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La questione delle scelte, comunque, non deve distrarci
dal punto principale in questione. Le opzioni a cui si è
appena accennato non sono altro che variazioni sul tema
fondamentale della globalizzazione. Le forze della
globalizzazione sono potenti dovunque: esse portano con sé
una spinta ad aumentare la flessibilità, con tutte le
implicazioni accennate sopra. Scegliendo l'una o l'altra
variante, le aziende (e gli stessi Stati di appartenenza,
visto che molte scelte chiamano in causa l'azione dei
governi) possono togliere mordente a certi effetti o darne
di più ad altri; ma una cosa che non possono fare è quella
di estraniarsi dal mercato globale. Nemmeno il tentativo
di attardarsi in un'età socioeconomica ormai superata al
fine di perseguire gli obiettivi politici degli ultimu
dittatori può durare a lungo, come dimostrano gli esempi
della Birmania e di Cuba, e probabilmente tra non molto
anche quello della Corea del Nord.
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Gli effetti sociali delle risposte economiche alle sfide
della globalizzazione sono diventati oggetto di attenzione
da parte del pubblico e del mondo accademico specialmente
negli Stati Uniti. E la cosa non è casuale. L'America
settentrionale è la patria della società civile moderna, il
luogo in cui si avvertono pim acutamente le minacce alla sua
vitalità. Improvvisamente il mondo di Tocqueville, il mondo
degli autori del "Federalist" sembra sul punto di crollare;
il nuovo tema è quello della "disunione"
dell'America, insieme a quelli della paura, della violenza e
delle varie forme di fondamentalismo. Il fatto che questa
situazione non riguardi esclusivamente l'America è una
magra consolazione. Il seguente catalogo essenziale delle
pressioni sulla società civile trae alimento dall'esperienza
europea non meno che da quella americana e, almeno in parte,
è applicabile anche ad altri paesi dell'OCSE.
La globalizzazione economica (per cominciare, senza una
ragione particolare, da un punto importante di questa
storia) sembra essere associata a nuovi tipi di esclusione
sociale. Innanzitutto le disuguaglianze in termini di
reddito sono aumentate. Alcuni considerano tutte le
disuguaglianza incompatibili con una società civile
dignitosa, ma io non la penso così. In un ambiente aperto,
in cui le persone abbiano la possibilità di farsi valere e
di migliorare con i propri sforzi le proprie prospettive
di vita, le disuguaglianza possono essere fonte di speranza
e spinta al progresso. Ma la nuova disuguaglianza è di un
altro tipo. Sarebbe più corretto chiamarla sperequazione,
ossia l'opposto esatto dell'appiattimento unificante: ad
alcuni si spiana la strada verso le vette, ad altri si cerca
di intralciare il cammino scavando buche o creando fenditure
e crepacci. I redditi delle fasce più benestanti della
popolazione, quelle appartenenti agli ultimi dieci o venti
percentili, stanno crescendo in maniera significativa,
mentre i redditi delle persone appartenenti ai venti o
magari anche ai quaranta percentili più bassi vanno calando.
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