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| << | < | > | >> |Pagina 11"Non si avvicini troppo!"È la sua prima frase, pronunciata con una voce da uomo. È mattina, anche se inoltrata, e lei - mi dicono - è una grande fumatrice. Mi ha fatto aspettare due ore nel salottino dei souvenir. È la segretaria, la sua cameriera di un tempo, a chiamarlo in quel modo: il salottino dei souvenir della signora. Ho avuto il tempo di osservare questi famosi ricordi: reperti di viaggi giovanili, trafugati da scavi greci, ricordi di manifestazioni in suo onore, premi, statuette, sirene, muse con rotoli di pergamene dorate dov'è inciso il suo nome. E file di fotografie negli spazi vuoti, tra un ripiano e l'altro, incorniciate nello stesso modo, tutte della signora in compagnia di celebrità. "Non si avvicini troppo. Sono oggetti senza valore, tranne alcuni. Mi ci è voluta una vita per accumularli e voglio che rimangano interi finché non muoio. E poi sono pieni di polvere. Ho proibito a chiunque di spolverarli. Si sieda." Dev'essere molto tempo che nessuno prova più a contraddirla. Un caftano rosso sangue copre come una tenda il corpo di donna più sterminato che io abbia mai visto. Nelle fotografie non sembrava così grassa. Una montagna rossa sormontata da una piccola testa avvolta nel famoso turbante scuro, un viso da bambola teso e incipriato, senza zigomi, con due pomelli rosa disegnati sulle guance. Gli occhi piccoli e scuri si aprono a fatica nel grasso del viso e mi fissano con disgusto. Lo stesso disgusto che vedo sulla bocca carnosa, serrata, tinta di rosso come il caftano. Cerco inutilmente un pezzetto di pelle che non sia nascosto. Mani grasse di bambina, coperte d'anelli, spuntano dalle maniche svasate, si appoggiano composte ai due lati del corpo come piccole ali di un uccello ferito. Si lascia cadere in una poltrona che scricchiola e mi fa segno di sedermi di fronte a lei. "Faccio questo libro solo per soldi. Guadagno meno di una volta, e la gente che si occupa di me, se non la copro di denari, sparisce all'istante. Mi sono informata su di lei, so che ha fatto altri libri di questo tipo, ma non li ho letti. Le biografie non m'interessano." Non raccolgo. "Non so come abbia condotto gli altri incontri. Lei prende appunti o usa un registratore?" Tiro fuori dalla borsa il più piccolo e silenzioso registratore disponibile sul mercato. In genere lo estraggo alla seconda o terza seduta, quando sono riuscita a creare un clima di fiducia reciproca. "Si, lo uso, ma se la disturba..." "Non me ne importa niente. Quando i nostri incontri saranno finiti, la lascerò libera di scrivere e poi rileggerò e deciderò se pubblicare. Gli incontri avverranno quando io ne avrò la possibilità. La mia segretaria le telefonerà con un giorno di anticipo. Devo chiederle di tenersi libera. Per questo le ho ceduto una percentuale doppia di quella che prende abitualmente." "Non era necessario, non scrivo mai due libri allo stesso tempo."
Mi fissa in silenzio mentre sistemo il registratore su
un tavolino basso accanto alla poltrona che la contiene
tutta. Mi siedo di nuovo. Sostengo il suo sguardo con una
vergogna improvvisa, come se fossi lo specchio impietoso che
le rinvia la sua immagine deforme. Poi, fortunatamente,
le fessure degli occhi imprigionate nel grasso si chiudono.
Si accende una sigaretta e comincia a parlare con una voce
sottile e posata, all'improvvíso sembra una bambina bene
educata.
"Nelle storie si comincia sempre dall'inizio, invece è un errore. Bisogna conoscere prima il punto di arrivo e poi scorticare progressivamente gli strati di pelle di cui è fatta una vita. Il suo è un lavoro insensato, dovrebbe scrivere solo biografie dei morti. Anche se ogni essere vivente è fatto di morti, uno incastrato nell'altro fino al più vecchio, quello che è ancora in vita. In ogni caso, non si illuda, ho la linea della vita lunga nonostante il grasso e le sigarette. "Sono così come mi vede da dieci anni. La vita dei grassi ha molte complicazioni ma anche i suoi lati positivi. Amo mangiare senza ritegno, mi piaceva fare tutto senza ritegno. Ma più del cibo amavo l'amore, cosi ho digiunato per anni fingendo di non soffrirne. C'era un ristorante al centro di Roma dove andavamo a cena tutte le sere con Malù. Era brutto, come quasi tutti i ristoranti romani, ma il cibo era meraviglioso. Gli odori dei fritti, delle salse, li sento ancora, avevo anche scritto una poesia. Luigi, il proprietario, l'aveva incorniciata e appesa al muro sopra il nostro tavolo. Fiori di zucca scioglieteví in bocca / acciughe, alicette fatate la mia fame saziate, poi non ricordo il resto. | << | < | > | >> |Pagina 50Mi fissa seria, senza rispondere, aspetta la domanda."In un'intervista pubblicata in un catalogo del 1980 lei risponde a una domanda sulla sua famiglia. O si era come loro o si era rifiutati, non ho debiti di riconoscenza. Poi di sua madre si è presa cura fino alla morte." "Le pagavo una pensione, un bel posto sulla costiera, andavo a trovarla." "Comunque, almeno con lei, non ha mai rotto." "Le dovevo i miei viaggi, mi inviava soldi quando poteva. E poi a mia madre perdonavo tutto anche da bambina. I miei fratelli, uno dopo l'altro, hanno cercato di cancellarmi dalla loro vita. Quando ho avuto un po' di soldi, si sono ripresentati. Mio padre mi ha cancellato dalla sua vita molto presto. Dopo l'annullamento del mio matrimonio, sono rimasta a Roma, ho continuato a tirare martellate alla pietra, così definiva il mio lavoro, a vivere con un uomo sposato. Qualche anno dopo, ci siamo incontrati per caso. Veniva ogni settimana a Roma, non mi aveva mai cercata. Andava in Vaticano e credo che anche lì avesse dovuto rendere conto della mia vita. Ci siamo incontrati a piazza del Popolo, ci andavo ogni giorno, studiavo un angelo nella chiesa degli artisti. Mio padre si è voltato per attraversare e mi ha vista, ferma davanti alla chiesa, mentre parlavo con un amico. Forse non ero messa molto bene, avevo lavorato, portavo una casacca, i capelli in disordine, tenevo sotto braccio la cartella dei disegni e tutto mi aspettavo meno che di incontrare lui. "Ci ho ripensato tante volte, a come devo essergli sembrata in quel momento, una donna orribile che aveva ingoiato la sua bambina. Quando non si vede il padre da anni, e lo si incontra per caso, tutto può dividerti da lui, ma il primo sentimento che provi è di gioia. Credo di avergli sorriso, e poi forse l'ho anche chiamato, prima di accorgermi del modo in cui mi guardava. C'erano ripugnanza e disgusto nel suo sguardo, non fece in tempo a nasconderli. Mi allontanai di corsa nella direzione opposta, cosi non so se si sarebbe avvicinato per salutarmi. Glielo racconto senza l'ombra di dolore. Ora che sono vecchia so esattamente cosa sia quello sguardo, altri uomini nella vita mi hanno guardata così almeno una volta, anche Giorgio. Potrei dire, a lei che è giovane e per sua fortuna, come mi ha detto lei stessa, non è un'artista, che forse lo è proprio chi riesce a trasformare in oro quel disgusto, a farne la propria forza. Può spegnerlo ora." Si alza, dopo avere dato due colpetti al gatto per invitarlo a precederla nella stanza da pranzo. "La mia segretaria la chiamerà tra due settimane." | << | < | > | >> |Pagina 75Ho aperto un file nel computer con la sintesi delle nostre conversazioni e del materiale raccolto su di lei. Lo faccio sempre. Ancora non è il file del libro. L'ho chiamato Matrioska, perché mi pare che Antonia assomigli a una bambola russa che ne contiene altre più piccole, tutte con i pomelli rossi e gli occhi bistrati. Rileggendo gli appunti per l'incontro di domani, mi sono accorta che manca tutta la parte della vita a Roma. Domani le parlerò delle sedute con domande. È una prassi che adotto sempre. Nei primi incontri è giusto che l'intervistato parli a ruota libera, senza intralci. La memoria ha le sue priorità emotive e il biografo deve conoscerle. Lei per esempio parla volentieri dell'infanzia e della vecchiaia ma non ama raccontare il lavoro né il periodo dei successi, la parte più importante della sua vita adulta. Succede spesso. Quando si è anziani, si tende a saltare il tempo delle realizzazioni, come se non contasse. E la fine e l'inizio contenessero già tutto. Faccio le sedute con domande proprio per questo, per riequilibrare la materia. I capitoli devono avere più o meno la stessa lunghezza e l'arco della narrazione non può presentare lacune. Non è così nei romanzi, ovviamente, ma nelle biografie si. Nei romanzi i silenzi sono più importanti delle parole.
Se dovessi scrivere un romanzo su Antonia, partirei
dalla fotografia della ragazza che ho trovato nel suo
vecchio studio. Dalla fotografia e dal tappeto arrotolato
con il segno delle sigarette spente. Penso che su quel
tappeto si siano amati molte volte con Giorgio, ed è per
questo che lei l'ha lasciato lì, insieme alla scultura fatta
a pezzi e alle foto degli anni cinquanta. La fotografia
della ragazza sarebbe il mistero del mio romanzo. Ogni vero
libro contiene un mistero ignorato anche dall'autore. Chi
scrive e chi legge sono accomunati dalla stessa passione di
svelarlo. Lo fanno insieme, in un cammino comune, in cui al
lettore pare di essere portato, mentre lo scrittore non sa
la strada né la direzione.
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