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| << | < | > | >> |Indice9 Prefazione Bruno Gabrielli 11 Introduzione 15 Parte prima Storia di un modello tra innovazione e coerenza 19 Gli antecedenti della trasformazione. Formazione della città, crescita e sviluppo 45 1979-1987. Il risveglio democratico 60 Le piazze di Gràcia 65 1987-1992. La Barcellona olimpica e il recupero del deficit 84 Le Ronde 97 1992-2004. La visione da fiume a fiume 117 Il Forum 2004 123 Esplanada del Forum - Pergola fotovoltaica 126 Balneario Forum 128 Parc de la Pau 131 Darsena Forum 134 Centro de Conveciones internacionales de Barcelona (CCIB) 136 Parc dels Auditoris 139 Edificio Forum 143 2005... Nuove geografie globali 162 Plan Sagrera 171 Parte seconda La città per temi collettivi 173 Logistica e mantenimento della città 174 Le Reti 180 Elementi puntuali 186 Recupero paesaggistico discarica controllata della Vall d'en Joan 187 Tanatorio municipale di Terrassa 191 Rimessa Autobus TMB 193 Mercato dei fiori 196 PuntVerd Mercabarna 198 Sub-centrale elettrica distretto 22@ 201 La mobilità 202 I tracciati 209 Rambla de Sants 210 Gran Via de Levant 213 Plaça Lesseps 217 I luoghi dell'intermodalità 220 Aeroporto El Prat 223 Spazio pubblico Avenide, Ramble e Paseos 237 Passeig García Faria 240 Rambla del Raval Piazze e Belvederi 243 Plaça dels Països Catalans 245 Plaça de laVila de Madrid 248 Plaça de Europa Verde, Parchi e Giardini 250 Ampliamento Parc de la Ciutadela 252 Giardino Botanico 254 Parc central Nou Barris 256 Parc de la Trinitat 259 Luoghi collettivi La città della cultura 288 Ampliamento della Fundació Joan Mirò 290 CCCB (Centro de Cultura Contemporànea de Barcelona) 292 Museu de la Ciencia - Cosmocaixa 295 Ampliamento Museo Picasso La città della conoscenza 297 Biblioteca Jaume Fuster 299 Universitat Politecnica de Catalunya - Edificio Nexus II 301 Parc de Recerca Biomédica de Barcelona 304 Universitat Pompeu Fabra - Edificio Jaume I 307 Universitat Pompeu Fabra - Edificio Roger de Llúria La città dello sport 309 Centro Wellness 02 - Centro Internacional de Medicina Avanzada Barcelona 311 Città sportiva del Fútbol Club Barcelona 313 Real Club de Golf El Prat La città del commercio 314 Mercato di Santa Caterina 317 Edificio La Illa Diagonal 319 Centro commerciale Glóries La città dei servizi 321 Hospital del Mar 323 Centro di Servizi Sociali dei quartieri Dreta e Fort Pienc 326 Caserma Vigili del Fuoco 327 Commissariato Mossos d'Esquadra Distretto di Sant Andreu 330 CAP Cornellà 332 Sede Barcelona Activa La città dello svago 335 Placa de les Arts 338 Maremagnum 340 Heron City La città corporativa 343 Ede Gas Natural 346 Real Automóvil Club de Catalunya 348 Sede FECSA 350 Collegi d'Odontòlegs i Estomatólegs de Catalunya (COEC) La città dell'accoglienza 353 Hotel Hesperia Tower 356 Fira 2000 362 Hotel Habitat Sky 364 Palacio de Congresos de Catalunya 367 Parte terza Strumenti e strategie di sviluppo urbano 369 Compattezza 370 Dialogo con Oriol Clos 382 Distretto 22@ 391 Multiscalarità 392 Dialogo con Joaquim Espariol 408 Compatibilizzazione del tracciato della Ronda del Mig 417 Sostenibilità 418 Dialogo con Carme Fio] 426 Bonifica e compatibilizzazione del letto del fiume Besós 435 Ibridizzazione 436 Dialogo con Marta Cervelló 442 Illa Fort Pienc 449 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 11IntroduzioneMolteplici possono essere le motivazioni che ci portano a indicare la città di Barcellona come soggetto interessante, stimolante e per certi aspetti sorprendente dal punto di vista architettonico e urbanistico, tanto per il professionista che sappia leggervi in concreto le tracce del sovrapporsi di momenti e piani, quanto per il visitatore sensibile alla forma urbana che nella capitale catalana può percepire chiaramente quanto la sua trasformazione offra in termini di complessità degli spazi e varietà delle situazioni urbanistiche. La Barcellona dell'ultimo ventennio del XX secolo è stata un crogiuolo di sperimentazioni progettuali che, anche quando polemiche, hanno avuto il pregio di avanzare formulazioni di definizione teorica e costruzione pratica non riscontrabili in altri contesti. La città contemporanea, forse meglio di altre realtà urbane europee per il periodo che va dalla nascita dell'urbanistica moderna ai giorni nostri, si è sempre configurata come una sorta di "campionario" del rapporto trasformazioni urbanistiche/strumenti urbanistici e ciò risulta di estremo interesse, in quanto tale rapporto ha segnato le tappe del percorso che conduce dal Moderno al Contemporaneo.
Gli interventi associati al periodo olimpico, il progressivo recupero del
waterfront, la bonifica e rivitalizzazione dei tessuti
degradati delle parti più dense e delle periferie, la nuova dotazione
infrastrutturale e la politica di vitalizzazione degli spazi
pubblici sono solo alcune delle direttrici percorse nella costruzione del
processo di trasformazione in grande capitale
internazionale inscenato a partire dall'avvento delle amministrazioni
democratiche.
Probabilmente alcune delle chiavi del successo dell'esperienza di Barcellona sono da ricercarsi in primis nella capacità di problematizzazione secondo scale differenti (quella settoriale e quella generale) e nell'integrazione urbana che ha caratterizzato le sue attuazioni. Come indica Joan Busquest, lo sviluppo urbano in un periodo di crisi non necessariamente si traduce in urbanistica dell'austerità. Questa constatazione è associata ai momenti di avvio del processo trasformativo, ma i fondamenti che poi si trasferiscono al quadro teorico e operativo, il pragmatismo strategico e l'avanguardismo progettuale, sono elementi costanti che subiscono progressive attualizzazioni all'introdurre nella scacchiera del progetto nuovi soggetti e variabili. Emerge così come la progettazione e le metodologie per le quali la città è considerata promotrice di un modello neghino con forza il dualismo tra Piano e Progetto, cercandone piuttosto la ricomposizione in una profonda integrazione tra architettura e urbanistica.
Tale dinamica è esplicita nell'esperienza barcellonese del cambio di scala
(nel suo muoversi dal piccolo al grande intervento), nell'evoluzione dal
progetto monografico (piazza, parco, scuola) a quello complesso (gestione
integrata di strada, edificio e zona verde), nell'evoluzione dall'intervento di
promozione pubblica a quello di concertazione con l'operatore privato
e nel progressivo salto verso la realtà metropolitana e regionale che sta alla
base della competitività sovra-locale.
Il contributo che questo volume intende offrire risiede principalmente nel suo ricostruire il percorso trasformativo di cui la città è stata protagonista, includendo approfondimenti e testimonianze dirette sui contenuti esposti e, soprattutto, corredando il testo di una cospicua selezione di progetti, espressione delle varie geografie collettive di cui la città si compone. Accomunati da una capacità di risoluzione pragmatica, efficace e spazialmente non banale di problemi o programmi concreti, gli spazi per i quali suggeriamo la visita non necessariamente comprendono tutti i luoghi che ci si aspetterebbe di incontrare in una traiettoria convenzionale attraverso le varie zone di cui la città si compone, ma intendono offrire, questo sì, un quadro completo dei processi trasformativi ed evolutivi che sono entrati in atto a Barcellona a partire dall'avvento delle amministrazioni democratiche. Motivo di soddisfazione sarebbe poi che alcuni dei luoghi esposti, lungi dall'indulgere in un'esperienza estetica, potessero essere suggeritori, anche polemicamente, di interrogativi, confronti, inquietudini e suggestioni. Tratteremo allora dei percorsi che non necessariamente toccheranno sempre e solo progetti fotogenici, incontrando piuttosto molte architetture necessarie che, in forma diretta o indiretta, hanno segnato un cammino o sono state espressione di esigenze e processi importanti per la comunità. Per questa ragione parliamo soprattutto di una città che vive e si basa su degli elementi condivisi, sul sistema logistico e delle reti di mantenimento, su quello della mobilità, dello spazio pubblico e dei luoghi collettivi. | << | < | > | >> |Pagina 15Parte prima
Storia di un modello tra innovazione e coerenza
Dal 1980 a oggi la trasformazione urbanistica di Barcellona è stata continua, ma con accenti diversi. Reduce dal difficile periodo della dittatura, negli anni Ottanta la città avvia un processo di riforma che la condurrà a riprendere in mano le redini del proprio destino. Una sequenza importante di piani e progetti, sicuramente più comprensibili se si considerano anche i prodromi e le discontinue dinamiche di crescita che li hanno preceduti, fa sì che i tessuti, dominati dalla maglia Cerdà e dal carattere compatto con cui la città era andata configurandosi fin dall'antichità, vengano adeguati alle forme e alle esigenze del vivere contemporaneo. Il Plan Generale Metropolitano del 1976 segna in tal senso il punto di inflessione tra l'occupazione indiscriminata del territorio e una sua gestione integrata ed equanime.
Con l'avvento della democrazia, un'articolata serie di attuazioni sembra
indicare il formarsi di un modello Barcellona che è diventato progressivamente
protagonista di un elaborato cammino evolutivo.
Nei primi anni Ottanta, gli interventi puntuali di piccola scala nello spazio pubblico (si costruirono più di 140 strade, piazze e giardini in soli sette anni) modificarono il paesaggio urbano, migliorandone la qualità e permettendone un recupero di identità. Queste operazioni di agopuntura dovettero però attendere l'occasione olimpica del 1992 per poter agglutinare attorno a un progetto catalizzatore le operazioni urbane di maggior peso e complessità, capaci di produrre un cambio di scala.
Il progetto olimpico, attraverso la costruzione delle Ronde e
l'implementazione delle nuove tecnologie, si configurava pertanto soprattutto
come un'operazione infrastrutturale che,
approfittando dell'opportunità, metteva mano alla riforma di
alcune aree periferiche marginali e degradate. Esso indusse
inoltre un cambiamento fondamentale nello sviluppo urbanistico della città,
spingendo ad abbandonare l'esclusività di una
crescita urbana verso ovest per dare nuovo impulso alle aree
industriali del nord-est e del fronte litorale, strategia questa
che, già oggetto di un progetto di articolazione tra il centro
storico e il Moll de la Fusta (1985), sopprimendo la linea ferroviaria si
consolidava adesso con la proposta della Vila Olimpica e del recupero di 4 km di
litorale spiaggioso.
Impostate le direttrici della nuova geografia, si continuò quindi l'attività di bonifica dei tessuti e di dotazione di servizi dell'area centrale e cominciarono ad avviarsi progetti che permettessero alla città di essere competitiva sullo scenario internazionale. La promozione nel 2004 del Forum Mondiale delle Culture costituisce il nuovo palcoscenico grazie al quale polarizzare l'impulso trasformativo, anche se nella tradizione delle crescite per eventi esso emerge come un qualcosa di distinto. Le Esposizioni Universali e i Giochi Olimpici, sebbene fosse loro riconosciuto il ruolo di motori della trasformazione urbana, possedevano un contenuto predeterminato rispetto al quale si dovevano adattare i singoli progetti. Nel caso del Forum invece, la forza generativa è stata direttamente la volontà di urbanizzazione, la costruzione di un settore urbano per il quale si è dovuto piuttosto cercare un contenuto nuovo che non si avvaleva di tradizione o esperienze previe. Anche l'approccio metodologico è stato diverso. Mentre con i Giochi Olimpici il processo prendeva avvio da progetti urbani assai definiti e strutturati a cui dovevano adattarsi spazi e manufatti che erano espressione della personalità dei rispettivi autori, il Forum ha comportato un incremento dell'autonomia assegnata all'architettura: partendo da uno schema di base, i progetti più significativi, una volta assegnati, venivano infatti sviluppati attraverso un processo dialettico che poteva dare luogo a una trasformazione o a un adeguamento della pianificazione urbana generale e settoriale.
È in tale dinamica che si è verificato uno dei cambiamenti più
vistosi e importanti nell'evoluzione della prassi metodologica
che si stava consolidando.
L'ultima trasformazione si polarizza in corrispondenza dei due fiumi che sono anche i limiti naturali dell'area centrale: il Besós da un lato e il Llobregat dall'altro. Le grandi operazioni si integrano nella porzione di città al di sotto della Gran Via e della Meridiana e alle spalle del Montjuïc, in cui storicamente si erano accumulati i suoli produttivi e le grandi infrastrutture: in corrispondenza del Besós si trovano gli interventi del Forum, Sant Andreu Sagrera, Glóries e 22@, mentre nel Llobregat, seguendo il cammino tracciato dalla Fira 2000, Ciutat Judicial, Zona Franca e Gran Via, si insediano i grandi progetti urbani che permettono il salto verso le operazioni strategiche del Delta. Sono comunque il potenziamento dell'area e delle regioni metropolitane come fattore strategico di sviluppo e la loro inclusione entro una visione integrata a segnare il definitivo cambio di scala e l'apertura di nuovi scenari progettuali. Per questa ragione, i macro progetti cominciano a estendersi oltre i confini del municipio centrale, investendo di polarità e urbanità un territorio con il quale sempre più esso si troverà a vivere in simbiosi. | << | < | > | >> |Pagina 20La città di fondazione romanaLa colonia Barcino, germe della futura Barcellona, si trova per la prima volta descritta nel compendio di Agrippa pubblicato da Plinio il Vecchio sotto il regno di Augusto e si localizzava in una zona in cui già precedentemente erano esistiti degli insediamenti abitati. La sua fondazione, dopo la conquista romana nel 201 a.C. dell'antico agglomerato cartaginese, viene fatta risalire al I secolo a.C., quando divenne la capitale della Laietana (suddivisione della provincia di Tarragona). Si trattava in quel tempo di un centro urbano dalle ridotte dimensioni, localizzato sul monte Taber e circondato da fortificazioni. La sua pianta era quella caratteristica del Castrum romano, organizzato cioè secondo due assi ortogonali del Cardo e del Decumano. Nella piana retrostante si trovavano invece sparse delle villae che assicuravano lo sfruttamento delle coltivazioni. Decentrata rispetto alle arterie romane principali che da Narbona scendevano verso Tarraco (l'odierna Tarragona), la città si consolidò su degli assi territoriali molto precisi, con la via Augusta e la Trevesera quali direttrici esterne principali. La struttura territoriale già risultava determinata a partire dalle vie romane che, con i propri ponti e tracciati, garantivano il movimento tanto alle truppe militari quanto al traffico commerciale e amministrativo. Di fatto, l'ordine assiale orizzontale (nordovest-sudovest) e quello verticale (sudest-nordest) sarebbero poi stati analogamente reinterpretati da Cerdà nel suo piano quali gli assi maestri della colonizzazione del piano barcellonese. Il sistema degli acquedotti e quello fognario avrebbero organizzato lo spazio centrale fino al Medioevo inoltrato.
Nel III secolo Barcellona acquisisce la cittadinanza romana e si
converte in
Civitas Julia Augusta Paterna Faventia Barcino.
Nello stesso periodo, il consolidamento della muraglia la
trasforma in piazzaforte e la delinea come città compatta nel
territorio, vicino al mare e leggermente rialzata rispetto al
piano circostante. Questo la rese più importante rispetto alle
altre colonie romane della zona, la cui maggiore vulnerabilità
nei confronti degli attacchi esterni ne avrebbe infine determinato la scomparsa.
La città medievale La molteplicità di colonizzazioni e invasioni di Barcellona ha prodotto un fenomeno di successione e sovrapposizione molto interessante. Con il risollevarsi delle sorti della città dopo il saccheggio e l'incendio perpetrati delle truppe di Al Mansur del Califfato di Cordoba nel 985, cominciarono a formarsi dei nuclei dispersi al di fuori dell'antico recinto fortificato (le viles noves), che vennero infine inclusi entro un nuovo impianto difensivo iniziato nel 1260 a protezione di una superficie di ben 130 ettari. Parallelamente si approntavano altre difese disperse nella piana e sulla collina di Montjuïc (Castell de Port). L'operazione urbanistica più importante di questo periodo fu l'urbanizzazione della Calle Montcada nella vila nova del Mar, che sarebbe andata a convertirsi nel principale asse insediativo dei palazzi signorili. | << | < | > | >> |Pagina 41I poligoni residenziali, il Plan Director e il Plan 2000All'inizio degli anni Sessanta l'economia nazionale iniziò a crescere, raggiungendo il vertiginoso ritmo del 9% annuo. Il reddito procapite si quadruplicò e nel 1964 la Spagna venne affrancata dalle Nazioni Unite dal titolo di paese in via di sviluppo, divenendo nel '73 la nona potenza industriale del mondo. L'area commerciale si dovette allora confrontare con un esplosivo incremento di popolazione di un milione di abitanti. Con il Plan de Estabilización del 1959 vennero promossi una serie di cambiamenti che determinarono un rafforzamento dei settori industriale e turistico a scapito di quello agricolo; il Plan de Urgencia Social del 1958 delimitò invece una serie di ambiti di esproprio finalizzati al conseguimento a prezzi ragionevoli di suolo edificabile, favorendo così la comparsa di importanti complessi di residenze a prezzi ridotti (i poligoni), la cui costruzione coincise con una maggiore capacità operativa degli operatori immobiliari e con l'introduzione di soluzioni innovative nel campo delle tecnologie costruttive. Dopo i primi poligoni di promozione pubblica che, localizzati in zone marginali oggi integrate nella città per effetto della sua successiva crescita, quasi mai superavano i 10 ettari di estensione e offrivano una notevole varietà tipologica, nella seconda metà degli anni Cinquanta la maggior parte delle operazioni venne promossa dalla stessa commissione urbanistica creata nel 1953 per gestire il Plan Comarcal. L'edificazione poggiava sui viali e gli interventi si pianificavano in continuità con la città costruita, raggiungendo estensioni comprese tra i 10 e i 30 ettari e un numero di alloggi normalmente superiore alle 1.000 unità. All'opposto, i primi poligoni metropolitani, di dimensioni oscillanti tra i 20-25 ettari, si appoggiavano sui nuclei urbani storici dell'ambito commerciale, in modo che il soggetto promotore, principalmente la Obra Sindical del Hogar, potesse sopperire alle mancanze nella dotazione di servizi usufruendo di quelli presenti nel nucleo già esistente. I poligoni speculativi fecero invece la propria comparsa nella seconda metà degli anni Sessanta, occupando settori di ridotta superficie (generalmente inferiori ai 15 ettari), ma concentrando un gran numero di alloggi. La loro localizzazione era generalmente piuttosto eccentrica e le abnormi densità che li caratterizzavano erano spesso conseguenza di un'interpretazione abusiva della normativa. La città, passiva sotto le spinte senza precedenti generate dalle dinamiche immobiliari, soffrì una trasformazione brutale. Di fronte all'esplicita conflittualità della scena urbana sul finire degli anni Sessanta, la prima riforma del Plan Comarcal venne realizzata nel 1968 con il Plan Director, un documento che strutturava tutta l'area metropolitana a partire da cinque schemi base di ordinamento, ma che non ebbe mai carattere prescrittivo e si vide quindi relegato da parte del governo a mero strumento orientativo. È importante segnalare che fu lo stesso gruppo redattore del piano che introdusse il concetto di area metropolitana, riconoscendo una realtà urbanistica superiore rispetto all'ambito commerciale tradizionale con l'includervi circa 3000 km2 di superfici e uno sviluppo costiero di approssimativamente 100 km lineari. Finalmente venivano discussi i concetti di città-territorio e città-regione in contrapposizione ai sistemi chiusi caratteristici della vecchia progettazione e venivano sviluppate due idee di grande respiro: la decongestione della città a partire dalla deconcentrazione industriale (pensando che la residenza finisse per seguire l'attività produttiva) e la localizzazione delle attività terziarie come strumento di riequilibrio territoriale. Nel 1970, con la popolazione residente nel municipio che raggiungeva il milione e 740.000 abitanti, l'amministrazione guidata dal sindaco J. M. de Porcioles, proponendo il piano Barcelona 2000, convinse il governo centrale a candidare la città per un'altra esposizione universale da tenersi nel 1982. Nello schema, che prefigurava Barcellona quale capitale di un'area metropolitana di circa 6 milioni e mezzo di abitanti, il sistema viario veniva ancora una volta utilizzato quale veicolo della trasformazione urbana. La città appariva attraversata da vie segregate che la dividevano in settori. Si immaginava la Gran Via de las Exposiciones come un maestoso asse verticale che univa la Placa de Espanya con il Vallés attraverso il tunnel di Vallvidrera; la Travessera de Grácia aumentava considerevolmente le proprie dimensioni al passaggio attraverso i vari nuclei suburbani fino a Santa Coloma ed era rinominata Gran Via Norte. La medesima Gran Via veniva ampliata attraverso la demolizione di un isolato lungo tutto il suo sviluppo. Questa proposta non venne evidentemente mai sviluppata, ma la sua grandiosità fu spesso strumentale a descrivere le erronee direttrici e previsioni secondo cui la Barcellona di Porcioles pensava che l'organismo urbano potesse crescere. Infine, il 20 novembre del 1975, il generale Francisco Franco si spense a Madrid. Con la sua morte, il paese iniziava un delicato cammino verso la normalizzazione e le energie vitali della società catalana, già nuovamente protagoniste nell'ultimo periodo del regime, cominciarono a porre le basi di una nuova cultura della città. | << | < | > | >> |Pagina 202I tracciatiLa conformazione fisica di Barcellona mostra evidenti i segni della storia: nel passaggio dall'urbe raccolta entro le mura allo sviluppo tardo-ottocentesco dell'Exaimple, dalla formazione dei poligoni residenziali novecenteschi alla rinascita della città olimpica fino all'affermazione ultima dell'area metropolitana, eterogenea e complessa per la varietà dei tessuti e le modalità di integrazione che essa comprende. La progressiva occupazione delle aree insistenti attorno al nucleo originario e l'inglobamento delle varie municipalità disperse attraverso l'azione agglutinante della trama Cerdá hanno portato alla configurazione di un sistema in cui, seguendo un processo di crescita a singhiozzo a causa delle note vicissitudini della politica nazionale del XX secolo, le geometriche perfezioni del virtuosismo pianificatorio hanno dovuto confrontarsi con le condizioni geomorfologiche del contesto e con l'obsolescenza dei modelli adottati al momento della stesura dei piani. Non che fossero mancati i tentativi di radicale e globale riforma della città (si pensi al Plan Maciá del 1932 elaborato da Le Corbusier e dal GATCPAC), ma l'odierna realtà barcellonese è piuttosto il risultato prodotto da un'importante capitale mediterranea dalla forte vocazione turistica (con tutto ciò che questo implica su servizi e trasporti) che ha voluto e saputo crescere coniugando la continuità di una visione strategica d'insieme con le occasioni offerte (o create) a partire dalle contingenze, acquisendo nel tempo la capacità di adattare le reti della mobilità in un processo di fare-disfare-migliorare che ha infine condotto all'odierno network dell'intermodalità. Estremamente ricco e complesso, questo, oltre a ricercare l'integrazione fra i differenti mezzi di trasporto, attribuisce un ruolo fondamentale alla mobilità pedonale e promuove con ciò un riconoscimento del valore insito nello spazio pubblico quale elemento di competitività della città sullo scenario internazionale (si consideri a tale proposito il dato che emerge da un confronto della superficie carrabile totale del suolo comunale – pari a 11.007.390 m2 – rispetto a quella occupata dai marciapiedi e dalle strade pedonali – 5.985.350 m2 e 138,17 ettari rispettivamente).
A fronte quindi di una struttura che, consolidata su alcune
tracce storiche, venne comunque definita nei suoi aspetti più
caratteristici dall'azione demiurgica di Cerdá, Barcellona ha
vissuto una serie di successive attualizzazioni del sistema e, rispondendo tanto
all'incremento della domanda quanto all'insorgere di nuove dinamiche negli
spostamenti di merci e persone (e quindi alla comparsa di nuove possibilità di
funzionamento per la macchina urbana), ha attivato una serie di processi
interattivi fra le varie modalità che, attenti al conseguimento di un equilibrio
sostenibile in termini economici e ambientali, segnano marcatamente la città
moderna.
Le reti stradali, metropolitana e ferroviaria, si trovano tra loro strettamente relazionate, per favorire la crescita e il funzionamento della città mantenendo un equilibrio tra le esigenze di flussi e merci, comodità per le utenze e qualità dei servizi. Toccando tutte le modalità, il sistema integrato dei trasporti metropolitani è spinto verso obiettivi di alta capacità grazie all'interazione dei piani settoriali di gestione e a una pianificazione infrastrutturale conforme alle possibilità espresse dal contesto. Ciò implica il disegno di una struttura che non è dipendente da un unico sistema (e quindi fragile di fronte al relativo collasso di questi), ma è in grado alternativamente di riequilibrare e modificare il sistema complessivo a seconda delle dinamiche evolutive e dei caratteri dell'ambito di insediamento. Tale attitudine viene perseguita attraverso un efficiente grado di compattazione dei tracciati (Gran Via e Ronda Litoral), con l'incremento della multimodalità negli hub passeggeri (Stazioni di Sants, Sagrera e aeroporto) e con l'interazione fra sistema di trasporto pubblico e privato, nel presupposto che la città compatta mediterranea (la città a misura di pedone) risieda fortemente nella qualità di spazi pubblici a cui le infrastrutture della mobilità devono contribuire. La torte attrazione esercitata dai nucleo ha poi anche fatto sì che una diversificazione della mobilità si ponesse come necessaria non solo per far fronte alla congestione e al collasso delle singole reti, quanto piuttosto per valorizzare e centralizzare i settori residenziali periferici, resi quindi progressivamente capaci di attirare attività terziarie. Non tanto e solo si rese accessibile la città alla periferia, quanto piuttosto si apportarono a quest'ultima i caratteri di urbanità della prima. Emerge con forza un aspetto importante dell'esperienza barcellonese: il riconoscere allo spazio e al tempo del movimento un valore fondamentale per la qualità della città. Ne discende che essi non tanto vengono modellati per rispondere passivamente alle sollecitazioni della domanda, ma piuttosto si configurano per regolarla attraverso le proprie forme e dinamiche e ne delineano previsioni di crescita, flessibilità e reversibilità: trasformare in viaggio il trasporto e in luogo la strada. | << | < | > | >> |Pagina 264La città della conoscenzaNella costruzione di un sistema economico metropolitano competitivo e raggiungendo la promozione di condizioni che favoriscano l'insediamento di imprese ad alto valore aggiunto, grazie a innovazione e ricerca, la costruzione di un polo educativo di eccellenza a livello nazionale e internazionale è per Barcellona un obiettivo di primaria importanza.
Oltre ai centri in cui si realizzano i cicli dell'istruzione obbligatoria e
alle installazioni universitarie di primo e secondo livello,
la struttura della città della conoscenza è integrata da una serie di istituti e
parchi di ricerca in cui il mondo universitario si
integra in forma biunivoca con quello delle imprese, dello sviluppo tecnologico
e dell'assistenza medica. La rete delle biblioteche pubbliche, interfacciandosi
con tutti i segmenti della società civile, completa poi il quadro delle
strutture che contribuiscono alla promozione e alla diffusione del sapere
disponendo di 29 impianti solo all'interno dell'area centrale.
Il sistema educativo della scuola dell'obbligo è retto, nel territorio municipale, dall' Institut Superior d'Educació de Barcelona, organismo amministrativo autonomo del Comune che provvede alla gestione delle varie strutture. La rete di cui l'Institut è responsabile comprende 87 istituti (53 scuole d'infanzia, 13 istituti di educazione primaria, 9 di educazione secondaria, 6 d'insegnamento artistico e 2 di educazione permanente per gli adulti) a cui fanno riferimento oltre 14.500 allievi. Quando alla fine degli anni Settanta si produsse il ritorno alla democrazia e nel 1981 avvenne il passaggio all'amministrazione autonoma delle competenze in tema di insegnamento, si verificò un cambio radicale nel panorama dell'edilizia scolastica, instaurandosi un clima propizio alla nascita di molti edifici scolastici dalle impostazioni innovatrici tanto dal punto di vista architettonico come da quello pedagogico. Tra le principali istanze che provenivano dalla popolazione in quel momento la richiesta di strutture per l'educazione era infatti una delle più pressanti. Le costruzioni degli anni precedenti avevano solo parzialmente risposto alla crescente domanda derivante dall'elevato aumento della popolazione, e le strutture si trovavano, nella maggior parte dei casi, in uno stato di precaria conservazione. Per molti anni non si erano costruite scuole e gli interventi d'emergenza realizzati secondo i criteri uniformisti del dopoguerra (modelli ripetitivi progettati e realizzati senza tenere in considerazione le singolarità di ogni intervento) manifestavano chiare deficienze derivate dalla mancanza di pianificazione e dalla ripetizione di errori di carattere costruttivo. Con questa nuova fase, invece, le scuole divennero anch'esse occasione di sperimentazione e in molti casi, come stava accadendo nel disegno dei primi spazi pubblici, si produssero progetti che, come reazione al contesto insediativo, assunsero caratteri formali di purezza tettonica e geometrica. La diversità delle proposte architettoniche e la singolarità degli edifici divennero i tratti caratteristici di questa tappa. Negli anni Novanta, invece, divenne più esplicita la volontà di adottare modelli architettonici che, a parte l'attenzione al contesto e l'integrazione con i tessuti urbani, fossero flessibili nel disegno e adattabili a possibili cambiamenti futuri. La domanda continua di nuove installazioni scolastiche e l'ampliamento delle esistenti entro scadenze temporali molto corte sono alcune delle principali sfide che si dovettero cogliere. Elementi prefabbricati cominciano adesso ad apparire con sempre maggiore frequenza e adottando soluzioni spaziali e formali sempre più sofisticate.
I centri, negli ultimi anni, sono caratterizzati, conformemente
alle nuove direttrici definite dal Departament d'Ensenyament,
dalla progressiva incorporazione di nuovi spazi specializzati,
amministrativi e di docenza; acquistano inoltre sempre più importanza gli ambiti
di relazione, tanto dentro l'edificio quanto
nelle sue superfici all'aperto, e si assiste a una crescita generalizzata della
polivalenza dei locali.
La Barcellona delle strutture universitarie è ugualmente complessa. La città è un centro importante per gli studi e si afferma come il secondo distretto universitario spagnolo a fronte degli oltre 251.000 studenti iscritti (191.000 appartenenti al primo e secondo ciclo e il resto ai master e postgradi). Le principali università sono l'Universitat de Barcelona, l'Universitat Autónoma de Barcelona, I'Universitat Politécnica de Catalunya e la Pompeu Fabra. A parte i nuclei storici insediati nell'area centrale, lo sforzo prodotto negli ultimi anni è stato finalizzato a una maggiore distribuzione dell'offerta docenti, con la creazione di nuovi campus nell'area metropolitana. | << | < | |