Copertina
Autore Daniele Del Giudice
Titolo Staccando l'ombra da terra
EdizioneEinaudi, Torino, 1994, Supercoralli , Isbn 978-88-06-13584-3
LettoreRenato di Stefano, 1995
Classe narrativa italiana
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Indice


p. 3 Per l'errore
  15 Tra il secondo 1423 e il secondo 1797
  23 E tutto il resto?
  36 Pauci sed semper immites
  67 Fino al punto di rugiada
  85 Manovre di volo
  97 Unreported inbound Palermo
 105 Doppio decollo all'alba

 

 

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Pagina 3

Per l'errore

Non c'è un momento preciso né un giorno fissato, non ti sarà preannunciato da alcun segno esteriore, nulla nei comportamenti e nel paesaggio sarà diverso dall'abituale, il sole a filo della pista, la pista che finisce nel mare, niente comunque ti farà presagire che è giunto il momento, per te, di trovarti su un aeroplano senza passeggeri, senza piloti, senz'altri che non sia tu stesso, come nel peggiore dei sogni. Puoi parlare ad alta voce, non v'è divieto, puoi cantare o sudare, non v'è chi se ne accorga, puoi girarti verso destra e guardare il posto vuoto dove abitualmente siede il tuo maestro, considerare quel vuoto come la piú sconsolante rappresentazione del vuoto assoluto, la piú struggente sensazione d'abbandono. Puoi tirare indietro le manette, fermare l'elica, aprire il portello, sganciare le cinture e scendere sollevando le braccia: qualcuno venga a prendere l'aeroplano che stai lasciando li, allineato all'inizio della pista per il tuo primo decollo da solo. Una decisione di grande saggezza, una decisione onorevole. Ma con quale coraggio? Il tuo comandante è davanti all'hangar, ti guarda non meno perplesso, non meno preoccupato di te, conosci quel modo dei comandanti di scrutare il cielo da aruspici, meteorologi e padri di famiglia; sull'aeroporto è già stato sospeso il traffico per questo tuo primo decollo da solo; per quanto sia presto al mattino e deserto l'ambiente, le pessime figure hanno sempre un vasto, insospettabde pubblico.

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Pagina 67

Fino al punto di rugiada

Ti perdesti una mattina in volo come ci si perde nella vita, senza rendersi conto che ci si smarrisce, scivolando a poco a poco nel non trovarsi piú; prima la campagna non fu quella che t'aspettavi, poi il fiume che doveva arrivare non arrivò, infine la foschia da caldo che vaporava sulla Padania si cristallizzò in una opacità densa e piú consistente, tanto tra un minuto ne esco pensasti, passò un minuto e un altro, tutti i vetri dell'aereo divennero smerigliati e bianchi, ti fu chiaro che da quella nebbia diurna e calda non uscivi piú. Non è che ci si perda di colpo, ci si comincia a perdere per termo, in realtà t'eri già perso prima, all'ultimo riporto, quando avevi chiamato l'Ente confermando di essere dove secondo il piano di volo avresti dovuto essere: puro nominalismo, assoluta predominanza del progetto su ogni realtà, dato che non c'eri affatto. A quel punto eri sceso di quota, avevi agganciato una linea ferroviaria, e quando la ferrovia s'era fermata in un paesino avevi fatto un passaggio basso sulla stazione per leggere il nome, ma il nome, preso cosí in velocità, non t'aveva aiutato granché, ovunque tu fossi eri fuori rotta e risalendo nella foschia perdesti ancora di piú l'orientamento fino a trovarti dove sei adesso, cioè dove tu non sai. L'ultima posizione certa era Abeam Boa, un punto nautico sulla carta una decina di miglia a est di Bologna sulla verticale di piccoli agglomerati di case tutti uguali, poteva essere Budrio o Medicina o San Lazzaro di Savena, sui tetti non ci sono i nomi dei paesi, [...]

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