Autore Don DeLillo
Titolo Zero K
EdizioneEinaudi, Torino, 2016, Supercoralli , pag. 244, cop.rig.sov., dim. 14x22x2,2 cm , Isbn 978-88-06-23252-8
OriginaleZero K [2016]
TraduttoreFederica Aceto
LettoreElisabetta Cavalli, 2017
Classe narrativa statunitense












 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice


       Parte prima

       Nel tempo di Čeljabinsk

    5  Capitolo primo
    9  Capitolo secondo
   13  Capitolo terzo

       [...]

  117  Capitolo decimo


  133  Artis Martineau


       Parte seconda

       Nel tempo di Kostjantynivka

  143  Capitolo primo
  147  Capitolo secondo
  159  Capitolo terzo

       [...]

  239  Capitolo decimo


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 5

Capitolo primo


Tutti vogliono possedere la fine del mondo.

Questo ha detto mio padre, in piedi, davanti alle finestre all'inglese del suo ufficio di New York: gestione del patrimonio, dynasty trusts, mercati emergenti. Stavamo condividendo un momento raro, contemplativo, col tocco finale dei suoi occhiali da sole vintage che portavano la notte fra quattro mura. Osservavo con attenzione le opere d'arte, vagamente astratte, e cominciavo a capire che quel silenzio prolungato seguito alla sua osservazione non apparteneva né a me né a lui. Pensavo a sua moglie, la seconda, l'archeologa, quella la cui mente e il cui corpo, sempre piú provati ormai, presto avrebbero cominciato a fluttuare, come da tabella di marcia, nel vuoto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 9

Capitolo secondo


Mio padre si era fatto crescere la barba. La cosa mi ha sorpreso. Era leggermente piú grigia rispetto ai capelli e aveva l'effetto di mettere in risalto gli occhi, rendeva il suo sguardo piú intenso. Era forse quel genere di barba che hanno gli uomini ansiosi di entrare in una nuova dimensione di fede?

Gli ho chiesto: - Quand'è che succederà?

- Stiamo programmando il giorno, l'ora, il minuto. Presto, - mi ha risposto.

Aveva piú di sessantacinque anni, Ross Lockhart, scattante, spalle grosse. Gli occhiali scuri erano poggiati sul tavolo, davanti a lui. Ero abituato a incontrarlo in uffici situati in posti ogni volta diversi. Questo qui era un ufficio improvvisato, una serie di schermi, tastiere e altri dispositivi sparsi per la stanza. Sapevo che aveva investito ingenti somme di denaro in questa operazione, quest'impresa chiamata Convergence, e l'ufficio era stato una gentile concessione per permettergli di mantenere gli opportuni contatti con la sua rete di società, organismi, fondi, enti, fondazioni, cartelli, comuni e clan.

- E Artis?

- Lei è prontissima. Non c'è ombra di esitazioni o ripensamenti.

- Non stiamo parlando di una vita spirituale eterna. Qui si tratta del corpo.

- Il corpo verrà congelato. Sospensione criogenica, - ha detto.

- E poi nel futuro.

- Sí. Un giorno sarà possibile neutralizzare le circostanze che conducono alla fine. La mente e il corpo verranno risanati, riportati in vita.

- Non è nuova come idea. Dico bene?

- Non è nuova come idea. È un'idea, - ha detto, - che si sta avvicinando alla sua completa realizzazione.

Mi sentivo disorientato. Era la mattina di quella che sarebbe stata la mia prima giornata piena lí e di fronte a me, dietro la scrivania, c'era mio padre, e niente mi era familiare: la situazione, l'ambiente fisico, l'uomo con la barba. Sarei tornato a casa senza il tempo di assimilare nulla.

- E tu hai piena fiducia in questo progetto.

- Piena. Dal punto di vista medico, tecnologico, filosofico.

- C'è chi prenota un posto per gli animali domestici, - ho detto io.

- Non qui. Qui non c'è niente di ipotetico. Niente di velleitario o marginale. Uomini, donne. Morte, vita.

La sua voce aveva il tono pacato di una sfida.

- Posso vedere il luogo dove tutto questo avviene?

- Ho i miei seri dubbi, - mi ha risposto.

Artis, sua moglie, era afflitta da diverse malattie invalidanti. Sapevo che il deterioramento della sua salute dipendeva in larga parte dalla sclerosi multipla. Mio padre era lí prima come devoto testimone del suo trapasso e poi in veste di osservatore competente delle metodologie iniziali che avrebbero consentito la conservazione del corpo fino all'anno, il decennio, il giorno in cui fosse stato possibile risvegliarlo senza correre alcun rischio.

- Quando sono arrivato qui sono stato accolto da due uomini armati. Mi hanno fatto passare per i controlli di sicurezza, mi hanno portato nella mia stanza, senza, in pratica, proferire parola. Non so altro. A parte il nome, che ha qualcosa di religioso.

- Tecnologia basata sulla fede. Ecco cos'è. Un altro dio. Non tanto diverso, alla fine, da alcune nostre divinità del passato. Solo che è un dio reale, questo, è vero, mantiene le promesse.

- La vita dopo la morte.

- In ultima istanza, sí.

- Convergence.

- Sí.

- Ha un senso in matematica.

- Ha un senso in biologia. Ha un senso in fisiologia. Lascia perdere, - ha detto.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 23

Una volta, quando erano ancora sposati, mio padre chiamò mia madre pescivendola. Poteva essere stata una semplice battuta, ma questa cosa mi spinse a prendere il dizionario e cercare il significato della parola. Donna volgare, sguaiata. Dovetti cercare sguaiato. Persona scomposta, scurrile. Dovetti cercare scurrile. Il dizionario mi riportò a sguaiato. Da gaio. Dovetti cercare gaio. Significava allegro, giulivo. Dovetti cercare giulivo.

Tre o quattro anni dopo provai a leggere un romanzo europeo lungo e profondo, scritto negli anni Trenta e tradotto dal tedesco, e mi imbattei nella parola pescivendola. Mi ritrovai improvvisamente nel clima matrimoniale. Ma quando provai a immaginare la loro vita insieme, madre e padre senza di me, non mi venne in mente niente, non avevo idea di niente. Da soli, Ross e Madeline, cosa si dicevano, com'erano, chi erano? Al posto di mio padre percepivo uno spazio in frantumi. Ed ecco mia madre, seduta in fondo a una stanza, una donna magra in pantaloni e camicia grigia. Quando mi chiese del libro, io feci un gesto di esasperazione. Il libro era una sfida, un tascabile di seconda mano pieno zeppo di emozioni enormi, violente, stampate in un corpo minuscolo su pagine deformate dall'umidità. Mi disse di metterlo via e di riprenderlo passati tre anni. Ma io volevo leggerlo in quel momento, ne avevo bisogno in quel momento, pur sapendo che non l'avrei mai finito. Mi piaceva leggere libri che rischiavano di ammazzarmi, libri che mi aiutavano a dire chi ero, il figlio che legge quel genere di libri per far dispetto al padre. Mi piaceva starmene seduto nel nostro minuscolo balcone di cemento, a leggere, con una vaga visione dell'anello in vetro e acciaio dove lavorava mio padre, in mezzo ai ponti e alle torri di Lower Manhattan.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 94

Ross in poltrona, Jeff sulla panca con i cuscini, due uomini nervosi impegnati in una conversazione, e in camera da letto Artis, che aspettava di morire.

Mio padre mi ha detto: - Io vado con lei.

Ho capito subito cosa intendeva dire, leggendoglielo in faccia, ma fingendo di essere confuso?

- Tu vai con lei.

Avevo bisogno di ripetere quelle parole. Vado con lei. In un certo senso capivo che il mio compito era pensare e parlare seguendo i binari della convenzione.

- Intendi dire che sarai con lei quando la verranno a prendere e le faranno quello che le devono fare, giusto? Vuoi supervisionare le procedure, no?

- Vado con lei, le farò compagnia, condividendo tutto, l'uno al fianco dell'altra.

C'è stata una lunga pausa, nell'attesa che uno dei due riprendesse a parlare. La semplice realtà di quelle parole, l'immensa forza che si raccoglieva dietro di loro e che mi scombussolava.

- Ho capito cosa stai dicendo. Ma le domande che dovrei fare a quanto pare non vengono.

- È da un po' che ci penso.

- L'hai già detto.

- Non voglio vivere la vita che vivrei senza Artis.

- Ma è quello che provano tutti quando una persona cara, una persona a cui si è intimamente legati, sta per morire, o no?

- Io so solo essere l'uomo che sono.

Belle parole, con quel pizzico di impotenza che non guasta.

Un altro lungo silenzio, Ross con lo sguardo perso nel vuoto. Lui va con lei. Era la negazione di tutto quanto lui avesse mai detto o fatto. Faceva della sua vita, o della mia, una specie di fumetto. Era un tentativo di redenzione, una sorta di liberazione spirituale dopo aver tanto acquistato, dopo tutte le ricchezze che aveva gestito per altri e accumulato per sé, l'esperto di strategie di mercato, il proprietario di collezioni d'arte, di dimore appartate sulle isole e di super-midsize jet. O stava attraversando un breve periodo di pazzia con conseguenze a lungo termine?

Cos'altro era?

Poteva essere semplicemente amore? Tutte quelle parole inappellabili. Si era guadagnato il diritto di pronunciarle, lui, l'uomo dal nome falso, il marito a metà, il padre assente? Mi sono imposto di mettere fine a quelle farneticazioni, al turbinio di sofferenze interiori. Un uomo con le sue risorse che sceglieva di trasformarsi in un esemplare congelato e di farsi mettere in una capsula all'interno di una struttura per la conservazione dei corpi vent'anni prima che suonasse la sua ora.

- Non eri tu che mi facevi le prediche sulla brevità della vita umana? Che mi dicevi che la nostra vita si può misurare in secondi. E ora te l'accorci da solo.

- Sto mettendo fine a una versione della mia vita per entrare in un'altra molto piú permanente.

- Nella versione attuale tu ti sottoponi a regolari controlli medici, immagino. Sicuramente. E cosa dicono i dottori? C'è un solo dottore, magari quello piccoletto e un po' zoppo con l'alito cattivo, che ti ha detto che hai una qualche malattia potenzialmente grave?

Ha scartato l'idea con un gesto della mano.

- Ti ha mandato a fare analisi su analisi. Polmoni, cervello, pancreas.

Lui mi ha guardato e ha detto: - Se uno muore, anche l'altro deve morire. Le cose vanno cosí, no?

- Tu sei sano.

- Sí.

- E vuoi andare con lei.

- Sí.

Non avevo ancora finito di cercare motivazioni abiette.

- Dimmi. Hai commesso forse dei reati?

- Dei reati.

- Enormi frodi. Sono cose che si sentono spesso nel tuo ramo, no? Imbrogli ai danni degli investitori. Cos'altro? Enormi somme di denaro che vengono trasferite illegalmente. Cos'altro? Non lo so. Ma queste sono ragioni per cui un uomo può desiderare di sparire, o no?

- Smettila di blaterare.

- La smetto di blaterare, d'accordo. Ma ho un'altra domanda senza senso da farti. Si muore prima del congelamento, giusto?

- C'è un'unità speciale. La Zero K. Si basa sulla volontà del soggetto di essere sottoposto a un certo tipo di transizione per passare al livello successivo.

- In altre parole ti aiutano a morire. Ma in questo caso, nel tuo caso, l'individuo è lontanissimo dalla morte.

- Se uno dei due muore, deve morire anche l'altro.

Di nuovo silenzio.

- Sto vivendo un'esperienza completamente irreale. Ti guardo e cerco di convincermi che sei mio padre. È cosí? L'uomo che ho davanti agli occhi è mio padre.

- Questa esperienza è irreale per te.

- L'uomo che mi sta dicendo queste cose è mio padre. È cosí? E lui dice di voler andare con lei. «Vado con lei». È cosí?

- Tuo padre, sí. E tu sei mio figlio.

- No, no. Non sono pronto per una cosa del genere. Ti sei spinto troppo oltre per me. Io sto facendo il possibile per riconoscere il fatto che tu sei mio padre. Non sono pronto per essere tuo figlio.

- Forse dovresti pensarci su.

- Dammi un po' di tempo. Col tempo forse riuscirò a pensarci.

Avevo la sensazione di essere al di fuori di me, consapevole di quello che dicevo, anche se non ero io a dire quelle parole, ma piú che altro le ascoltavo.

- Fallo per te stesso, - mi ha detto. - Senti quello che ho da dirti.

- Io penso che ti hanno fatto il lavaggio del cervello. Sei vittima di questo ambiente. Fai parte di una setta. Non te ne rendi conto? Semplice fanatismo vecchio stampo. Una domanda. Dov'è il leader carismatico?

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 110

Ben-Ezra. Avevo bisogno di pensare al suo vero nome, il suo nome di nascita. Avevo bisogno di una forma di autodifesa, un modo per introdurmi insidiosamente nella sua vita. Per completare il quadro gli avrei dato un bastone, un bastone da passeggio, di legno di acero da zucchero, l'avrei messo seduto sulla panchina, con entrambe le mani poggiate sul manico curvo, il fusto perpendicolare al terreno e la punta stondata fra i piedi.

- Quelli che alla fine usciranno dalle capsule saranno esseri umani astorici. Saranno liberi dagli encefalogrammi del passato, dai minuti e dalle ore rarefatte.

- E parleranno una nuova lingua, secondo Ross.

- Una lingua isolata, scevra da legami con altre lingue, - ha detto. - Che sarà insegnata ad alcuni, impiantata in altri, quelli cioè già in uno stato di crioconservazione.

Un sistema che offrirà nuovi significati, livelli di percezione completamente nuovi.

Amplierà la nostra realtà e la profondità del nostro intelletto.

Ci ricostruirà, ha detto.

Conosceremo noi stessi come mai prima, sangue, cervello e pelle.

Nei discorsi di ogni giorno ci avvicineremo alla logica e alla bellezza della matematica pura.

Niente similitudini, metafore o analogie.

Una lingua che non rifuggirà dalle forme di verità oggettiva che non abbiamo mai sperimentato.

Lui parlava, io ascoltavo, l'argomento cominciava a raggiungere nuove magnitudini.

L'universo, cos'era, cos'è, dove stava andando.

L'universo che si espande, che accelera, in perenne evoluzione, cosí pieno di vita, di mondi infiniti su mondi infiniti, ha detto.

L'universo, il multiverso, cosí tanti infiniti cosmici che l'idea della ripetibilità diventa inevitabile.

L'idea di due individui seduti su una panchina in un giardino nel deserto che dicono le stesse cose che ci stiamo dicendo noi, io e lei, parola per parola, a parte il fatto che si tratterebbe di due individui diversi, in un giardino diverso, a milioni di anni luce da qui - questo è un fatto a cui non si può sfuggire.

La scena che avevo davanti era quella di un uomo anziano che si era lasciato prendere dall'entusiasmo oppure il tentativo da parte del piú giovane tra i due di opporre resistenza alle astute battutine ironiche?

In ogni caso ho cominciato a vederlo come un saggio un po' svitato.

- È nella natura umana voler sapere di piú, sempre di piú, sempre di piú, - ho detto. - Ma è anche vero che quello che non sappiamo ci rende umani. E quello che non sappiamo non ha fine.

- Vada pure avanti.

- Mentre il tempo in cui non siamo vivi è infinito.

- Vada pure avanti, - ha detto.

- Se qualcosa o qualcuno non ha inizio, allora posso credere che quest'uomo, questa donna, questa cosa non abbia nemmeno una fine. Ma se sei uscito da un utero o da un uovo o sei germogliato dalla terra, significa che fin dall'inizio hai i giorni contati.

Si è fermato qualche secondo a riflettere.

- «Il macigno piú pesante che la melancolia possa tirare a un uomo è dirgli che è arrivato alla fine della sua natura, o che non esiste nessuno stato a venire».

Ho aspettato.

- Diciassettesimo secolo, - ha detto. - Sir Thomas Browne.

Ho aspettato ancora. Ma lui non ha aggiunto altro. Diciassettesimo secolo. Ha lasciato a me il compito di valutare i nostri progressi da allora in poi.

Ora soffiava un vento vero, e il giardino rimaneva calmo, l'irreale immobilità dei fiori, dell'erba e delle foglie che resistono all'impeto percettibile dell'aria. Ma la scena non è neutralmente statica. C'è un tono e un colore, un bagliore diffuso, il sole cominciava a calare, gli alberi splendevano nel breve tempo in cui il giorno moriva.

- Quando è seduto da solo a casa in una stanza silenziosa e ascolta con attenzione: cos'è che sente? Non il traffico nelle strade, non le voci, la pioggia o una radio da qualche parte, - ha detto. - Lei sente qualcosa, ma cosa? Non si tratta del suono del silenzio o di rumori di fondo. È qualcosa che può cambiare man mano che l'esperienza dell'ascolto si fa piú profonda, di secondo in secondo, e ora il volume aumenta: non perché si fa piú alto, ma perché in un certo senso si fa piú largo, si sorregge, si abbraccia. Che cos'è? La mente, la vita stessa, la sua vita? Oppure è il mondo, non la massa di materia, terra e mare, ma quello che popola il mondo, la marea dell'esistenza umana. La parola brusio. Se la sente mai risuonare nelle orecchie?

Non riuscivo a inventarmi un nome per lui. Non riuscivo a immaginarmelo da giovane. Era nato vecchio. Aveva vissuto la vita su questa panchina. Era una parte permanente della panchina, Ben-Ezra, pantofole, zucchetto, lunghe dita simili a zampe di ragno, un corpo a riposo in un giardino di vetro filato.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 121

Pensando ad Artis, vedendola, deciso ad andare con lei. Ma poi si era tirato indietro. L'idea di unirsi a lei era stata dettata da un assurdo moto di amore. Ma una volta impegnatosi, avrebbe dovuto mantenere la promessa. Una carriera e una vita in pieno svolgimento, un uomo al centro di un campo magnetico di denaro. D'accordo, sto dando troppo peso alla sua reputazione e ai suoi beni materiali. Ma questa è una componente della sua vita spropositata. L'eccesso genera eccesso.

Si è seduto all'ultima fila e dopo qualche istante l'ho raggiunto. Poi ho guardato i corpi.

C'era la questione di chi fossero, di quello che era successo prima, l'esperienza densa e ineffabile della vita di un uomo o di una donna su questa Terra. Lí erano semplici forme di vita da laboratorio nude e senza peli contenute all'interno di gusci e raccolte in una singola unità con evidentemente una serie di metodi di inscatolamento e conservazione. Ed erano state collocate in uno spazio anonimo, senza dove e senza quando, una tattica che corrispondeva a ogni aspetto della mia esperienza in quel posto.

La guida ha spiegato il significato dell'espressione Zero K.

Il suo racconto era meccanico, con pause e riprese prestabilite; ha parlato dello zero assoluto, un'unità di misurazione della temperatura, che corrisponde a meno duecentosettantatre virgola quindici gradi Celsius. Ha fatto menzione di un fisico di nome Kelvin, era lui la K della definizione. Tra le cose che la guida aveva da dirci, la piú interessante era il fatto che la temperatura impiegata nella crioconservazione in realtà non si avvicina allo zero K.

Quella definizione, quindi, serviva solo a fare scena, un'altra traccia buttata lí dai gemelli Stenmark.

[...]

La guida ha detto che c'era qualcos'altro che forse ci sarebbe interessato vedere.

Quanti giorni erano passati, quante le cose interessanti da vedere? Gli schermi, le catacombe, il teschio sulla parete della sala di pietra. Ero saturo di ultime cose. Ho riflettuto su queste due parole. Si trattava di escatologia, no? Non solo l'eco smorzata di una vita che scivola via, ma parole che hanno un impatto totale, che va oltre ogni appello alla ragione. Ultime Cose. Mi sono imposto di smetterla.

Ross ha abbassato la testa, ha chiuso gli occhi.

Pensava ad Artis. Me lo sono immaginato a casa, seduto nel suo studio con un whiskey in mano, ad ascoltare il suo stesso respiro. Quella volta che lui era andato a trovarla in uno scavo in un posto ai margini del deserto, alle porte di un villaggio beduino. Cerco di vedere quello che vede lui, ma riesco solo a immaginarla in un altro deserto, questo, con il corpo tenuto in sospensione, gli occhi chiusi, la testa rasata, e un brandello di mente ancora intatto. Lui deve crederci - i ricordi radicati nei tessuti cerebrali.

La partenza era imminente. Auto blindata in attesa, finestrini fumé, l'autista con l'arma. Una sfumatura di protezione che mi fa sentire piccolo, debole e minacciato.

Ma era solo amore ciò che lo spingeva a desiderare di voler andare con lei? Forse preferivo pensare che lui fosse mosso da un oscuro desiderio, dal bisogno di essere privato di ciò che è e di ciò che possiede, spogliato di tutto, svuotato, con gli organi conservati da qualche altra parte, il corpo tenuto in piedi accanto ad altri in una colonia di gusci. È la stessa tendenza occulta all'autoripudio che l'aveva spinto a cambiare nome, solo stavolta piú profonda, piú forte. Un oscuro desiderio, mi piaceva come definizione. Ma dove volevo arrivare? Perché volevo immaginare qualcosa del genere sul conto di mio padre? Questo posto mi fa venire il sangue amaro, ecco perché. E perché questa è la versione lunga e contorta di quello che succede agli uomini che si sono fatti da soli: si disfano da soli.

Quando lui la raggiungerà, fra tre anni o tredici, gli esperti di nanotecnologie saranno in grado di farli ringiovanire? E nell'attimo in cui torneranno in vita, quando sarà, nel primo momento del loro oltretomba terreno, Artis avrà venticinque anni, ventisette? Ross trenta o trentuno? Chissà come sarà appassionato il ricongiungimento. Facciamo un bambino. E dove sarò io, quanti anni avrò, pieno di risentimento e di chiazze di piscio, quanto mi spaventerà essere abbracciato dal mio brioso giovane padre e dal mio neonato fratellastro, che stringerà il mio dito avvizzito nella sua minuscola manina tremante.

Nanobot: che parola infantile.

| << |  <  |