Copertina
Autore Emanuela Ciuffoli
CoautoreD. Ranieri, E. Ciuffoli, E. D'Amico, M. Baroni, E. Giliberti, F.W. Macarone Palmieri, P. Ricci, M. Mandi
Titolo Texture
SottotitoloManipolazioni corporee tra chirurgia e digitale
EdizioneMeltemi, Roma, 2007, Melusine 60 , pag. 190, cop.fle., dim. 12x19x18 cm , Isbn 978-88-8353-562-8
CuratoreEmanuela Ciuffoli
LettoreSara Allodi, 2007
Classe sociologia , comunicazione , sensi , medicina , salute
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Indice

  7 Introduzione
    Emanuela Ciuffoli

 13 Capitolo primo
    Intero-Insecto
    Daniela Ranieri

 39 Capitolo secondo
    Dall'imeneplastica alla chirurgia della lussuria:
    l'estetica dell'intimo
    Emanuela Ciuffoli

 57 Capitolo terzo
    Body on demand: il corpo femminile nei surgereality
    Erika D'Amico

 75 Capitolo quarto
    Mediamente morti: visioni autoptiche, recrudescenze
    della carne e corpo dell'immagine nelle serie TV
    Monica Baroni

 91 Capitolo quinto
    Pixel_zone@solmutante.body
    La cartoonizzazione degli adolescenti giapponesi
    Elena Giliberti

111 Capitolo sesto
    21st Century Schizoid Bear.
    Transizioni maschili nella pornografia in rete
    Francesco Warbear Macarone Palmieri

135 Capitolo settimo
    Il corpo tra texture parodiche e morfologie culinarie
    Piero Ricci

153 Capitolo ottavo
    Corpi apocrifi
    Massimiliano Mandi

173 Bibliografia

185 Gli autori

 

 

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Pagina 7

Introduzione

Emanuela Ciuffoli


Con un semplice intervento in day hospital è possibile recuperare la verginità perduta e garantirsi l'ebbrezza di un rinnovato debutto. Utilizzando la crema ingiallente proposta da uno studio di design italiano si può "cinesizzare" il proprio incarnato facendo della pelle il sito di transito degli immaginari migratori. È sufficiente una minuscola pasticca per annullare il cattivo odore dalle proprie feci e volgere il corpo al maggior grado di asepsi possibile. Pochi esempi per indicare come la cifra profonda del contemporaneo sia una riarticolazione del corpo che non agisce esclusivamente a livello simbolico, piuttosto scompaginando la carne, nella sua materialità, al fine di generare incessantemente nuove narrazioni del desiderio. La matrice essenzialmente mitologica della metamorfosi si fa tecnologica spingendo al passaggio verso un meta-morphing digitalizzato e medicalizzato. Sempre più friabile il confine tra televisione e autopsia, sempre meno definita la distinzione tra chirurgia e spettacolo: gli ultimi anni ci pongono innanzi a un proliferare di anatomie fantastiche (Tartarini 2003), a una somatizzazione dei generi televisivi (CSI, Extreme makeover, The Swan, Nip/Tuck, Bisturi! ecc.) e a una cosmetizzazione dell'interno del corpo resa possibile dalle nuove tecniche infografiche.

Se la modificazione corporea — dal tatuaggio al branding, passando per le scarificazioni e le costrizioni mediante busti e fasciature – è da tempo una tematica centrale per quelle discipline che si interessano alle pratiche di costituzione dell'identità, essa appare, nelle sue derive ipertecnologiche contemporanee, fondamentale per la comprensione delle modalità di interconnessione tra carne e tecnologia. Revirgination, trapianti di volto, colture di tessuti organici: sulla manipolazione dei propri panorami corporei, siano essi interni o esterni, i soggetti giocano la loro relazione all'altro e al proprio sé. Abituato da decenni di fantascienza a derive teriomorfiche e teratogene, l'essere umano pare ora superare lo stadio del cyborg per giungere a una sorta di schizofrenia concertata che gioca sul doppio registro della saturazione e della sottrazione. Di carne, di pixel, di gesti, di sé. Nelle sue manifestazioni più estreme, la chirurgia contemporanea agisce difatti su due opposti fronti: da un lato l'ipercorrettismo, la ricerca di una geometrica conformità dell'immagine corporea ai canoni sociali, dall'altro una sorta di "effetto caricatura" ibridante, che sospinge i tratti somatici all'esasperazione grottesca (chili di protesi di silicone), al dettaglio zoomorfo (la lingua biforcuta, la pelle squamata dal laser ecc.), alla cartoonizzazione della fisiognomica (le vibrisse di Hello Kitty impiantate sul volto delle adolescenti giapponesi).

I saggi qui raccolti incrociano, secondo un approccio transdiciplinare, le tematiche della digitalizzazione degli immaginari e delle modificazioni delle geografie corporee, focalizzando l'attenzione su quelle torsioni delle texture (informatiche, cutanee, narrative) che portano le pratiche manipolatorie a mescolarsi a quelle mediali, giocando la durata e la fragranza dei corpi nella loro messa in scena. Effetto della medicalizzazione dell'estetica (si pensi all'uso crescente di cosmetici arricchiti con sostanze tecnologiche come gli antiradicali liberi o gli acidi alfa-idrossidi e alla diffusione di massa del botox) e della estetizzazione della medicina (per cui si moltiplicano gli interventi di chirurgia estetica) grazie alle tecnologie digitali è il diffondersi di quella che viene definita la cultura del "quick change" (Sobchack 2000) e dell' "extreme makeover", che insiste sulla trasformazione repentina dei connotati mediante l'applicazione di pratiche di cosmesi radicale e la massificazione delle tecniche chirurgiche (tanto che le cliniche offrono i loro servizi in saldo, proponendo in questi giorni un ribasso di tremila euro sulla mastoplastica additiva). La logica combinatoria investe dunque i corpi imponendo loro una plasmabilità illimitata: corpi-immagine (e immagini-corpo), corpi-trucco/truccati si imbandiscono e apparecchiano le superfici mediali. Le serie TV e i reality divengono il sito privilegiato per la rappresentazione di morfoscritture applicate al vivente e alla sua immagine, tanto che, come suggerisce Enrico Ghezzi in una riflessione sulla science-fiction (1984, p. 10),

i corpi sfasciati, smontati, trasformati a vista mediante orrendi trucchi e trasmutazioni, o semplicemente troncati, spezzettati, dissolti, finiscono allora per coincidere con il tentativo dell'immagine stessa di considerarsi corpo e di smontarsi-rimontarsi, di funzionare come un'eterna dissolvenza, scomposizione e ricomposizione di sé.

L'impressione data da certe fiction è infatti che la fantasia esplorativa proiettata verso l'universo del cinema di fantascienza sia ora diretta verso l'interno, verso il corpo offeso, afflitto da rarissime patologie (Dr. House) o verso la camera fredda del cadavere (CSI). L'oltretombale mediatico pullula di cadaveri arrotolati, sgualciti, sondati, ricuciti, probabilmente perché sul tavolo autoptico, a corpo morto, si riallaccia inesorabilmente la piena corrispondenza tra il corpo stesso e la sua immagine: dal rintocco funebre al ritocco funebre.

Il pixel diviene porzione di pelle. Nella sua versione maggiormente epidermica, il "desiderio di rifarsi" assume pertanto l'espressione di un "desiderio di ritrarsi" che sposta la raffigurazione dallo schermo, o dalla pellicola, al corpo stesso. L'immersione in certe tecnologie è infatti talmente marcata da dar vita a una "morphological imagination" (Sobchack 2000) che attinge i propri riferimenti dalla computergrafica: sampling, mixing, morphing: le operazioni dei paradigmi tecnologici vengono applicate direttamente sulla carne, il cut up zigzagante delle strutture a rete copia e incolla samples di tessuti, muscoli e cartilagini.

Tale processo non è affatto pacificato, poiché, come rileva Vivian Sobchack:

il morph pone in questione le fantasie e le filosofie dominanti, che fissano il nostro essere incarnati e fondano le nostre identità come separate ed è questo a ricordarci della nostra vera instabilità: il nostro flusso fisico, la nostra mancanza di corrispondenza con noi stessi, la nostra esistenza subatomica così come quella sottocutanea, sempre in movimento.

Dai vezzi cosmetico-cartoonistici delle ganguro-gyaru nipponiche (che modificano la loro fisionomia arrotondando gli angoli degli occhi e scuriscono la loro pelle per rendere il ritratto fotografico più nitido) ai gioielli in titanio che arpionano gli occhi per uno sguardo orientaleggiante, passando per le mascolinità ursine e taurine performate nei siti di netpornografia, il corpo oggetto/soggetto di tecno-trasformazioni, modificazione e ibridazione, è transitorio e transitivo, epicentro di alterazioni epistemiche che sbrecciano fino a scorticarli i dualismi su cui si sono finora strutturate le teorie afferenti l'identità. Organico/inorganico, interno/esterno, intimo/pubblico, maschile/femminile, naturale/artificiale mantengono probabilmente la loro efficacia se si è disposti a fare di una barra di opposizione – / – il principio di un incrocio: X. Traccia di una sutura, simbolo di infinite aperture, crocicchio e moltiplicatore di esperienze e percezioni (giacché la manipolazione corporea agisce prepotentemente anche sull'osmosi sensoriale tra soggetto e mondo).

Reversibili o irreversibili, i processi di modificazione corporea agiscono sulla carne convocando gli universi mediali per porre in questione la relazione tra corpo e immagine. La fisiognomica contemporanea mescola infatti differenti codici, offrendo infinite possibilità protesiche e multiple narrazioni (auto)biografiche. Numerosi sono i blog e i siti (tra tutti truelifebarbie.com) in cui i soggetti raccontano e mostrano attraverso foto e video l'esito, sia da un punto di vista estetico che sociale, delle loro trasformazioni. Poiché il bodymorphing agisce anche come "impulso all'autoesibizione" in quanto reazione "col mostrarsi all'effetto schiacciante dell'essere mostrati" (Arendt 1978, p. 102). Il carattere espositivo dell'identità e quello relazionale risultano quindi inseparabili (Cavarero 1997) e proprio per questo i processi di modificazione assumono una componente politica che sposta le strategie discorsive dallo spazio collettivo alla dimensione corporea. È il caso della sottocultura gay dei bear, che destruttura l'iconografia omosessuale privilegiando una mascolinità caratterizzata dall'abbondanza di peli e barba, dall'apprezzamento per pance pingui ed estetiche proletarie. Mentre il mondo della politica affronta le questioni afferenti il corpo mediante una ossessiva feticizzazione dell'integrità – palese è la difficoltà del diritto nell'affrontare questioni liminali come il dono d'organi e il trapianto di volto –, i desideri degli individui, le pratiche mediche e le produzioni mediali agiscono sul versante opposto, eleggendosi a vere e proprie apologie del dettaglio anatomico e biografico. Corpi-boccone saturano gli schermi, mentre la medicalizzazione ipertecnologica delle pratiche di manipolazione si allarga anche all'ambito culinario, basti pensare al polmone d'acciaio utilizzato dallo chef catalano Ferran Adriá per aromatizzare il gelato al fumo di sigaro o al bisturi con cui Davide Scabin invita il commensale a fendere la membrana del suo cyberegg.

Se Deleuze, ne L'immagine-movimento (1983), definiva il primo piano come una "lastra d'organi", le contemporanee produzioni mediali consentono di estenderne la definizione: a fior di schermo si alternano narrazioni epiteliali e passioni graffiate dal bisturi, mitologie al microscopio e soap opera a doppia elica.

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Pagina 57

Capitolo terzo

Body on demand: il corpo femminile nei surgereality

Erika D'Amico


                        Scrivere non del corpo, ma il corpo stesso.
                        Non la corporeità, ma il corpo. Non i segni,
                        le immagini, le cifre del corpo, ma ancora il
                        corpo. (...) Scrivere: toccare estremità.

                                               Jean-Luc Nancy, Corpus



L'esperienza del proprio corpo si muove analogamente nel ridefinire i contorni della storia individuale che diventa la metafora della rinascita e della metamorfosi: dal bruco alla farfalla, dal brutto anatroccolo al cigno. Il reality, strumento di vivisezione biografica, diventa ricettacolo dei discorsi intorno alla tematica dell' Extreme Makeover, del desiderio di metamorfizzarsi ed essere altro. Il corpo "rifatto" e poi "ritratto" dai media produce una grammatica sul vissuto individuale che viene importata nel flusso delle reti e ridiscussa attraversso le categorie del "prima e dopo".

Il divenire ciò che si è pensato di essere fa sì che non si possa più parlare solo di "corpo" (soprattutto nel caso dei reality che hanno per tema la chirurgia plastica) ma piuttosto di Body on Demand.


Surgereality: i corpi femminili in scatola

Le pratiche chirurgiche di "restauro" e di modificazione estetica sul corpo sembrano agire sul patrimonio biografico dell'individuo. L'azione che si oppone alla pulsione dissolvente del tempo opera prevalentemente verso un rispristino di "ciò che era" del nostro corpo e dell'esistenza che si dipana a partire da esso, oppure verso una cancellazione del "ciò che è stato" (la ruga, la cicatrice e dunque il segno di questa corporeità caduca). La chirurgia plastica sarebbe pertanto quella pratica che rende il segno solubile al ferro, che non significa attraverso la cicatrice ma attraverso il suo celarsi (si pensi alla sutura estetica che ripiega il punto all'interno del tessuto epidermico al fine di renderne la presenza quasi impercettibile).

Il reality show, riprendendo il modello dell'affabulazione narrativa degli zoo umani nel periodo coloniale (Lemaire et al. 2002) ha fatto del tema della manipolazione corporea, il centro nevralgico dello sguardo occidentale. Extreme Makeover, The Swan, Chirurgia Plastica prima e dopo, Dr. 90210, Fatte e Rifatte. La proliferazione dell'esposizione della pratica chirurgica estetica o ricostruttiva sarebbe un elemento fondamentale per raccontare e raccontarsi a partire dal corpo.

Va detto che le tre funzioni associate al fenomeno degli zoo umani: mostrare l'Altro; etichettare la differenza; definire una frontiera tra il normale e l'anormale (Blanchard, in Lemaire et al. 2002); sono nel reality compattate nel solo "mostrare". Non si vuole etichettare la differenza, creare "gabbie" protettive tra "noi" e "loro". Piuttosto vi è una sorta di ragionamento commerciale da parte dell'individuo che si presta alle telecamere durante un intervento di mastoplastica additiva. Farsi telesezionare per non pagare i costi ingenti di un extreme makeover. Dal pay-per-Body al Body on demand completamente gratuito. La transazione commerciale ripaga con la moneta dello sguardo.

Dall'altra parte del medium si deve però creare una possibilità di condivisione tematica tra lo spettatore e il personaggio televisivo. Per consentire questo, il reality sulla chirurgia plastica usa la forma della biografia declinata ora con la "favola", ora con forme tragiche e spettacolari (lo sfigurato, il deforme, il traumatizzato ecc.). Produzione ed esibizione sono in questo caso quasi perfettamente corrispondenti, tuttavia se nei reality come Grande fratello o Survivor è prevista la possibilità di stare 24 ore consecutivamente connessi con i protagonisti (come dimenticare le schermate con gli infrarossi che inquadrano i concorrenti mentre dormono...), nei "surgereality" sono il montaggio e il narratore extradiegetico a costruire la sequenza della storia.

Dunque a essere scritto è il corpo ma anche il suo agire e il suo lasciarsi agire con lo scopo di farsi afferrare (Nancy 1992). Così afferma J. durante una puntata del programma Extreme Makeover. "Voglio che la gente per strada mi guardi e dica 'che bella ragazza!' e non 'oddio, quella sembra una befana' come invece mi capita di solito". E mentre parla fissa la telecamera come se guardasse lo spettatore e le lacrime le scendono giù per le guance rosse.

La bruttezza è drammatizzata, incausata, accusata. È l'ostacolo per il riconoscimento, per una vita normale. A questo proposito i surgereality puntano molto sul femminile, mediaticamente la donna avrebbe un corpo che si presta all'esposizione da bacheca, avrebbe un corpo che non possiede ma sembra essere talmente sfuggente al controllo da possedere la donna stessa. Il corpo della donna sarebbe un corpo da messa in scena, un corpo che si presta agli artifici, che inganna la vista (push-up, make-up ecc.).

Così Remaury (2000, p. 278):

Questa stretta associazione tra donna e corporeità dimostra che la personalità e l'esistenza stessa della donna — a prescindere dalle concrete forme retoriche, dai modelli proposti e dai mezzi per realizzarli — sono costantemente confuse con il suo corpo, forse più di quanto lo siano mai state in passato. Se l'uomo ha sempre avuto coscienza di avere un corpo, è probabile che non ci siamo ancora resi conto di quanto la cultura abbia costretto la donna ad essere un corpo — il suo corpo.

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