Copertina
Autore Charles Darwin
Titolo Taccuini filosofici
SottotitoloTaccuini «M» e «N» - Note sul senso morale - Teologia e selezione naturale
EdizioneUTET Universita, Torino, 2010, , pag. LXVI+234, cop.fle., dim. 14x20,4x2 cm , Isbn 978-88-6008-284-8
CuratoreAlessandra Attanasio
LettoreLuca Vita, 2010
Classe evoluzione , filosofia , etica , natura-cultura
PrimaPagina


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Indice


 VII Introduzione
     Darwin. Emozione, Coscienza e Disegno divino
     di Alessandra Attanasio

  LX Bibliografia

LXIV Avvertenze


   3 Espressione M

  73 Espressione N

 131 Note sul senso morale

 175 Teologia e selezione naturale


 191 Appendici
 193 Nota biografica
 201 Opere di Darwin
 211 Autori citati nei Taccuini Filosofici
 225 Indice biografico



 

 

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Pagina VII

Introduzione


Darwin
Emozione, Coscienza, e Disegno divino



Entrare nella mente di Darwin dalle pagine dei suoi molti Taccuini di appunti, è una esperienza intellettuale unica. La scrittura di getto, open mind, le parole spezzate, aggiunte, cancellate, collegate ad altre nella pagina (che sono la croce e la delizia di chi deve trascrivere un Manoscritto di Darwin), ci danno l'emozione di vedere un cervello in continua elaborazione ed evoluzione. Come ricorda Darwin stesso: «ho constatato che si risparmia tempo buttando giù il più rapidamente possibile intere pagine, in cattiva calligrafia, spezzando a metà le parole, e correggendo poi con calma. Le frasi buttate giù in questo modo sono spesso migliori di quelle che avrei saputo scrivere dedicandovi una cura maggiore» (1888a, p. 1015). Nessun altro commento ai Taccuini potrebbe essere migliore di questo. E poi la ricchezza e la velocità con cui i temi si rincorrono e si intrecciano nel cervello di Darwin. Pensieri, riflessioni, improvvise illuminazioni, ritorni indietro, timori per ciò che sta scoprendo e per le conseguenze su quegli esseri viventi, «creature» intelligenti che gli si rivelano semplice «materia» intelligente al pari degli altri esseri viventi. E, soprattutto, ci danno il vantaggio di farci vedere più di quanto l'autore voglia rendere pubblico. In un certo senso sono pensieri rubati, un bottino ragguardevole su cui scienziati e filosofi dovrebbero riflettere di più.

Tutto il complesso dei Taccuini è di grande interesse, per l'ampiezza dei temi trattati, e per il periodo in cui queste riflessioni sono annotate, subito dopo il famosissimo viaggio sul brigantino Beagle (1836), e immediatamente prima del «brevissimo» Abbozzo della teoria della selezione naturale (1842). Ma nei Taccuini filosofici c'è qualcosa in più. Qui Darwin emerge a tutto tondo, in tutta la sua complessità di uomo e di scienziato, come un neo-umanista, intriso di scienza, emozioni, sentimenti, predilezioni artistiche, letterarie e musicali, analisi e scelte teoriche e morali. E, proprio per il loro carattere «filosofico», questi taccuini sono anche lo strumento migliore per orientarsi tra le polemiche e le controversie teoriche che da almeno centocinquanta anni accompagnano le teorie darwiniane.


1. Darwin oggi


Le teorie di Darwin sono state «spesso grossolanamente, alterate, aspramente avversate e ridicolizzate» (1888a, p. 1011), ma anche fatte oggetto di adesioni fideistiche e acritiche. Da un lato, le sue teorie sono osteggiate da chi vuole demolire la teoria della selezione naturale con i dogmi della teologia, avendo in mente soprattutto le «pericolose» conseguenze sull' Homo sapiens, «creatura» intelligente che il Creatore, dotato di mente, intelligenza, bontà massime, ha posto al centro dell'universo sul gradino più alto della catena dell'essere o scala naturae. E qui, nell'inedito Taccuino su Teologia e selezione naturale, si può trovare la confutazione migliore dei creazionismi di ieri e di oggi, con una dirompenza e freschezza di argomentazioni ancora attuali.

Dall'altro, le vestali del darwinismo, quegli «ultradarwinisti» che «conservano» Darwin entro il recinto della biologia, separandolo dalle altre discipline e soprattutto dalle contaminazioni filosofiche. Una «conservazione» che rende la teoria della evoluzione per selezione mutilata dei suoi aspetti più complessi e che occulta o nega quella «plasticità» della mente di Darwin che, interagendo con geologia, scienze naturali, filosofia, ha cambiato i caratteri delle scienze naturali e in particolare quelli delle scienze dell'uomo, mutando non solo i contenuti ma il modo stesso di fare filosofia. Il darwinismo è troppo importante per le scienze umane, la filosofia, la psicologia, l'analisi della società, per essere lasciato nel solo alveo delle scienze biologiche (Geoffrey M. Hodgson, 2008). E per questo aspetto i Taccuini filosofici, sull'uomo, la mente, le emozioni, la coscienza, la morale, con il loro approccio «plurale» all'evoluzione, risultano preziosi nel dirimere una polemica ancora viva tra i diversi darwinismi.

Il «pluralismo» dei fattori che entrano nei processi della evoluzione è infatti ancora oggi contrastato e negato da quel «circolo esclusivo» di genetisti che, con una metafora efficace, Niles Eldredge (1995) vede come la ristretta élite di decani che nei college inglesi siede alla Tavola Alta della sala da pranzo, lontano e in posizione rialzata rispetto a docenti e studenti. È la nota polemica che pone oggi su fronti opposti, da un lato, gli «ultradarwinisti» (Richard Dawkins, John Maynard Smith, George Williams, Daniel Dennett) provenienti per lo più dal campo della genetica e della genetica delle popolazioni (i sottogruppi di specie) o da certa filosofia riduzionista e funzionalista, e dall'altro, i «naturalisti» (Stephen Jay Gould, Niles Eldredge, Elisabeth S. Vrba, Steven M. Stanley, Majorie Grene) provenienti dai più diversi campi di indagine: paleontologia, geologia, antropologia, psicologia, filosofia. Queste due posizioni sono piuttosto inconciliabili: gli ultradarwinisti vedono l'evoluzione solo come replicazione genetica, i naturalisti vedono l'evoluzione come storia plurale.

Per gli ultradarwinisti l'evoluzione è una macchina biologica il cui motore è costituito dai geni e dalla loro incessante «competizione per il successo riproduttivo», cioè replicazione e trasmissione del maggior numero possibile di informazione genetica alla discendenza. I geni sono i «replicatori» e i diffusori delle componenti geniche, mentre gli organismi che li ospitano sono semplici e ignari «veicoli» della funzione replicativa dei geni. Sono questi infatti a condurre la danza dell'evoluzione, non gli organismi, né gli individui, né le popolazioni, né le specie, né gli ecosistemi. A fronte della flessibilità e pluralità del modello darwiniano intriso di contesti geografici, storici, culturali, le posizioni teoriche della «Sintesi Moderna» tra evoluzionismo e genetica, dominanti già dagli anni Trenta del XX secolo, riducono e limitano rigidamente ogni modificazione di livello macroscopico (di sistemi socioculturali, di specie, di popolazioni, di individui, di organismi) al livello microscopico del corredo genetico: «la macroevoluzione è totalmente riconducibile alla microevoluzione» dei geni. Insomma la selezione naturale darwiniana, incentrata su «ciò che ha funzionato nel modo migliore nella generazione precedente», diventa nelle mani degli ultradarwinisti la «massimizzazione del materiale ereditario», il successo riproduttivo diventa successo della «replicazione dei geni». È ciò che negli anni Sessanta del XX secolo Georges Williams ha chiamato «gradualismo filetico» su base genetica, e Dawkins «gene egoista». Fino ad arrivare alle posizioni di William Hamilton, tra i fondatori della sociobiologia, che reinterpreta le forme di cooperazione e di altruismo presenti in ogni società animale come «selezione di parentela», una forma sofisticata di egoismo volta a diffondere il maggior numero di geni simili ai propri, attraverso il sostegno alla sopravvivenza parentale. Perfino la produzione economica e la lotta per l'accaparramento delle risorse sono viste dagli ultradarwinisti in funzione della replicazione genetica. Un «riduzionismo» genetico forte, quindi, che considera tutti i molteplici e complessi aspetti dell'evoluzione semplici «epifenomeni» della lotta per la replicazione e trasmissione dei geni.

Per i naturalisti, invece, gli organismi non sono «veicoli di replicazioni e trasmissioni geniche», bensì individui che innanzitutto lottano per «vivere», e gli ecosistemi, e soprattutto i sistemi sociali, non sono «cooperative per la riproduzione di geni», bensì complesse interazioni pregne di «storia» e di «cultura». Cioè, individui e sistemi sociali sono quell'insieme di sedimentazioni di scelte e di giudizi di individui che vivono in società, di sedimentazioni di conoscenze e di comportamenti appresi trasmessi alle generazioni successive, non attraverso i geni, bensì attraverso i linguaggi, la cultura, la storia. E, non a caso, la comprensione dei sistemi socioculturali è il punto di maggiore debolezza dell'approccio ultradarwinista. Come emerge bene dal dibattito esploso nella seconda metà del Novecento tra funzionalisti e evoluzionisti.

La scuola «funzionalista», di matrice «analitica», sostiene che per comprendere i sistemi socioculturali umani è sufficiente una analisi del loro funzionamento interno: il loro passato, la loro storia sono del tutto superflui (Alfred R. Radcliffe-Brown, 1952). La scuola «evoluzionista» vede l'evoluzione come un processo più complesso, sostenendo all'opposto che è impossibile comprendere un sistema socioculturale senza capirne la «storia»: la mera descrizione delle parti non è sufficiente, perché ciò che è più importante è l' evoluzione culturale, cioè il «come» quella società si sia evoluta (Leslie A. White, 1949). Un antagonismo quindi tra «scienza funzionale astorica» e «scienza storica» (Ernst Mayr, 1961, Michael T. Ghiselin, 1987) emerso ancora di recente tra alcuni biologi alla ricerca di una «biologia molto più vicina alla fisica» che non «alla scienza storica ereditata da Darwin» (Brian C. Goodwin, 2001). Insomma, la teoria evolutiva «estesa» sostenuta dai naturalisti è un amalgama delle interazioni che emergono dai molteplici aspetti dell'evoluzione della specie umana. È una scienza storica, anzi, una complessa trama tessuta «nella storia» da una pluralità di fattori e di agenti tra loro correlati, e pertanto non può essere né una fisica, né una meccanica, né un algoritmo, né una funzione.

Il discorso naturalmente richiederebbe uno spazio ben più ampio, qui possiamo almeno dire con Niles Eldredge (1995) che abbiamo «decine di migliaia di professionisti della biologia evolutiva, e molti più biologi, antropologi, geologi, psicologi e filosofi che nutrono un profondo interesse professionale per qualche aspetto di questo settore. L'evoluzione non appartiene a nessuno — a nessun individuo, senza dubbio, ma anche a nessuna disciplina particolare. L'ampiezza del discorso è davvero formidabile e moltissime sono le voci che contribuiscono alla conversazione». Perciò lo scienziato che volesse fare a meno della scienza dell'uomo non capirebbe gran parte del lavoro darwiniano, come prova del resto anche la formazione e l'evoluzione della mente di Darwin.


2. Un «libero pensatore», filosofo «neo-umanista»


«Ero alla National Institution e non provavo gran che entusiasmo, quando mi capitò di andare molto vicino a una persona e sentii l'odore caratteristico dei Quadri. Immediatamente una associazione mi dette un brivido di piacere, perché mi risvegliava vecchie e indistinte idee del Fitzwilliam Museum. Ne ero deliziato dopo un periodo di tempo di sette anni» (Taccuino M 82). Come la madeleine di Proust, «l'odore» di quadri lo riporta dal 1838 agli anni di Cambridge, alla sua formazione fatta di coleotteri e di pittura, di ciottoli erratici e di musica, di vermi e di filosofia morale. Un intreccio che lo accompagnerà fino alla fine dei suoi giorni con un rammarico per non aver coltivato di più le «scienze umane» e per essere diventato una «macchina per macinare leggi generali da grandi quantità di fatti». La perdita del gusto per ciò che oggi chiamiamo scienze umane, dice Darwin, «è una perdita di felicità, e può darsi che sia dannosa all'intelligenza e più probabilmente al carattere morale, indebolendo la parte emotiva del nostro temperamento» (1888a, p. 1016). Quanto il nesso inscindibile tra parte emotiva del cervello e intelligenza, ragione, coscienza, senso morale, sia decisivo per Darwin lo troviamo «teorizzato» proprio nei Taccuini filosofici che ci restituiscono l'interezza di un Darwin neo-umanista. Si capisce così anche la «stranezza» di portarsi dietro nelle escursioni scientifiche il suo Milton: «quando potevo prendere con me un solo volume sceglievo sempre Milton», il Paradiso perduto di Milton (1888a, p. 1002). E, forse, va rivisto anche il suo carattere di libero pensatore «riluttante» se solo ci si prova a «"sporcarsi" nella sua cultura» (Desmond, Moore, 1991 e 1992).

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Pagina XVIII

3. I Taccuini filosofici


Se si legge il complesso dei Taccuini in successione temporale e non tematica, come sono stati annotati da Darwin, ci si avvede subito di essere costretti a integrare in uno stesso giorno le riflessioni sulla geologia o sulle scienze naturali, con quelle più strettamente filosofiche o letterarie o estetiche: Darwin opera open mind, senza confini o barriere disciplinari.

Nei giorni di intensa elaborazione della new theory, Darwin frequenta assiduamente la biblioteca dell' Athenaeum Club in Pall Mall, di cui diventa socio proprio nel 1838. Qui trova tutti i testi filosofici oggetto di studio ininterrotto con riflessioni e annotazioni nei diversi campi del sapere: «Quando scorro la lista dei libri d'ogni tipo che lessi e riassunsi, lista che comprende intere collezioni di riviste e di atti, mi sorprendo io stesso della mia operosità» (1888a, p. 1008). Inoltre legge e trae «grande godimento dalle poesie di Wordsworth, Coleridge, e Shelley», e partecipa alle discussioni serali che si tenevano regolarmente presso la casa di Londra del fratello Erasmus Alvey (Ras) con intellettuali di orientamento politico decisamente radicale, come la filosofa Harriet Martineau con cui discute del senso morale, dei sentimenti del giusto e dell'ingiusto, condividendo posizioni che nelle mani di Darwin diventano decisamente evolutive e selettive: questi sentimenti non sono nati con l'uomo, ma sono emersi dalla sua storia culturale. O come James Mackintosh da cui Darwin è affascinato anche perché profondamente interessato al suo tentativo di conciliare «mondo fisico» e «mondo morale». Nei Taccuini filosofici il commento analitico alle tesi sul Moral Sense testimonia l'influenza filosofica che Mackintosh ha su Darwin, come si vedrà più avanti. Incontra inoltre storici e letterati: J. Herschel; A. von Humboldt; H.T. Buckle; T. Macaulay; T.B. Carlyle che, come ricorda, era «insuperabile nell'imprimere nelle menti degli uomini alcune grandi verità morali. Però le sue idee sullo schiavismo erano rivoltanti» (94/1006).

Al ritorno dal viaggio sul Beagle Darwin inizia il lavoro di sistemazione, decifrazione e catalogazione del materiale raccolto. Chiede pareri a diversi specialisti (a Richard Owen sui mammiferi fossili, a George R. Waterhouse sui mammiferi viventi, a Leonard Jenyns sui pesci, a Thomas Bell sui rettili, e a John Gould sugli uccelli) e riceve conferma alle sue ipotesi scientifiche su fossili, mimi poliglotti, testuggini. La sua new theory diventa un fatto. Inizia allora ad annotare su un quaderno rosso (Red Notebook, 1836-37) le prime riflessioni sulle sue ipotesi geologiche. Quindi riempie i Taccuini sulla trasmutazione delle specie (1837-41) e, contemporaneamente i Taccuini filosofici (1837-39). Inizia così la ricerca del principio della new theory in grado di spiegare la variazione e la selezione dei caratteri.

I Taccuini filosofici sono perciò il «viaggio intellettuale» che Darwin intraprende subito dopo l'altro viaggio, quello sul Beagle. Sono un insieme di scritti, i Taccuini M e N, le Note sul senso morale e le riflessioni su Teologia e selezione naturale. A differenza di quelli sulla trasmutazione questi taccuini sono il diario di una esplorazione riflessiva «integrata» di scienza, filosofia, storia, arte. Qui Darwin annota le riflessioni riguardanti le ricadute su Homo sapiens sapiens di ciò che già nel 1837 chiama my theory il cui principio base è ancora da scoprire. La «selezione era la chiave», ma poi, dice Darwin, bisognava risolvere il «mistero di come si potesse applicare ad organismi viventi allo stato naturale». Il «mistero dei misteri», come John Herschel aveva definito l'origine delle specie, gli si svela come «discendenza comune con modificazioni» e «l'idea mi perseguitò» (1888a, p. 1008). L'intuizione scatta non attraverso lo studio di opere scientifiche, bensì attraverso la lettura di un filosofo e storico della società. Il 28 settembre del 1838, come registrato nei Taccuini filosofici, inizia a leggere, nella 6a edizione del 1826, il Saggio sul principio di popolazione di Thomas R. Malthus, pubblicato già nel 1798, ben quaranta anni prima durante i quali nessuno vi aveva visto alcunché di utile alla teoria della evoluzione. E con questa lettura gli si apre la mente: vede il motore, il meccanismo dell'evoluzione, cioè la selezione naturale. Nessuno prima di lui aveva dubitato della stabilità delle specie, né visto il «come» queste potessero evolvere nel corso delle generazioni. Perciò Darwin ha ragione quando nega che la questione dell'evoluzione «era nell'aria» o che «le menti degli uomini vi erano preparate» (1888a, p. 1010). Darwin è il primo a vedere ciò che altri evoluzionisti prima di lui non riuscirono a vedere. Darwin non è il primo evoluzionista (si pensi al nonno Erasmus Darwin o a Jean Baptiste Lamarck, o a Herbert Spencer, o a Georges-Louis Leclerc conte di Bouffon), ma è il primo a scoprirne il «principio», e il primo a vedere il «come» l'evoluzione operi.

Questi Taccuini filosofici sono perciò un insieme di scritti che costituiscono l'occhio filosofico della teoria della selezione naturale.

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Pagina XXIX

Alla domanda centrale, che è insieme una domanda scientifica e filosofica, «Quali sono le leggi della vita?» (Taccuino B 229) Darwin, confutando William Kirby che sosteneva la tesi classica della piramide, mondo mentale, mondo organico e, alla base, mondo inorganico, obietta: «Ogni materia vegetale o animale si è formata dall'unione di semplice materia non-organica, senza l'azione di leggi vitali [...] le leggi organiche hanno qualche sconosciuta relazione con quelle inorganiche» (Note sul senso morale, 34). E, nella scrittura, molto significativamente, sostituisce «mondi» (organico e inorganico) con il più appropriato «sistema di leggi organiche e inorganiche», senza alcuna cesura «sostanziale». E questa è la risposta alle indagini su quei «legami particolari» su cui aveva tanto riflettuto a cominciare dagli anni di Edimburgo. Insomma il corallo, l' animale di pietra, è il simbolo dell'intersecarsi, sovrapporsi, disgiungersi delle leggi organiche e inorganiche entro una storia unitaria che è un sistema di leggi. Il corallo, l' animale di pietra, è perciò il simbolo più appropriato della rivoluzione copernicana di Darwin, l'unico che rende ben visibile quel complesso sistema di leggi che va a minare la storia della Creazione, oltre che il teleologismo del vecchio evoluzionismo.

Così, con l'immagine del corallo, prende forma la new theory come legge della correlazione, la tesi cioè della interrelazione, nello spazio e nel tempo, tra i mutamenti del singolo organismo e quelli dei conspecifici, e tra questi e i loro ecosistemi locali: insomma, la dipendenza degli organismi tra loro, la dipendenza tra organismi e piante, la dipendenza tra questi e il mondo non organico. Cioè il reciproco coadattamento biotico ha una storia solo all'interno di ecosistemi locali di natura non biotica. Scienze biologiche e scienze della terra sono difficilmente separabili: l'evoluzione per selezione è integrata in ecosistemi locali non-biotici, ognuno differente dall'altro, perché differenti sono le loro storie. Insomma la biologia da sola ci racconta una storia lacunosa e soprattutto lontana dal vero. Senza la storia di quel particolare ecosistema locale, ci sfuggirebbe persino la comprensione di quei trivial organisms che sono i vermi.

L'origine della vita organica sta nella semplice materia inorganica. Come scrive nella chiusa dell' Origine delle specie: «da un così semplice inizio innumerevoli forme, bellissime e meravigliose si sono evolute e continuano a evolversi». Nello spazio e nel tempo tutti gli organismi viventi, vegetali e animali, sono emersi da una materia semplice non biotica, non organica. Pertanto la storia evolutiva di ogni popolazione, integrata com'è in differenti ecosistemi locali, è una storia unica, risultato di interazioni biotiche e non biotiche di cui quegli animali di pietra, i coralli, sono l'emblema. Una visione dell'evoluzione che ci dice che l'evoluzione per selezione è insieme paleontologia, paleobiologia, geologia, biologia evolutiva e storia.

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Pagina XXXIX

6. L'intelligenza animale dai «vermi» agli «umani»


Con la filosofia delle espressioni Darwin dimostra che gran parte delle nostre reazioni emotive sono un insieme di risposte sedimentatesi nel corso dell'evoluzione e quindi non è sorprendente che siano somiglianti tra le diverse specie animali e le diverse culture umane. Ma una tale acquisizione delle espressioni e dei linguaggi delle emozioni inevitabilmente si estende alle capacità intelligenti animali e umane. E qui Darwin pone fondamenta solide alle tesi odierne che negano la dicotomia e la discontinuità tra la cognizione animale e quella umana. È la posizione che oggi chiamiamo continuista tra le specie animali: non c'è alcun «Rubicone mentale» tra menti animali e umane, né alcuna differenza qualitativa (Byrne, 1995; De Waal, 2001; Visalberghi, Fragaszy, 1990; Gallese, Umiltà, 2006). Una tesi che, partendo dalla confutazione del dualismo cartesiano, arriva alla critica della differenza «qualitativa» dei linguaggi animali e umani (sostenuta oggi da Noam Chomsky), e alla critica di ogni forma odierna di mentalismo, cognitivismo, e neo-cognitivismo.

Su queste «fondamenta nuove» non si è riflettuto abbastanza. Eppure quel «lungo ragionamento» di Darwin nell' Origine delle specie sulla discendenza comune con modificazioni partiva dal più semplice zoofita e arrivava agli umani. «Per l'avvenire vedo campi aperti a ricerche molto più importanti. La psicologia sarà sicuramente basata su nuove fondamenta, quelle della necessaria acquisizione di ciascuna facoltà e capacità mentale per gradi. Molta luce sarà fatta sull'origine dell'uomo e sulla sua storia». Darwin era convinto che, dopo la sua teoria che dimostrava l'acquisizione graduale delle «capacità mentali», anche la narrazione della «storia» dell'uomo sarebbe stata modificata. Ma non fu così. E, dopo l' Origine delle specie, Darwin fu costretto a scrivere l' Origine dell'uomo con l'intento dichiarato di esplicitare ciò che era implicito nella sua teoria: la discendenza comune delle specie riguarda l'uomo, la sua mente, il suo senso morale, i suoi sistemi di valori, i suoi habitat sociali. È il Darwin «esplicito», quello cioè che intimorisce ogni tipo di teologia, o affascina coloro che sentono di poter poggiare sui «propri» valori morali senza dipendere da qualche Volontà superiore, o Disegno divino. O, meglio, è il Darwin à la Darwin che preoccupa o affascina: il Darwin che non pone alcuna discontinuità tra menti animali e umane, tra capacità intelligenti animali e umane, tra il verme e la «creatura» divina.

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Pagina XLII

Questi i temi «delicati» su cui Darwin non aveva mai smesso di riflettere per 34 anni, come dichiara lui stesso, e che indugia a rendere pubblici. Questi i temi che, dice, sgretolano molti dogmi. E sconvolgono molte discipline scientifiche consolidate. Eppure di questi temi «delicati» abbiamo una versione ancora più dirompente, senza veli, e senza timori. I Taccuini filosofici, gli appunti del 1837-38 sull'uomo, l'evoluzione della mente, il materialismo, che Darwin non poté fare a meno di scrivere, quando per la prima volta gli fu chiara la struttura della sua «theory»: l'uomo doveva essere regolato dalla stessa legge della selezione, perché la scienza dell'uomo è difficilmente separabile dalla scienza della natura e questa difficilmente «depuratile» da quella degli esseri viventi. E questo non si poteva dire e non lo disse fino al 1871. Ma lo scrisse già nel 1837 e in forme poco accomodanti. «L'origine dell'uomo è ora dimostrata. La metafisica deve prosperare. Colui che comprende il babbuino darà alla metafisica molto di più di Locke» (M 84). Ma le riflessioni di Darwin non si fermano all'analisi dell'intelligenza delle specie dei primati a noi vicinissime. Come oggi sappiamo, condividiamo con gli scimpanzé Pan Troglodytes il 98,76% del patrimonio genetico, una percentuale che ha costretto a inserire questi scimpanzé tra gli ominidi, dando origine all' Homo Pan Troglodytes. Ma come si è visto, il fattore biotico non è per Darwin l'esclusivo motore della evoluzione per selezione. L'espressione selezione naturale, dice Darwin, «la uso più o meno come un geologo usa la parola Denudazione, considerandola un agente che esprime il risultato di diverse azioni combinate» (Lettera a Asa Gray 29 nov. 1857). Ancora una volta l'immagine geologica è quella che rende al meglio la complessità dei fenomeni della selezione, e allo stesso tempo il modo in cui opera la mente di Darwin: la ricerca senza sosta della storia delle stratificazioni e sedimentazioni geologiche, biologiche e mentali. La selezione per Darwin è plurale, è un combinato di fattori diversi, biotici e non biotici, ed è per questo che l'intelligenza non dipende dal numero dei geni né dal numero delle connessioni cerebrali del cervello. E infatti per capirne il meccanismo Darwin rivolge la sua attenzione ai punti di passaggio, quei punti zero rappresentati dalle coralline, dalle emozioni, dai vermi e, come vedremo tra poco, dagli istinti.

Nel paper letto alla Società geologica il 1° novembre 1837 su alcuni «trivial organisms» Darwin si occupa in gran parte dei «poteri mentali» dei vermi, tesi sviluppata e pubblicata solo nel 1881 nel libro sui Worms. Qui troviamo una traccia chiara di ciò che Darwin intende per intelligenza. Se, nel clima di egalitarismo della mente, l'entomologo William Kirby poteva sostenere che «gli animali godono di una mente» e che perfino i lombrichi possiedono un po' di ragione, Darwin attribuiva loro «qualcosa di infinitamente più abominevole: un posto alla radice dell'albero genealogico dell'uomo» (Desmond, Moore, 2009, p. 272). Se la mente ha una evoluzione autonoma da Dio, essa è riconducibile ai vermi. Dalla presenza di «una traccia di senso sociale», dal loro «piacere di mangiare», dalla loro «nozione della forma di un oggetto», e dalla loro capacità di «risolvere problemi geometrici», Darwin conclude che «questa è intelligenza». I vermi perciò sono «come un uomo nato cieco e sordo» (1881, pp. 19-35, 67 ss., 97-100). Dopo aver attribuito ai vermi la capacità di reazione emotiva senza sentimento (M 52) Darwin arriva ad affermare che la mente e l'intelligenza del lombrico sono all'origine della mente e della intelligenza umane.

Pertanto, se il corallo è il punto zero in cui interagiscono vita organica e non organica, biotica e non biotica, se le emozioni sono il punto di snodo che porta il cervello ad agire e conoscere, questi piccoli vermi laboriosi sono il nucleo rudimentale della intelligenza umana. Darwin inizia col dire che gli «animali sono capaci di astrazione perché comprendono i segni», e che quindi «la differenza di intelligenza tra animali e uomini è solo di specie» (N 62, cfr. anche B 232). Origine e discendenza comune delle specie implicano che l'intelligenza o tracce di essa debbano rinvenirsi in tutte le specie animali. Così è per il cervello della formica, così è per la vespa: intelligenza concentrata in piccoli atomi di materia. Darwin riporta la dimostrazione del nonno Erasmus sulla «presenza nella vespa della forza della ragione, così come è esercitata dagli uomini» (M 63 e nota). L'intelligenza non è legata né alla quantità di materia cerebrale, né alle capacità astratte logiche o matematiche. E infatti Darwin arriva a sostenere che i bravi giocatori di scacchi o i matematici «non è detto che siano persone intelligenti» (M 92). Anzi, «i grandi calcolatori» sono «persone di intelligenza molto limitata» (M 99). Insomma «i matematici non sono profondi ragionatori» (M 100). La formica e l'ape possono superare per intelligenza logici e matematici. Ma allora cos'è l'intelligenza per Darwin? È la capacità di modificarsi nelle situazioni più complesse, come avviene nel «giudizio di probabilità» (M 100) dove si richiedono le più alte capacità di percezione, di individuazione, e di comparazione delle diverse analogie. Al contrario, nel calcolo logico e matematico, «per quante eventualità si debbano tenere in mente, tutto è certo» (M 100). L'intelligenza per Darwin è la capacità flessibile di risolvere problemi. «L'intelligenza è una modificazione dell'istinto, un dispiegarsi e generalizzarsi dei mezzi con cui un istinto viene trasmesso» ma non è connessa esclusivamente agli organismi dotati di locomozione «perché le piante hanno istinti» (N 48).

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Pagina XLV

7. Coscienza e Coscienza morale


Dalle coralline, alla filosofia delle emozioni, all'intelligenza vegetale e animale, il percorso darwiniano è certamente segnato da un materialismo forte: «il pensiero per quanto inintelligibile possa essere, sembra soltanto la funzione di un organo, come la bile del fegato» (NSM 37). Cioè, aggiunge, «il cervello è portatore di pensiero» e per questo possiamo «tracciare la causazione del pensiero» che in quanto cervello «obbedisce alle stesse leggi come le altre parti della struttura» (M 101). Il pensiero è ricondotto entro la storia naturale dei viventi. Di tale materialismo Darwin è pienamente consapevole e, in privato, si chiede anche come fare per dargli una veste esterna più mite e accettabile. Per «evitare di dichiarare quanto io creda nel Materialismo, dico solo che le emozioni, gli istinti, i diversi gradi di intelligenza sono ereditari ed è così perché il cervello di un bambino somiglia a quello dei suoi antenati» (M 57). Qui vediamo i primi segni di un materialismo sofisticato che ha abbandonato le ingenuità del nonno Erasmus, quelle di Lamarck, di Buffon ecc. Qui entrano in gioco le «materie cerebrali» che debbono essere ereditabili, debbono cioè farsi storia per diventare intelligenza di specie, ragione, coscienza, coscienza morale. Ma non à la Lamarck, in un processo continuo, teleologico e progressivo perché «l'intelligenza dell'uomo potrebbe anche deteriorarsi. Nella mia teoria non c'è una tendenza assoluta al progresso» (N 47). E infatti la negazione di un movimento continuo e progressivo della storia delle specie e il modo in cui quelle «gradazioni di intelligenza» si acquisiscono e si trasmettono diventano in Darwin i punti di distacco dal materialismo ingenuo e i punti di snodo della sua filosofia dell'uomo.

Per capire questo percorso bisogna intanto sgombrare il campo da quelle concezioni della mente che vedono l'intelligenza come una «facoltà intellettiva» diversa e separata dal cervello, dal corpo, dalle interazioni con gli altri esseri e con il mondo, rompere cioè con gran parte della tradizione filosofica. Il passaggio dell'intelligenza da «facoltà» a «capacità» segna il passaggio alle «intelligenze plastiche» con la conseguente estensione dell'intelligenza ai mondi non umani. Così come bisogna sgombrare il campo da ogni forma di necessità: «Platone dice nel Fedone che le nostre «idee necessarie» derivano dalla preesistenza dell'anima e non sono originate dalla esperienza». Il commento di Darwin è secco e deciso: «leggi scimmie al posto di preesistenza». (M 128). Le nozioni necessarie si formano nella esperienza e pertanto perfino «l'asino ce l'ha» (N 16). È la tesi della naturalizzazione della necessità, ciò che in filosofia si direbbe una naturalizzazione del modale.

Da qui Darwin prosegue alla ricerca di una spiegazione compatibile con la teoria della selezione naturale. E parte da ciò che deve escludere. L'antagonista, che Darwin cita apertis verbis è Kant: «Dovere! Qual è la tua origine o pensiero meraviglioso [...] che ottieni per te sempre rispetto, se non obbedienza; tu davanti a cui tutti i desideri tacciono, anche se segretamente si ribellano» (1871, p. 90). L'idea che il dovere sia depurato di ogni elemento sensibile, di emozioni, passioni, desideri, è inaccettabile per Darwin. Ma, dice, non vuole sottrarsi al grande problema del dovere morale. Quindi farà ciò che nessuno ha fatto prima: «trattare il dovere dalla parte della storia naturale». E questa è la torsione più significativa che Darwin fa compiere alla filosofia. Il dovere radicato nella storia naturale, al pari dell'intelligenza, del pensiero, della ragione. Questo «mi sembra estremamente probabile, cioè che qualsiasi animale dotato di istinti sociali ben marcati ... acquisterebbe inevitabilmente un senso morale o coscienza, non appena i suoi poteri intellettuali fossero divenuti tanto sviluppati» (1871, p. 90). Cioè, come sintetizza, la coscienza e la coscienza morale (il dovere di Kant e le idee necessarie di Platone) sono effetti naturali di due fattori: socialità e sviluppo delle strutture cerebro-mentali. La storia naturale ci mostra, dice Darwin, che condizione necessaria per lo sviluppo della coscienza e del senso morale sono (a) gli istinti sociali, e (b) lo sviluppo parallelo, per variazione e selezione, dei tratti cerebro-mentali. Ogni animale sociale che presenti un adeguato sviluppo delle strutture cerebro-mentali può pervenire alla coscienza e alla coscienza morale. L'evoluzione verso la coscienza morale sarebbe inevitabile: l'animale sociale «acquisterebbe esattamente lo stesso nostro senso morale». Perciò «io dico che si deve riconoscere la ragione a ogni animale dotato di istinti sociali ... questi animali devono avere una coscienza» e, conclude categorico, «questo punto di vista è fondamentale» (N 2-3).

Quindi torna ancora al punto zero dell'evoluzione mentale: il verme.

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Pagina XLVIII

In tutta la sua dirompenza, queste decise affermazioni poggiano su alcuni punti base della idea di coscienza che ha Darwin: «materia della mente», cioè il cervello, «organizzazione della struttura» dell'organismo, e «individualità». Cioè, la coscienza emerge dalla materia: la planaria divisa in tre ha tre coscienze. La coscienza è connessa alle strutture dell'organismo che debbono aver raggiunto un certo livello di organizzazione. La coscienza è individualità: divisa in tre la planaria diventa materia cosciente di tre individui distinti. Questi tre aspetti costitutivi della coscienza sono anche quelli individuati oggi dalle ricerche nelle neuroscienze. Che la coscienza emerga dalla materia della mente, il cervello, è la tesi principale della teoria della selezione dei gruppi neuronali di Gerald Edelman (1987). Che la coscienza emerga da una sufficiente organizzazione della omeostasi o omeodinamica delle strutture sistemiche degli organismi costituisce la base della regolazione biologica e della sopravvivenza degli organismi, già nota a Claude Bernard (1865) e ben dimostrata dagli esperimenti del neuroscienziato Antonio Damasio (1994). Che la coscienza sia individuale, unica, e irripetibile è una derivazione della variabilità e selettività del cervello: «ogni cervello è unico» (Edelman, Tononi, 2000).

Ma perfino l'accostamento della mente e della coscienza umane al verme planaria non dovrebbe essere più tanto dirompente dopo gli studi sulla intelligenza animale. Proprio Damasio riferisce che i piccoli vermi Caenorhabditis elegans, con appena 5.000 connessioni (negli umani sono migliaia di miliardi) e 302 neuroni (negli umani diversi miliardi), in situazioni di scarsità di cibo e difficoltà ambientali, si associano in gruppi, cooperano nella divisione del cibo, si trasferiscono in luoghi sicuri (inseguimento dell'habitat). In tale comportamento, dice Damasio, «necessariamente embrionale» sono prefigurati «numerosi concetti sociali, quali la sicurezza data dal numero, la forza attraverso la cooperazione, lo stringere la cinghia, l'altruismo e perfino una rudimentale forma di sindacato» (2003, p. 64). Insomma una coscienza che è individualità in interazione con altri individui. Dentro la socialità, dentro la materia, dentro il tempo, la coscienza si spoglia dell'anima.

Ma la domanda ora è: perde questa coscienza il senso della moralità? No, dice Darwin: le radici del senso morale sono «coadattamenti» che, senza progetto e senza telos, si sedimentano dentro una storia, culturale, cognitiva, e sociale. Una pluralità di fattori socio-bio-cognitivi che definisce «istinti». E, per sviluppare il passaggio da una semplice cooperazione vantaggiosa per la specie al senso e alla coscienza morale, e dar corpo così a questa tesi, propone una «nuova teoria dell'istinto».

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Pagina LIV

Pertanto, nel corso della storia delle specie le variazioni sono sia variazioni delle «strutture cerebro-mentali», sia «variazioni culturali» ma, per Darwin, sono queste ultime a condurre il gioco: è la storia culturale, i customs of society, a plasmare la nostra dotazione biologica. Il «cervello sociale» del cane è molto più vicino a quello degli umani del cervello sociale dello scimpanzè, nonostante questo abbia strutture cerebrali tra le più simili agli umani, proprio perché il cane condivide con l'uomo la stessa comunità culturale. Perciò, gli organismi sono prodotti aposteriori delle variazioni socio-culturali e infatti le loro variazioni di struttura sono considerate da Darwin coadattamenti successivi. Il prius sono i fattori socio-culturali. Mettere a fuoco il carattere storico-sociale della mente, della coscienza, della morale, significa perciò scoprire la chiave di volta della teoria della selezione: tutti gli organismi, anche i più semplici, che vivano in gruppi sociali sono passibili di evolvere verso la coscienza, e non è detto che questa debba essere simile a quella degli umani. È per questo che la planaria ha la coscienza: ha la socialità. La storia naturale della coscienza inizia dalla socialità, ma può percorrere molteplici vie: è sociale ma non unidirezionale, è undesigned. Per una filosofia che intende porsi sulla scia del darwinismo questo è un punto cruciale.

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Pagina LVII

[...] La libertà invece è condizionata, dal mondo fisico e sociale, dal corpo, dal cervello. Darwin infatti, sulla scia di Hume e di Mackintosh vede una interconnessione tra mondo fisico e mondo morale. È ciò che oggi viene descritta come la posizione di non discontinuità tra scienze naturali e scienze sociali (Dan Sperber, 1996), che è poi anche l'approccio naturalistico alla cultura. Queste interconnessioni mostrano «come una sequenza di pensieri, di azioni, ecc., possa derivare dall'azione fisica sul cervello, e rendono molto meno stupefacenti gli istinti degli animali» (M 81). È per questo che «si dubita dell'esistenza del libero arbitrio, ogni azione è determinata dalla costituzione ereditaria, dall'esempio degli altri o dal loro insegnamento» (M 27). Perciò, se le azioni sono il risultato di tale interconnessione, non possono essere incondizionatamente libere, come pretende il libero arbitrio, o l'anima delle religioni. Se è così, dice Darwin, allora il libero arbitrio deve essere ricondotto all'interno delle leggi naturali, ma allora «questo è presente in tutti gli animali, anche in un'ostrica e in un polipo» (M 72). Pertanto, «libero arbitrio e caso sono sinonimi» (M 31): cioè «il libero arbitrio sta alla mente, come il caso sta alla materia» (M 72). I concetti e i termini sono gli stessi di Hume: «libertà e caso risultano identici» (1739-40, 2.3.1.18). La critica di Darwin al libero arbitrio è perciò una critica, ben fondata filosoficamente, alla immaterialità dell'anima e alla credenza in una vita futura ultraterrena. E questi sono gli aspetti «morali» della critica alle religioni.

A questi argomenti Darwin aggiunge quello derivato direttamente dalla sua theory che va a colpire non più solo la narrazione del Vecchio Testamento, come era stato per Galilei. La new theory fa collassare l'intero edificio costruito dalla religione, sia quello dei conservatori sia quello dei riformatori della Chiesa. È la critica al disegno divino, argomentata non più teoreticamente come aveva fatto magnificamente Hume, bensì derivata da leggi di natura: tutto ciò che esiste in natura è il risultato di leggi determinate, non c'è «alcuna prova di un disegno benefico, o di un disegno qualsiasi» (Lettera a J.D. Hooker 1870, ML, 1. p. 321). La fine del mistero dei misteri, dice Darwin, si risolve in due parole: selezione naturale.

[...]

La teoria della selezione si staglia contro ogni creazione divina e disintegra ogni spiegazione basata sul disegno. Dall'animale di pietra, il corallo, al verme, alle emozioni, alle ragioni dimenticate, alla nuova teoria degli istinti, alla coscienza morale, questa, dice Darwin, «è una spiegazione straordinaria».

Alessandra Attanasio

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Orgoglio e sospetto sono qualità che, in base a quanto dice mio P, sono quasi sempre presenti nelle persone che hanno una propensione a diventare folli.— vale la pena riflettere su questo, se è possibile capire bene orgoglio e sospetto.

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[21] Nella malattia mentale, le idee non vanno indietro fino alla infanzia, (anche se sembrano estremamente capricciose) come nel delirio dopo l'epilessia, ma nella labilità mentale della vecchiaia lo fanno costantemente.— Come nella S.ra P. /.../ di B. che pensava di trovarsi nei pressi di Drayton e Ternhill (dove era nata) sebbene non avesse mai parlato spontaneamente di quei luoghi.— Mio P. dice che ciò dimostra che le prime impressioni sono le più durature.— (ma il caso della Signorina Cogan mostra che la ripetizione non è necessaria)— le parole, seconda infanzia, sono piene di significato:— I sogni non vanno indietro fino alla infanzia— La gente, come dice mio padre, non sogna quello a cui


[22] pensa con la massima intensità.— come i criminali prima della esecuzione.— e le Vedove che non sognano i loro mariti.— Test di sincerità di mio padre.—

Le persone anziane. sono straordinariamente precise in alcune cose, benché siano tanto confuse in altre.— La S.ra P. che si trovava in uno stato come quello descritto sopra, (non ricordava che suo marito era morto) tuttavia si accorse subito che mio Padre per distrarre la sua attenzione le prese la mano |sinistra| fingendo di sentirle il polso.— Che cosa cede per primo?— E come?— La memoria ci riporta alle vecchie idee?


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I cani provano piacere quando fanno ciò che considerano il loro dovere.— come portare un cesto, riportare la selvaggina, prendere un sasso, anche se queste sono regole acquisite artificialmente.— come la legge dell'onore.— provano piacere nell'obbedire naturalmente ai loro istinti.— (generosità nel difendere un cane amico).— provano vergogna nel fare qualsiasi cosa sbagliata.— come mangiare la carne, sporcare, correre per casa.— in questi casi le loro azioni non sembrano dettate da


[24] paura, ma da vergogna.— Non riesco a ricordare casi specifici, ma sono sicuro di aver visto un cane fare qualcosa che non avrebbe dovuto fare e, guardandosi intorno, provava vergogna.—

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Mio padre pensa che l'egoismo, l'orgoglio e una specie di pazzia (S.r George S.) siano in gran parte ereditari.


[25] Mio padre dice, sulla autorità del S.r Wynne, che la prole di una cagna è influenzata da precedenti matrimoni con cani bastardi.—

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Una gatta a Shrewsbury a cui fu tagliata la coda ebbe i suoi gattini (tre di numero) tutti con la coda corta; eccetto uno con una coda più lunga degli altri |morirono tutti|:— in precedenza e successivamente la gatta ebbe gattini con la coda.

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Mio padre dice, che le vere e proprie deformità, come le dita in soprannumero.– il labbro leporino o una imperfezione del palato |come la balbuzie nella famiglia di mio Padre| (come nella famiglia di Lord Berwick) sono ereditarie.

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altre deformità sono malattie del feto.– alcune madri hanno all'inizio bambini nati morti, poi bambini che hanno vita breve, e infine bambini sani.


[26] Pazzia e Epilessia permangono nelle famiglie per molte generazioni.– Mio padre non sa se queste sequenze di pazzia siano ereditarie in ogni famiglia.—

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Pagina 32

[71] A un animale quale sapore, quale odore piace? Alla iena piace l'odore di quella sostanza grassa che si gratta dal proprio posteriore. Sono vestigia della stessa cosa che fa sì che un cane annusi il posteriore di un altro cane.

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Perché i tori e i cavalli, animali di ordini diversi, arricciano le narici quando sono in calore? Lo stallone che lecca le mammelle della giumenta è strettamente analogo all'attrazione degli uomini per i seni delle donne. Quindi la teoria del dottor Darwin è probabilmente sbagliata, altrimenti i cavalli avrebbero una idea della bellezza delle forme.-


[72] A proposito del libero arbitrio, nel vedere un cucciolo che gioca non si può fare a meno di pensare che abbia libero arbitrio, ma allora questo è presente in tutti gli animali, anche in un'ostrica e in un polipo (e una pianta per alcuni versi, forse, benché non provando dolore o piacere le azioni siano inevitabili e possano mutare solo con le abitudini). ora il libero arbitrio dell'ostrica può immaginarsi come effetto diretto della organizzazione, attraverso le capacità di dolore o piacere fornite dai sensi, se è così il libero arbitrio sta alla mente, come il caso sta alla materia |(M. Le Comte)|— Il libero arbitrio (se vogliamo chiamarlo così) provoca mutamenti


[73] nella organizzazione corporea dell'ostrica. allo stesso modo il libero arbitrio può produrre un mutamento nell'uomo.- la vera questione si concentra tutta sulla tendenza ereditaria e sugli istinti-.- Mettiamola così.- Probabilmente c'è qualche errore nella argomentazione, e sarebbe utile segnalarlo. Il mio desiderio di migliorare il mio carattere da che cosa deriva se non dalla organizzazione? quella organizzazione può essere stata influenzata dalle circostanze e dalla educazione, e dalle scelte che a quel tempo l'organizzazione mi indusse a volere- In verità le colpe dei padri, fisicamente e materialmente, sono trasmesse ai figli.-

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[132] 8 Sett. Sono tentato di dire che quelle azioni che sono risultate necessarie nel corso di molte generazioni, (come l'amicizia per i compagni tra gli animali sociali) || Discendenza dell'uomo || sono quelle che sono buone e che di conseguenza danno piacere, e non come la legge di Paley dove sono piacevoli quelle che alla lunga faranno il bene || Senso Morale ||.– in tutti i casi sostituisci faranno con hanno e si otterrà sia l' origine che la legge.

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Pagina 61

[138] Hunt (il guardiano intelligente) notò di non avere mai visto nessuna delle Scimmie Americane manifestare il minimo desiderio per le donne— |molto particolare. considerato che sono diverse nella struttura| ||Le scimmie comprendono la loro affinità con l'uomo, perfino meglio del più stimato filosofo|| e questo lo si vede principalmente in un vecchio maschio.— /Hunt/ ha visto una scimmia molto giovane (proveniente dal Senegal e che pensa sia una Callitrix Sebe??) abbassare la testa per guardare da sotto in su la sottoveste delle donne— proprio come fanno gli oranghi Jenny e Tommy.— Molto singolare.

Il Sr Yarrell, in un momento in cui il guardiano non c'era, ha visto Jenny prendere la sua sedia e sbatterla contro la porta per aprirla, perché non riusciva ad aprirla da sola.

[139] Io ho visto Jenny sciogliere un nodo molto difficile– con l'aiuto dei denti e delle mani– un marinaio a bordo di una nave non avrebbe potuto metterla in difficoltà.– ||Discendenza 1838|| era molto curioso vederla prendere il pane da un visitatore, e prima di mangiarlo 'ogni volta' guardare |il guardiano| per vedere se questo le fosse permesso e quindi mangiarlo.– buon esempio di associazione.– ||Ascoltava con grande attenzione il suono di una armonica. e prontamente la portava alla sua bocca quando veniva guidata.– sembrava fosse attratta dall'odore di Verbena e del Fazzoletto da tasca e le piaceva il sapore di Menta.–|| Capisce perfettamente la voce.– vuole fare tutto.– vuole afferrare il cibo o qualunque altra cosa e darlo a Tommy.– Vidi Tommy che si puliva

[140] il naso con |un| bastoncino.– Jenny fa spesso una cosa che le è stato detto di non fare.– quando pensa che il guardiano non la veda si nasconde.– quindi sa di aver fatto una cosa sbagliata.– Non so se si nasconde per paura o per vergogna.– Quando crede che stiano per frustarla si copre con la paglia o con una coperta.– questi casi di normale utilizzazione di corpi estranei per raggiungere uno scopo. sono un grado importantissimo di progressione.–

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Pagina 96

A causa delle età buie, l'intelligenza dell'uomo non è progredita rispetto a quella dei Greci.– (e questo sembra contrario allo sviluppo progressivo).– |effetti delle circostanze esterne| Si guardi la Spagna oggi.– l'intelligenza dell'uomo potrebbe anche deteriorarsi. ||Nella mia teoria non c'è una tendenza assoluta al progresso, a meno che non ci siano circostanze favorevoli!||

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Pagina 136

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Io sospetto che la coscienza sia una passione composta ereditaria. come l'avarizia.-

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Non c'è niente di analogo all'imperiosità della Coscienza: l'istinto Materno è dominante rispetto all'amore per il Padrone o allo sport ecc. ecc.- La Cagna agisce così non perché l'istinto materno dà il massimo piacere. ma perché è massimamente imperativo.-

[8a] Sarebbe davvero sorprendente se la mente dell'animale non fosse strettamente affine a quella degli uomini, dato che i cinque sensi sono gli stessi- Nella sua azione- emozioni- p 176 e 177 buon passo in Francese su ciò che il cane sogna, su ciò che fa quando si risveglia- quando il Padrone prende il Cappello, de l'education des Mères par L Aimé Martin

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Pagina 140

[16] Una Planaria deve essere considerata un animale che ha coscienza, poiché sceglie il cibo– strisciando con la luce.– Possiamo anche dividere la planaria in tre animali, e questa coscienza si moltiplica insieme alla struttura dell'organismo, è come se la coscienza fosse effetto di una sufficiente perfezione dell'organizzazione e come se la coscienza fosse effetto di individualità.

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Pagina 146

[29] 2 Ottobre. 1838

Le emozioni più forti nell'uomo sono comuni agli altri animali e quindi al lontano progenitore, (la rabbia compare proprio ai primordi, e perciò impressa molto più profondamente). la vergogna forse è una eccezione. (è originata da un sentimento di dubbio tra coscienza e impulso) ma la vergogna |come ahimè la conosciamo| è molto più facile da vincere dei sentimenti più profondi e peggiori. Nei confronti dei cattivi sentimenti, senza dubbio originariamente necessari, la vendetta era la giustizia.– Nessun controllo sarebbe necessario per il vizio della intemperanza se le circostanze stesse fungessero

[29] da controllo– la licenziosità, la gelosia, e l'essere sposati conservano la popolazione. per l'esistenza di così tanti controlli positivi.– (Questo viola i punti di vista del secondo volume di Malthus). Anche Adam Smith parla della necessità di queste passioni, ma le riferisce (io credo) ai nostri giorni e non a uno stato più primitivo di Società.– La civilizzazione sta ora alterando queste passioni istintive– che non essendo necessarie chiamiamo viziose.– (la gelosia in un cane nessuno la chiama vizio). è in base allo stesso principio che Malthus ha mostrato che la dissolutezza è un vizio, specialmente nella donna

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Pagina 148

[34] /Dx/ 1) Gli effetti della vita nel mondo astratto è materia regolata da determinate leggi diverse da quelle che governano il mondo inorganico; la vita stessa è la capacità di tale materia di obbedire a un sistema di movimenti certo e peculiare.

differente dai movimenti inorganici.

Vedi Lamarck per questa definizione espressa compiutamente.

/Sx/ Ogni materia vegetale o animale si è formata dall'unione di semplice materia non-organica, senza l'azione di leggi vitali—

Rispetto alle forme individuali di esseri viventi, la materia è unita con modificazioni diverse, impresse da peculiarità della forma esterna e dalle diverse leggi dei movimenti.

Perciò ci sono due grandi sistemi di leggi |nel mondo| quello organico e quello inorganico —Le leggi inorganiche hanno probabilmente un principio di connessione per attrazione elettrica e chimica, probabilmente calore e gravità.— E probabilmente le leggi Organiche hanno qualche sconosciuta relazione con quelle inorganiche—

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Pagina 151

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/Sx/ ?nelle Coralline non ci sono forse due specie di vita vegetale e animale strettamente unite?
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/Dx/ È facile concepire tali movimenti e scelta e obbedienza a certi stimoli senza coscienza negli animali inferiori, come nello stomaco, negli intestini e nel cuore dell'uomo.

/Sx/ ?quanto simile nella struttura è il sistema dei gangli nervosi degli animali inferiori e il sistema simpatico dell'uomo

/Dx/ ?Come ha inizio la coscienza; se altri sensi entrano in gioco quando la relazione è con un oggetto distante. quando molti oggetti sono presenti, e quando la volontà dirige a le altre parti del corpo a fare così.–

/Sx/ ?Possono gli insetti vivere con una coscienza non superiore a quella che hanno i nostri intestini?

/Dx/ Tutto questo può aver luogo sia nell'uomo non conscio sia nel sonno; oppure nel sonno l'uomo è momentaneamente conscio, ma la sua memoria è andata?

Quando si sente un dolore e un piacere dove dovrebbe essere la coscienza???

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Pagina 156

[39] /1)/ Perché non si può dire che il pensiero, le percezioni, la volontà, la coscienza, la memoria, ecc. hanno la stessa relazione con un corpo vivente (specialmente con le sue parti cerebrali) come quella che l'attrazione ha con la materia ordinaria?

La relazione di attrazione nella materia ordinaria è quella per cui una azione appartiene all'agente. Si dice con una metafora che la materia attrae; e perciò se il pensiero presenta una relazione con il cervello identica all'attrazione presente nella materia, si potrebbe dire con eguale appropriatezza che il cervello |vivente| ha percepito, pensato, ricordato, ecc. ||Si dice giustamente che il cuore sente||

Ora questa sarebbe certamente una espressione sorprendente, e così estranea all'uso del linguaggio ordinario che l'onus probandi potrebbe ragionevolmente essere a carico di coloro che vorrebbero sostenere la appropriatezza di questa espressione. Essi farebbero bene a domandarsi l'opposto della domanda posta sopra, |perché ci sono corpi viventi privi di queste facoltà|, e in verità finché non conosciamo quale risposta essi darebbero a sostegno del loro punto dì vista è impossibile mostrare in modo soddisfacente che è sbagliato. ||questo è un punto indifferente||

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[41] 5) Non c'è nulla di analogo a questo nella relazione di pensiero, percezioni, memoria, ecc. se non la nostra struttura corporea o la sua parte cerebrale

Pensieri, percezione, ecc. sono modi di azione soggettiva— sono conosciuti solo dalla coscienza interna e non hanno un aspetto oggettivo. Se il pensiero ha con il cervello la stessa relazione che la forza ha con la struttura corporea, questo potrebbe essere percepito dalla facoltà con la quale è percepito il cervello, ma nel corso dell'azione sono conosciuti in modo abbastanza indipendente tra loro. Una persona potrebbe avere piena familiarità con il pensiero e tuttavia ignorare l'esistenza del cervello. Non possiamo assolutamente percepire il pensiero

|attrazione dell'acido solforico per il metallo|

di un'altra persona, possiamo solo inferirlo dal |suo| comportamento.

Il pensiero è conosciuto solo soggettivamente?—? il cervello solo oggettivamente. |Noi non conosciamo l'attrazione oggettivamente|


[41] 6) La ragione per cui il pensiero ec. dovrebbe implicare |X| l'esistenza di qualcosa in aggiunta alla materia dipende dal fatto che la nostra conoscenza della materia è del tutto insufficiente a spiegare i fenomeni del pensiero.

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Pagina 178

[54r] p. 292. Mac. fa un lungo e macchinoso elenco di piante create per arrestare fango ecc. ai delta dei fiumi.– Ora la mia teoria considera tutti gli esseri organici adattati perfettamente a tutte le situazioni in cui possono vivere conformemente a certe leggi.– Di qui l'errore che siano stati creati per quelle situazioni. Se ci avventuriamo a dire che le piante sono create per |ostacolare| la corsa di un suolo prezioso verso il mare,– cadiamo in domande miserevoli: perché la terra dovrebbe essere trascinata dalla corrente, perché le piante dovrebbero aver bisogno della terra, perché non sono state create per vivere sulle cime alpine? se dovessimo presumere che Dio |ha creato le piante per| trattenere la terra, (come un Olandese che le pianta per fermare il movimento della sabbia) noi abbasseremmo il creatore al livello di una delle sue deboli creazioni.

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Tutti questi fatti sono semplicemente relazioni di una legge generale. né le piante sono state create per arrestare la terra, né la terra ruota su se stessa per formare la pioggia che trascini via la terra dalle montagne sollevate dalla forza vulcanica, a vantaggio di queste piante di Palude. Tutto discende da alcune grandi e semplici leggi.


[54v] 4 |Studio di Anatomia Comparata di Cuvier|

p 308. Traccia la gradazione dello scheletro nei Vertebrati e allude costantemente |(e a p. 312)| a ossa abortite.

Lo spiega dicendo "È la determinazione a aderire a un piano una volta che sia stato adottato; e è proprio per queste circostanze che ci compiaciamo di un pensiero originale, o disegno, perseguito fino all'estremo esaurimento, e fino a che debba essere abbandonato per un altro".-

||Quale sciocchezza!! Riferirlo al caso dell'uomo||

La determinazione di un Dio-capo.– i disegni di un creatore onnipotente, esauditi e abbandonati. Tale è la filosofia dell'Uomo. quando argomenta intorno al suo Creatore!

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Pagina 187

[167v] Sulla base di questi punti di vista possiamo inferire il perché le piccole isole. debbano possedere molte specie peculiari. poiché nella misura in cui il cambiamento fisico è in corso o è presente nei nuovi arrivati, il piccolo gruppo di specie dovrebbe cambiare molto più facilmente.— È così che si spiegano le Isole Galápagos. In una Creazione distinta, come è anomalo che la più piccola e la più nuova, e la più miserabile isola abbia delle specie proprie.– Probabilmente non c'è al mondo un caso simile alle Galápagos. nessun uragano.– isole mai raggiunte, natura e clima molto diversi dalla costa più vicina. Questa è una spiegazione straordinaria.– Partendo da questi punti di vista si potrebbe inferire che i Molluschi dovrebbero presentare poche specie, o cambiare molto lentamente e ancor più i vertebrati.– questo è vero, ma non mostrano i pesci una anomalia molto più evidente? Non presentano una vasta gamma? Agassiz ha mostrato che hanno la più ampia gamma di differenziazioni

[29r] 3

Una gamma molto ampia di differenziazioni deve essere distruttiva per le specie, quando i cambiamenti fisici sono in corso; (in base agli stessi principi per cui le isole sono favorite,) dal momento che richiederebbe un lungo periodo di tempo perché le specie possano cambiare– tuttavia questo è contraddetto dai continenti che abbondano di specie– ci sarà un equilibrio, i continenti sono stati separati.– chi può decidere i loro confini.

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