Copertina
Autore Giulietto Chiesa
Titolo Invece di questa Sinistra
Edizionenottetempo, Roma, 2004, i sassi , pag. 64, cop.fle., dim. 105x150x4 mm , Isbn 978-88-7452-099-2
LettoreRiccardo Terzi, 2005
Classe politica
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Pagina 24

Caro Chiesa,

Mi chiedi di indicarTi sinteticamente quali sono i temi fondamentali ai quali dovrebbe dedicarsi un Deputato Europeo di Sinistra. Lo faccio con piacere, limitandomi, peraltro, agli obiettivi di natura economica.

1. Io penso innanzitutto che un Deputato Europeo dovrebbe contribuire a dare alla Europa una nuova identità: il che significa uno sviluppo omogeneo della qualità della vita, e cioè dell'apprendimento, della conoscenza, e quindi della cultura.

Tutto questo deve portare a una concezione dell'andamento generale del Continente che non si misuri soltanto attraverso l'aumento del prodotto interno lordo (PIL), ma che comprenda quell'insieme di valori che debbono contraddistinguere la civiltà Europea. In estrema sintesi, bisogna puntare a una Europa "diversamente ricca".

2. Le manifestazioni concrete di questa "idea di Europa" comportano alcune priorità:

a) l'abbandono della concezione "monetarista" della politica economica, che si estrinseca ora nella Banca Centrale Europea. Questo istituto è, al momento, il solo strumento di potere reale: al contrario, la politica economica del Continente deve essere affidata a un organismo politico, che risponda democraticamente del suo operato al Parlamento Europeo;

b) la creazione di una politica fiscale omogenea, per quanto riguarda la tassazione sia dei redditi da lavoro, sia dei redditi da capitale. In particolare, bisogna istituire una tassa europea sul trasferimento di capitali a scopo esclusivamente speculativo. Conseguentemente occorre lottare, senza ambiguità, contro i "paradisi fiscali" che tanti danni hanno provocato ai Paesi Europei;

c) è necessario creare una politica europea della ricerca scientifica applicata, attraverso accordi fra i principali politecnici e le principali università scientifiche di tutti i Paesi Europei. È questo l'unico modo per ridare all'Europa il posto che le compete nella comunità scientifica mondiale;

d) occorre una politica industriale che abbia come suo presupposto la continua innovazione di prodotto, abbandonando l'idea che basti, per competere sul piano mondiale, attuare una costante diminuzione del costo del lavoro, idea che ha dimostrato e dimostra non solo la sua iniquità morale, ma anche la sua stupidità gestionale.

3. In questo quadro, l'attuale Patto di Stabilità Europeo dimostra tutta la sua fragilità. Occorre, quindi, rivederlo complessivamente, per permettere ai singoli Paesi Europei - mantenendo fermo il necessario rigore nelle spese di gestione corrente - di aumentare gli investimenti nei settori strategici: e ciò in modo coordinato e uniforme per tutta la Comunità Europea.

Nerio Nesi, Deputato

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Pagina 50

Un nuovo sistema di alleanze sociali e di valori comuni

Ora che la crisi del modello americano - finanziaria, economica, politica, democratica, sociale, ambientale - si manifesta in tutta la sua portata, coloro che quel modello avevano assunto acriticamente come punto di riferimento (anche coloro che, fingendosi realisti, si limitavano a parlare di inevitabilità) non hanno piú nulla da dire. Annaspano. Prigionieri delle idee dell'avversario non sono stati capaci di capire che la minaccia vera e piú insidiosa alla nostra democrazia, ai nostri diritti, alla nostra sicurezza, al nostro ambiente, alla nostra cultura, non veniva dall'esterno, ma dall'interno, dalle élites al potere, da quei "bolscevichi del capitalismo" che hanno assunto posizioni di comando nell'economia, nell'informazione, nella politica, in Italia e nel mondo.

Non hanno compreso che l'attacco alla legalità interna e internazionale, alle istituzioni che ci governano, è l'altra faccia della medaglia della guerra. Il neo-liberismo è all'origine della guerra, ma è anche la legge del piú forte nei rapporti sociali. È la fine di ogni patto e di ogni regola, cioè è il primo e vero disturbatore della quiete mondiale. Il terrorismo è un sottoprodotto di questa forsennata idea di dominio, il suo contrario, o forse il suo fratello. L'Impero ha già definito la sua strategia, la "guerra infinita", per tentare un proprio rilancio. Ma in questa nuova strategia non c'è spazio per la democrazia, né per le Nazioni Unite, né per un sistema condiviso di regole internazionali. Seguire gli avventurieri che hanno preso il potere a Washington significa, per il cosiddetto riformismo italiano, suicidarsi. Per meglio dire significherà che questi generali senza piú esercito si faranno trascinare sull'altare della prossima guerra, contro il prossimo "dittatore sanguinario".

L'esperienza comunista - sebbene alcuni dei suoi valori fondanti siano tutt'altro che defunti e debbano essere ripensati senza lasciarsi trascinare nella volgarità del dibattito dei "vincitori" - è stata demolita irrevocabilmente agli occhi di immense masse, dalla sua incapacità di produrre valori alternativi paragonabili, per forza e impatto, a quelli della grande "fabbrica dei sogni" dell'Occidente. Ma è crollata anche la tradizionale idea di una soluzione caritatevole delle mostruose disuguaglianze, moltiplicate dalla globalizzazione nella sua veste americana. I ricchi sono divenuti sempre piú ricchi e i poveri sempre piú poveri. Cosí, dunque, come l'unico comunismo sperimentato è stato quello "reale", sovietico (o nelle sue varianti cinese, cubana, est europea, vietnamita, nord coreana, ecc, tutte costruite violando le ipotesi marxiste), altrettanto ci si trova a constatare che l'unica globalizzazione che abbiamo sperimentato è stata ed è quella americana. Che adesso sappiamo non funzionare, esattamente come non funzionarono il socialismo e il comunismo "reali". Sebbene importanti e decisivi settori dell'imprenditoria e della finanza italiana e internazionale non abbiano ancora saputo e voluto fare i conti con queste evidenze, è lecito pensare che la crisi in atto costringerà molti a rivedere giudizi consolidati e ad abbandonare illusioni radicate. Proseguire sulla vecchia via delle deregulations generalizzate non offre prospettive. Invece dell'eliminazione del "pubblico" diventa sempre piú evidente che un nuovo equilibrio tra pubblico e privato, nel rispetto delle regole, è nell'interesse comune. Occorre aprire anche con queste forze, comunque decisive, una grande e coraggiosa discussione sul comune futuro.

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