Copertina
Autore Carlo Collodi
CoautoreBenito Franco Jacovitti [illustrazioni]
Titolo Pinocchio
EdizioneNuovi Equilibri, Viterbo, 2011 , pag. 280, ill., cop.fle., dim. 23x31,5x2 cm , Isbn 978-88-6222-189-4
LettoreDavide Allodi, 2012
Classe illustrazione , fumetti , bambini , ragazzi
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Pagina 10

PRESENTAZIONE
di Antonio Faeti



Si guardi alla carnevalesca frenesia con cui Benito Jacovitti, quasi procedendo per gradi, in due diverse occasioni, esplora il mondo collodiano, riempiendo di allusioni, salutarmente balorde, gli spazi gremiti di tavole e di vignette in cui la burla, proprio mentre viene ideata, costantemente si affaccia a constatare le disastrose conseguenze del proprio esplicarsi, dove schiaffi, morsi, sberleffi, lacrime esagitate, enfatiche tragedie operettistiche, pretestuose disperazioni, drammi esilaranti perché irrimediabilmente tormentosi, alludono all'inconfondibile identità di un paese a cui l'irreale, astratta indefinibilità del mito di Pinocchio rinvia costantemente, in un intreccio irresolubile di vicino e di lontano, di remoto e di casalingo.

Al rilievo, quasi scopertamente decodificatorio, dell'ineliminabile 'italianità' del tessuto collodiano, Jacovitti perviene quando, dopo essersi cautamente inserito, portando anche un colto omaggio a una bene individuabile tradizione, fra i 'vecchi' illustratori di Pinocchio – mentre illustrò per la prima volta il volume – si abbandona ad una frenetica rassegna di surreali accostamenti e lascia liberamente avvicinare associazioni che spiegano e illustrano, fulmineamente, il senso di una accorta rimeditazione. Dalle prime vignette, graffiate e sobriamente soffuse di un trepido chiaroscuro, in grado perfino di raccogliere, sorprendentemente, echi vicini alle fiabesche bizzarrie di Mazzanti o al suadente vernacolo di Chiostri, Jacovitti passa al cronachistico, disvelante reperimento di tutte le occasioni che legittimano una sopravvivenza del mito nell'ambito culturale a cui deve, principalmente, la sua esistenza. Infinite tipologie, incontrollabili rassegne di categorie umane accostano così Pinocchio al paesaggio sociale italiano e dicono di come il libro contenga, quasi abbecedario antropologico dell'identità nazionale, uno storico, dilatabile spessore in cui rientrano sia occasioni già stabilmente esplorabili prima che Collodi le cogliesse, sia altre, comparse invece quando il suo burattino aveva già raggiunto la statura del mito.

Non ci si stupisca allora di incontrare, nelle illustrazioni di Jacovitti, anche gli iper-realistici carabinieri di tante commedie all'italiana, i muratori zavattiniani, gli echi figurali del Festival di San Remo, le bieche catalogazioni lombrosiane di tanta goliardica, tipicamente 'nostra', stampa umoristica. E di scoprire come, abbastanza spesso, l'irriverente voluttà di chi capovolge e ribalta, riesca a riconoscere ciò che invece è nascosto alla più amorevole, affettuosa cautela.

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Pagina 15

C'era una volta...

— Un re! — diranno subito i miei piccoli lettori.

No, ragazzi, avete sbagliato. C'era una volta un pezzo di legno. Non era un legno di lusso, ma un semplice pezzo da catasta, di quelli che d'inverno si mettono nelle stufe e nei caminetti per accendere il fuoco e per riscaldare le stanze.

Non so come andasse, ma il fatto è che un bel giorno questo pezzo di legno capitò nella bottega di un vecchio falegname, il quale aveva nome mastr'Antonio, se non che tutti lo chiamavano mastro Ciliegia, per via della punta del suo naso, che era sempre lustra e paonazza, come una ciliegia matura.

Appena mastro Ciliegia ebbe visto quel pezzo di legno, si rallegrò tutto; e, dandosi una fregatina alle mani per la contentezza, borbottò a mezza voce:

— Questo legno è capitato a proposito; voglio servirmene per fare una gamba di tavolino.

Detto fatto, prese subito l'ascia arrotata per cominciare a levargli [...]

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