|
|
| << | < | > | >> |Indice1. La parabola dell'edeologia 3 1. «Fatal error» (1998-2000), p. 3 2. Un futuro passato troppo in fretta, p. 5 3. Ideologia, edeologia, p. 13 4. L'equivoco originario dell'edeologia, p. 18 2. Le strutture dell'edeologia 23 1. La retorica esponenziale, p. 23 2. «Benvenuti nel futuro!», p. 36 3. «La morte della distanza», p. 46 4. «Chi vince piglia tutto», p. 57 5. Competere per il Web? Internet non è fatta per essere conquistata, p.60 3. L'edeologia speculativa 75 1. La «febbre dell'oro», p. 75 2. Finanza al potere, p. 82 3. Il mito della nuova economia, p. 86 4. Esuberanza e depressione: dubbi sulla razionalità dell'«homo economicus», p. 91 5. Non una «nuova economia». Ma un'«economia nuova», p. 97 4. Per riprendere il filo dell'innovazione 101 1. Ricordare i fiaschi tecnologici, apprezzare le riuscite. E non fidarsi dell'«evangelist», p. 101 2. Il metodo Weyrich per dividere il grano dal loglio, p. 110 3. Dal computer come tecnologia al computing come attività sociale?, p. 113 4. «Restart»: libertà di visione, p. 118 5. La visione del governo digitale, p. 122 6. La Rete della società, p. 126 7. Ottimismo da Nobel, p. 130 5. Senza edeologia 135 1. Il grande abbaglio, p. 135 2. Alla ricerca dell'armonia, p. 138 3. Il rischio di sbagliare ancora, p. 141 Note 147 Ringraziamenti 153 |
| << | < | > | >> |Pagina 3Ci avevano creduto in molti. E numerosi lo avevano detto e scritto: l'ultima ideologia era caduta il 9 novembre 1989 con il Muro di Berlino. Si apriva una nuova epoca dal punto di vista culturale: dominata dal pensiero razionale e democratico dell'Occidente, vincitore della Guerra Fredda. Il nuovo ordine mondiale sarebbe stato fondato non più sullo scontro ideologico ma sul dialogo e la tolleranza. Una ragione con i piedi per terra, aperta al valore del dubbio, avrebbe governato la convivenza. Non è stato così. Le mille forme dell'ideologia, del fondamentalismo, dell'intolleranza e del dogma, che lo scontro fra le superpotenze del dopoguerra aveva messo in ombra, sono riemerse, si sono modernizzate e si sono moltiplicate dopo quel commovente giorno di festa berlinese del 1989. Si sono ingigantite, scontrate, affermate nel corso degli anni Novanta, fino a esplodere nel nuovo millennio, introducendo un'epoca di incertezza, di crisi e persino di terrore. E una parte rilevante di tutto questo è stata originata proprio dall'Occidente. Globalizzazione, liberalizzazione e progresso tecnologico sono concetti dalla sostanza perfettamente rispettabile che però tendono, talvolta, a prendere una forma dogmatica. Ciò è molto evidente nel caso della globalizzazione, un concetto che, inteso in senso multilaterale, potrebbe far parte della grande cultura della pacificazione, ma che viene invece troppo spesso inteso e presentato come un fenomeno oggettivo, ineluttabile, destinato a riscrivere le regole dello sviluppo di ogni popolo del mondo sulla base delle direttive compilate a Washington, magari nella sede del Fondo monetario internazionale, tenendo ben presenti le indicazioni che vengono dalle corporations del petrolio, della farmaceutica, dell'informatica, del tabacco, delle armi. Il che di certo non è senza conseguenze sulla crescita e sulla diffusione di altre ideologie e altri fondamentalismil. Si tratta di un complesso intreccio di fenomeni. Alcuni estremamente seri, altri forse meno. Come quelli che si sono verificati tra il 1998 e il 2000, periodo peraltro molto più sereno del presente, allorché il centro della scena è stato conquistato dalla faccia oscura, speculativa, del concetto di progresso tecnologico nella sua declinazione digitale. Opportunità immensa di sviluppo, dalle radici culturali di grande profondità e dalle prospettive di importanza decisiva per l'organizzazione del mondo, l'innovazione digitale è stata in quel periodo strumentalizzata per sostenere la credibilità di una nuova ideologia, sottile e attraente come una sirena: egualitaria, liberista, ricca, divertente, totalizzante. Molto adatta alla rapacità finanziaria. Un'ideologia dell'elettronica: un'edeologia. Il compito di questo libro è ricostruire la parabola dell'edeologia, un sistema di pensiero che ha reso un pessimo servizio agli innovatori, rendendo impossibile distinguere le buone idee dalle «bufale», lasciando dietro di sé una profonda incertezza e interrompendo il processo di sviluppo e modernizzazione innescato dalle opportunità offerte dai nuovi media digitali interattivi. Isolare l'edeologia può servire a togliere di mezzo gli effetti della speculazione, a rivalutare le radici culturali originarie della dinamica innovativa collegata a Internet, per ricucirle con quanto di serio si è fatto e si continua a fare, in vista di una ripresa di creatività e di coraggio. | << | < | > | >> |Pagina 17Le tesi di questo libro sono dunque, fondamentalmente, tre:1) L'ideologia elettronica è stata un terremoto culturale il cui epicentro si è concentrato tra il 1998 e il 2000. Non è stata un fenomeno culturale coerente né spontaneo, ma una voluta giustapposizione di tensioni di varia origine, ritmo evolutivo e probabile sviluppo futuro: dall'edonismo tecnicistico all'economicismo integralista, dalla fede nel progresso scientifico al libertarismo antipolitico, dall'etica della ricerca accademica al comunitarismo hippie. 2) Dal punto di vista tecnico, l'edeologia ha avuto l'indispensabile funzione di far decollare Internet a livello di massa, innescando un effetto-rete che ha coinvolto 600 milioni di persone nel 2002 portando la posta elettronica e il Web a modificare profondamente le comunicazioni - elemento strategico di ogni struttura economica e sociale nella cosiddetta epoca dell'informazione - e lasciandosi dietro le spalle una realtà davvero nuova e densa di significati da indagare. 3) L'edeologia è stata un'entità coerente solo nel periodo della bolla speculativa; ma da quando questa è scoppiata, le varie tensioni culturali delle quali era composta hanno ripreso a marciare ognuna per la sua strada. Ne è derivato un disorientamento paralizzante. Tuttavia, benché una nuova armonia sia lungi dall'essere stata individuata, questa fase meno edeologica può dar luogo a una dinamica più sana e potenzialmente costruttiva. Per definire il nuovo percorso di sviluppo occorre dunque riprendere il filo dell'innovazione «ingarbugliato» dall'edeologia, superare la paralisi dovuta alla conseguente incertezza, immaginando la forma della prossima nuova fase di crescita. | << | < | > | >> |Pagina 74Insomma: le regole del gioco competitivo, nel contesto di uno standard pubblico come Internet, sono estremamente complesse e inadatte a qualunque semplificazione ideologica. Non è vero che il primo a innovare è destinato a vincere. Non è vero che vincono sempre i più forti e neppure i più bravi. Le migliori tecnologie proprietarie possono riuscire a raggiungere una quota di mercato gigantesca ma non arrivare al punto di consolidarla in modo inattaccabile come è riuscito alla Microsoft nel quadro dei personal computer. La concorrenza è ineliminabile, come la possibilità di perdere il vantaggio accumulato. E di questo la finanza avrebbe dovuto tener conto: ma non lo ha fatto tra il 1998 e il 2000 perché era dominata dall'edeologia.
Nella realtà di Internet, vincere non significa più distruggere
l'avversario, ma costruire una storia coerente, sopravvivere e poi crescere in
un rapporto equilibrato con il proprio ecosistema. Vince chi convince il mercato
della bontà della sua proposta e questo avviene solo se si costruisce una
cultura efficiente e se nell'azione ci si attiene coerentemente ai propri
valori. L'edeologia, in qualunque forma, si dimostra di breve durata. Le sue
conseguenze profonde, del resto, non sono confinate al mondo delle tecnologie.
Il vero senso dell'edeologia è quello di sfruttare l'innovazione tecnologica
per trasformarla in una storia adatta ad alimentare la speculazione finanziaria.
|