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| << | < | > | >> |Indice0 alfa 7 1 accumulatore organico 19 2 assassinio 26 3 autodafé 29 4 autoregolazione 31 5 bergsoniano 38 6 bioelettricità 42 7 bioenergia 47 8 bioni 51 9 biopatie 60 10 bruno 65 11 cancro 70 12 carattere 80 13 cloudbuster 88 14 comunisti 92 15 corazza 99 16 care 109 17 deliri 112 18 democrazia del lavoro 119 [...] 49 qualunquismo 269 50 rivoluzione sessuale 272 51 sexpol 277 52 svastica 280 53 terapeutiche 282 54 universo 288 55 verità 292 56 wittfogel 296 57 xenofobia 298 58 yoga 300 59 zadniker 302 60 zeks 304 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Alfa, per cominciare, designa l'ordine alfabetico adottato qui. Successione abbecedaria, fra tutte la più comoda e familiare, che fa eco alle nostre antiche e ingenue avventure di prima elementare, ma riprende allo stesso tempo le scaltre peregrinazioni dei nostri antenati fenìci che inventarono l'alfabeto. Il vantaggio immediato è la semplicità: una spigliatezza nell'elaborazione lessicale di questi diversi articoli che esplorano il pensiero di Wilhelm Reich, ma, soprattutto, una semplicità che figura come emblema, vessillo della semplicità reichiana, un primo riconoscimento della magistrale attitudine di Reich a porre e esaminare, in maniera franca e diretta, frontalmente e con forza, le questioni vitali, essenziali, dell'esistenza. Così parlava Zadniker, un operaio tornitore e militante rivoluzionario, per impegnare sempre di più il suo dotto amico Reich sulla via della semplicità: «Attualmente, i soli problemi veramente importanti sono quelli che tutti possono comprendere». Parole di Reich, tante volte citate quale esergo: «L'amore, il lavoro e la conoscenza sono le sorgenti della nostra vita. Devono anche governarla». Amore significa, senza dubbio, un sentimento universale di attaccamento, ma, con tutta semplicità, designa l'attività sessuale, effettiva o sognata; Reich raccoglie, da Freud e dalla rivoluzione psicanalitica, l'immensa scoperta del ruolo primordiale della sessualità; e questa forza in noi che desidera, questa potenza specifica del corpo sessuale, la libido, egli la considera un'energia organica, che giunge alla sua piena espressione nella convulsione orgastica, in quel punto culminante di esplosione del godimento che viene chiamato orgasmo; il primo grande studio di Reich, datato dal 1927, si intitola La funzione dell'orgasmo. Con piena evidenza, la capacità di desiderare e di godere, ciò che Reich chiama la potenza orgastica, urta, nel suo sviluppo e nei suoi sforzi di realizzazione, contro terribili ostacoli. Sviamenti, deformazioni, atrofie o crolli (processi raccolti sotto i termini tradizionali di nevrosi e psicosi; ma anche le innumerevoli carenze e la penuria generalizzata di godimento, che Reich inscrive nell'espressione di miseria sessuale) sono provocate dall'azione repressiva della società, che non si esercita soltanto all'esterno dell'individuo, negli interdetti religiosi e morali, nello sfruttamento economico e nell'alienazione politica (aspetti esaminati da Reich in particolare in L'irruzione della morale sessuale coercitiva, 1932-1935, e Psicologia di massa del fascismo, 1933); ma anche, in maniera non meno determinante, all'interno del soggetto, nelle sue strutture biopsichiche, nel suo inconscio, sotto forma d'angoscia, di inibizioni, di blocchi, di automatismi, descritti da Reich in L'analisi del carattere (1933). Come accettare, con tutta semplicità, il lavoro quale è imposto dal nostro sistema sociale, e che è caratterizzato dalla riduzione dell'essere umano — la sua reificazione — a merce, a ingranaggio, a cosa mobilitabile o immobilizzabile a piacimento? Perché il lavoro non sia più sinonimo di logoramento fisico, di abbrutimento, di sottomissione servile, di distruzione, non basta deporre i poteri economici e politici che si nutrono di oppressione e la perpetuano, occorre che le radici biopsichiche di questa oppressione siano fatte conoscere, messe a nudo, sconfitte. Le trasformazioni economiche e politiche non prendono una dimensione rivoluzionaria, non si inscrivono profondamente, radicalmente nella realtà se non nella misura in cui avviano La rivoluzione sessuale: è appunto questo il titolo della raccolta di saggi pubblicati da Reich nel 1936, oltre a essere per lui, senz'altro, il principale titolo alla celebrità pubblica. La semplicità reichiana è una strategia del vederci chiaro, del sapere gaio. Sotto la loro tecnicità esibita, le complessità crescenti, le arzigogolate complicazioni formano sbarramenti, labirinti per metter fuori strada, fuorviare, far smarrire il profano: specchietti per le allodole messi lì apposta perché ogni rivendicazione, ogni desiderio di sapere appaia come una profanazione. Semplicità metodologica che non fa violenza alle necessarie e spesso sottili articolazioni dell'oggetto ma si rivolge contro il rituale ossessivo, le difese maniacali degli iniziati, degli eruditi e degli specialisti; essa sgombra la via, traccia con un tratto leggero e franco, vale a dire erotizza, i procedimenti per accedere alla conoscenza. La posizione di Reich è da ascrivere nella scia di un Nietzsche e di un Péguy, a loro volta pensatori della semplicità, di un Péguy che, all'inizio del secolo, smascherava «quei sapienti dall'aria di sufficienza e ... di cui ne abbiamo a sufficienza», «esseri senza cultura ... senza bellezza senza natura senza foglia e senza fiore», «esseri avvizziti condannati morti», «uomini di scienza scientificamente ottusi», i cui «sistemi di linguaggio», «gli apparati difensivi» trasformano la scienza in «un immenso vicolo cieco in ogni parte». Attaccando alle spalle le discipline e i legalismi della conoscenza, Reich si rivolge al «piccolo uomo», sia esso professore di biologia o di astronomia o semplice «abitante della 323 strada di New York», a tutti gli «esseri umani che cercano di sapere e si domandano da dove vengono e perché son qua», e dispiega davanti a loro «le vaste distese della prateria». Ciascuno dei termini posti da Reich nella sua celebre citazione apre una problematica originale e necessaria. L' amore pone i problemi della natura e del ruolo della sessualità nel corpo, in quanto organi, apparati e protoplasma, nella società, in quanto istituzioni (matrimonio, scuola) e individui (donna, bambino, capo, ecc.), nel mondo, in quanto spazio e oggetti (sublimazioni estetiche, creazione poetica, feticismi, sostituti). Il lavoro avvia l'indagine sui determinismi della sussistenza materiale e dell'attività produttiva dell'uomo, sul suo posto nel processo economico, sulla gerarchia sociale, sul dominio politico e culturale. La conoscenza porta l'interrogazione nel cuore della scienza in quanto modello prestigioso del sapere: quali sono le sue motivazioni inconsce, libidiche e ideologiche? Quali relazioni esatte stabilisce con il suo oggetto, la natura? In senso più lato, come funziona il pensiero, qual è la funzione vitale della razionalità? Come arrivano a trionfare, e con quali conseguenze, da un lato il positivismo e il meccanicismo scientifici, dall'altro le diverse forme d'irrazionalità, le metafisiche e i misticismi? L'estrema originalità della ricerca reichiana è quella di moltiplicare, di spingere a fondo, fra le tre problematiche così ritagliate, le intersezioni e gli scambi: dall'una all'altra circolano incessantemente interrogativi, ipotesi, oggetti, implicazioni, figure. Il campo unitario così descritto non è un postulato, un a priori metafisico, si costituisce nel movimento stesso della conoscenza. Dire che questo campo è quello del vivente è come dargli una qualifica bergsoniana, assolutamente legittima, riconosciuta e perpetuamente ripresa da Reich; ma bisogna vedere bene come queste «sorgenti della nostra vita» di cui parla, e che designano le strutture essenziali della realtà umana, non siano essenze astratte o ideali, ma designino attività concrete e immediatamente percepite: amare, lavorare, conoscere e, nello stesso tempo, gli oggetti dell'indagine scientifica. Il vivente non si distingue né dal vissuto quotidiano e storico né dall'attività conoscitiva che ne è lo sbocco e che si coglie attraverso il vivente. Non c'è, per Reich, conoscenza fondamentale che non sia quella del vivente, ma il vivente è, a sua volta, fondamentalmente, conoscenza. Questa razionalità di fondo, scientifica o teorica, del cammino reichiano è, nello stesso tempo, una razionalità pratica o politica. Precisando che «l'amore, il lavoro e la conoscenza» «devono governare» la nostra vita, Reich propone, letteralmente, un sistema di «governo», nel senso più ampio del termine, vale a dire una politica, che ha questo di notevole: si presenta come strutturalmente legata al movimento della conoscenza, in quanto esso stesso è nell'ambito del vivente. Le condizioni di vita e il desiderio di vivere si estendono, si affermano, si organizzano e si affinano, non naturalmente, ma scientificamente, diventando conoscenza della vita e diritto alla vita (diritto alla felicità). | << | < | > | >> |Pagina 272Per il grande pubblico che lo conosce solo attraverso scandalistici articoli di giornale, come pure per i suoi giovani e appassionati lettori, Reich è l'uomo della rivoluzione sessuale. Per le Autorità politiche, morali e religiose, Reich è l'uomo della rivoluzione sessuale e come tale il nemico pubblico numero uno, l'uomo da abbattere (come si fece!). La rivoluzione sessuale è lo spigolo vivo del pensiero reichiano, la linea in cui si scontrano e si affrontano con ferocia i sostenitori («Viva la rivoluzione sessuale») e gli avversari dichiarati o «neutrali» («Morte all'orgasmo!»). Ma è anche la linea in cui si esercitano le più forti tensioni e torsioni, in cui si effettuano manipolazioni, deformazioni, degradazioni diverse e reiterate; linea o corda passata attorno al collo di Reich (di tutta l'economia sessuale) per impiccarlo e strangolarlo. In Ascolta, piccolo uomo Reich riporta questo fatterello caratteristico (o caratteriale): «Un Führer in erba, gonfio di entusiasmo proletario e dittatoriale, si era anche appassionato all'economia sessuale. Venne a farmi visita e disse: "Lei è meraviglioso, Karl Marx ha mostrato alle masse come liberarsi sul piano economico. Lei ha insegnato alla gente a liberarsi sessualmente. Lei ha detto loro: Andate e fate l'amore a cuor leggero!». Rivolgendosi al «piccolo uomo» reich commenta: «Nella tua bocca tutta quest'arte diventa perversa; il mio abbraccio amoroso si trasforma in un atto osceno». Ho sottolineato quest'ultima frase che descrive esattamente il trattamento riservato alla teoria reichiana della rivoluzione sessuale da parte di un'alleanza assai eteroclita di «piccoli uomini». giornalisti a caccia di scandali, politici, sessuologi, educatori, militanti politici di diversa fede, medici, psicanalisti, psichiatri, universitari, pensatori, ecc. Se definiamo, molto sommariamente, una certa oscenità o la pornografia come rappresentazione degradata e degradante e sfruttamento da parte delle ideologie dominanti delle stesse forze sessuali che le minacciano e che esse reprimono, si può dire che esista una sorta di discreto consenso dei diversi tipi di potere che si dedica con impegno ed efficacia a far prevalere un' interpretazione pornografica del pensiero di Reich. La si riconosce facilmente per l'invarianza del suo metodo, che consiste nell' isolare la dimensione sessuale, nel separarla e nel rescinderla da qualunque altra dimensione, nel disarticolarla, proprio mentre il pensiero di Reich si definisce, innanzitutto, come ricerca sistematica, in collegamento stretto e strutturato con tutti gli aspetti del reale, di un' articolazione totale del fenomeno sessuale. Contro questo isolamento e questa secessione del fatto sessuale, le cui motivazioni e i cui vantaggi ideologici sono evidenti, Reich ha condotto una lotta senza quartiere, denunciando, fra l'altro, i due gruppi di specialisti della secessione, i sessuologi e i politici. Il sessuologo isola la sessualità, per accaparrarsela, per farne la propria riserva di caccia e la propria specialità (medica o medicolegale, un po' venerea e farmaceutica, un po' psicanalitica e sociologica, con una spolverata di psichiatria da tribunale), esclude dal fatto sessuale ogni altra considerazione e soprattutto ogni pratica politica. Il politicante, ad esempio gli avversari di Reich in seno al partito comunista, si accaparra il politico, lo trasforma in specialità che esclude automaticamente ogni altra considerazione e soprattutto quelle relative alle pratiche sessuali, riservate alla sfera della «vita privata». La deformazione pornografica della rivoluzione sessuale riduce il progetto reichiano a qualche piccolo balzo in avanti nella «liberazione dei costumi»: «Oggi non è più come un tempo: si è più liberi!». La rivoluzione di Reich s'infiacchisce [s'affadit] (dall'inglese to fade: appassisce, perde la freschezza e lo splendore), svanisce in un riformismo ipocrita e in un liberalismo all'acqua di rose il cui destino s'identifica stranamente con le esigenze di una società consumistica alla ricerca di nuovi bisogni da soddisfare: quindi il sesso è «liberato» solo per essere culturalmente consumato, confezionato un po' più «freddo» o un po' più «caldo» secondo i gusti; una sessualità ben coltivata è iniettata in una macchina economica traballante — crisi, inflazione, disoccupazione — per eccitarla, ridarle «nerbo»; cinema, letteratura, medicina, farmacia, divertimenti, oggetti sostengono questo nuovo mercato di Eros, mentre un'innervazione erotica stimola i mercati dell'abbigliamento, dell'automobile, dell'alimentazione, della pubblicità... | << | < | > | >> |Pagina 298«La cerniera intorno a cui si articola il fascismo tedesco, scrive Reich nella Psicologia di massa del fascismo, è la sua teoria razziale». Appunto attraverso le porte violentemente aperte, spalancate, del razzismo il nazismo si riversa nella storia e vi lascia il segno. Analizzando i testi razzisti di Hitler, di Rosenberg e di altri, Reich abbozza il quadro di un «inconscio» nazista: fantasmi biologici e sessuali primordiali, fobia della contaminazione e dell'impurità, proiezione delle collere, degli odi e dei rancori sullo straniero, aspirazioni al godimento e alla potenza realizzate in modo allucinatorio e gesticolatorio: nel verbo di Hitler, nelle parate, negli atti di violenza distruttiva. Il nazismo si afferma e si distingue come l' acting out, la messa in atto e in discorso, la totale attuazione di una xenofobia assoluta: lo straniero (da «xenos») assomma in sé tutti i tratti del cattivo, del negativo e del rimosso, è costruito come un possente montaggio fantasmatico che spinge a un grado estremo i meccanismi di diniego, di sovradeterminazione, di proiezione e di identificazione; perciò lo straniero tipo del sistema nazista, l'Ebreo, è contemporaneamente sessuale e asessuato, castratore e castrato, capitalista e bolscevico, tradizionalista e rivoluzionario, vittima masochista e assassino sadico, avaro e prodigo, puritano e lussurioso, sconfitto e vincitore, seduttore e brutto, sudicio e mondano, inassimilabile e assimilato, ecc.; e la fobia, intolleranza, ostilità, odio, furore, è spinta al parossismo, diviene pratica frenetica e calcolata dello sterminio totale (soluzione finale del problema ebreo). Ora, con ogni evidenza tutti questi tratti si ritrovano, a diversi livelli, nella xenofobia attuale. Le spinte xenofobiche acute e spettacolari come il nazismo rischiano di mascherare, per la loro stessa enormità, il fatto essenziale che dovrebbero invece illuminare e rivelare più di ogni altro: che il fascismo, nella sua fondamentale sostanza razzista e xenofobica, non è un episodio isolato e limitato, ma piuttosto, come ha mostrato Reich, una struttura caratteriale universale, un fenomeno politico-sociale di massa, un'energia attuale. Razzismo e xenofobia fanno parte del tessuto stesso della società, che prepara il terreno per accoglierli (educazione), che li invoca (terreno socioeconomico), che li alimenta (cultura, ideologia), senza mai riuscire a controllarli o cercare davvero di farlo. È molto meglio, per un Ordine repressivo, che vaghino la paura, l'angoscia e la frenesia... Razzismo e xenofobia sono intessuti nei nostri stessi corpi, nelle nostre voci e nei nostri desideri; sarebbe un diniego troppo comodo e confortevole vedervi soltanto l'odiosa smorfia di qualche morboso nostalgico dell'hitlerismo, o l'immonda attività di qualche gang avida di linciaggio. Un ascolto un po' attento, uno sguardo un po' insistente, una razionalità un po' provocante mostrerebbero ben presto che il razzismo e la xenofobia allignano segretamente e voluttuosamente nel cuore di quegli stessi che per formazione, pratica, ambiente e progetto (cultura, intelligenza, tolleranza e rivoluzione) dovrebbero esserne preservati. Da quel professore di filosofia che misurava il naso dei suoi studenti ebrei sino a quello scrittore di sinistra che vuole proteggere i posti dei «nazionali» dagli «stranieri», passando attraverso quell'universitario di una facoltà di sinistra che vorrebbe tagliare i fondi di un dipartimento di arabo, il bilancio sarebbe interminabile, miserabile e sinistro. Contro il razzismo quotidiano e palpitante, contro il fascismo comune a fior di pelle, pelle nera del Negro, pelle sporca dell'Arabo, pelle fetida dell'Ebreo, pelle diversa dello Straniero, Reich è sempre attuale con i suoi insostituibili strumenti: la psicologia di massa del fascismo, l'analisi del carattere, la rivoluzione sessuale. Può insegnare a ognuno a trovare la stasi sessuale cui il razzismo verrà ad abbeverarsi, l'appiglio cui si attaccherà, la fissazione e l'irrigidimento con cui farà il proprio trampolino; a comprendere e a circoscrivere il terreno dell'irrazionale, mistico o meccanicistico o dogmatico, su cui fruttifica il razzismo; a effettuare con vigilanza la lettura caratteriale di tutte le espressioni razziste e xenofobiche che, come sempre, si nascondono e si ostentano insieme in un tono della voce, in un giro di frase, in una mimica, in un gesto, in un'inattesa razionalizzazione... E per una pratica militante quotidiana e inflessibile, è ancora Reich a formulare più chiaramente l'obiettivo, appassionatamente razionale:
«Lotta a morte contro il razzismo».
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