Copertina
Autore David Darling
Titolo Teletrasporto
SottotitoloIl salto impossibile
EdizioneBollati Boringhieri, Torino, 2008 , pag. 232, cop.fle., dim. 148x220x15 mm , Isbn 978-88-339-1846-4
OriginaleTeleportatio: the impossible leap
EdizioneJohn Wiley, Hoboken, 2005
TraduttoreAngela Iorio
LettorePiergiorgio Siena, 2008
Classe fisica , informatica: fondamenti
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Indice


  7  Prologo
 11  Introduzione. Breve storia del teletrasporto

     Teletrasporto

  3  1.  Luminose interpretazioni
 52  2.  Spettri nel mondo materiale
 77  3.  Il misterioso collegamento
 93  4.  Dataverso
115  5.  Comunicazioni segrete
135  6.  Miracolo a Montreal
145  7.  Piccoli passi e salti quantistici
i63  8.  Un computer senza limiti
182  9.  Atomi, molecole, microbi...
196  10. Poco probabile ma molto promettente

213  Epilogo

217  Cronologia

219  Bibliografia

225  Indice analitico


 

 

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Pagina 140

È difficile pensare al teletrasporto senza richiamare alla mente immagini di persone che spariscono e ricompaiono come i teletrasportatori di Star Trek. Non che ci sia qualcosa di sbagliato a lasciar libera l'immaginazione sui possibili sviluppi della tecnica. Uno studio della Purdue University, condotto nello stesso periodo in cui comparve l'articolo di Bennett e collaboratori, trovò che i bambini imparavano più concetti scientifici da Star Trek che da qualunque altra esperienza fuori casa. L'articolo dei Sei di Montreal non dava la ricetta per teletrasportare esseri umani, ma aveva in realtà un notevole vantaggio rispetto alla famosa serie TV: era basato sulla scienza attuale. Mostrava come qualcosa, anche se era solo al livello subatomico, potesse essere trasportata qui e ora. L'importanza di questo passo avanti per la comunità scientifica è sottolineata dal fatto che, secondo lo Science Citation Index, questo fondamentale articolo è stato citato più di mille volte alla data del suo decimo anniversario nel 2003.

Devono ancora essere compresi diversi punti sul teletrasporto quantistico reale come descritto dai Sei di Montreal. Il primo, e più importante, è il fatto che la tecnica non implica qualcosa che viaggia nello spazio. Quello che viene teletrasportato non è materia o energia o qualche combinazione delle due, come accade in Star Trek, ma informazione. L'informazione su un oggetto è estratta e poi inviata in un altro posto dove l'informazione è usata, come una formula, per creare una copia perfetta dell'originale a partire da materiale locale. Il metodo di estrazione dell'informazione non assomiglia a nulla che possiamo conoscere nel mondo quotidiano. Perché questa operazione avviene al livello quantistico, e dunque scompone minuziosamente la funzione d'onda dell'oggetto originale il quale perde la propria identità. Se si trattasse di un oggetto grande, costituito da molte parti subatomiche, questo sarebbe effettivamente distrutto nel processo. William Wootters e Wojciech Zurek, con il loro teorema della non-clonazione, hanno dimostrato che non è possibile evitarlo. Perdere l'originale è una cattiva notizia per quanto riguarda il teletrasporto in termini pratici. La buona notizia è che è possibile ottenere una copia indistinguibile nel posto che vogliamo. Se siamo pronti a convenire che la replica perfetta è buona proprio come l'originale, allora non c'è alcun problema.

Teletrasportare esseri umani sarebbe davvero incredibile. Teletrasportare un topo, o un'ameba, o anche una zolletta di zucchero sarebbe sorprendente. D'altra parte, teletrasportare una singola particella subatomica potrebbe non sembrare così eccitante. L'articolo del 1993 di Bennett e collaboratori non parla ancora di particelle complete: parla soltanto del teletrasporto di stati di particelle, come lo stato di spin di un elettrone o lo stato di polarizzazione di un fotone. Anche se a prima vista questo può colpire poco l'immaginazione, si tratta di un passo avanti straordinario. La capacità di teletrasportare singoli stati quantistici può essere un punto cardine nel mondo futuro della computazione quantistica. Ed è un passo iniziale verso il teletrasporto di cose più complesse, come atomi, molecole e porzioni di DNA.

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Pagina 154

Nessuno di questi primi esperimenti di teletrasporto supera la distanza di un metro o due: da un lato all'altro del tavolo di laboratorio. Le applicazioni future del teletrasporto, comprese la crittografia quantistica e la comunicazione tra computer quantistici collegati in rete, dipenderanno però dalla possibilità di estendere il metodo a distanze di molti metri o chilometri. Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi su questo fronte.

Nel 2003, Nicolas Gisin, un altro zar della nuovissima optoelettronica, che pratica la sua scienza nei sottofondi bui, ha registrato il record mondiale di distanza nel teletrasporto. Insieme al suo gruppo formato da circa una ventina di dottorandi e assistenti di ricerca, lavora nel gruppo di fisica applicata all'Università di Ginevra. Nei fondi del vecchio edificio della scuola di medicina dell'università Gisin dirige un gruppo di laboratori percorsi da fasci laser ed equipaggiati con i soliti attrezzi necessari per mettere in piedi la magia dell' entanglement e del teletrasporto: rivelatori di fotoni, interferometri, e vecchi specchi piani che rimbalzano intorno i laser.

In quei giorni, Gisin divideva il suo tempo tra la ricerca e l'impresa. Nel 2001, insieme ad altri tre ricercatori del gruppo di fisica applicata di Ginevra, Olivier Guinnard, Grégoire Ribordy e Hugo Zbinden, aveva costituito la ID Quantique, una società che abbiamo incontrato in precedenza, la quale, insieme all'americana MagiQ è pioniera nella crittografia quantistica commerciale. La trasmissione di chiavi cifrate in pacchetti quantistici è la prima importante applicazione pratica del teletrasporto, è la prima che richiede che la tecnica funzioni lungo distanze della scala di una grande area metropolitana. Grandi banche e altre istituzioni finanziarie sono potenziali clienti importanti.

Uno degli ostacoli al teletrasporto su lunga distanza è dato dal rumore nei canali quantistici di comunicazione, che determina lo scioglimento della correlazione tra le particelle e le loro proprietà. Più è lungo il percorso che un fotone deve attraversare, ad esempio un cavo a fibra ottica, più aumenta la degradazione. Questo problema riguarda in particolare la polarizzazione, che è la proprietà più spesso usata per gli esperimenti di teletrasporto in laboratorio. Per questa ragione, Gisin e il suo gruppo di Ginevra si sono volti a un approccio alternativo basato sui «contenitori di tempo» (time-bin), o piccole finestre temporali. I ricercatori generano fotoni usando impulsi laser molto brevi, contano il tempo in questi piccoli incrementi, o contenitori, e fanno in modo di far cadere gli impulsi in specifici contenitori. I fotoni correlati stanno al tempo stesso in due contenitori e in questa forma sono in grado di sopravvivere alla trasmissione lungo linee a fibra ottica meglio di quanto possano fare i fotoni con polarizzazione correlata. L'esperimento da record del 2003 ottenne il teletrasporto lungo un cavo a fibra ottica lungo due chilometri, steso tra due laboratori distanti 55 metri.

Un anno dopo, alcuni ricercatori dell'Università di Vienna e della Òsterreichische Akademie der Wissenschaften superarono ancora una volta il record di distanza nel teletrasporto. Usarono una fibra ottica tirata attraverso i tunnel della rete fognaria per collegare laboratori distanti 500 metri su rive opposte del Danubio. Non solo la distanza era impressionante, ma l'attraversamento del Danubio era ottenuto con successo in condizioni reali, comprese le fluttuazioni di temperatura e altri fattori ambientali presenti nelle condutture fognarie che potevano in teoria interferire con il processo.

Nel 2002, la ID Quantique di Gisin aveva inviato dati quantistici molto più lontano: 67 chilometri lungo il cavo a fibra ottica della rete telefonica tradizionale che collega Ginevra con la vicina città svizzera di Losanna (anche se non con il teletrasporto). L'anno seguente, alcuni ricercatori britannici del Quantum Information Group al Toshiba Lab presso l'Università di Cambridge, guidati da Andrew Shields, ottennero un'impresa simile con una fibra lunga 100 chilometri. In entrambi i casi, i cavi trasmettevano una chiave quantistica sicura cifrata secondo il protocollo BB84 sviluppato da Bennett e Brassard, che non implica l' entanglement e dunque non è così sensibile alla degradazione. L' entanglement è la caratteristica più fragile da preservare durante la trasmissione, e questo spiega perché in questo caso la distanza è in genere cinquanta volte minore rispetto al caso di dati quantistici non correlati. Molte sfide sono però comuni a tutte le forme di comunicazione quantistica. Tra queste vi è la necessità di trovare un metodo per spingere il segnale in viaggio.

Quando viene inviato un messaggio di qualunque tipo, si verificano delle perdite lungo il cammino. Il segnale diminuisce gradualmente ed è dunque necessaria qualche forma di amplificazione se il messaggio deve viaggiare su lunga distanza e arrivare ancora riconoscibile a destinazione. I ripetitori elettronici basati su valvole termoioniche (tubi a vuoto) inventati nel 1906 da Lee De Forest erano alla base del primo servizio telefonico americano transcontinentale; senza questa tecnologia, anche con cavi spessi e bobine di carico non era possibile trasportare un segnale vocale a distanza maggiore di 2500 chilometri. Oggi, gran parte del traffico telefonico mondiale viaggia sotto forma di impulsi luminosi su cavi a fibra ottica, lungo i quali sono disposti con una certa regolarità ripetitori ottici per amplificare le raffiche di fotoni che portano il messaggio, in modo da garantire l'arrivo a destinazione.

I ripetitori ottici tradizionali, comunque, lavorano facendo copie dei fotoni attenuati. Questo va bene per il vasto volume di traffico di telecomunicazioni che è trasmesso per via ottica, perché i segnali usano le proprietà classiche (non quantistiche) della luce. Lo stesso tipo di copia non si può applicare ai dati quantistici senza distruggere proprio gli stati quantistici che trasportano l'informazione. Questo ha limitato i ricercatori a lavorare con fibre ottiche senza giunzioni e relativamente corte. La trasmissione lungo 100 chilometri ottenuta dal gruppo di Cambridge è stata resa possibile grazie allo sviluppo di un nuovo rivelatore altamente sensibile in grado di estrarre dal rumore di fondo i pochi fotoni del messaggio sopravvissuti. Il prossimo grande salto implicherà però la costruzione di ripetitori quantistici, per permettere ai dati quantistici di essere rigenerati e inviati per centinaia o anche migliaia di chilometri (Duan, Lukin, Cirac e Zoller, 2001).

Il problema principale è che un ripetitore quantistico deve «purificare» e rigenerare i fotoni senza effettuare alcun tipo di misura, perché in caso contrario gli stati quantistici dei fotoni sarebbero resi casuali. Nessuno finora è giunto a una dimostrazione pratica: il primo test di componenti si potrà avere tra pochi anni, e si stima che il primo ripetitore quantistico funzionante sarà disponibile non prima di una decina di anni. Sul piatto ci sono comunque molte idee. Una delle possibilità è servirsi di atomi per conservare temporaneamente gli stati quantistici dei fotoni prima di trasmetterli. In teoria, un singolo atomo di un elemento come il cesio potrebbe essere correlato quantisticamente con un fotone. L'atomo potrebbe essere tenuto in una cavità riflettente dove il fotone può rimbalzare avanti e indietro molti milioni di volte. L'interazione ripetuta tra l'atomo e il fotone causerebbe il trasferimento dello stato quantistico della particella luminosa all'atomo, che lo conserverebbe per un po' prima di riemettere un nuovo fotone con lo stato vecchio. Sarebbe un procedimento difficile da mettere in pratica, tuttavia, a causa della difficoltà nella costruzione di cavità che riflettano perfettamente i fotoni. Se gli specchi non funzionano con un'efficienza prossima al 100 per cento, allora assorbono il fotone invece di permettere all'atomo di farlo.

Nel 2003, Alex Kuzmich e i suoi colleghi del Caltech annunciarono di aver aggirato questo problema, in teoria almeno, sostituendo il singolo atomo con un grande insieme di atomi. Così invece di interagire con un singolo atomo molti milioni di volte, il fotone avrebbe interagito una sola volta con molti milioni di atomi. Il fotone avrebbe scambiato il suo stato con tutto l'insieme, e tutto l'insieme preso nel suo complesso sarebbe stato correlato quantisticamente. Fortunatamente, il processo è reversibile, cosicché il fotone, rigeneratesi durante la sua breve permanenza nella comunità atomica, potrebbe essere riemesso per continuare il suo viaggio (Kuzmich, Bowen, Boozer, Boca, Chou, Duan e Kimble, 2003).

Un approccio simile alla costruzione di un ripetitore quantistico è stato preso in esame da un gruppo della Harvard University guidato da Ronald Walsworth. Invece di lavorare però con fotoni singoli, il lavoro di Harvard si è concentrato sulle interazioni tra impulsi luminosi e atomi di rubidio. Nel 2002, il gruppo di Walsworth ha dimostrato il trasferimento di stati quantistici in un fascio laser allo spin atomico di atomi di rubidio. Gli atomi di rubidio erano in grado di memorizzare lo stato di spin di un segnale per circa un millesimo di secondo prima di dover essere rigenerati proprio come una DRAM (dynamic random access memory) in un personal computer. Questo tempo relativamente lungo va confrontato con il milionesimo di secondo necessario all'incirca perché avvenga la memorizzazione. Il prossimo obiettivo del gruppo di Harvard è dimostrare che con questa tecnica i dati quantistici sono perfettamente preservati durante la memorizzazione e il recupero, tramite la costruzione di un prototipo di ripetitore quantistico. Il piano successivo è quello di sviluppare ulteriormente questo approccio per formare la base di una memoria quantistica. I ripetitori quantistici, in realtà, che conservano temporaneamente un frammento di dati quantistici, sono davvero un passo intermedio necessario per costruire memorie del genere, che saranno componenti essenziali dei computer quantistici.

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In uno sviluppo separato riportato nel 2001, due gruppi di scienziati hanno compiuto un'altra notevole impresa portando l'Internet quantistico un po' più vicino. Sono riusciti a fare quello che sembra impossibile: fermare un fascio luminoso sul suo cammino. Il gruppo di Lene Hau alla Harvard University e il gruppo di Ronald Walsworth al Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics, entrambi a Cambridge nel Massachusetts, hanno condotto esperimenti separati che prevedono di dirigere un impulso luminoso in una camera di gas in cui il fascio rallenta e si affievolisce sempre più, prima di giungere a un arresto completo. Il gruppo di Hau ha usato come freno del gas di sodio, raffreddato alla temperatura di pochi milionesimi di grado dallo zero assoluto, mentre il gruppo di Walsworth ha usato rubidio allo stato gassoso. Questi gas sono normalmente opachi alla luce, ma possono diventare trasparenti se illuminati con un fascio laser chiamato fascio di accoppiamento, consentendo quindi a un impulso laser «sonda» di passarvi attraverso. Il processo è indicato con il nome di trasparenza indotta elettromagneticamente. Se il laser di accoppiamento è spento mentre l'impulso sonda è nella nube di gas, la sonda si ferma completamente. Di fatto, l'informazione nei fotoni è trasferita allo spin collettivo degli atomi di gas. Se il fascio di accoppiamento viene in seguito riacceso, l'impulso sonda emerge intatto, con la sua abituale velocità di 300000 chilometri al secondo, proprio come se avesse aspettato per riprendere il suo viaggio.

Gli specialisti della computazione quantistica non hanno tardato a individuare un significato per questo risultato. Inviare un fotone da un posto a un altro, come in un Internet quantistico, è la parte facile. La vera sfida è però catturarlo dall'altra parte. I paracadute di gas di sodio e di rubidio mostrano che esiste un modo per catturare in volo i qubit fotonici e trattenerli per qualche tempo prima di lasciarli di nuovo andare.

I computer quantistici aprono un meraviglioso mondo di possibilità. Oltre a eseguire i calcoli tradizionali di ordinamento, ricerca in un database, analisi crittografica, e il resto, offrono una fantastica introduzione al comportamento dei sistemi microscopici, con applicazioni in chimica, nello sviluppo di farmaci, nella fisica delle particelle elementari, e nella nanotecnologia. Una simulazione con un computer quantistico avrebbe la potenza di un attrezzato laboratorio in grado di studiare la natura alla più piccola scala.

Seth Lloyd e Daniel Abrams al MIT sono stati tra i primi, nel 1997, a esaminare in dettaglio come rendere possibili simulazioni del genere. Hanno descritto come si potrebbe usare un computer quantistico per simulare un sistema a molte particelle, come un gruppo di elettroni. Il numero delle variabili coinvolte nella modellazione di questo tipo di sistema va ben oltre la capacità di qualsiasi computer tradizionale. Per rappresentare un gruppo di cento elettroni un computer dovrebbe memorizzare 2^100 numeri complessi, ognuno con una parte reale e una parte immaginaria, per modellare lo stato degli spin. Archiviare così tanti numeri nella memoria di un computer è abbastanza problematico, ma è anche necessario per modellare l'evoluzione nel tempo del sistema, impresa che richiederebbe matrici bidimensionali con 2^100 x 2^100 elementi. Con un computer quantistico, invece, una simulazione del genere potrebbe essere eseguita velocemente e facilmente usando solo cento qubit.

Semplici computer quantistici campione, che lavorano con una manciata di qubit, sono già in funzione. L'estensione della tecnologia all'elaborazione di 10, 20, 100 qubit e oltre metterà alla prova nei prossimi decenni l'ingegnosità dei ricercatori. Pochi esperti del settore credono però che la computazione quantistica pratica sarà raggiunta entro questo secolo. Quando sarà, il teletrasporto, che agisce tanto dentro quanto tra queste macchine straordinarie, comincerà a contribuire alla trasformazione delle nostre conoscenze sul mondo. E quello forse sarà solo l'inizio.

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Pagina 196

10.

Poco probabile ma molto promettente


Il teletrasporto umano non avverrà domani né il prossimo anno, e neppure, a meno di qualche sviluppo miracoloso, nei prossimi vent'anni. Magari non avverrà mai. Ma questo non ci impedisce di continuare a pensare alle sue conseguenze nel caso che diventi davvero possibile. Se non altro, tali speculazioni possono gettare una nuova luce su quello che significa essere un organismo umano. In effetti, molti filosofi hanno già usato il teletrasporto, e incidenti del teletrasporto, per sondare i misteri dell'identità personale.

Immaginate che sia la prima volta che venite tele trasportati. Siete sulla pedana in attesa che inizi il processo. In pochi secondi siete rapidamente scomposti atomo per atomo e poi, un istante dopo, rimaterializzati in un altro continente. Tutti quelli che l'hanno già fatto prima vi dicono che non c'è nulla di cui preoccuparsi. Tutto quello che sentite è una leggera sensazione di formicolio; poi è come se qualcuno spegnesse le luci per riaccenderle di nuovo pochi secondi dopo. Alcuni sarebbero un po' disorientati ai loro primi salti, a causa di questa repentina variazione dell'ambiente, ma questo è tutto.

Ad ogni modo, non vi sentite a vostro agio. Il teletrasporto, dopo tutto, distrugge davvero l'originale. Quella che compare all'altra parte può anche essere una copia perfetta, con tutte le particelle a posto, ma è pur sempre una copia. Non ha in comune un solo atomo con il vostro vecchio corpo. Quello che vi disturba è che, nonostante quello che dica la gente, la persona che è stata trasportata non siete realmente voi.

I vostri amici che hanno fatto il salto vi suggeriscono di considerare la cosa dal punto di vista pratico. Un atomo è un atomo: non ha una personalità e non è diverso dagli altri. Ogni atomo di ossigeno è esattamente come qualunque altro atomo di ossigeno; un atomo di carbonio è indistinguibile da qualunque altro atomo di carbonio. (È vero che esistono isotopi differenti - tre nel caso dell'ossigeno, ^16 O, ^17 O e ^18 O - ma il teletrasporto garantisce che anche ognuno di questi sia copiato correttamente.) Quando scendete al livello atomico e subatomico, la natura costruisce le cose semplicemente identiche. Dunque non importa se tutti i vostri atomi sono scambiati per un insieme diverso. Nessun esperimento, in teoria o in pratica, potrebbe distinguere la persona teletrasportata dalla persona originaria.

Dovete anche tenere a mente, come sottolineano quelli che sono partiti prima, che la roba che compone il vostro corpo cambia continuamente. Anche senza il teletrasporto, gli atomi e le molecole fluiscono continuamente dentro e fuori dal vostro corpo, cosicché nel corso del tempo ogni bit di materia di cui siete composti è cambiato. In termini di materia, voi siete solo in parte la stessa persona che eravate, per esempio, sei mesi fa. Noi tutti siamo fatti di materia che proviene da un comune calderone cosmico ed è riciclata incessantemente. Secondo una stima (e dovete concedere una certa licenza scientifica in queste cose), nell'ultimo mezzo miliardo di anni, ogni atomo di carbonio che è ora nel vostro corpo è stato all'interno di un altro organismo vivente con una media di almeno cinque milioni di volte. Secondo un'altra stima approssimativa, ogni sette anni siete completamente sostituiti a livello cellulare. Dunque il teletrasporto, come i suoi sostenitori vi dicono, dal punto di vista qualitativo non agisce diversamente rispetto al normale corso degli eventi. Il teletrasporto fa semplicemente in modo di sostituire tutte le vostre particelle in un battibaleno, invece che in un certo periodo di tempo. Una persona però non è soltanto un semplice ammasso di atomi e molecole. Quando mettete insieme quei piccoli mattoncini in una certa maniera, accade qualcosa. Emergono alcune proprietà, come pensieri, ricordi, coscienze, personalità: la vita stessa. Sì, ma quelle stesse proprietà emergenti nascono da una identica configurazione di atomi e molecole. Dal momento che il teletrasporto pròduce una copia perfetta, fino al livello subatomico, porta anche, inevitabilmente, alle stesse proprietà di livello superiore. Ricrea il vostro cervello, fino all'ultima sinapsi e all'ultimo impulso sinaptico, tanto che la persona che scende dalla pedana dall'altra parte ha esattamente gli stessi pensieri, e lo stesso bagaglio di ricordi che avevate voi, quando siete stati disassemblati appena prima del salto. Originale o copia: certo non importa quale parola usiamo, fintanto che vi sentite la stessa persona e avete lo stesso aspetto, e non ci sono esperimenti sulla Terra o nell'universo che possano dimostrare che non siete davvero la stessa persona.

Eppure, non siete completamente soddisfatti di questa faccenda. Intanto, qualunque cosa dicano gli altri, il teletrasporto implica uno stacco. In genere in una persona i cambiamenti avvengono in maniera graduale - perdete e acquistate atomi poco per volta - e dunque c'è sempre un collegamento con il vostro stato precedente, una connessione materiale con il passato. Quando vi teletrasportate, quel collegamento materiale è spezzato. Siete la stessa persona in senso figurativo, ma una persona completamente diversa in senso letterale. Questa discontinuità porta a due diversi modi di guardare il teletrasporto umano, che sono fastidiosamente contradditori. O è la più nuova forma di trasporto oppure una maniera molto efficace per uccidere qualcuno.

Un'altra preoccupazione riguarda il fatto che ci possono essere alcuni aspetti della vostra persona, aspetti vitali e indispensabili, completamente ignorati dalla tecnologia del tele trasporto. I componenti materiali dei nostri corpi e dei nostri cervelli possono certo essere trasferiti senza difficoltà. Non ci sono però garanzie per quello che riguarda ogni eventuale parte immateriale. La fisica non ha nulla da dire sull'anima o lo spirito, o sulla possibilità di una forza vitale o «chi». Queste non sono altro che credenze popolari, ipotesi superflue, per quello che riguarda la scienza. Nondimeno possono essere reali. Se lo sono, potrebbero essere i nostri componenti più essenziali, e non sappiamo assolutamente come essi si relazionino alla nostra particolare configurazione atomica. Che succerebbe se l'anima o la forza vitale fossero connesse alla materia in modo da rimanere attaccate quando si verificano variazioni corporee lente e graduali, come accade ogni giorno, ma da separarsi nel caso di una sostituzione completa e istantanea, come quella che si verifica nel teletrasporto?

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