città la sua antica fisionomia con iniziative di design urbano volte alla conservazione, alla tutela e alla costruzione di luoghi pubblici emblematici dell'esistenza metropolitana. Il fattore determinante per il mantenimento delle città come forme culturali in questo nuovo contesto spaziale sarà la capacità di integrare correttamente fra loro pianificazione, architettura e design urbano. Tale integrazione può essere raggiunta solo attraverso un'adeguata strategia e politica urbana. In ultima analisi, l'andamento di una metropoli è un processo politico, fatto di interessi, valutazioni, conflittualità, dibattiti e scelte che plasmano la relazione tra spazio e società. Le città sono fatte di cittadini, e il loro governo deve tener conto di ciò. La tecnologia e l'economia possono avere il controllo assoluto sulle nostre vite solo in assenza di democrazia. Solo quando il mercato ha la meglio sulla cultura, e la burocrazia ignora gli abitanti, la rivoluzione spaziale può annientare la funzione di sistemi comunicativi pluridimensionali propria delle città. | << | < | > | >> |Pagina 77
La nuova cultura urbana non è la fine di tutto. Ristabilire la comunicazione
potrebbe portare al recupero di conflitti proficui. Al momento, l'ingiustizia
sociale e l'isolamento individuale concorrono alla produzione di violenza e
alienazione. La nuova cultura dell'integrazione metropolitana non è una cultura
di assimilazione a
un solo immaginario dominante, quanto piuttosto una cultura di comunicazione tra
località specifiche connesse e disconnesse ai flussi globali di ricchezza,
potere e informazione. L'architettura e il design urbano sono fonti di
significato spazio-culturale in una realtà metropolitana che oggi ha
disperatamente bisogno di protocolli comunicativi e dispositivi di condivisione.
Architetti e urbanisti dovrebbero trarre ispirazione dalle teorie sociali, e
comportarsi da cittadini che si preoccupano del mondo in cui vivono. Ma, prima
di tutto, dovrebbero svolgere il proprio ruolo di elaboratori di senso
attraverso l'adattamento culturale delle forme spaziali. La loro tradizionale
funzione è più che mai fondamentale nell'età dell'informazione, un'epoca
caratterizzata dalla crescente cesura tra frammentarie reti di utilitarismo e
luoghi isolati dal simbolismo specifico. Architettura e design possono
riconciliare tecnologia e cultura, creando dei significati condivisi e
riformulando lo spazio pubblico nel nuovo contesto metropolitano. Ma potranno
riuscirci solo con l'appoggio di istituzioni governative all'avanguardia e di
una modalità di conduzione delle città pienamente democratica.
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