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| << | < | > | >> |Indice7 Notizia 9 Novembre-dicembre. Arrivo nel paese dei Gamuna 19 Gennaio. Vita d'ogni giorno a Gamuna Valley 30 Gennaio-febbraio. Le allucinazioni del deserto 41 Febbraio. Caratteri del Gamuna medio 54 Fine febbraio. La deriva di tutto 64 Marzo. Lingua dei Gamuna 76 Marzo-aprile. L'incanto greve della terra 87 Maggio. Dalle città dell'interno 99 Giugno. Cosmo gamuna 110 Giugno-luglio. Gravi pericoli incombono sui Gamuna 122 Agosto. Maschile e femminile 133 Fine d'agosto. Bambini e adulti 144 Settembre. Studi violenti sui Gamuna 156 Settembre-ottobre. Economia, gloria e santità 166 Novembre. La fine di Gamuna Valley 179 Febbraio. Epilogo |
| << | < | > | >> |Pagina 91. Il territorio
A quattrocento chilometri dal mare verso nord est, un massiccio basaltico
chiude il territorio dei Gamuna alle influenze delle popolazioni costiere,
mentre sul versante opposto un vasto deserto sabbioso lo separa dalle strade che
portano alle città dell'interno. Questo deserto non è attraversabile con normali
mezzi di trasporto perché formato da placche d'argilla piene di crepe, che
appena piove possono trasformarsi in grandi pantani come quelli che gli arabi
chiamano wadi, e pericolosi come i wadi in primavera. È un'immensa pianura dove
i Gamuna non si inoltrano mai, anche se dicono che i loro antenati sono venuti
di là, in un tempo non molto lontano. Le grandi sinclinali che scendono dal
massiccio basaltico si arrestano a una settantina di chilometri a nord del loro
territorio, dove corsi d'acqua con itinerari variabili si disperdono in paludi e
falde sotterranee, fino agli ultimi lembi della brughiera che delimita il
deserto sabbioso. I Gamuna si spingono nella brughiera per andare a caccia,
per raccogliere semi di eftla e noci di trepeu, o per portare al pascolo le
pecore. Ma raramente trovano il coraggio di arrampicarsi anche sulle più basse
propaggini del massiccio basaltico, perché sono presi da conturbanti vertigini
anche a contemplare il mondo dall'alto d'una collina. Nessun popolo teme le
altitudini come loro. Da quelle parti spesso si può vedere un pastore o un
cacciatore che vacilla su un costone, poi si butta a terra spaurito per non
guardare in basso. La vertigine dell'altezza sembra loro un segno certissimo che
tutto quanto sta in basso sia un unico e continuo fenomeno di fata morgana, e
che ogni immagine di vita sulla terra non sia altro che un miraggio del genere.
Loro lo chiamano "la grande allucinazione del mondo"
(teru-u ta).
2. La via dell'Onianti Il capoluogo gamuna resta del tutto isolato in mezzo al deserto, inaccessibile per mancanza di linee di comunicazione con le città dell'interno. Rare le escursioni turistiche in aereo, rari i viaggiatori che si spingano in quell'arida frangia savanicola, rarissimi gli uomini politici che abbiano voglia d'entrare in contatto con quella misera popolazione desertana. Altrettanto difficile è l'accesso dal versante opposto, perché bisogna raggiungere il massiccio basaltico con scardinate corriere che fanno servizio su piste molto incerte, dove c'è sempre una guerra in corso. Dovunque si vedono cortei di gente con sacchi e masserizie che cerca di sfuggire alle soldataglie d'un dittatore orbo, dal nome imprecisato o incomprensibile. Molti si arrampicano sugli acrocori delle zone orientali, altri si avviano su per le pieghe del massiccio basaltico cercando salvezza in quella direzione. Le soldataglie del dittatore orbo danno la caccia ai transfughi e spesso li inseguono con gli elicotteri, soltanto per il gusto di sterminare qualcuno. Questa è la rischiosa via dell'Onianti, una pianura con piste di sabbia tra gli arbusti, rari alberi lontani, posti di blocco e processioni di gente che cerca di salvarsi. Ed è l'itinerario seguito dal noto viaggiatore Victor Astafali, mio vecchio compagno di studi, di cui conservo lettere e taccuini di viaggio. Assieme al fedele servitore Sempaté, Astafali ha raggiunto il massiccio in corriera, poi l'ha attraversato a piedi con dieci giorni di marcia, guidato da un gruppo di fuggiaschi dell'Onianti. Nella brughiera ha incontrato un vecchio cacciatore di nome Wanghi Wanghi, e l'ha subito reclutato come suo informatore, perché sapeva parlare in inglese ed era uno strabico che ispirava rispetto agli indigeni. Dopo altri cinque giorni di marcia il loro gruppo ha raggiunto il capoluogo gamuna, chiamato dai forestieri Gamuna Valley. Astafali s'è installato in un albergo in abbandono, con il fedele Sempaté e Wanghi Wanghi. Di qui iniziano le sue annotazioni sul luogo, sui costumi, sulla lingua gamuna, sui suoi incontri e i suoi amori. | << | < | > | >> |Pagina 3812. Storia di Augustín Bonetti
Il colonnello pilota argentino Augustín Bonetti, precipitato con il suo
aereo in territorio gamuna una decina d'anni prima, è stato considerato il
massimo esperto di cose gamuna. I primi suoi articoli, apparsi su una rivista
etnografica olandese, spiegavano come si svolge la vita di quel popolo: il
suo dialetto, le abitudini, i riti, le concezioni, l'ordine dei suoi clan. Il
guaio è cominciato quando il colonnello argentino ha voluto addentrarsi in
spiegazioni troppo sofistiche, per giungere inattesamente a dire che le
concezioni gamuna sui miraggi desertici erano in pieno accordo con le più
moderne teorie dei flussi oscillatori. Non posso spiegare di cosa si tratti
perché non so niente di quelle teorie fisiche, e poi l'articolo di Bonetti è
veramente oscuro. Ma è come la visione d'un mondo fissato nell'attimo stesso del
suo crollo mentre si sfalda in onde e particelle, e tutto oscilla nella perdita
d'equilibrio che annuncia la sua caduta. Io mi sono fatto l'idea che Bonetti
scrivesse queste cose in preda a forti allucinazioni; e penso che questa sia una
testimonianza del modo in cui si può scrivere a Gamuna Valley, essendo sempre
esposti agli abbagli del deserto. Si crede d'avere visioni dello spazio immenso
e del tempo originario, e ci si ritrova vaneggianti dall'altra parte della vita.
13. Fuga nella caverna del Muskadù
Gli antropologi delle città dell'interno hanno spesso ripetuto che il
colonnello Bonetti è un mistificatore, senza alcuna idea di cosa sia un serio
lavoro etnografico. In particolare la sua proposta di confrontare le concezioni
gamuna con le teorie fisico-matematiche sui flussi oscillatori ha fortemente
irritato la comunità scientifica internazionale, oltre agli intellettuali
progressisti delle città dell'interno. Ci sono state proteste sui giornali,
severe denunce del carattere puramente fantasioso dell'articolo bonettiano. Alla
fine è stato inviato un contingente di paracadutisti per catturare l'autore e
sottoporlo a processo. Per sei mesi, Bonetti ha dovuto vivere nascosto in una
caverna del massiccio basaltico, e l'unico suo legame col mondo civile è rimasta
la fedele Elissa Keleshan. Questa avventuriera americana, alta quasi due metri,
energica ed ottimista come pochi, anche lei con pistola in cintura, foulard al
collo e passo marziale, organizzava gli approvvigionamenti del colonnello
argentino nel suo rifugio montano. Inoltre curava i contatti con gli editori
europei e la spedizione dei suoi nuovi articoli a riviste di tutto il mondo,
convinta che contenessero importanti scoperte scientifiche.
Oppure soltanto perché, annota Astafali, l'Elissa e l'Augustín s'erano dati
appassionatamente l'uno dell'altro in grandi amori nella caverna del Muskadù.
14. Come immagino Bonetti Io immagino Bonetti come un tipo magro, fantasioso, chiacchierone, forse anche un po' impudente nelle sue vanterie e sempre in caccia di donne. E immagino che da giovane andasse in giro a corteggiare le donne parlando con l'accento castigliano e citando sempre il Don Chisciotte per far colpo. Con quell'arte forse scroccava soldi e baci, come poi ha fatto con la gigantessa Elissa Keleshan. Non so collocare il suo incontro con Astafali, ma di sicuro è avvenuto dopo il ritorno di Bonetti dalla caverna del Muskadù. Una cosa che si capisce bene dai taccuini del mio amico è che l'argentino lo consigliava di non badare alle chiacchiere del suo informatore Wanghi Wanghi. Anche lui sospettava che Wanghi inventasse storie per incantarlo e spillargli dei soldi. Durante le loro cene nel giardino dell'albergo, Bonetti sosteneva che per capire la questione dei fenomeni di fata morgana bisogna andare nel deserto, esporsi ai miraggi fino a rischiare la vita. Lui aveva preso parte a un rito iniziatico dei ragazzi gamuna, che sono condotti nel deserto e lasciati senza acqua e senza cibo per giorni e giorni, fino quasi a morire. Anche lui aveva rischiato di morire, arrancando per due settimane tra le dune, in preda a spaventose allucinazioni (forse esagerava). Solo allora, diceva Bonetti, tutto diventa chiaro. Ma chiaro cosa? È questo che Astafali voleva accertare quando è partito in una spedizione nel deserto sabbioso. | << | < | > | >> |Pagina 411. Una spedizione andata male
Astafali si è dato a preparare la spedizione nel deserto. Sempaté aveva
trovato nella rimessa dell'albergo una vecchia automobile di marca Isotta
Fraschini, con alti parafanghi e capote ribaltabile. Si è messo al lavoro, ha
smontato il motore, è riuscito a farla funzionare. Astafali, Sempaté e Wanghi
Wanghi sono partiti in macchina, prendendo la strada verso il deserto a sud
ovest. Di lì comincia il "Sentiero degli antenati", dove i Gamuna vanno a
portare i loro morti, e la pista è costeggiata da mucchi di ossa e di crani.
Molto caldo, sole abbagliante, vento che sollevava la sabbia. Poco dopo il
carburatore della macchina si è ingolfato, e Sempaté ha dovuto smontarlo e
pulirlo, ma la macchina non andava in moto lo stesso. Wanghi indicava dei
miraggi lontani che Astafali non riusciva mai a vedere; vedeva solo quei mucchi
di ossa e di crani, poi femori e tibie sparsi che affioravano dal suolo quando
il vento spostava la sabbia. Mentre Sempaté cercava di rimettere in moto la
macchina, Wanghi non stava mai zitto; e deve essere stato questo che ha
stravolto il mio amico, fino a metterlo in uno stato di acuta incertezza su
tutto quello che vedeva o sentiva (altro effetto dei miraggi desertici, secondo
lo strabico Wanghi).
2. Astafali comincia a sbandare
Spedizione, molto caldo, panorama del deserto. Wanghi parla sempre. Astafali
è abbagliato dal sole, non vede niente. Devono abbandonare la macchina. Qui i
taccuini del mio amico si riempiono di appunti poco decifrabili. C'è un litigio
tra Sempaté e Wanghi; poi vedono degli aironi, credono che ci sia uno stagno,
corrono e non trovano niente, solo altre ossa, tibie, femori, crani. Si perdono
sul "Sentiero degli antenati", in mezzo alle dune, dormono tra le ossa.
L'indomani arrancano per un giorno sotto il sole e tornano a casa stremati.
Astafali è febbricitante. Wanghi dice che è colpa dei miraggi. Sempaté dice che
è colpa di Wanghi che li ha intontiti a forza di chiacchiere. Astafali dice di
non aver capito niente di questa storia dei miraggi del deserto. Il suo umore
ora diventa vacillante, con quella domanda del viaggiatore sbandato: "Ma cosa
sto a fare in questo posto?". Intanto qui in Normandia le giornate si allungano;
comincio a vedere delle belle schiarite nel cielo verso ovest. Le campagne sono
verdi, i campi velati da vapori che salgono dalle zolle, e le vacche pascolano
pacifiche davanti alla mia finestra.
3. Perché i Gamuna sono così demoralizzanti?
Molti si sono chiesti perché davanti ai Gamuna nasca così spesso quella
sensazione di squallore e inutilità della vita. Da dove viene la loro capacità
di immalinconire anche gli avventurieri più rudi? Mi sembra che anche le
incertezze di Astafali dipendano da un simile contagio, che colpisce quasi tutti
gli stranieri. Bonetti ha cercato di spiegare la cosa, ricorrendo a un'antica
suddivisione degli individui secondo quattro tendenze umorali: 1) i biliosi –
individui sempre pieni di scatti e sguardi di livore, rari a Gamuna Valley, ma
se ne trovano tra i cacciatori della brughiera, soprattutto tra quelli vecchi e
arteriosclerotici; 2) i flemmatici – è la tendenza umorale che prevale in
assoluto tra i Gamuna maschi, connotati da un corpo quasi filiforme, ossia
sottile e molto snodato, con sguardi vacui e sfuggenti, andatura con spalle
flosce; 3) i sanguigni – questa tendenza umorale domina nel ceppo tribale dei
Traumuna, stanziati in una baraccopoli a sud della città, gente bellicosa che
disprezza altamente la flemma dei suoi cugini Gamuna; 4) i malinconici –
appartengono tutti al ceppo tribale degli Tsiuna, altri parenti dei Gamuna,
stanziati nella periferia est in malandati attendamenti. In realtà gli Tsiuna
sono una parte minima della popolazione, ma basta che uno di loro compaia in una
strada, e subito ha il potere di spandere un'aria di squallore in tutto il
quartiere. Chi lo dice? Lo dice il colonnello Augustín Bonetti. Dunque quella
capacità di deprimere i forestieri non andrebbe attribuita a generici Gamuna,
bensì a pochi Tsiuna che s'infiltrano qua e là, e camminando rasente i muri
diffondono un senso d'inutilità su tutto.
4. Critica delle tesi sopra esposte
È vero che i Traumuna detestano gli Tsiuna per la tristizia che si portano
addosso; ed è anche vero che un serio Gamuna non parla mai di loro, essendo la
malinconia un morbo disdicevole, che non bisogna neanche nominare tra persone
adulte e civilizzate. Però le tesi di Bonetti non provano niente, perché
vorrebbe spiegare degli effetti occulti con dicerie su una popolazione di
poveracci. Ora, lasciando da parte i malinconici Tsiuna e fissandosi sui
prudenti Gamuna, va detto che i loro umori sono poco esplorabili perché tenuti
nascosti dietro sguardi vacui e mosse timorose. E va anche detto che, se sono
loro a spandere quel senso di squallore e inutilità della vita, le loro donne e
i bambini non hanno niente a che fare con simili mestizie.
5. Bande di bambini violenti
I bambini gamuna non somigliano in nulla ai loro padri. Sembrano di un'altra
razza, nati da una filogenesi senza nome, sotto un cielo con un'altra giustizia.
E mentre le bambine sono spedite in soffitta per nasconderle alle bande di
predoni del sud est (i Matuma, visti come gli zingari della zona, ladri di
bambini oltre che di pollame e maialini trok), verso i sette-otto anni i
maschietti lasciano la famiglia e diventano dei piccoli criminali. Vagano in
bande col volto mascherato; vanno a rubare lingotti d'oro nelle rovine delle
banche; hanno i loro piccoli capi che si credono degli eroi leggendari; sono
violenti e crudeli con gli avversari, e massimamente ostili ai maschi adulti
della loro tribù. Di sicuro non producono effetti deprimenti, semmai sorpresa e
spavento per le urla da selvatici scatenati che danno fuori quando assaltano un
avversario.
6. Donne carnose e matrone passionali Le donne gamuna possono produrre effetti sconcertanti con le loro occhiate, ma non si è mai sentito che ispirino la pallida malinconia degli Tsiuna, o quel senso di vita insulsa che spesso i maschi adulti portano scritto in faccia. Del resto considerano i mariti come animali d'una specie diversa, da tenere a distanza con sguardi e scherni poco innocenti. Questo loro separatismo dipende in parte dal fatto che la sagoma nervosa e filiforme degli uomini sembra miseranda, accanto a quella carnosa delle donne. Si aggiunga che i maschi hanno fisionomie pavide e fluttuanti, nessun interesse sentimentale, e scoppi frequenti d'angoscia con strabuzzamenti d'occhi; mentre le donne hanno sguardi molto diretti, risate di sfida, e si lanciano in arditi amori fino ad età avanzata. Inoltre, le donne sono vanitose, ma d'una vanità sconsiderata e rinfrescante, dice la sorella Tran; mentre gli uomini non lasciano mai trasparire quel vizio, perché hanno paura di suscitare delle critiche morali. Un'altra cosa distingue più che mai gli uomini dalle donne gamuna: quando un maschio sente pronunciare la parola "vita" è spesso preso dal convulso, sbanda e barcolla, pensa a tutto quello che potrebbe succedergli di brutto; invece una donna è invasa da imprecisi entusiasmi, da un calore alla testa, o da voglie di buttare il marito in un pozzo. E se è una matrona, a volte ha dei fumi che le escono dalle tempie, poi si mette alla finestra aspettando che arrivi uno straniero da lontano, a cui lanciare occhiate di fuoco. | << | < | > | >> |Pagina 817. Il tremolio delle cose che si stanno sgretolando
I Gamuna dicono che l'incanto greve "ti attira verso il
ta":
parola che per loro indica il "questo"
(ta)
dove l'individuo è piantato. Il
ta
è insieme l'incanto del vivere e l'uomo piantato nella terra, con la polvere che
lo avvolge, e la deriva dei suoi sogni, e il suo modo d'esistere
nell'allucinazione del mondo. I Gamuna vedono questo incanto del vivere come un
tremolio delle cose che si stanno sfaldando nell'afa delle stagioni calde, o tra
i barbagli della polvere che invade l'aria marzolina. Oppure lo vedono nelle
cose che sono destinate a sgretolarsi, disfarsi e crollare per l'attrazione di
tutto verso il basso. Così con questi sfaldamenti si crea attorno alla città una
bolla d'aria tremolante in cui tutto, dicono, diventa "stupido come un cencio"
(pertuma bin),
tutto greve e insignificante. Ed è questa atmosfera che dà la voglia di crollare
a terra, per ritrovarsi nel proprio "questo"
(ta),
nel "questo, qui, ora"
(ta, muna, ti),
come quando si sprofonda nel sonno.
8. Effetti della polvere Ma perché tutta questa stupidità della vita? Cosa dicono i Gamuna? La polvere del deserto è la causa della grande stupidità che si vede dappertutto, dicono, perché la polvere non sta mai ferma, offusca la trasparenza del cielo e stanca gli occhi, stanca il corpo, stanca i pensieri. Scrive la sorella Tran: "La polvere fine che viene dal deserto si insinua in ogni angolo, in ogni stanza, ricopre ogni oggetto, brilla nell'aria in controluce, e niente può bloccarla, né sbarramento, né porta o finestra sigillata. Perciò loro lasciano sempre porte e finestre aperte, affinché la polvere vada dove la porta il vento e non sia irritata da troppi ostacoli...". Se la polvere viene irritata e poi ti entra negli occhi, porta gravi disturbi, dicono i Gamuna: disturbi come il desiderio di non essere mai nati, e la tristezza dei giorni che passano, e la voglia di ammazzare qualcuno per sentirsi più forti. Invece, se si spande liberamente, la polvere del deserto dà a tutto un aspetto stupido o insignificante, ma non porta gravi disturbi mentali. Anzi, in questa forma liberamente volatile spande una virtù fondamentale su tutte le cose, che può infondersi anche negli uomini. "È la virtù di ignorarsi," scrive la Tran, "la virtù di ignorare se stessi come la terra ignora se stessa, di affidarsi all'incanto greve che trascina tutto, senza aver nulla da dire, nulla da lamentare..." | << | < | > | >> |Pagina 1441. Storia di Tinker-Taylor e Triboulet
I primi antropologi che siano andati a stanziarsi tra i Gamuna sono
l'americano P.C. Tinker-Taylor e il belga Jean Triboulet; il primo per
raccogliere notizie sui riti funerari, il secondo sui riti di iniziazione.
Nessuno dei due conosceva l'idioma locale, entrambi dovevano affidarsi a un
interprete indigeno. Nel libro che poi hanno scritto insieme, Tinker-Taylor e
Triboulet raccontano il grande senso di miseria morale ispirato dal luogo, e il
vizio dei Gamuna di mentire sempre, parlando dei miraggi del deserto come di
fatti normali della vita. Nella prefazione al loro libro si legge: "Rispondono
sempre con quelle favole sui miraggi del deserto. Impossibile svolgere un serio
lavoro scientifico. Noi poniamo domande, ma loro guardano il cielo, poi ad un
tratto scompaiono tra i cespugli, e si mettono a defecare per un'ora.
L'interprete indigeno non ci aiutava, e inoltre diceva che eravamo noi gli
allucinati. Tutto era oltremodo esasperante...".
Dopo un mese non ce l'hanno più fatta a continuare le ricerche in condizioni
così avvilenti, e in un scatto mattutino di nervi, mentre si faceva la barba,
Tinker-Taylor ha sparato in testa al suo interprete indigeno. Intanto Triboulet
era già sprofondato in una crisi sentimentale per lo sguardo fulminante d'una
donna traumuna. Ma in seguito i due si sono avviliti ancora di più, con gravi
depressioni di stampo catatonico, e si trascinavano per le strade di Gamuna
Valley in uno stato pietoso, invasi dal sentimento di inutilità della vita.
2. Calvario di due antropologi
Di notte capitavano in quei punti della città dove gli abitanti creano i
loro salottini per le chiacchiere notturne su mucchi di macerie; si avvicinavano
sperando di poter fare qualche domanda scientifica, e di essere presi in
considerazione, se non altro per un senso di pietà ispirato dal loro stato di
solitudine; ma i Gamuna facevano finta di non vederli e continuavano le loro
chiacchiere. Di giorno Triboulet e Tinker-Taylor si sedevano su un marciapiede e
tendevano la mano come due mendicanti, per richiamare l'attenzione di qualcuno,
ma nessuno gli badava. Allora si davano a gettare ai passanti banconote da un
dollaro o anche da dieci dollari, in preda a un fortissimo delirio d'abbandono.
Non sapevano più cosa fare, e ricorrevano a quell'estremo rimedio, pensando che
gli indigeni non avrebbero potuto resistere all'attrazione del denaro. In quei
momenti, tendendo una banconota verso i passanti, i due antropologi sognavano
che qualcuno rispondesse alle loro domande, e di fare qualche importante
scoperta scientifica, poniamo sui tabù sessuali gamuna, o sulle strutture della
parentela. Nessun passante si è mai fermato; anzi, vedendoli come loschi
vagabondi, tutti si tenevano ancora di più alla larga. A un certo punto i due si
sono rifugiati nel vecchio albergo ai margini della brughiera, dove abitava la
sorella Tran, e questa li ha curati con erbe e rimedi magici. Ma il loro stato
depressivo era molto avanzato; il loro volto si scarniva, le loro occhiaie si
infossavano di giorno in giorno. I due blateravano in preda al delirio:
blateravano notte e giorno nel loro gergo da antropologi, di clan totemici, di
lignaggi matrilineari, di matrimoni endogamici, e della loro carriera
universitaria rovinata per sempre. Alla fine sono riusciti a salvarsi grazie a
tre avventurieri francesi, che sul loro elicottero li hanno riportati nelle
città dell'interno. Dopo un anno di convalescenza si sono ripresi, e hanno
scritto insieme un grosso libro sulle loro dure esperienze tra i Gamuna.
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