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| << | < | > | >> |Indice5 Interpretazioni della rivolta di Giovanni De Luna 16 Un fotografo testimone di Tano D'Amico 21 L'anno dei miracoli 49 La politica 61 Il protagonismo di massa 99 Le istituzioni negate 115 Le donne 125 Mutamenti del costume 143 L'autunno italiano 169 Epilogo 184 Foto simbolo 186 Cronologia 190 Letture consigliate 191 Referenze fotografiche |
| << | < | > | >> |Pagina 9La generazione dei '68 e la politica La generazione del '68 legò la propria concezione della politica e la propria identità collettiva a due elementi specifici: la crucialità del conflitto come ambito della propria legittimazione; la definizione del proprio apparato concettuale esclusivamente sul terreno della pratica. Per il primo, l'organizzazione politica si definva come «movimento permamente». Le aporie, le contraddizioni che si rincorrevano con il succedersi delle «fasi», potevano essere sciolte solo nell'interminabilità del movimento. La definizione di una propria identità compiuta era quindi rinviata a una sfida al futuro, continuamente ridiscussa in una serrata tensione progettuale verso la costruzione di un «uomo nuovo». Non esisteva un modello precostituito di «nuova società»; a determinarlo avrebbero concorso esclusivamente gli sviluppi concreti assunti dal processo rivoluzionario. Allora, la differenza tra il comunismo cinese (capace di esprimere dal suo interno una «rivoluzione culturale» tale da rimettere in discussione assetti di potere e rendite di posizione dei vecchi militanti rivoluzionari) e quello sovietico (mummificato nel rigido dogmatismo di un esercizio del potere fine a se stesso) era considerata genetica, si riferiva cioè essenzialmente alla diversità del loro percorso di impianto; da un lato la presa del Palazzo d'Inverno, l'insurrezione concentrata in un tempo e in uno spazio ridotti, tesa solo alla conquista del potere politico immediato senza che niente intorno cambiasse; dall'altro la «lunga marcia», una lotta protrattasi negli anni, un percorso rivoluzionario di lungo periodo, tale da far maturare «uomini nuovi» prima della presa del potere. La lotta trasforma. Il conflitto libera le energie migliori degli uomini e dei soggetti collettivi. Ogni stato di equilibrio, appena raggiunto, va destabilizzato, in un divenire incessante che preserva l'organizzazione dalla sclerosi burocratica e dalla gestione amministrativa (sottratta a ogni tensione ideale) del potere: questi i cardini di una concezione della politica che rompeva con tutte le tradizioni piú consolidate della storia del movimento operaio. L'altro aspetto, con l'irruzione della vita quotidiana nella politica, sconvolgeva l'atomismo della società borghese, imponeva una dimensione collettiva che ridefiniva ruoli personali e collocazioni politiche. Far parte del movimento significava agire in prima persona, impegnarsi direttamente per cambiare le cose; non veniva riconosciuto nessun diritto di parola «a chi non è presente, agli apatici, ai disimpegnato; quelle scelte contrapponevano alla parsimonia e all'avarizia la totale dissipazione delle proprie energie intellettuali e di se stessi. Di qui scaturiva anche l'incontro con la classe operaia. Vivere la vita degli operai, respirarne gli stessi problemi, coglierne nell'aria le aspirazioni politiche e i desideri personali, i valori morali e le tradizioni culturali, appariva come il vero unico antidoto contro le tossine dell'ideologia di cui il movimento operaio era incapace di liberarsi. «L'ideologia - scrisse allora Guido Viale - non incontra mai il proprio nemico. Entrambe vivono in una realtà separata. Per questo ha continuamente bisogno di simboli: per rappresentare se stessa come per individuare l'avversario»; la politica del movimento del '68, invece, «non si erige a sistema ma non le viene mai meno qualcosa - o qualcuno - contro cui combattere nella concretezza della vita quotidiana». «Sei quello che fai», irriducibilmente contrapposto al «sei quello pensi», fu lo slogan simbolicamente più efficace del '68, quello in cui si potrebbe riconoscere oggi la sua eredità più significativa. | << | < | > | >> |Pagina 16C'era una volta... Con le parole delle favole vorrei cominciare questi brevi pensieri sulle immagini e sui movimenti. C'era una volta un tempo in cui i fotografi giravano per il mondo e venivano accolti come amici, come compagni di viaggio proprio dalle persone che si trovavano in mezzo ai guai. I fotografi ricambiavano l'amicizia. Partecipavano ai drammi delle persone che incontravano. Le loro immagini permettevano a questi drammi di venire alla luce, di essere conosciuti. Si può dire che le loro immagini permettevano a esseri umani che sarebbero altrimenti rimasti lontani di incontrarsi. Riflettiamo un momento. Pensiamo alla Somalia, alla Bosnia. Si faceva il tiro a segno sui fotografi. Si sparava da lontano senza nemmeno sapere se erano amici o nemici. Molto si è detto e scritto su queste morti, e si è fatta anche molta retorica. Sta di fatto che per la prima volta si è spezzato quel filo che ha sempre legato immagini e sofferenti, immagini e insoddisfatti. Anche le minoranze, gli uomini che sono stati sempre amici delle immagini, adesso le temono. E' con grande tristezza che vedo i piú teneri, i piú acuti, i piú dolci, i piú profondi rivoltosi del nostro tempo presentarsi alla soglia della storia con il passamontagna. Per quanto mi riguarda, ricordo, da quasi vecchio, di avere avuto la grande fortuna di essere stato spinto sulle strade. Di essere stato spinto sulle strade dagli insoddisfatti del mio tempo che pretendevano da me altre immagini e mi regalavano i loro volti. Anche se si parlava e si scriveva molto, quando irrompevano ideali e istanze nuove, erano le immagini a cambiare per prime. Si aveva subito coscienza di quanto fosse inadeguato il modo di vedere che si era coltivato prima. Si cercavano altre immagini. Si scopriva che si era stati rappresentati male. Ci si accorgeva che le immagini dei giornali tentavano di esorcizzare quello che stava accadendo. Si scopriva sulla propria pelle che gli avversari anche solo potenziali di chi era al potere venivano resi mostri, spogliato di dignità, bellezza, cultura. |
| << | < | > | >> |RiferimentiLetture consigliate AA.VV., La ribellione degli studenti, Milano, Feltrinelli, 1968 M. Capanna, Formidabili quegli anni, Milano, Rizzoli, 1988 G. De Luna, S. Lupo, G. Neppi Modona, Azione collettiva, violenza e conflitto nella costruzione dell'Italia repubblicana, 1945-1990, in «Passato e presente», 25, 1991 Documenti della rivolta universitaria, Bari, Laterza, 1968 P. Ignazi, I partiti sospesi. Crisi e trasformazione, in La riconquista dell'Italia, a cura di F.L. Cavazza, Milano, Longanesi, 1993 A. Gismondi, Alle soglie del potere. Storia e cronaca della solidarietà nazionale, Milano, SugarCo, 1986 L. Manconi, Solidarietà ed egoismo, Bologna, Il Mulino, 1990 P. Ortoleva, I movimenti del '68 in Europa e nel mondo, Roma, Editori Riuniti, 1997 Le radici di una rivolta. Il movimento studentesco a Roma: interpretazioni, fatti e documenti, febbraio-aprile 1977, Milano, Feltrinelli, 1977 M. Revelli, Lavorare in Fiat, Milano, Garzanti, 1990 M. Revelli, Movimenti sociali e spazio politico, in Storia dell'Italia repubblicana, vol. II, t. II: La trasformazione dell'Italia. Sviluppo e squilibri, Torino, Einaudi, 1995 M. Revelli, B. Mantelli, Operai senza politica, Roma, Savelli, 1979 L. Ricolfi, L. Sciolla, Senza padre, né maestri, Bari, De Donato, 1980 D. Segre, Ragazzi di stadio, Milano, Mazzotta, 1979 Il sessantotto. La stagione dei movimenti (1960-1979), Roma, 1988 Una sparatoria tranquilla. Per una storia orale del '77, Roma, Odradek, 1997 S. Tarrow, Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e politica in Italia. 1965-1975, Roma-Bari, Laterza, 1990 N. Tranfaglia, Un capitolo del «doppio stato». La stagione delle stragi e del terrorismo, 1969-84, in Storia dell'Italia repubblicana, vol.III, t.II: L'Italia nella crisi mondiale. L'ultimo ventennio, Torino, Einaudi, 1997 G. Viale, Il sessantotto. Tra rivoluzione e restaurazione, Milano, 1978. In particolare, sul rapporto tra Pci e terrorismo di sinistra negli «anni di piombo», si vedano: D. Della Porta, Il terrorismo di sinistra in Italia, Bologna, Il Mulino, 1990 D. Novelli, N. Tranfaglia (a cura di), Vite sospese. Le generazioni del terrorismo, Milano, Garzanti, 1988. Per la storia delle Brigate Rosse, si vedano: G. Caselli, D. Della Porta, La storia delle Brigate Rosse: strutture organizzative e strategie di azione, in D. Della Porta (a cura di), Terrorismi in Italia, Bologna, Il Mulino, 1984 G. Galli, Storia del partito armato, Milano, Rizzoli, 1986 Tra i libri che meglio testimoniano l'attività fotografica del periodo 1968-1980, segnaliamo: E.P. Amendola, Storia fotografica del Pci, Roma, Editori Riuniti, 1981 C. Colombo (a cura di), Tra sogno e bisogno, Milano, Coop-Longanesi, 1990 T. D'Amico, E' il '77, Roma, Libri del No, 1977 T. D'Amico, Con il cuore negli occbi, Roma, Kappa, 1982 T. D'Amico, Ricordi, Roma, Fahrenheit 451, 1992 U. Lucas, A. Accornero, G. Sapelli, Storia fotografica del lavoro, Bari, De Donato, 1981 U. Lucas, M. Bizziccari (a cura di), L'informazione negata. Foto-giornalismo in Italia 1945-1980, Bari, Dedalo, 1981 A. Mordenti (a cura di), Come eravamo. Documenti fotografici per una storia delle lotte studentesche a Roma (1966-1972), Roma, Savelli, 1975 Per una storia del movimento femminista si vedano: F. Lussana, Le donne e la modernizzazione: il neofemminismo degli anni Settanta, in Storia dell'Italia repubblicana, vol.III, t.II: L'Italia nella crisi mondiale. L'ultimo ventennio, Torino, Einaudi, 1997 Non credere di avere dei diritti, a cura della Libreria delle donne di Milano, Torino, Rosenberg & Selber, 1987 R. Spagnoletti (a cura di), I movimenti femministi in Italia, Roma, Savelli, 197l | << | < | |