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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione del traduttore 5 Diario di Andrés Fava 7 Note del traduttore 93 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Questo muco mentale mi sfinisce. Anche i giapponesi si soffiano il naso nella carta. "Diario di vita"; vita di diario. Povero diavolo, finirai col parlare journalese. Lo fai già, a volte.
Un tango promettente:
e questo verso di Eduardo Lozano:
Il mio cuore, copia di muschio.
Ciò che tendiamo a chiamare "classico" è sempre il prodotto ottenuto
sacrificando la verità alla bellezza.
Aspettando un autobus a Chacarita. Temporale, cielo basso sul cimitero. Mentre sono in coda rimango a lungo a osservare le fronde degli alberi che precedono il peristilio. Una linea ininterrotta di fronde (il cielo grigio la fa risaltare e la purifica), ondeggia aggraziata come fosse sul bordo delle nuvole. Oltre il peristilio l'enorme angelo si libra tra i contorni dell'albero; sembra poggiare il piede sulle foglie. Un istante di bellezza perfetta, poi grida, salite sull'autobus, andate in fondo, biglietto da quindici o da dieci, la vita. Addio, splendide fronde, un giorno riposerò avvolto da quel delicato merletto che mi proteggerà dagli autobus per sempre.
(La tenera idiozia di alcune frasi. Sospiri verbali.)
Mi interessano solo i primitivi e i miei contemporanei, Simone
Martini e Gischia, Guillaume de Machault e Alban Berg. Dal secolo XVI al XIX ho
l'impressione che l'arte non sia abbastanza viva e non sia abbastanza morta.
Rimbaud, poeta "ambulatorio". Fatica: stimolo affinché la rivelazione salti e si installi. L'ozio genera ozio, eccetera. Ieri tornavo sul 168, pigiato tra persone e odori. A un tratto la visitazione, la felicità lancinante. Avere la poesia senza parole, interamente formulata e in attesa; saperla. Senza tema, senza parole, e saperla. Un solo verso purissimo:
La santità, come una rondine.
Ma così poche volte - Dalla sera in cui ascoltai quel verso (e altri
due la mattina dopo), una sorda opacità, un sentirmi intriso di
materia viva, concentrata su sé stessa, rumina soddisfatta. Vegeto,
vado e vengo, mi rifugio nella lettura. Eliot, Chandler, Colette,
Priestley, Connolly...
Ascolto ancora una volta Henry V nell'interpretazione di Laurence Olivier. È sempre tempo di morire, ma queste registrazioni con la loro spirale fuori dal tempo conservano un'istanza di eternità. Non è nella parola, non sono esattamente Will o Larry, o la felicità che Walton trasmette con la sua musica. L'eterno trova forma nell'azione dell'uomo. C'era bisogno di tutto questo, e che il talento lanciasse Olivier, e che dietro di lui l'Inghilterra, il cinema, il momento, la guerra, il clima that did affright the air at Agincourt - E all'improvviso, come nella concezione, o nell'incontro di due parole che si incendiano in poesia, l'eterno: un atteggiamento, un gesto, and he babbled o'er green fields, e il Conestabile, e quel ragazzo che mormorava: some crying, some swearing, some calling for a surgeon - Venne fuori tutto; i sette colori per dare il candore che li annulla nella perfezione, in uncoloured color, Eternity.
Quando non si è un intellettuale, l'inconsistenza e la povertà
delle idee fanno temere che ogni cosa scritta (salvo una poesia, forse un
racconto) risulti inutile e ridicola. Idee, ossia consolidarsi di relazioni,
teste di ponte, ponti. Circondato di libri, mi chino su un fiore che hanno
lasciato sulla mia scrivania. La sua cieca pupilla translucida mi guarda; credo
che se mi guardasse veramente non mi vedrebbe.
Forse questo diario è un'occupazione da argentino; come il caffè - diario
orale di vita - collezionare donne, gli affari facili e la tristezza quieta.
Quanto appare difficile qui una costruzione coerente, un ordine e uno stile.
Inoltre, per scrivere un diario
bisogna meritarlo.
Come Gide, o T.E. Lawrence. Un diario, fine ricamo
che produce il bollore sulla superficie dello sciroppo.
Schiumare,
sì, ma non nel tegame vuoto. Se avessi vissuto bene, se fossi morto
bene, se qui dove mi muovo fosse solido e non questa gelatina
autocompassionevole di cui mi piace tanto nutrirmi, allora sì; allora
tradurre in parole le cose che restavano da dire, la schiumetta, i
surplus
di guerra.
Along the Santa Fe trail -
Canta Bing Crosby e mi sorprendono sempre le parole spagnole infilate in una
costruzione inglese o francese. A un tratto, nel puro istante, la scoperta della
parola in tutta la sua verginità; ma già si cancella, già è cosa che conosco (o
meglio che non conosco, che uso solamente).
Incontro un amico di cattivo umore e nervoso per un problema di lavoro che lo affligge. Dal di fuori, dal bordo della sua scrivania, mi è facile misurare quanto sia assurda tale preoccupazione per qualcosa che nemmeno lo riguarda come persona (vive vicariamente un problema altrui: destino del buon impiegato, dell'amministratore onesto). Mi domando se gli capita di accorgersi all'improvviso dell'assurdo, in comparazione al cosmico, se a volte fa un passo indietro affinché l'enorme mostro davanti ai suoi occhi sia di nuovo la mosca sospesa nell'aria. Tecniche, nient'altro. Baruch Spinoza, che maiale. Quando qualcuno morì, un cinico mi disse: - In casi simili non mi lascio sopraffare, mi rifugio subito nella metafisica. - Si vede che il morto non era il tuo amante - risposi. Se si potesse... Ho sempre ammirato in Laforgue quel senso esatto, annichilente, della proporzione universale. Unico poeta francese a guardare planetariamente la realtà. Di fronte a un treno perso, a un vestito macchiato, conservare la consapevolezza della totalità, che riduce l'incidente a meno di nulla. Però si vede che il morto non era il tuo amante. Ahi, Andrés, inizia a farti male la testa o il fegato, e quest'insignificanza ti oscura il sole e l'altre stelle. Ti uccidono una vita come quelle che ti uccisero, e 'fanculo all'universo. L'ego rimane solo, un occhio che divora il mondo - senza vederlo. | << | < | > | >> |Pagina 33Penso a un monaco durante il declino dell'impero romano, sperduto in qualche provincia di frontiera, solo, tra cani e immagini, e che avesse lasciato testimonianza scritta riguardo le voci che gli giungevano dopo anni, dopo fiumi, dopo uomini. "Si seppe che un re molto potente, capo di eserciti, scese le colline che portano alle dolci valli del centro." Forse, anni più tardi: "Si dice che le acque di un fiume furono deviate per seppellire il comandante, e poi restituite al loro letto naturale, che l'occultarono per sempre ai sacrilegi e alla curiosità profana -"Sono stato un po' quel monaco, e posso immaginarlo chiaramente. Da questa torre australe ho ascoltato le voci del tempo. Iniziano a riordinarsi, a prendere altezza, a situarsi in profondità. Fare un origami, vederlo muoversi impercettibilmente sul tavolo; la cosa vive, possiede una volontà; il cigno si liscia le ali, l'elefante aggiusta la sua proboscide e il ritmo dei suoi passi; l'origami si prepara alla sua breve eternità di bibelot. Anche il mazzo di fiori; mi è capitato di preparare delicatamente un mazzo, quello che Oscar Wilde chiama a subtle symphonic arrangement of exotic flowers, e vedere operare poi misteriose trasformazioni, spostamenti, antipatie e passioni di questa lunga morte silenziosa. Ho udito cose, tante. Come direbbe - lamentandosi - Juan, le ho solamente udite. Argentina, enorme orecchia distesa supina. All America Cables. Comprendo il magico prestigio dei nomi che annunciano i messaggeri: Reuter, Havas, United Press. Come in Alice, il footman è un pesce, viene dall'acqua oceanica con le voci di ciò che accade nei luoghi in cui le notizie importano e implicano. Ricordo: "Lotteremo in ogni strada, in ogni casa..." Ricordo: "È appena morto Paul Valéry -" Ricordo: "Il nero polverizzò il puro ariano..." Ricordo: "Agonizzante, legarono Laval al palo..." Ricordo (io mi trovavo su un treno, seduto su un sedile a sinistra; aprii il giornale e): "Rudolf Hess è atterrato in Inghilterra." Da ragazzo vedo solo lo sport, l'avventura, i crimini. Sempre titoli a grandi lettere. Alla radio - a galena, con telefoni - Firpo knock out. Ma l'altro giorno "La Nación", prodiga di pudore: Jack Dempsey conserva il titolo mondiale dei pesi massimi. E anni dopo (la banchina della stazione, "El Mundo"): Ha perso ma ha disputato un grande incontro (Justo Suàrez v. Billy Petrolle). Più indietro, più indietro... Saint-Martin, un aviatore (alcuni versi di Fernàndez Moreno [?] in Caras y Caretas [?]: "L'ombra di Saint-Martin/fluttuava sulle acque"), De Pinedo, Jim Mollison. Johnny Weissmuller, le memorie di Joe Choynsky su "La Nación", le foto di Bob Fitzsimmons quello dalla pelle tigrata e il colpo allo sterno stile cavatappi. Io spiegavo a mia madre: "Pensa che picchiava torcendo il braccio di modo che..." Lindbergh! (Vagamente vedo titoli, ascolto chiacchiere: la Ruhr, il carbon fossile...)
Pensare che questo quadro lo tengono qui, oggi, persone che poi vanno a
votare (ma questo lo penso a nome di Juan, poeta socialista aristocratico).
Se ho ricordato (o inventato) il monaco, era per altre ragioni. Arriva un giorno in cui l'orecchio raggiunge la propria educazione, in cui la lumaca impara a distinguere i fruscii. È molto triste non avere altro destino personale che quello di non averlo, ma in casi estremi si può essere almeno un buon orecchio, un orecchio che afferra le tonalità e le atonalità del proprio tempo. Se il Teseo di Cuverville dice: Vissi, il monaco mormora a Buenos Aires: Udii. Arriva addirittura un giorno in cui si impara ad ascoltare, in cui si disdegnano i rumori. Trent'anni in questo tempo sono un lungo concerto. Non mi lamento dei miei trent'anni di audizione, credo abbiano contenuto di più, in tutti i sensi, dei trent'anni precedenti. Sono nato il primo mese della prima guerra, in una città occupata dalle forze di von Kluck. Quando ho iniziato a udire bene ciò che arrivava a Buenos Aires, era la fine del cinema muto, Mussolini, Romain Rolland, l'affondamento del Mafalda, Cocteau, Milosz, il 6 di settembre, Uriburu, la Legione Civica, Hitler, Sono un fuggitivo, Federico, Michaux, Sud, Klemperer, l' ensanche di Corrientes (vago ricordo dei suoi cinema "realisti" in fondo a lunghissimi androni, con film nebbiosi in cui satiri con criniera e collo duro rincorrevano povere signorine stupide attraverso stanze assolutamente bric-à-brac), la stazione metropolitana Lacroze, prodigio delle scale mobili, spedizione in avanscoperta con i compagni del quarto anno, il tratto Canning Dorrego, il vertice della pancia del fiume Maldonado... Il Graf Zeppelin, Gene Tunney, Gertrude Ederle, Ramón Novarro, Tito Schipa, Lily Pons, il Principe di Galles, Roura... E poi, non so, le letture, l'amore, la fine della scuola, la musica (Stravinskij, la notte indimenticabile della Sinfonia dei Salmi), le piazze, i caffè -
Ma questo è già contatto, convivenza. Io inizio davvero a questo punto.
Inizio di fronte a
Don Segundo Sombra,
piangendo; di fronte alla confusione - era il 1937 - prodotta da un numero di
"Nosotros" e lì, come se niente fosse, i sonetti di
La muerte en la llanura:
L'orecchio continuava ad ascoltare, ma la voce adesso era vento, dolcezza di piuma che accarezza, vicinanza. | << | < | > | >> |Pagina 57Davanti ad alcune persone bisogna fare l'idiota per non essere presi per idiota.
Lista di idee inculcate che circolano nella mia famiglia:
Arte:
Politica:
Bambini:
Parlando di Drieu, Victoria cita questa frase: "Non ammetterò mai che le cerchie più grandi nascondano le più piccole..." Allude ai sistemi mentali, ai credo; il Tao non le nasconderà il trattato di Versailles. Penso questo riguardo la vita personale, penso al troppo famoso "To see the world in a grain of sand". Forse l'importante è vedere il granello di sabbia come un granello di sabbia; riuscire ad apprezzare le piccole cose, quelle minime, quelle - se vogliamo - non necessarie. È facile amare un'ape quando la si pensa ricettacolo di Dio, sua creatura; non è più tanto facile amarla solo come ape, granello di sabbia dell'aria. Dico a un collega: "Tu concepisci che alla mia età possa continuare a emozionarmi un disco dove ci sono sedici battute che conservano il grande cuore di un uomo che è morto e si chiamava Bix?" Mi risponde: "No." Gli propongo: "Ascolta questa meditazione di Coleman Hawkins:" La ascolta, poli et bienveillant; la musica gli scivola sulla pelle, lo vedo. Poi, con un pretesto qualunque, parla di Chabrier, dei mostri sacri. Io so che ha ragione. Perfettamente ragione. Il peggio non è questo caso, pura eutrapelia. Il peggio è vedere come le grandi idee - democrazia, morale, eccetera; fascismo, potere, eccetera - non solo condizionano la realtà immediata dell'uomo, ma lo inducono a nasconderla, a sacrificare la piccola cerchia alla grande. Quando si pensa alla Musica, è un male per le musiche povere. Mi dirai (sto scrivendo in stile oraziano): "Attraverso le musiche si ascende alla Musica?' Ragion di più per non dimenticare che la scala è una somma di gradini. Puoi dirmi qualcosa di più grave: "Il raggiungimento della cima esige l'abbandono della valle." Ma ascolta, montanaro: se ti privi del refrigerio della valle, della sua tenera frescura, con cosa salirai in cima? E poi, quando si è in cima, che c'è da guardare se non la valle? Perché il cielo, dopo un po', è una noia. Bisogna rivolgere lo sguardo alla valle. Se la valle serve a qualcosa è a stimolare l'ascesa alla cima; se la cima serve a qualcosa, è a scegliere, ora che tutto è lì in vista, quello che veramente importa della valle. E non dimenticare G.K.: "Solo una cosa è necessaria: tutto." Il mio amico dice: "Le piccole cose, il granello di sabbia... quanta vaghezza di termini?' Allora chiariamo, sempre dalla cima: tu hai (o dovresti avere) le tue piccole cose, io le mie. Siccome si è parlato di musica, ciò che a te e a me piace del folk - non completo la parola perché è appestata - i meritevoli musicisti minori, i prodotti di un'ora felice, l'improvvisazione conservata dalla cera, il timbro di una voce, il ricordo di un chanty udito sotto la tenda, tra le stelle. E così via. Meglio di me l'ha detto Rupert Brooke in The Great Lover. Penso come lui: è uomo colui che è capace di coltivare, accanto al sonante catalogo delle navi, un sottile inventario di elitre, di pause, di sguardi, di uno spiritual nero fischiettato camminando lungo un torrente, di sapori, di frasi Colette o Nathalia Crane; di nomi, di gesti, di versi sciolti, e il blu di pure sopraciglia e tutto ciò che secondo dopo secondo sostiene la vita. Non dimenticare, nuotatore, che la grande onda che ti porta corre sull'occulta schiena della sabbia. | << | < | > | >> |Pagina 71Il piacere di viaggiare non nasce tanto dall'avere accesso a quello che non conosciamo quanto dal rifiuto delle circostanze abituali, ciò che eccede lo spazio geografico e fa ormai parte di noi, come l'aria catturata nella fronda dell'albero possiede il suo odore e il suo colore ed è il calco impalpabile della sua forma.Si parla a volte dei "testimoni", dell'agguato quotidiano da cui un viaggio ci libera. È un modo di alludere a quello che Sartre chiama "lo sguardo"; ma credo ci sia ancora qualcosa di peggiore. Il mio ambiente mi causa improvviso orrore perché è la mia pietrificazione irreparabile, la riprova che sono questo e non A o B. Viaggiare è inventare il futuro spaziale. Invece, se resto, annullo pure il futuro temporale per rimpiazzarlo con un futuro di scatola di fiammiferi, di week-ends, di nuove detective stories, del giovedì Olga e la domenica cinema. Io so quante camicie ci sono nel mio armadio. Questa parete del mio ufficio è una vertebra. La minestra, dopo la minestra. Dopo questa poltrona azzurra.
(Un tango:
Il viaggio non è una soluzione. Non siate così sciocchi da crederlo.
Serve - e tanto - come riproblematizzazione. Chi vada a farsi un
giro e torni, e abbia tenuto gli occhi aperti, conoscerà meglio la
forma della sua gabbia, gli angoli e i passaggi che permettono le evasioni.
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