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| << | < | > | >> |IndiceINTRODUZIONE 11 PARTE PRIMA: DESTINO 31 I. I dati della biologia 33 II. Il punto di vista psicanalitico 65 III. Il punto di vista del materialismo storico 79 PARTE SECONDA: STORIA 89 I. 91 II. 96 III. 110 IV. 125 V. 147 PARTE TERZA: MITI 185 I. 187 II. 249 1. Montherlant o il pane del disprezzo 249 2. D. H. Lawrence o l'orgoglio fallico 263 3. Claudel e la serva del Signore 271 4. Breton o la poesia 279 5. Stendhal o il romanzesco del vero 286 6. 296 III. 305 INDICE ANALITICO 317 |
| << | < | > | >> |Pagina 13INTRODUZIONEHo esitato a lungo prima di scrivere un libro sulla donna. Il soggetto è irritante, soprattutto per le donne; e non è nuovo. Il problema del femminismo ha fatto versare abbastanza inchiostro, ora è pressocché esaurito: non parliamone più. Tuttavia se ne parla ancora. E non pare che le voluminose sciocchezze spacciate durante l'ultimo secolo abbiano fatto gran luce sul problema. D'altra parte c'è davvero un problema? Qual è? E poi si può dire ancora che vi siano delle «donne»? Certo la teoria dell'eterno femminino conta numerosi adepti, che mormorano: «Perfino in Russia, le donne restano donne»; ma altri, bene informati - talvolta sono gli stessi - sospirano: «La donna si perde, la donna è perduta.» Non è più chiaro se vi siano ancora donne, se ve ne saranno sempre, se bisogna augurarselo o no, che posto occupano nel mondo, che posto dovrebbero occuparvi. «Dove sono le donne?» domandava recentemente un periodico. Ma innanzi tutto: che cos'è una donna? «Tota mulier in utero: è una matrice», dice qualcuno. Tuttavia, parlando di certe donne, gli esperti decretano «non sono donne», benché abbiano un utero come le altre. Tutti sono d'accordo nel riconoscere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali costituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono che «la femminilità è in pericolo»; ci esortano: «siate donne, restate donne, divenite donne.» Dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell'essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità. La femminilità è una secrezione delle ovaie o sta congelata sullo sfondo di un cielo platonico? Basta una sottana per farla scendere in terra? Benché certe donne si sforzino con zelo di incarnarla, ci fa difetto un esemplare sicuro, un marchio depositato. Perciò, essa viene descritta volentieri in termini vaghi e abbaglianti, che sembrano presi in prestito al vocabolario delle veggenti. Al tempo di S. Tommaso, la donna pareva un'essenza altrettanto sicuramente definita quanto la virtù soporifera del papavero. Ma il concettualismo ha perso terreno: le scienze biologiche e sociali non credono nell'esistenza di entità fisse e immutabili che definiscano dati caratteri, come quelli della donna, dell'Ebreo o del Negro; esse considerano il carattere una reazione secondaria a una situazione. Se oggi la femminilità è scomparsa, è perché non è mai esistita. Dunque la parola donna» non avrebbe alcun contenuto? È ciò che affermano vigorosamente i partigiani dell'illuminismo, del razionalismo, del nominalismo: le donne sarebbero soltanto quegli esseri umani che arbitrariamente si designano con la parola «donna», gli americani in specie sono portati a pensare che la donna come tale non esista più; se un'arretrata si considera ancora una donna, le amiche la consigliano di farsi psicanalizzare per liberarsi di codesta ossessione. Dorothy Parker ha scritto, a proposito di un'opera del resto molto irritante, intitolata: Modern Woman: a lost sex: «Non posso essere giusta verso i libri che trattano della donna ,come tale... Io penso che tutti, uomini e donne, dobbiamo venir considerati esseri umani.» Ma il nominalismo è una dottrina un po' miope, e gli antifemministi hanno buon gioco nel dimostrare che le donne non sono uomini. Certo che la donna è, come l'uomo, un essere umano: ma questa è un'affermazione astratta; il fatto è che ogni essere umano concreto ha sempre la sua particolare situazione. Respingere le nozioni di eterno femminino, di anima negra, di carattere giudaico non significa negare che vi siano, oggi Ebrei, Negri e donne: questa negazione non ha per gli interessati un significato di libertà, ma rappresenta una fuga dall'autenticità. È chiaro che nessuna donna può pretendere in buona fede di porsi al di là del proprio sesso. Una nota scrittrice ha rifiutato qualche anno fa di lasciar pubblicare il suo ritratto in una serie di fotografie dedicate precisamente alle donne che scrivono: voleva essere posta tra gli uomini; ma per ottenere tale privilegio, approfittò dell'influenza del marito. Le donne che affermano di essere uomini non rinunciano tuttavia a esigere le attenzioni e gli omaggi maschili. Mi viene in mente una giovane trotzkista, in piedi su un palco, durante una riunione tumultuosa, che voleva fare a pugni, nonostante la sua evidente fragilità; negava la debolezza femminile: ma lo faceva per amore d'un militante al quale voleva rendersi uguale. L'atteggiamento di sfida in cui s'irrigidiscono le americane prova come siano perseguitate dal sentimento della loro femminilità. E in realtà, basta andare in giro con gli occhi bene aperti per constatare che l'umanità si distingue in due categorie di individui, che hanno vestiti, viso, corpo, sorriso, andatura, interessi e occupazioni manifestamente diversi: forse queste differenze sono superficiali, forse sono destinate a sparire. Certo è che per ora esistono con folgorante evidenza.
Se la sua funzione di femmina non basta a definire la donna, se ci
rifiutiamo anche di spiegarIa con «l'eterno femminino» e se ciò nonostante
ammettiamo che,
sia pure a titolo provvisorio, ci sono donne sulla terra, dobbiamo ben proporci
la domanda: che cosa è una donna? L'enunciazione stessa del problema mi
suggerisce subito una prima risposta. È significativo che io lo proponga. A un
uomo non verrebbe mai in mente di scrivere un libro sulla singolare posizione
che i maschi hanno nell'umanità. Se io voglio definirmi, sono obbligata
anzitutto a dichiarare: «Sono una donna»; questa verità costituisce il fondo sul
quale si ancorerà ogni altra affermazione. Un uomo non comincia mai col
classificarsi come un individuo di un certo sesso: che sia uomo, è sottinteso. È
pura formalità che le rubriche: maschile, femminile appaiono simmetriche nei
registri dei municipi e negli attestati d'identità. Il rapporto dei due sessi
non è quello di due elettricità, di due poli: l'uomo rappresenta insieme il
positivo e il negativo al punto che diciamo «gli uomini» per indicare gli esseri
umani, il senso singolare della parola
vir
essendosi assimilato al senso generale della parola
homo.
La donna invece appare come il solo negativo, al
punto che ogni determinazione le è imputata in guisa di limitazione, senza
reciprocità. Mi sono irritata talvolta, durante qualche discussione, nel
sentirmi obiettare dagli interlocutori maschili: «voi pensate la tal cosa perché
siete una donna»; ma io sapevo che la mia sola difesa consisteva nel rispondere:
«la penso perché è vera», eliminando con ciò la mia soggettività, non era il
caso di replicare: «E voi pensate il contrario perché siete un uomo»; perché è
sottinteso che il fatto di essere un uomo non ha nulla di eccezionale. Un uomo è
nel suo diritto essendo tale, è la donna in torto. Praticamente, nello stesso
modo che per gli antichi c'era una verticale assoluta in rapporto alla quale si
definiva l'obliquo, esiste un tipo umano assoluto, che è il tipo maschile. La
donna ha delle ovaie, un utero; ecco le condizioni particolari che la rinserrano
nella sua soggettività: si dice volentieri «pensa con le sue glandole». L'uomo
dimentica superbamente d'avere un'anatomia, che comporta ormoni e testicoli.
Egli intende il proprio corpo come una relazione diretta e normale con il mondo
che crede di afferrare nella sua oggettività, mentre considera il corpo della
donna appesantito da tutto ciò che lo distingue: un ostacolo, una prigione. «La
femmina è femmina in virtù di una certa assenza di qualità», diceva Aristotele.
«Dobbiamo considerare il carattere delle donne come naturalmente difettoso e
manchevole»; e S. Tommaso ugualmente decreta che la donna è «un uomo mancato»,
un essere «occasionale».
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