Copertina
Autore Ermanno Cavazzoni
Titolo Vite brevi di idioti
EdizioneFeltrinelli, Milano, 2009 [1994], UE 1426 , pag. 150, cop.fle., dim. 12,5x19,4x1,2 cm , Isbn 978-88-07-81426-6
LettoreDavide Allodi, 2010
Classe narrativa italiana
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Indice


  7  Al lettore

  9  1. Il perito aeronautico
 13  2. I re magi
 17  3. La famiglia Scalabrini
 21  4. I piromaniaci
 27  5. Luigi Pierini calcolatore
 31  6. Il nemico della velocità
 37  7. Suicidi lavorativi

 41  8. Il misuratore di pressione
 45  9. Gli albanesi
 49 10. Il nobiluomo Pezzenti
 53 11. Il pittore Cimetta
 57 12. Le vittime della Rivoluzione
 59 13. Il carnevale del Cinquantasei
 69 14. Suicidi con errore

 71 15. Primo Apparuti
 73 16. La repubblica degli idioti congeniti
 79 17. La donna detta balena
 83 18. Il martire dei piedi
 87 19. Cesare Lombroso
 91 20. Apparizione inconcludente della Madonna
 99 21. Falsi suicidi

101 22. Le gite della domenica
105 23. La puttana fallita
111 24. Ricordi di sopravvissuti ai campi di concentramento
115 25. Il poeta Dino Campana
121 26. Esseri doppi e nani
123 27. Il diavolo e l'idiota
131 28. Gli amanti suicidi

133 29. Il microcefalo Battista
137 30. Il romanziere realista
141 31. L'uso della calamita contro le idee fisse morbose

145 Epilogo in soprannumero



 

 

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Pagina 9

1.
IL PERITO AERONAUTICO



Il signor Pigozzi aveva letto sopra il giornale di un tedesco dell'Est, ingegnere meccanico, che aveva costruito nel 1976 un piccolo aeroplano a motore con pezzi presi da vecchie automobili, ed era fuggito nella Germania dell'Ovest sorvolando il confine. Erano gli anni in cui i popoli erano gravati dal comunismo.

Poiché Pigozzi possedeva una vecchia automobile Fiat e non andava d'accordo né con la moglie né con la figlia, aveva incominciato a vagheggiare l'idea di partire un bel giorno in volo e non ritornare mai più. Era perito tecnico e sapeva lavorar sui motori. Inoltre era stato influenzato da un'enciclopedia di geografia illustrata. L'idea che aveva era di alleggerire al massimo l'automobile Fiat, e perciò aveva tolto le portiere e tutta quanta la carrozzeria. Aveva tolto anche le ruote di dietro e ci aveva messo un ruotino centrale trovato dal ferrivecchi. Aveva spostato al centro il seggiolino di guida, anche questo molto alleggerito, e aveva tolto il pianale e l'albero di trasmissione. C'era rimasto il motore sulle due ruote davanti, e un tubo su cui stava il sedile con il ruotino alla fine. Aveva portato l'automobile in periferia, dove c'era un grande campo non coltivato perché in attesa della licenza edilizia. Lavorava vicino a un deposito di auto in demolizione, ma il demolitore non era al corrente del suo progetto; anzi credeva volesse fare una macchina agricola per falciare l'erba, così gli aveva detto Pigozzi, una macchina sperimentale di concezione avveniristica. Per questo ci voleva l'elica, che aveva infatti montato davanti, sull'albero motore. L'elica l'aveva trovata all'aeroporto, buttata in un angolo; gliel'avevano regalata perché aveva un difetto, ma questo difetto lui non l'aveva trovato. "All'aeroporto – diceva al demolitore (signor Caravita) – le eliche si trovano gratis per terra, perché lì ne hanno tante che loro le sprecano." Poi aveva fatto le ali di tela su un telaio leggero di asticelle metalliche. E dietro sulla coda, sopra il ruotino, il timone direzionale. Il demolitore diceva che quello sembrava un aeroplano dell'inizio del secolo; Pigozzi diceva che invece era una falciatrice di concezione moderna, come fanno adesso in America.

La costruzione è durata più di un anno. Ma la tela l'ha messa l'ultimo giorno per non dare nell'occhio; poi improvvisamente al mattino, alle dieci circa (era luglio, del 1978), ha avviato il motore. Hanno visto tutto gli zingari di un campo nomadi lì acquartierati. Il motore era senza marmitta e lui lo teneva al massimo, di modo che l'aeroplano si è mosso. Era diretto a sud-est.

Ha incominciato a prendere velocità. Era uscito a guardare anche il demolitore che lo aveva visto andar già velocissimo, secondo lui a settanta o ottanta chilometri l'ora. Gli zingari dicono cento. Il campo è in leggera discesa e questo facilitava la velocità. Ha fatto quasi un chilometro sempre più forte. C'era un errore probabilmente nelle ali perché non si è mai alzato. Comunque nessuno ha visto bene. Il demolitore tra l'altro pensava volesse falciare l'erba; gli zingari invece gli son corsi dietro e l'hanno trovato morto, poveretto, contro il terrapieno della strada sopraelevata. L'aereo era distrutto, ma si riconosceva il motore Fiat e le ruote Fiat anteriori. Dalla perizia fatta poi su Pigozzi risulta che l'ha ucciso l'elica. Aveva in tasca quattro milioni, la patente per l'auto e un tubetto di latte condensato, forse per sostenersi durante il volo. Aveva anche la carta geograficà dell'Asia.

Secondo la testimonianza del demolitore l'errore era la mancanza di freni: non aveva considerato l'eventualità di frenare; e questo era un errore anche nel caso si fosse trattato di una falciatrice. La moglie e la figlia non ne sapevano niente; e quello che ripetevano a tutti era che il marito (e padre) era morto in un incidente stradale mentre guidava la loro Fiat 850 alla curva della sopraelevata. Loro credevano che l'avesse venduta da un pezzo; non sapevano che invece la usava ancora, nonostante fosse vecchia e pericolosa. Alla curva hanno messo una piccola lapide, come si usa per un famigliare che esce di strada. Sopra ci sono quelle parole che scrivono i marmisti di solito: "... la moglie Virginia e la figlia Sara, addoloratissime della scomparsa... eccetera eccetera... di Pigozzi Ettore".

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Pagina 37

7.
SUICIDI LAVORATIVI



Un sarto di Anagni, stanco del lavoro di sarto, il 3 gennaio 1980, alle cinque del pomeriggio si è chiuso nel retrobottega e si è impiccato col metro.


Un pittore imbianchino, a metà di febbraio, ha bevuto un barattolo di solvente per vernici ed è morto all'ospedale dopo un giorno di agonia. Si era convinto che quando lui stava fuori a imbiancare, la moglie riceveva regolarmente degli uomini in casa.


Un vigile urbano improvvisamente si è lanciato in marzo dalla sua piattaforma sotto un'autoambulanza che passava a sirene spiegate, morendo sul colpo. Erano anni che si lamentava del suo lavoro. Si lamentava del rumore che fanno le auto e dello smog.


Un professore di diritto romano ha aizzato talmente uno studente malato di nervi durante l'esame, che questo lo ha colpito sulla faccia e poi sulla tempia con un martello di legno che il professore aveva predisposto sopra la cattedra a portata di mano dello studente. Il professore voleva morire da tempo; diceva che il diritto romano non serve più; serve solo a torturare professori e studenti di generazione in generazione.


Un meccanico d'auto si è chiuso in un'auto il 5 aprile ed è morto di fame. Non era sposato perché aveva perso una mano in un motore; questo, diceva, era uno svantaggio che le donne notano subito.


Una commessa di una pellicceria si è chiusa un sabato sera in una celletta piena di naftalina. Poiché il negozio teneva chiuso anche al lunedì, è morta asfissiata dalle esalazioni. In un biglietto che aveva accanto insultava la proprietaria della pellicceria.


Un regista della televisione è stato trovato, durante le riprese di uno sceneggiato fatto con pochissimi soldi e pochi attori, seduto su una sedia di ghisa che compariva in tutte le scene, trasformata in sedia elettrica ad alta tensione. Sembra che durante le riprese l'ordine fosse di risparmiare su tutto, anche sull'illuminazione.


Un prete di periferia che soffriva di sclerosi arteriosa, una notte ha acceso molte candele e ha mangiato molte pastiglie di incenso, che è un forte vasocostrittore; forse pensando fosse un vasodilatatore. Perciò verso le quattro del mattino ha avuto un'ischemia ed è morto. Il fatto che possedesse un dizionario farmacologico fa tuttavia pensare che conoscesse l'azione dell'incenso sulle coronarie.


Un uomo politico della provincia di Bergamo durante un comizio in luglio del suo partito, è caduto dal palco ed è morto.. Il palco era molto più alto dei palchi normali e molto stretto. È stata aperta un'inchiesta per stabilire se lo avevano spinto o si era buttato per suicidarsi.


Un meccanico di biciclette, durante la canicola d'agosto, s'è impiccato con un copertone. Indotto, sembra, dal caldo.


Un sindacalista con l'asma è tornato di notte negli uffici del sindacato dove è morto soffocato. Era già da alcuni anni in pensione ed è stato trovato al mattino riverso sul tavolo delle riunioni. L'asma l'aveva contratta nelle riunioni d'ufficio per il fumo persistente di pipa e di sigaretta cui era allergico.


Un fotografo di professione si è avvelenato col nitrato d'argento a seguito di una fotografia sovraesposta che non corrispondeva alla sua idea di arte. Il nitrato d'argento era usato dai pionieri della fotografia, ed è anche un veleno del sangue.


Un allevatore di api sapeva che una puntura d'ape può provocare uno choc anafilattico; e diceva sempre a sua moglie: "Io m'ammazzo," perché non trovava soddisfazione né in casa né nel mestiere. Quando è morto a seguito di una puntura d'ape, l'8 settembre, la moglie interrogata ha dichiarato che quello era stato un suicidio. Ma il giudice istruttore ha archiviato il caso perché indimostrabile.


Un poeta che faceva poesie senza senso col calcolatore elettronico, si è suicidato col gas per dare alle sue poesie un globale senso drammatico. Ma il verbale della questura constata solo che aveva lasciato il gas aperto forse per inavvertenza.

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Pagina 69

14.
SUICIDI CON ERRORE



Un dipendente della nettezza urbana si è buttato nel gennaio 1981 dalla finestra ed è caduto su un vigile urbano uccidendolo.


Un salumaio che voleva spararsi, per errore ha sparato a un geometra che era affacciato alla finestra di fronte.


Un uomo disoccupato e abbandonato dalla moglie ha cercato di schiantarsi con l'auto contro un muro che c'era a una curva; ma il muro è crollato e ha ucciso una maestra e ferito diversi bambini che erano in classe.


Un pollivendolo esasperato per le tasse e deciso a farla finita, si è sdraiato il nove giugno sui binari del treno ed è rimasto lì quattro ore. Finché il treno è arrivato e ha deragliato frenando. Sul treno c'era un cardiopatico che si è sentito male ed è morto.


Un avvocato alcolista e ridotto in miseria si è buttato il dieci settembre da un ponte. Ma con lui è caduto un pensionato che aveva cercato di trattenerlo. Il pensionato è annegato, mentre l'avvocato è stato tirato a riva ancora ubriaco e incosciente.

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Pagina 83

18.
IL MARTIRE DEI PIEDI



La vera vita del dottor Dialisi cominciò in età già avanzata, e si svolse tutta attorno a un paio di scarpe. Erano scarpe di cuoio coi lacci. Le aveva comprate un giorno quasi senza provarle, nel 1937, a sessantadue anni; diceva che vedendole nella vetrina era stato come ispirato. Risultarono poi molto strette e così dure che era una sofferenza portarle. Però le portava dalla mattina alla sera, e anche alla sera continuava a tenerle fino all'ora di andare a letto. Era per allargarle e per ammorbidirle con l'uso. Ma le scarpe non si allargarono mai e il piede continuò sempre a soffrirne. Successe però che mentre prima era un uomo senza nessun interesse e svogliato, da questo momento fu un uomo che ebbe in mente solo le scarpe. Nessuno attorno a lui aveva sospetto delle sue pene, perché le teneva nascoste. Si notava solo un'andatura prudente come di uno che cammina sopra le uova, e un'espressione concentrata sul viso, in un certo senso più elevata spiritualmente. I piedi intanto gli si erano spellati, era il 1938, avevan formato nel calcagno un soprosso e in qualche punto erano entrati in suppurazione. A vederli facevan pietà. Ma era raro si togliesse le scarpe. Solo di notte li liberava, li stendeva sul letto e li stava a guardare. Non volle mai saperne del calzolaio. Tra lui e le scarpe si era formato un binomio, dedito tutto a infierire sui piedi.

Il dottor Dialisi aveva una figlia (era vedovo) che si chiamava Veronica. Costei vedendo il mutamento del padre, il quale non diceva più niente, camminava moltissimo ed era sempre più zoppo, pensò di portarlo da un ortopedico. Bisogna dire che il dottor Dialisi aveva maturato alcune sue idee generali sull'uomo e sulla predestinazione: la testa ci è data per potere pensare – diceva – la bocca per respirare; le braccia e le mani per abbracciare e accarezzare gli oggetti; le gambe, volendo, per camminare; e i piedi, così esposti e sensibili, ci sono dati per tenere a freno l'orgoglio, l'invidia e la concupiscenza; altrimenti avremmo gli zoccoli, come i cavalli. Questo lo disse all'ortopedico, durante la visita. L'ortopedico ne restò abbastanza colpito, perché era abituato a considerare i piedi diversamente, come un fatto anatomico e non spirituale.

In seguito il dottor Dialisi accentuò ulteriormente le persecuzioni: aizzava i cani per farsi mordere i piedi; se li faceva pestare dalle scolaresche o dove c'erano resse, e un piede gli fu trafitto da una punta d'ombrello, senza che lui protestasse. Li paragonava al costato di Nostro Signore, ma senza intenzioni blasfeme; infatti dei piedi non aveva una bassa opinione, come si ha comunemente, ma rappresentavano per lui il centro della sua vita morale. Gli si eran comunque formati due ascessi talmente estesi e profondi che lo portarono rapidamente alla tomba. Gli antibiotici non c'erano ancora; furono inventati pochi anni dopo. Con gli antibiotici si sarebbe forse salvato. Non permise negli ultimi giorni che nessuno più gli esaminasse i piedi. Si era talmente indebolito che non poteva star dritto. Tutti lo pregavano di togliersi almeno le scarpe, ma lui le voleva tenere anche a letto, e sorrideva all'ortopedico che gli parlava al capezzale. Quando perse conoscenza, gli furono tolte le scarpe e poi rimesse subito, perché il quadro clinico risultò impressionante e non c'era ormai più niente da fare; fu il parere anche dell'ortopedico.

Se si fosse saputo che religione mai era quella in cui credeva questo dottor Dialisi, ci sarebbero stati dei convertiti, perché la sua morte fu una morte bellissima, fu la morte di un santo. Il suo calvario era durato in tutto tre anni. Quando si spense era il 1940, ed era già in atto la seconda guerra mondiale.

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85
CESARE LOMBROSO



Come tutti sanno Cesare Lombroso fu uno studioso specificamente di delinquenti e anormali, ivi compresi gli idioti e gli artisti, caratterizzati da un'analoga malformazione di origine incerta. A questo proposito Lombroso studiò nel 1881 i musicisti e la loro distribuzione geografica, in rapporto soprattutto ai vulcani e ai terreni vulcanici. Risultò che in Italia, fino a quella data, vi furono esattamente 1.210 musicisti, in Germania 650; 405 in Francia e 239 in Austria-Ungheria. Seguono il Belgio con 98 musicisti, la Spagna con 62; agli ultimi posti la Svezia (9), l'Irlanda (7) e l'Olanda con un musicista in totale. Da questi dati, afferma Lombroso, non si può dire niente, né sull'influenza determinante del clima né su quella dei vulcani. Invece nella distribuzione dei musicisti in Italia spiccano con molta evidenza le città capitali rispetto alle campagne, alle zone boschive e alle paludi, che sono scarsissime di musicisti. Tra le città, Napoli ha avuto 216 musicisti, Roma 127, Venezia 124, Milano 95, Bologna 91, Firenze 70; Torino soli 27. Evidentemente ha il primo posto il fattore marino; hanno il secondo posto le colline, e il terzo i vulcani.

Non è invece certo l'influsso etnico. Anche nella pittura prevalgono le capitali, seguite dalle colline; agli ultimi posti L'Aquila e Siracusa che hanno avuto un pittore; Bari, Grosseto, Sondrio, Porto Maurizio e Teramo: zero. Press'a poco lo stesso vale per scultori e architetti. I paesi che non diedero artisti o ne diedero pochi sono quelli colpiti dalla malaria e dal gozzo. Tuttavia, per quanto queste cifre sembrino eloquenti, ci dice Lombroso, pure si debbono accettare con grande riserbo, specie per ciò che concerne il primato delle capitali sul clima e sui vulcani: spesso si spacciano infatti come originari di una città capitale individui che vi si son trasferiti neonati o in giovane età dai loro paeselli sperduti tra gli acquitrini o tra le eruzioni vulcaniche.

Oltre che il clima, sono determinanti gli eventi meteorologici negli impulsi artistici e in generale in tutte le espressioni criminali. Il massimo numero di atti violenti (come pure di forti ispirazioni poetiche e artistiche) accade in vicinanza del primo quarto di luna quando si hanno anche perturbazioni e temporali. La luna piena con tempo sereno porta impulso a fuggire e stupidità. Gli ultimi quarti fanno il criminale e l'artista più ragionevole e umano, e più incline alla delazione e al ripensamento. Molti poi sentono le variazioni meteorologiche due o tre giorni prima che accadano, e indicano con il loro grado di agitazione se il tempo volgerà al bello o al variabile. A Milano, nel 1871, si poteva osservare un ladro solitamente tranquillo che si abbandonava a orride bestemmie qualche ora prima che tirasse vento. E se col vento c'era pioggia e tormenta, le bestemmie erano turpi e oscene, secondo una scala graduata stupefacente, la quale annunciava che tempo avrebbe fatto, fino alla tempesta e al diluvio.

Anche le rivoluzioni, in quanto espressione criminale, risentono molto del clima. In uno scritto del 1887 Lombroso dimostra che nel mondo antico il numero massimo di rivoluzioni si notano in luglio, e il minimo in novembre. Roma e Bisanzio, su 88 rivoluzioni, ne danno 11 in aprile e 10 in marzo, giugno, luglio e agosto. Da questi dati appare chiaro che nei mesi caldi le rivoluzioni sono scoppiate in maggior numero che in quelli freddi.

Nel medio evo le rivoluzioni accadevano in piena estate; in seguito, dal 1550 al 1791 ne troviamo 10 in primavera, 14 in estate, 3 in autunno e 4 in inverno. Dal 1791 al 1880 le rivoluzioni furono 495 in Europa, 283 in America, 33 in Asia, 20 in Africa e 5 in Oceania. Riguardo all'Asia e all'Africa il massimo fu in luglio. In Europa in luglio e marzo; nelle repubbliche spagnole d'America, in gennaio, che è il mese più caldo. È evidente in tutto ciò, dice Lombroso, il predominio esclusivo del fattore termico. Infatti il numero delle rivoluzioni aumenta da nord a sud, precisamente come aumenta da nord a sud il calore; vediamo la Grecia darci 95 rivoluzioni, cioè il massimo; e 0,08 la Russia, il minimo; vediamo le più piccole quote nelle regioni nordiche, Inghilterra e Scozia, Germania, Polonia, Svezia, Norvegia e Danimarca; e le maggiori nelle regioni meridionali, Portogallo, Spagna, Turchia europea, Italia meridionale e centrale, e un numero medio appunto nelle regioni centrali. Una notevole eccezione è l'Irlanda, che dà un numero di rivoluzioni in rapporto contraddittorio con la posizione geografica. Ma si deve notare che il clima in Irlanda è molto addolcito dai tepori benefici della Corrente del Golfo. La Corrente del Golfo ha un analogo effetto sull'arte e sui sommovimenti dell'arte nel corso dei secoli.

Ma Lombroso è celebre soprattutto per aver misurato i criminali e iniziato a misurare gli artisti. Nel 1872 le misure dei criminali son le seguenti: gli incendiari risultano essere i più alti di tutti, con metri 1,71; seguono gli omicidi con metri 1,70. Vengono poi ladri e rapinatori: metri 1,69. Il minimo d'altezza è offerto da stupratori e truffatori che oscillano tra metri 1,65 e metri 1,66. Quanto al peso corporeo, segue quasi esattamente la legge della statura: molto leggeri sono i rei di rapina e di furto, con 61 chilogrammi e leggerissimi gli stupratori: chilogrammi 57. Rapinatori e omicidi offrono taglia buona e salute robusta, mentre falsari e stupratori offrono una maggiore quantità di gracili: e si deve notare che su 8 reati di stupro, 10 di falso e 13 di appiccato incendio, cinque vengono in genere commessi da gobbi; mentre si contano solo tre gobbi sopra 250 rapine e omicidi: il che confermerebbe secondo Lombroso la mala opinione che in quanto a malizia e lussuria si ha sempre avuto dei gobbi. Quanto alla testa, la massima capacità cranica è offerta dai falsari, dai calunniatori e dai truffatori; vengono subito dopo i rapinatori, da cui poco differiscono gli omicidi; poi ladri e stupratori. Il minimo è offerto dagli incendiari, che sono spesso di testa ultraminuscola e di cervello inesistente. Considerando anche l'altezza, il tipo dell'incendiario si avvicina perciò più di ogni altro all'idiota tradizionale; se si eccettuano i casi degli incendiari gobbi.

Cesare Lombroso era nato nel 1835 e morì nel 1909. A un certo punto della sua vita si recò in Russia per avere uno scambio di idee con Leone Tolstoj, il famoso scrittore, ed eventualmente studiarlo. Ma Tolstoj non lo volle ricevere, dicendo che le sue teorie eran le teorie di un idiota. Quando questo gli fu riferito, Lombroso ne restò molto offeso; sfidò Tolstoj a provarlo statisticamente. Ma non ne ebbe risposta. Questo accadeva nel 1897.

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Pagina 99

21.
FALSI SUICIDI



Un tenore dopo una serie di stecche nel marzo del 1982, si è chiuso nel camerino e si è sparato una revolverata. Quando han sfondato la porta era vivo perché la pistola era una pistola finta di scena. Il tenore ha dichiarato che non lo sapeva.


Un pacifista si è dato fuoco per strada; ma si è pentito subito e si è buttato in una fontana. In seguito ha detto di avere salvato una vita umana.


Uno psicologo anziano e solo si era deciso in ottobre ad uccidersi con un sonnifero; ma poi nell'attesa, considerandosi in preda a una turba psichica, ha richiesto d'urgenza la lavanda gastrica.


A fine pranzo un uomo di quarantatré anni aveva il vizio di tenere in bocca un pezzo intero di mela e di giocarci. Sua madre gli diceva: "Mandala giù e non fare lo stupido". Lui faceva finta di mandarla giù ma continuava a tenerla nascosta in bocca per gioco. Un giorno in novembre sua madre dopo avergli detto ripetutamente: "Manda giù quella mela", gli ha dato uno scapaccione sulla testa, da dietro. La mela gli è andata giù involontariamente e gli si è fermata in gola; non c'è stato più niente da fare, anche se gli hanno battuto molto la schiena; è morto soffocato. Perciò è falsa la notizia che si sia suicidato per la sua vita inconsistente e molle.

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