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| << | < | > | >> |Indice5 Prefazione 8 Nota sui termini tecnici 9 I L'emergere dell'universo 32 II Il fuoco primordiale 56 III Dal caos all'ordine 77 IV Una stella chiamata Sole 93 V La vita nell'universo 115 VI Il principio della catastrofe 130 VII Il fato delle stelle 149 VIII Buchi neri e superbuchi neri 166 IX Tecnologia e sopravvivenza 180 X L'universo morente 203 XI Mondi senza fine |
| << | < | > | >> |Pagina 11La parola « universo » o « cosmo » ha per le varie persone diversi significati. Per la scienza l'universo dovrebbe significare la totalità delle cose fisiche; esso dovrebbe comprendere non soltanto tutta la materia, nella forma di pianeti, stelle, nebulose, buchi neri, e tutte le radiazioni, come la luce, il calore, i raggi X, le onde gravitazionali e così via, ma anche tutto lo spazio e il tempo: in breve tutto ciò che ha rilevanza per la fisica. Quando parliamo della sorte dell'universo, ci riferiamo in definitiva alla sorte di tutte queste cose, spazio e tempo compresi. L'universo possiede però una qualità che non entra in questa definizione e che nondimeno è l'elemento chiave nel nostro atteggiamento emotivo nei confronti della natura del cosmo; è questo il carattere fondamentale di cui noi in realtà ci preoccupiamo. Questa qualità è descritta nel modo migliore come "organizzazione". Il mondo in cui viviamo non è semplicemente una confusione di enti, un accumulo di componenti fisiche interagenti in modo casuale, bensì un'organizzazione strutturata sistematicamente e altamente ordinata di materia ed energia a vari livelli di grandezza e di complessità. L'universo in quanto tale è sterile, ma l'universo ordinato che osserviamo è ricco di un'attività interessante e rivela un movimento evolutivo. E' questo ciò che si intende per ordine del mondo e uno fra i massimi interrogativi che la scienza si è posta è stato il problema di stabilire da dove sia venuto quest'ordine, di come si conservi e se un giorno avrà fine.L'ordine è il tema conduttore di questo libro. Esso abbraccia sistemi così diversi fra loro come possono esserlo le galassie, i cristalli e la civiltà umana. Lo studio scientifico dell'ordine come concetto astratto ha compiuto grandi progressi nell'ultimo secolo e oggi comprendiamo bene le leggi e i principi che controllano la crescita e la disintegrazione dell'ordine. Combinando questi principi con le conoscenze moderne sull'astronomia e sulla cosmologia, è possibile dare un'esposizione generale della creazione, evoluzione e fine del cosmo organizzato che osserviamo oggi. Ne risulta che il collasso dell'ordine del mondo è strettamente interconnesso con la creazione dell'universo e con i processi che ne caratterizzarono i primi momenti. | << | < | > | >> |Pagina 48 [ quark, gravitoni ]Ma non è tutto. Un decimillesimo di secondo è un periodo abbastanza lungo per una particella elementare, e innumerevoli specie di particelle, alcune delle quali potrebbero restarci ignote per sempre sulla Terra, devono aver percorso un lungo viaggio dopo la scomparsa dei muoni. Che dire di queste altre particelle? Esse si impegnarono senza dubbio in molti complicati processi e interazioni prima che il globo di fuoco divenisse così freddo da impedir loro di sopravvivere. E' curioso chiedersi se qualche vestigio del loro destino possa essere sopravvissuto fino a oggi. Senza dubbio la condizione della fornace primordiale dipes in gran parte da particolari della fisica delle particelle di cui abbiamo finora solo qualche vago sentore. Se i quark esistono, avranno certamente riempito tutto lo spazio durante i brevissimi primi istanti del big bang, prima che spirasse il primo miliardesimo di secondo dall'inizio. Questo intervallo corrisponde a un tempo così breve che, a partire dal primo istante dell'universo, la luce stessa non avrebbe potuto percorrere in esso più di una trentina di centirnetri. Durante l'èra dei quark la densità fu enorme e tale che una massa dell'ordine di quella terrestre avrebbe potuto essere contenuta in un secchio. L'energia del globo infuocato era abbastanza grande da stimolare un fenomeno molto bizzarro. I quark, muovendosi caoticamente a una velocità quasi pari a quella della luce e urtandosi fra loro, trasferivano quantità di energia così grandi da fare letteralmente risuonare lo spazio. La spiegazione di ciò è che lo spazio, in un certo senso, è elastico, e come ogni altra cosa elastica può essere messo in vibrazione se viene scosso in modo abbastanza violento. La violenza della fornace durante questa prima frazione di secondo era così grande da generare tali « ondulazioni dello spazio ». Le ondulazioni dello spazio sono designate coi termine di gravitoni. Nessuno è ancora riuscito a dimostrarne sperimentalmente l'esistenza ma, se essi esistono, dovrebbero essere gli analoghi gravitazionali del fotone della luce: impulsi di energia gravitazionale. Questi impulsi differiscono però da tutti gli altri in quanto costituiscono un movimento dello spazio stesso: la struttura della vibrazione dell'universo. Se i gravitoni esistono, allora queste vibrazioni nello spazio dovrebbero essersi propagate per tutte le epoche a partire dal globo di fuoco primigenio. Tutto questo non è solo oziosa speculazione; mediante il calcolo si può realmente predire l'energia delle vibrazioni dello spazio. Come tutti i residui del big bang, l'eco del rombo primordiale esiste ancora, ma indebolito in misura tale da non essere più da lungo tempo percepibile come suono. Noi non potremmo, ad esempio, percepire alcun tremore al passaggio di gravitoni, poiché anche le nostre apparecchiature scientifiche più delicate sono attualmente del tutto incapaci di scoprirli, tanto deboli essi sono diventati. L'energia da essi trasportata potrebbe essere però altrettanto grande dell'energia termica scoperta da Penzias e Wilson. Forse un giorno, nel nostro futuro tecnologico, potremmo possedere apparecchiatura che ci consentano di udire il rombo lontano del big bang, come oggi siamo in grado di sentirne il calore.| << | < | > | >> |Pagina 52 [ teoria quantistica ]La teoria quantistica non è soltanto un corpus esoterico di astratta speculazione concernente i primi brevissimi istanti dell'universo, bensì è una rivoluzione nella scienza fisica che ha avuto un impatto molto maggiore di quello di qualsiasi altra teoria fisica. Quella che ebbe inizio come una spiegazione ad hoc delle proprietà termiche della radiazione termica e luminosa, data dal fisico tedesco Max Planck, si è trasformata poi in una grandiosa ristrutturazione dell'immagine scientifica del mondo. A un livello pratico, la teoria spiega in un sol tratto i caratteri dettagliati della struttura atomica, i legami molecoiari e la chimica, i processi nucleari, le interazioni delle particelle subatomiche, il comportamento dell'elio liquido, il laser, i transistor, la conduzione dell'elettricità e molti altri fenomeni, della vita « quotidiana » e di laboratorio. A un livello intellettuale, la teoria conduce a un modello di materia che presenta alcuni caratteri sorprendenti, quasi incredibili.Una fra le nuove possibilità più bizzarre, e anche significative, della materia quantistica consiste nel fatto che per brevissimi istanti può apparire e sparire energia. Il modo in cui ciò accade è materializzato nel famoso principio di indeterminazione di Werner Heisenberg. Questo principio ci dice, fra l'altro, che il mondo è intrinsecamente impredicibile. Per quanta informazione possiamo possedere su un sistema, il suo comportamento futuro non può essere dedotto se non nella forma di una "probabilità". Il mondo è soggetto perciò a fluttuazioni statistiche, un po' come nel gioco dei dadi, in cui può capitare a volte di avere due o tre sei di seguito. Queste fiuttuazioni quantistiche non vengono di solito rilevate nel mondo comune in quanto esse operano su scala microscopica, ma il comportamento particolareggiato di atomi e molecole dipende in grande misura dalla loro esistenza ed esse sono ben verificate sperimentalmente. Il principio di Heisenberg afferma che, per un periodo di tempo abbastanza breve, l'energia che un sistema possiede è impredicibile a meno di un valore numerico preciso noto come costante di Planck. Per implicare una qualsiasi eccitazione, questa durata dev'essere in effetti molto piccola. Una conseguenza di ciò è che, per intervalli di tempo molto brevi, un'intera particella subatomica può letteralmente sparire dall'universo, solo per riapparire un po' di tempo dopo. Inversamente, particelle di tutti i tipi possono apparire istantaneamente in uno spazio vuoto per poi tornare semplicemente a sparire. Queste particelle fantomatiche possono di fatto essere trasformate in vere particelle se viene data loro sufficiente energia con qualche mezzo; tale mezzo va visto in effetti nel meccanismo della genesi delle particelle già menzionato nella sezione precedente, dove si è visto che gli effetti di marea delle onde spaziali fornivano energia sufficiente alla creazione di materia da spazio vuoto. | << | < | > | >> |Pagina 96 [ nascita della vita ]Nel dopoguerra sono stati compiuti grandi progressi nella comprensione della base biochimica della vita e esperimenti come quelli intrapresi da Milier e Urey hanno incoraggiato gli scienziati a credere che, date le condizioni giuste e una durata di tempo sufficiente, dalle sostanze chimiche elementari di cui conosciamo la presenza in tutto l'universo si svilupperà inevitabilmente la vita. I tre ingredienti indispensabili - pianeti adatti, abbondanza di elementi chimici pesanti e durate di tempo enormi - sono probabilmente disponibili in grande quantità nella nostra Galassia e fuori di essa. L'ipotesi di un universo forse sparsamente ma nondimeno universalmente popolato da creature viventi intelligenti ci appare perciò assai naturale.| << | < | > | >> |Pagina 102 [ vita extraterrestre ]Il Sole è una stella tipica e ha circa cinque miliardi di anni. Nella Galassia esistono milioni di altre stelle che hanno un'età press'a poco doppia. Non sappiamo quanto tempo passi in media fra la formazione di una stella e la comparsa di una società tecnologica su un pianeta associato, ma non ci sono motivi per pensare che la Terra sia per qualche motivo un pianeta atipico. Quattro o cinque miliardi di anni sono la stima migliore che possiamo fare, in assenza di ogni informazione su comunità diverse dalla nostra. Anche se soltanto l'uno per cento di tutte le comunità sopravvivesse alla fase tecnologica, il quadro risulterebbe totalmente trasformato. La formula così stimata dimostrerebbe che il numero delle comunità tecniche nella Galassia potrebbe essere in questo momento di molti milioni.La nostra situazione è curiosa. Anziché essere la civiltà tecnica più avanzata (e in realtà l'unica) nella Galassia, saremmo di gran lunga quella più giovane. La ragione di ciò è semplice: le possibilità che molte altre comunità raggiungano proprio ora il nostro livello tecnologico sono infinitesime. La maggior parte delle altre comunità in possesso di una tecnologia hanno forse dietro di sé un'esistenza di migliaia, milioni o addirittura miliardi di anni. In breve, se esistono altri esseri intelligenti, essi sono di fatto esseri superiori. Secondo quest'analisi, abbiamo una scelta di alternative notevole: o siamo soli nella Galassia o, se le comunità tecniche sono un fatto comune, siamo la più giovane di esse. Questa è una conclusione profonda, una conclusione che potrebbe avere conseguenze notevoli sul nostro atteggiamento intellettuale circa il posto dell'umanità nell'universo. Potrebbe esistere un gran numero di pianeti popolati da organismi, anche intelligenti, ma privi dì tecnologia, e potrebbero esserci valide ragioni per considerare le comunità non tecniche come quelle più intelligenti. Noi non avremmo alcuna possibilità di conoscere tali comunità, se non viaggiando nello spazio o inviando veicoli spaziali sui loro pianeti. Se, d'altra parte, esistono altre società tecniche, esse potrebbero comunicare con noi in un certo numero di modi; un metodo diretto e semplice sarebbe quello di inviarci messaggi radio. | << | < | > | >> |Pagina 116 [ energia utile, entropia ]Il primo passo verso una tale definizione fu intrapreso nell'ambito della tecnologia. Gli industriali dell'Ottocento, che avevano una spiccata consapevolezza dell'esigenza di ridurre i costi, erano interessati a procurarsi un opportuno trattamento matematico dell'idea di energia utile. Da molto tempo ci si era resi conto che l'energia può assumere una varietà di forme - chimiche, elettriche, meccaniche, gravitazionali ecc. - e che può essere convertita da una forma all'altra: per esempio, una locomotiva a vapore converte l'energia chimica del carbone in energia meccanica di moto. Si sapeva anche che, in questi mutamenti di forma, l'energia totale si conserva sempre. Nel mondo reale, le macchine operano sempre a un rendimento inferiore al 100 per cento; in altri termini, in ogni conversione successiva di energia una parte di essa viene sempre dissipata. Ciò non significa che l'energia vada perduta in assoluto, ma solo che noi ne perdiamo il controllo. In breve, cessa di essere energia utile. Il calore è una forma di energia e sono stati inventati molti dispositivi per convertire il calore in altre forme: per esempio le turbine a vapore per generare elettricità. Il rendimento dei motori termici fu studiato attentamente dai fisici e dai matematici nell'Ottocento e una fra le loro conclusioni più importanti fu che il rendimento dei motori termici anche più perfetti è sempre necessariamente inferiore al 100 per cento, e spesso molto inferiore, per ragioni molto fondamentali di fisica.Per capire ciò è utile considerare un esempio specifico, come quello del contenuto di calore di un secchio d'acqua. Se il secchio d'acqua viene messo dentro un refrigeratore, l'acqua gelerà perché le viene sottratta una parte della sua energia termica. Se si restituisce l'energia sottratta, il ghiaccio fonderà di nuovo in acqua. Il fatto che un secchio d'acqua a temperatura ambiente contenga dell'energia termica non è per noi di alcun aiuto se desideriamo usare tale energia a qualche scopo pratico, come ad esempio far funzionare un motore, perché il calore non è contenuto nell'acqua in una forma utile. D'altra parte, quando il secchio viene collocato in un ambiente freddo, una parte dell'energia termica dell'acqua viene estratta e utilizzata. Per esempio, l'aria fredda in prossimità dell'acqua calda si riscalderà e si espanderà e potrebbe essere usata per esercitare una pressione su una membrana o per muovere un pistone. Il carattere cruciale che rende utile l'energia termica dell'acqua quando si trova in un refrigeratore, ma non a temperatura ambiente, è la presenza di una differenza di temperatura fra l'acqua e l'ambiente. Ciò che consente al calore di fornire lavoro x è la non uniformità nella distribuzione dell'energia termica. Nella stanza, i contenuti del secchio e del locale sono a una temperatura uniforme; fra il secchio e la stanza non c'è perciò alcun flusso di calore. Troviamo in quest'esempio un'espressione del principio fisico semplice ma di grande portata: il flusso di calore spontaneo fra corpi va sempre dai corpi caldi ai corpi freddi. Quando due corpi raggiungono la medesima temperatura, il flusso di calore cessa e possiamo dire che è stato raggiunto un equilibrio termodinamico. Quando si ha equilibrio, non possono più avvenire mutamenti utili senza interferenze dall'esterno. Per esempio, una differenza di temperatura non può formarsi spontaneamente fra un secchio d'acqua e l'aria circostante perché un tale fenomeno implicherebbe a un certo punto un flusso di calore dal freddo al caldo, per mantener freddo il secchio d'acqua e riscaldare l'aria o viceversa. Il principio generale cui obbedisce il flusso di calore è noto come seconda legge della termodinomica (la prima legge della termodinamica dice semplicemente che il calore è una forma di energia che può essere convertita in altre forme senza che intervengano variazioni nella quantità totale di energia). Un altro modo di descrivere il contenuto della seconda legge consiste nel dire che l'energia termica è utilizzabile per compiere lavoro solo quando tale energia è ordinata o distribuita in modo non uniforme. Quando il calore è diffuso in un sistema in modo uniforme, si ha una condizione di equilibrio; quando invece il calore è concentrato in una parte del sistema, si ha flusso di calore e il sistema si evolve o si modifica in qualche modo. Questo mutamento continuerà finché sussiste uno squilibrio termodinamico, ossia finché si hanno differenze di temperatura. Ciò significa che, per quanto concerne il flusso di calore, l'essenza dell'attività è lo squilibrio; quando viene raggiunto l'equilibrio l'attività cessa. A questo punto bisogna fare un'importante distinzione fra attività microscopica e macroscopica. Anche in una situazione di equilibrio termodinainico c'è grande abbondanza di attività microscopica - gli atomi si agitano, si urtano, emettono e assorbono radiazione -, ma essa ha luogo in modo puramente casuale. Non esistono comportamenti ordinati che coinvolgano un numero molto grande di atomi. Quel che interessa a noi è l'attività organizzata, cosa che significa in realtà attività macroscopica. Per esempio, le correnti di convezione in atto all'interno di un secchio d'acqua che si sta raffreddando implicano il moto ordinato di miliardi e miliardi di atomi, impegnati tutti in un flusso in una direzione ben precisata. Un'attività organizzata ha luogo dunque solo quando c'è uno squilibrio termodinamico. Allo scopo di precisare meglio queste idee, i fisici hanno escogitato una misura quantitativa dell'ordine e del disordine per descrivere il grado di organizzazione o strutturazione ordinata, a livello macroscopico, all'intemo di un sistema. Questa quantità ha ricevuto il nome di entropia, la quale è in effetti una misura del grado di disordine. Se a volte è utile pensare all'energia come a disordine, val però la pena di chiarire questo punto sin dal principio. L'uso quotidiano della parola disordine può essere ambiguo, poiché ciò che è considerato come una disposizione ordinata da una persona può essere giudicato come una distribuzione del tutto caotica da un'altra. Un messaggio in codice, per esempio, è una confusione di lettere per il non iniziato ma una comunicazione intelligibile per chi conosce il codice. E' perciò preferibile pensare all'entropia come al contrario dell'informazione. In generale un sistema ordinato (bassa entropia) ha un elevato contenuto d'informazione, nel semplice senso che richiede una grande quantità d'informazione per descriverne la disposizione. Un sistema disordinato richiede invece ben poca informazione per essere descritto. Le proprietà termiche di un secchio d'acqua che si trovi in una stanza a temperatura uniforme sono descritte da un solo bit d'informazione: la temperatura comune. In questo caso abbiamo un'alta entropia ovvero un sistema disordinato (qui disordine significa « assenza di ordine »). Benché i singoli atomi, in condizioni di equilibrio macroscopico, si muovano in modo assolutamente caotico, un disordine completo significa in realtà la cessazione di ogni forma di attività. Per fare un ultimo esempio, un liquido in cui venga fatto gocciolare del colore può presentare quello che nel linguaggio quotidiano sarebbe indicato come un aspetto disordinato, ma in realtà ha un alto contenuto d'informazione perché, per specificare la sua esatta disposizione, si richiede una descrizione lunga e minuziosa. Una volta che il colore si sia diffuso uniformemente in tutto il sistema, questo è diventato invece molto disordinato, l'entropia è aumentata e il contenuto d'informazione è molto basso. In effetti un solo bit d'informazione - la concentrazione ovunque uniforme del colore - è sufficiente per descrivere il sistema. Le proprietà dal punto di vista della teoria dell'informazione sono dimostrate in modo molto netto in questo esempio dalla possibilità che una distribuzione non uniforme del colore sulla superficie dell'acqua possa essere usata per comunicare un lungo messaggio, nentre una distribuzione uniforme non può trasmettere alcuna informazione, se non una certa concentrazione nel colore. Usando il concetto di entropia è possibile conseguire una comprensione sistematica delle proprietà organizzative di una enorme varietà di sistemi fisici. Un singolo principio - la seconda legge della termodinamica -, la cui applicazione era in origine limitata al ristretto contesto dei motori termici, viene oggi riconosciuto come un principio di applicazione generale a tutto ciò che accade nell'universo. In virtù di tale universalità, la seconda legge della termodinamica può essere così generalizzata: in ogni mutamento che ha luogo nell'universo, l'entropia totale cresce sempre. Ciò che è curioso in questa seconda legge è che essa è unica fra le leggi fondamentali della natura. Tutte le altre leggi riguardano la conservazione di proprietà: l'indistruttibilità di varie qualità nel corso di processi fisici. Solo la seconda legge della termodinamica si occupa direttamente del modo in cui le cose mutano in modo irreversibile e costituisco perciò la base stessa per la spiegazione di ogni mutamento: si tratti di progresso, accrescimento ed evoluzione o di decadimento e distruzione. Essa fornisce un sistema di riferimento descrittivo per la comprensione di come tutte le cose cominciano e finiscono, e quindi della proprietà fondamentale del tempo che differenzia il passato dal futuro. Applicando questi principi su scala cosmica scopriremo come la sorte dell'universo sia scritta nella seconda legge della termodinamica. | << | < | > | >> |Pagina 120L'incapacità di formulare in modo corretto un calcolo dell'entropia può a volte mettere di fronte ad apparenti violazioni del principio di entropia. Per esempio, a tutta prima la crescita di un cristallo sembrerebbe offrire una chiara eccezione al principio dell'aumento del disordine. Un cristallo è una disposizione molto ordinata di atomi, che si possono far crescere spontaneamente da un concentrato liquido disordinato. Uno studio accurato dimostra che la formazione del cristallo produce una certa quantità di energia termica e che quest'energia va perduta quando si dissipa nell'ambiente. L'aumento di entropia dovuto alla perdita di calore compensa generosamente l'aumento di ordine rappresentato dal cristallo.
La contraddizione forse più manifesta con la seconda
legge della tertnodinamica, una contraddizione che ha dato
molto filo da torcere a parecchi scienziati, concerne i
sistemi viventi. La graduale evoluzione delle specie da
organismi unicelluiari alla varietà delle forme di vita
complesse che osserviamo oggi sulla Terra sembrerebbe
violare direttamente il principio del decadere
dell'organizzazione. Una comprensione adeguata della base
tennodinamica della vita‚ essenziale sia per spiegare in che
modo organismi sofisticati come gli esseri umani siano
apparsi nell'universo sia per determinare quale sarà in
futuro la sorte di tutti gli organismi viventi. Vedremo che
i sistemi biologici, e anche quelli sociali e tecnologici,
sono soggetti tutti al medesimo principio di entropia cui
soggiace la materia inanimata.
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