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| << | < | > | >> |IndiceTerzo paesaggio Frammento indeciso del Giardino planetario 7 Definizioni 9 I — Origine 13 II — Estensione 17 III — Carattere 25 IV — Statuto 27 V — Sfide 33 VI — Mobilità 37 VII — Evoluzione 41 VIII — Scala 43 IX — Rappresentazione dei limiti 47 X — Rapporto con il tempo 53 XI — Rapporto con la società 57 XII — Rapporto con la cultura 59 Manifesto 65 Gilles Clément in movimento di Filippo De Pieri |
| << | < | > | >> |Pagina 7Rifugi per la diversità, costituiti dalla somma dei residui, delle riserve e degli insiemi primari. Il residuo deriva dall'abbandono di un terreno precedentemente sfruttato. La sua origine è molteplice: agricola, industriale, urbana, turistica ecc. Residuo (délaissé) e incolto (friche) sono sinonimi. La riserva è un luogo non sfruttato. La sua esistenza è legata al caso oppure a una difficoltà d'accesso che rende lo sfruttamento impossibile o costoso. Appare per sottrazione dal territorio antropizzato. Le riserve esistono di fatto (insiemi primari) ma anche per decisione amministrativa. Il carattere indeciso del Terzo paesaggio corrisponde a un'evoluzione lasciata all'insieme degli esseri biologici che compongono il territorio, in assenza di ogni decisione umana. Il Giardino planetario è una rappresentazione del pianeta come un giardino. Il sentimento di finitezza ecologica fa apparire i limiti della biosfera come lo spazio concluso di ciò che è vivente. Diversità si riferisce al numero di specie viventi distinte tra gli animali, i vegetali e gli esseri semplici (batteri, virus ecc.), essendo il numero umano compreso in una sola e unica specie la cui diversità si esprime attraverso le variazioni etniche e culturali. | << | < | > | >> |Pagina 9L'analisi del paesaggio di Vassivière, condotta nel corso del 2002 per il Centre d'art et du paysage, ha portato alla luce il carattere artificiale di ciò che sembra "naturalmente" presente: la distesa d'acqua del bacino di una diga idroelettrica, gli alberi di una foresta gestita dall'uomo, l'erba delle pasture bovine... Un insieme organizzato secondo le possibilità offerte dal rilievo, le esposizioni, gli accessi. Ciò che percepisce l'uccello in volo, ciò che il nostro sguardo può abbracciare da una cima, è un tappeto intessuto di forme scure e ruvide: le foreste; e di superfici chiare, ben delimitate: i pascoli. L'alternanza d'alberi e d'erba solca il paesaggio, lo anima di prospettive curve rilanciate da un rilievo dolce e profondo. L'equilibrio delle ombre e delle luci obbedisce a un dispositivo di cui si può intuire l'economia. L'immensità del territorio toccato da un simile equilibrio può ingannare il viaggiatore: si tratta forse di un progetto? Di un prodotto casuale della storia? Divisione dei lotti, dispersione degli insediamenti, variazione del rilievo: tutto questo forma un apparato radicato nella geografia e nella società, in grado di affrontare durevolmente i meccanismi che spingono verso un riaccorpamento. Resti di una policoltura di cui molte configurazioni sono scomparse per cedere il dominio a due ricchezze: l'albero, l'erba. Prodotti puri di un'attitudine "PAC" il cui potere di riduzione non ha tuttavia potuto sciogliere tutte le diversità. Se si smette di guardare il paesaggio come l'oggetto di un'attività umana subito si scopre (sarà una dimenticanza del cartografo, una negligenza del politico?) una quantità di spazi indecisi, privi di funzione sui quali è difficile posare un nome. Quest'insieme non appartiene né al territorio dell'ombra né a quello della luce. Si situa ai margini. Dove i boschi si sfrangiano, lungo le strade e i fiumi, nei recessi dimenticati dalle coltivazioni, là dove le macchine non passano. Copre superfici di dimensioni modeste, disperse, come gli angoli perduti di un campo; vaste e unitarie, come le torbiere, le lande e certe aree abbandonate in seguito a una dismissione recente. Tra questi frammenti di paesaggio, nessuna somiglianza di forma. Un solo punto in comune: tutti costituiscono un territorio di rifugio per la diversità. Ovunque, altrove, questa è scacciata. Questo rende giustificabile raccoglierli sotto un unico termine. Propongo Terzo paesaggio, terzo termine di un'analisi che ha raggruppato i principali dati osservabili sotto l'ombra da un lato, la luce dall'altro. Terzo paesaggio rinvia a Terzo stato (e non a Terzo mondo). Uno spazio che non esprime né il potere né la sottomissione al potere. Fa riferimento al pamphlet di Seyès del 1789: "Cos'è il Terzo stato? — Tutto. Cosa ha fatto finora? — Niente. Cosa aspira a diventare? — Qualcosa". | << | < | > | >> |Pagina 59• Istruire lo spirito del non fare così come si istruisce lo spirito del fare. • Elevare l'indecisione fino a conferirle dignità politica. Porla in equilibrio col potere. • Immaginare il progetto come uno spazio che comprende riserve, domande da porre. • Considerare la non organizzazione come un principio vitale grazie al quale ogni organizzazione si lascia attraversare dai lampi della vita.
• Avvicinarsi alla diversità con stupore.
• Considerare la crescita degli spazi di Terzo paesaggio derivanti dall'organizzazione del territorio come un necessario contrappunto di quest'ultima. • Facilitare la creazione di spazi di Terzo paesaggio di grande dimensione così da coprire l'estensione delle specie capaci di vivervi e di riprodurvisi.
• Prevedere un accostamento tra residui e riserve per costruire territori di
continuità biologica.
• Considerare la mescolanza planetaria — meccanica inerente al Terzo paesaggio — come un motore dell'evoluzione. • Insegnare i motori dell'evoluzione come si insegnano le lingue, le scienze, le arti.
• Fornire a chi usa un ambiente le precauzioni necessarie alla manipolazione
e lo sfruttamento degli esseri da cui dipende. La fragilità del sistema è legata
alla natura delle pratiche e al numero.
• Considerare la dimensione planetaria. • Difendere l'assenza di regolamentazione morale, sociale e politica del Terzo paesaggio.
• Presentare il Terzo paesaggio, frammento indeciso
del Giardino planetario, non come un bene patrimoniale, ma come uno spazio
comune del futuro.
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