Copertina
Autore Giampiero Comolli
Titolo Le sette storie doppie
EdizioneTheoria, Roma, 1986, Riflessi 36
LettoreRenato di Stefano, 1992
Classe narrativa italiana
PrimaPagina








 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


p.   7  [Premessa]
     9  L'amante della Via Lattea
    17  Ripensando agli uomini
        di Neanderthal
    37  Il bambino della palude
    65  Sulle sponde dello Yamdrok
        Tso
    71  La baia di Ringaruma
    79  Scene della vita di
        frontiera
   107  Kotio e Botio: una storia
        che svanisce
   169  Nota

 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 24 [ amore, Occidente, Oriente ]

... pensò che distinguere non avesse importanza alcuna: tutta la scena brillava d'amore in una forma cristallina, tersa, troppo delicata, quale lui mai aveva conosciuto prima. Gli venne da credere che mentre per noi, in Occidente, l'amore sorge dall'incontro e dalla differenza fra un uomo ed una donna, laggiú invece, nell'Oriente tanto piú sottile e raffinato, civilissimo da tempo immemorabile, il piacede dell'amore sorge nel momento in cui una coppia indifferenziata si pone di fronte allo scenario del lievissimo infinito, si incammina verso il vuoto della bruma luminosa che come un'amante, una terza amante, chiama a sé l'amata e l'amato uniti...

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 75 [ emú, senso, linguaggio, significare ]

Per molto tempo la figura della passeggiata notturna dei due pennuti, nella terra dei Tasmaniani estinti, mi tornò alla mente, occupandola come una scena enigmatica e perturbante. I due emú non erano venuti a dirmi niente, quella passeggiata non esprimeva nulla. Eppure essa era stata fatta davanti a me: semplicemente essi si erano offerti al mio sguardo abbacinato. Noi siamo abituati a considerare il linguaggio come un'espressione di sé e un messaggio da comunicare ad altri. Che il senso sia chiaro, o che ci sia solo un segno, un significante senza un significato preciso, quello che permane nel nostro linguaggio è sempre un processo di significazione, di significanza, una disponibilità continua a significare, anche là dove un senso con c'è piú. Distruggiamo magari il senso, ma per vedervi ovunque una presenza di enunciazioni pure o di simboli da decifrare: ci troviamo sempre sotto il dominio del significante che, come un colono sterminatore, impone a ogni cosa l'alternativa di dover significare oppure di sparire.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 80 [ Sankt Valentin, frontiera, affumicatori ]

Il paesaggio tutt'intorno è dolce, silenzioso, a volte anche stranamente cupo: vi si sente incombere infatti l'aria indefinibile della frontiera. Qui dunque, insieme a molte altre storie, se ne racconta anche una che, attraverso la descrizione di un episodio breve e pauroso, mette in scena le tipiche emozioni della vita di frontiera. A Sankt Valentin auf der Haide tuttavia la storia non viene intesa in questo modo, bemsí come un lontano mito sull'origine della letteratura, o meglio sull'origine del narrare. È la storia degli affumicatori.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 88 [ affumicazione ]

Chi era dunque un affumicatore? Era colui che sapeva cuocere la carne servendosi non dell'acqua o del fuoco, bensí della semplice esposizione al fumo. Posta dentro un camino o, secondo la tecnica piú perfetta, appesa all'aperto su una sorta di graticcio - due forcelle che reggevano un'asta centrale -, la carne rimaneva avvolta, per due o addirittura tre, quattro giorni, nel fumo caldo di un fuoco basso e crepitante, arricchito coi migliori aromi raccolti nei boschi e nei prati di montagna. La cottura per affumicazione coincideva cosí con una forma di assorbimento e di assimilazione di tutti gli aromi, in modo che la carne, una volta pronta, si offrisse al degustatore pensoso non piú soltanto come un cibo da digerire, ma come un intero paesaggio da contemplare.

| << |  <  |