Copertina
Autore Giorgio Crovato
Titolo La Regata di Castello o del XX settembre
SottotitoloStoria di una regata veneziana tra Ottocento e Novecento
EdizioneMarsilio, Venezia, 2007, Ricerche , pag. 112, ill., cop.fle., dim. 15,5x21,2x0,8 cm , Isbn 978-88-317-9449-7
PrefazioneMarco Fincardi
LettoreGiorgia Pezzali, 2008
Classe citta': Venezia , sport
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


  9  Presentazione
     Regata del XX settembre, ovvero il rinnovarsi
     delle tradizioni virili veneziane a fine XIX secolo
     di Marco Fincardi


     LA REGATA DI CASTELLO O DEL XX SETTEMBRE

 29  Premessa

 31  Tradizione e ricorrenza

 35  L'eredità del podestà Correr

 41  Origine della festa castellana

 47  La prima Regata di Castello

 57  La concorrenza con Murano

 61  L'entusiasmo di Selvatico

 65  L'iniziativa di Graziottin

 73  Un nuovo mediatore culturale

 77  Un sestiere in festa

 85  Il nuovo secolo

 91  Il XX settembre in Canalazzo

 99  La tenacia del comitato

105  Fine della festa


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 29

PREMESSA



È possibile che di una importante festa di sestiere, di una regata molto popolare all'epoca, riservata ai campioni del remo, si perda il ricordo?

La Regata di Castello o del XX settembre è stata cancellata dalla memoria collettiva e individuale. Neppure nelle fonti orali rilevate in decenni di ricerche, se non proprio dagli attori principali, dai protagonisti di allora, almeno da giovanissimi testimoni delle regate di inizio Novecento, la Regata di Castello o del XX settembre non lascia alcuna traccia.

La curiosità del ricercatore è partita da una semplice riflessione: è pensabile che di tutte le regate "classiche", corse anche oggigiorno in laguna, solo una possa scomparire nel nulla, senza alcuna spiegazione? Perché proprio quella di Castello? Perché proprio quella regata, che modifica nel corso della sua storia la propria denominazione e che evoca un preciso fatto risorgimentale?

La ricerca, inizialmente sollecitata dalla lettura superficiale di alcuni documenti, trova un'interessante conferma nella successiva e più sistematica lettura dei quotidiani del tempo, a partire dalla «Gazzetta» del 22 settembre 1870, che riporta quasi sottovoce l'azione dell'esercito sabaudo. E via via cresce la curiosità, crescono le domande e, per fortuna, arrivano le prime risposte. Appare una figura, inizialmente di spessore incerto, ma che poi si conferma essenziale nella organizzazione della festa laica: Luigi Graziottin. Il contesto sociale e politico che gravita attorno a questo modesto ma affascinante personaggio, oggi sconosciuto ai più, è quello della Venezia tra la fine dell'Ottocento e l'inizio del Novecento. Il suo contributo di attivo cittadino e di mediatore culturale, nel variegato mondo delle regate veneziane, merita la considerazione riservata ai ben più noti protagonisti della Venezia di allora. Nel recupero della festa veneziana si muovono attivamente i primi cittadini contemporanei a Graziottin. Se il podestà Giovanni Correr offre un contributo notevole alla seguitissima pratica sportiva e alla storia della "voga in piedi", "alla veneta", la passione di Riccardo Selvatico e di Filippo Grimani, sindaci superlativi, consente di confermare e ulteriormente valorizzare la "festa della nazione", la regata.

Entusiasmi e conflitti, tradizione e modernismo, ricorrenza laica e tattica politica, clericalismo e anticlericalismo, accompagnano la festa di Castello dalle sue origini nel 1887 alla sua fine, nei cupi momenti che precedono la Grande guerra.

La piccola storia della Regata del XX settembre è la storia di un sestiere, è una parte della storia della città inclusa in quella nazionale della questione romana.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 31

TRADIZIONE E RICORRENZA



Nella laguna di Venezia le regate di voga hanno una storia antica. Da quando isole e paludi cominciano a essere abitate è immaginabile la disputa di regate, tra barche a remi, in un contesto di semplice gioco, di festa religiosa oppure civile. L'interprete – non protagonista – di questa storia è la particolare tecnica di voga, in piedi, "alla veneta", praticata da sempre e ancora viva e attuale. «Ma fu soltanto dopo l'ingrandimento della Repubblica che tale spettacolo marittimo prese un aspetto magnifico, abbagliante, unico: esso divenne la festa della nazione».

Più tardi, la rivoluzione industriale ha come effetto la nascita di nuove categorie sociali e l'affermarsi del concetto di sport di massa. Tra i canali lagunari la lenta ma progressiva introduzione dei motori sui natanti porta a vistosi cambiamenti nell'economia e nelle culture locali. Anche le antiche gare solenni di voga alla veneta, che proprio nella città hanno preso il nome di regate, diventano un momento di verifica sui cambiamenti auspicati o indesiderati che il progresso può introdurre negli equilibri locali. Sono quasi esclusivamente le classi popolari che usano il remo e partecipano attivamente alle regate. Per loro la regata assume un contorno più professionale, riservata ai gondolieri pubblici e privati; viene meno il ruolo subalterno di spettacolo nello spettacolo inserito nei "pubblici divertimenti" organizzati dai patrizi. Il regatante si emancipa e cancella progressivamente il ruolo di servidor da barca, non più barcariol, ma inserito nella "categoria" dei gondolieri. Si evolve anche l'organizzazione e il cerimoniale delle gare, con l'intervento di comitati di privati cittadini affiancati spesso dall'organizzazione municipale. Quando gli sport di massa cominciano a far breccia nella società e contribuiscono a far nascere l'entusiasmo per il campione sportivo, un forte impulso alle competizioni remiere viene anche dall'iniziativa di influenti personalità locali sia sul piano culturale e sportivo sia su quello più propriamente politico.

A metà del XIX secolo, l'erudita trattazione di Emmanuele Antonio Cicogna guarda al passato e distingue le regate in «pubblica» e «sfida privata», intendendo la prima come la storica competizione in Canalazzo e la seconda come un benevolo duello remiero, forse più pubblico che privato. Sempre a metà del XIX secolo Giovanni Correr, poi, a cavallo tra Ottocento e Novecento, Riccardo Selvatico e Filippo Grimani interpretano il momento di festa guardando al futuro, introducendo la regata nel contesto delle nuove proposte culturali come il Congresso degli scienziati italiani nel 1847 o l'Esposizione nazionale artistica nel 1887 e appoggiando tutte le iniziative remiere provenienti dal cuore della città. La gara più nota, anche oggigiorno, è quella chiamata Regata storica, che, per tradizione, dal secondo dopoguerra, si svolge la prima domenica di settembre, lungo il Canal Grande, tra il Bacino di San Marco e Ca' Foscari.

Per secoli, lo spazio esclusivo della regata è stato il Canal Grande, diventato il percorso per antonomasia, la via, la "passerella" per l'esibizione. Accanto a questo spazio storico, le regate, a iniziare dalla seconda metà dell'Ottocento, occupano altri percorsi, soprattutto nelle isole. È probabilmente l'effetto di un cambio epocale dei soggetti che organizzano la festa. Non più patrizi, ma borghesi, operatori del turismo o industriali, che colgono nella tradizionale competizione remiera l'occasione per affermare la propria immagine o valorizzare l'identità locale di riferimento. Prendono avvio le regate a Murano, a partire dal 1869, e — in ordine cronologico — a Mestre, alla Giudecca, a Burano, al Lido, a Sant'Erasmo, a Pellestrina e a Treporti, corse ancora oggi, e numerose altre, di minore importanza. Tra quelle durate per un breve ciclo, un particolare rilievo ha la Regata di Castello o del XX settembre, nata nel 1887 e ripetuta per dodici edizioni, tra alterne vicende, fino al 1913.

È un fatto abbastanza eccezionale che la festa della regata si svolga costantemente in una data fissa di calendario. Nonostante il suo carattere di cerimonia civile, non è neppure frequente che abbia una esplicita connotazione politica. Nel passato, ma pure oggigiorno, la regata è la festa di tutti anche se anticamente al patrizio competeva più un ruolo di patrono organizzatore e spettatore, mentre alla classe popolare dei barcaroli, la categoria di lavoratori più diffusa in laguna, spettava il compito più faticoso di vogatore, sostenuto da qualche famiglia facoltosa. Nella memoria delle regate veneziane una prima eccezione è rappresentata dalla "grande" regata disputata nell'ambito delle celebrazioni organizzate nel sestiere di Castello a Venezia per commemorare la data del XX settembre. Data legata al periodo conclusivo del Risorgimento, con Roma capitale d'Italia, all'avvenimento ricordato come la breccia di Porta Pia, avvenuta nel 1870, è data simbolo dello Stato laico e dell'anticlericalismo italiano.

Un discorso a parte meriterebbe lo sviluppo delle regate durante il ventennio fascista quando si esaurisce progressivamente la "supremazia" dei gondolieri e le competizioni remiere si aprono a numerose altre categorie di lavoratori: forse con finalità di recupero del folclore negli anni venti, con scopi più mirati all'allenamento fisico e alla preparazione dei giovani alla guerra nei successivi anni trenta.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 77

UN SESTIERE IN FESTA



Nel 1896 Graziottin riprende in mano in prima persona l'organizzazione delle feste castellane e la Regata del XX settembre. In città si comincia a respirare l'aria della Belle Epoque: a San Moisè, al teatro Minerva compare il cinema. È appena passato un anno dalla prima proiezione dei fratelli Lumière a Parigi. Nel mondo della voga veneziana è Graziottin a presiedere il comitato di Castello, che promuove la regata e gli altri festeggiamenti per la ricorrenza del XX settembre. Parallelamente opera il comitato per il XX settembre, istituito nella sede dell'Associazione anticlericale, che a sua volta comprende numerose altre associazioni veneziane, tra le quali: Superstiti dei Mille, Reduci Patrie Battaglie, Veterani 1848-49. Viene pubblicato un manifesto con il titolo: Concittadini!!! Il XX Settembre è la migliore delle feste nazionali. Circolano fogliettini tricolori con la scritta «festa nazionale», «festa XX Settembre», «viva Roma intangibile»: la nuova festa nazionale assume un chiaro significato politico che parte dal basso a renderla più popolare. Molte autorità pubbliche, soprattutto nei Municipi di indirizzo clerico-moderato – Venezia tra i primi – tendono invece a ignorare tale festa, se non addirittura a boicottarla. La maggior parte dei negozi rimane chiusa per la ricorrenza.

La giunta Grimani limita il proprio intervento alle manifestazioni già consolidate negli anni precedenti, come l'illuminazione e il concerto in piazza San Marco. Per il resto, fa di tutto per non toccare la suscettibilità dei clericali che sono parte importante della maggioranza consiliare condizionata dalle direttive della curia patriarcale veneziana. È «Il Gazzettino» che il 18 settembre 1896 pubblica il manifesto del comitato dell'Associazione anticlericale «per ricordare degnamente il XX Settembre», con i nomi delle autorità che ne fanno parte. Il giornale riporta tutte le informazioni e sottolinea che «la Giunta ha negato al Comitato la banda che le era stata richiesta pel corteo». Il corteo muove da via Garibaldi ai Giardini e percorre la città fino a Santa Sofia, portando corone ai monumenti di Garibaldi e Vittorio Emanuele II, al sarcofago di Daniele Manin e al monumento a Paolo Sarpi. Il comitato stampa anche un supplemento alla rivista mensile «Progresso» e organizza una conferenza del deputato Vendemini nella sala del teatro Ridotto. «Il Gazzettino» nel giorno della ricorrenza dedica due colonne al programma della festa e alla «regata organizzata a Castello in occasione del XX Settembre»; inizia polemicamente con «Anche Venezia a malgrado della Giunta retrograda e clericale festeggia oggi degnamente l'Italia della gran madre Roma». Il giornale elenca quindi i nomi dei membri del comitato: Graziottin, Torcinovich, Bastasi e Zennaro, ricordando che l'entrata all'isola di Sant'Elena sarà eccezionalmente libera. Anche l'entrata ai Giardini Napoleonici in occasione di tali festeggiamenti era normalmente a pagamento. «Chi vorrà offrirà qualcosa in parte per coprire le molte spese. L'entrata all'isola sarà alle ore 12 per la parte di S. Giuseppe ed alle ore 2 per quella dei Giardini Pubblici». È annunciato anche il gioco delle pignate. Tutte le manifestazioni sono autofinanziate e Graziottin è impegnato a fornire, secondo consuetudine, le liste aggiornate con i nomi dei sottoscrittori e gli importi donati. Uno dei maggiori contribuenti è l'industriale Giovanni Stucky che offre trenta lire, oltre alla farina da distribuire ai poveri del sestiere. In occasione della gara, qualche regatante ha ancora paura di compromettere la propria reputazione, magari sollecitato dal parroco, come il campione Fortunato Stanchet Zago, che si rifiuta dichiaratamente di partecipare alla gara, o come il padrino Pasqual D'Este, legato alla giunta per questioni di lavoro. Il D'Este «a scanso di erronee interpretazioni sulla assenza» scrive una lettera pubblica giustificando l'arrivo «di una famiglia inglese che servo da molti anni e che non potevo certo abbandonare».

Per i gondolieri il clima non è più quello usuale con il sindaco Selvatico. «La nuova Giunta pare assalita dalla mania di non lasciar in pace i gondolieri», affermano pubblicamente i critici della nuova disposizione comunale, che obbliga a usare gondole a un remo, anziché a due, nel «servizio di trasporto dei forestieri dai piroscafi che si ormeggiano in bacino». I gondolieri sono accusati di abusare del turista-crocierista, che deve pagare più caro il servizio a due remi, e si difendono affermando: «come può il gondoliere, nella ressa, governare la barca ed insieme aiutare i forestieri a scendere dalla medesima?». Sempre nel settembre 1896 opera un altro comitato composto da operai dell'Arsenale per la festa della «Madonna del Dolore» che ricorre il 27 settembre. Questo "controcomitato" – limitatamente a quell'anno – promuove la festa in paludo San Giuseppe e analogamente al comitato laico organizza luminarie straordinarie, premi per le finestre meglio addobbate e la presenza della banda Coletti.

La regata di Graziottin ha comunque un enorme successo, anche se per motivi legati al brutto tempo non si corre il 20 ma il 27 settembre. Come l'anno prima, la partenza avviene a Sant'Elena per meglio ospitare «il popolo di Venezia» che «accorse in massa a S. Elena ed ai Giardini e popolò di barche il vasto canale da S. Marco al Lido». Vince Daniele Boldrin Popi, seguito da Giuseppe Zuliani Strùbolo, Pasqual Maddalena e G.B. Graziussi Titèle. Una rissa coinvolge al traguardo gli spettatori muranesi e canaregiòti. Questi ultimi accusano Maddalena di aver ostacolato il proprio beniamino Girolamo Forcellini Mòmolo. Ma si tratta di una vecchia ruggine campanilistica: alla regata di gondole a due remi fatta a Mestre due anni prima, i due campioni si erano «molestati a vicenda» e alla fine Forcellini aveva precluso all'altro la conquista della bandiera.

| << |  <  |