Copertina
Autore Gianni Celati
Titolo Narratori delle pianure
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1989 [1985], UE 1027 , Isbn 978-88-07-81027-5
LettoreRenato di Stefano, 1992
Classe narrativa italiana
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Pagina 59 [ lieto fine ]

Era chino sull'ultima pagina d'un libro, dove stava applicando una striscia di carta.

Anni dopo la sua grande biblioteca veniva assegnata in eredità a una nipote, e questa frugando tra i libri ha creduto di capire come il vecchio studioso avesse trascorso l'ultima parte della sua vita.

Per quest'uomo tutti i racconti, i romanzi, i poemi epici dovevano andare a finir bene. Evidentemente non tollerava le conclusioni tragiche, le conclusioni melanconiche o deprimenti d'una storia. Perciò nel corso degli anni s;era dedicato a riscrivere il finale d'un centinaio di libri in tutte le lingue; inserendo nei punti riscritti dei foglietti o strisce di carta, ne trasformava le conclusioni, portandole sempre ad un lieto fine.

Molti dei suoi ultimi giorni di vita devono essere stati consacrati alla riscrittura dell'ottavo capitolo della terza parte di "Madame Bovary", quello in cui Emma muore. Nella nuova versione Emma guarisce e si riconcilia col marito.

L'ultimissimo suo lavoro è però quella striscia di carta che aveva tra le dita e che, già ormai morto di fame, stava applicando sull'ultima riga d'un romanzo russo in traduzione francese. Questo è forse anche il suo lavoro più perfetto; qui, cambiando solo tre parole, ha trasformato una tragedia in una buona soluzione di vita.

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Pagina 63 [ fantasmi, immagini, libraio ]

Dopo Natale la donna più anziana ha lasciato il marito e assieme all'altra andava ad abitare in una casetta appena fuori da Borgoforte, vicino al ponte sul Po. Il marito perseguitava le due donne per qualche mese, capitando a trovarle inaspettatamente di notte e gridando loro ogni volta che erano pazze; poi però è stato spedito a fare un viaggio dalla sua ditta, e per un bel pezzo non s'è fatto vivo.

Una notte la più giovane delle due ha sognato il bambino, sullo stesso argine e assieme a gente che aveva vestiti d'altri tempi, forse di quarant'anni fa. È stato solo perchè ha dovuto rivolgersi a qualcuno per ricostruire la data di quei vestiti, che ne ha parlato con un libraio di Mantova.

Forse da quel sogno le donne avevano creduto di capire qualcosa; perciò tornavano un paio di volte a parlarne col libraio.

Il libraio di Mantova ha avuto l'impressione che considerassero la propria esistenza come una cosa poco importante. Gli è parso si considerassero soltanto come "strade o percorsi di immagini" (parole del libraio): punti attraverso cui passavano immagini che spesso non si sapeva cosa fossero, come quelle dei sogni, o come molte immagini quotidiane, o immagini d'altri tempi che chissà perché era capitato loro di vedere, come quella del bambino.

Secondo il libraio quel bambino era apparso loro, stando alle loro parole, quasi fosse un pezzo di tempo che torna, in una spirale di ripetizioni, a cui nessuno fa caso perché riconosce solo le proprie immagini, perché crede ciecamente alla propria esistenza.

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Pagina 65 [ esperto, scienziato, prestigiatore ]

Da molto tempo ormai non aveva più una lingua propria con cui parlare e scrivere. Un lavoro svolto univamente con parole tecniche d'una lingua straniera, in un continente dove non era mai riuscito a capir bene cosa gli altri dicessero, aveva creato il paesaggio definitivo del suo volto e la musica lenta della sua voce. Poiché era rimasto al mondo più a lungo d'una persona che aveva condiviso i suoi viaggi e la sua vita, un giorno s'era deciso a tornare nel proprio continente d'origine, trovandosi a suo agio soprattutto negli aeroporti, dove finalmente gli pareva d'essere in compagnia di altri con le sue stesse mete.

Da molti esperti era considerato anche lui un autorevole esperto in qualcosa. Ma aveva spesso desiderato che qualcuno lo retribuisse, non per le formule specialistiche che insegnava agli altri, bensì per il lavoro oscuro e pratico con cui aveva contribuito a tenere in piedi il lungo imbroglio della sua scienza, orientandosi tra fatti che non erano fatti, prove che non erano prove, spiegazioni che spiegavano soltanto se stesse, e facendo quadrar tutto alla fine solo grazie alla precisione dei termini usati. Quando era nell'altro continente aveva spesso desiderato lo applaudissero per questo, e di potersi inchinare al pubblico come un prestigiatore che ha manipolato le apparenze in modo favoloso, sorridendo tra sé per il proprio imbroglio di bravo scienzato.

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