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| << | < | > | >> |IndicePREMESSA 7 LE POETESSE MARCHIGIANE DEL '300: UNA GENERAZIONE CANCELLATA 9 di M. Arriaga Florez e D. Cerrato BIBLIOGRAFIA DI RIFERIMENTO 16 LEONORA DELLA GENGA 21 Tacete, o maschi, a dir, che la natura 23 Dal suo infinito amor sospinto Dio 24 Di smeraldi, di perle e di diamanti 25 Coprite, o muse, di color funebre 26 MARIANGELA GUALTIERI 27 Lettera a Leonora 29 ORTENSIA DI GUGLIELMO 33 Io vorrei pur drizzar queste mie piume 35 Tema, e speranza entra il cor mio fan guerra 36 La gola, e 'l sonno, e le oziose piume (F. PETRARCA) 37 Ecco, Signor, la greggia tua d'intorno 38 Vorrei talor dell'intelletto mio 39 ANTONELLA ANEDDA 41 Sonetto disubbidiente 43 LIVIA DA CHIAVELLO 45 Veggio di sangue uman tutte le strade 47 Rivolgo gli occhi spesse volte in alto 48 ELISABETTA TREBBIANI 49 Trunto mio che le falde avvien che bacie 51 FRANCA MANCINELLI Con la forza del niente. Frammenti per voci scomparse 55 NOTIZIA BIO-BIBLIOGRAFICA 62 INDICE DELLE IMMAGINI 65 |
| << | < | > | >> |Pagina 11Andrea Gilio da Fabriano, uno degli eruditi più importanti del Rinascimento italiano, pubblica nel 1580 un trattato, intitolato Topica poetica, dove vengono descritte le diverse parti del discorso e le figure retoriche. A sorpresa, nella parte finale del volume, include dieci componimenti di tre poetesse marchigiane del Trecento, inedite fino a quel momento. Quattro sonetti di Ortensia di Guglielmo (...) quattro di Leonora della Genga (...) e due di Livia da Chiavello (...). L'elenco di questa generazione si completa un secolo più tardi quando, nel 1686, Giovanni Cinelli pubblica un sonetto di Elisabetta Trebbiani da Ascoli, amica di Livia da Chiavello (...). Crescimbeni infine, nella sua Storia della volgar poesia (1730), riporta notizie ancora di un'altra poetessa: Giovanna d'Arcangelo di Fiore da Fabriano.Grazie a queste e altre informazioni possiamo sin da subito definire «le poetesse marchigiane del '300» come la prima generazione di scrittrici della letteratura italiana. Non soltanto esse vivono nello stesso territorio e nello stesso periodo storico, ma anche, e soprattutto, sono legate da affinità culturali, tematiche e affettive. Nei loro componimenti si evincono stretti legami di amicizia letteraria, nei quali viene affermata l' auctoritas e l'eccellenza femminile.
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Tracciando le debite linee di convergenza fra le varie produzioni relative alla scrittura femminile nel Trecento, possiamo affermare che, tanto nella prosa religiosa come nella poesia lirica, le caratteristiche delle loro autrici sono le medesime: un soggetto femminile s'impone e sfida i convenzionalismi per collocarsi allo stesso livello dei suoi interlocutori maschi. Le poetesse marchigiane vengono così a costituire il tassello mancante per completare il quadro letterario di questo secolo, rivelando la dissidenza femminile non già come fenomeno marginale - se non altro in alcune classi sociali come la borghesia e la nobiltà - ma come una realtà già allora dotata di una propria espressione letteraria, in versi e in prosa, sia in ambito religioso che in quello laico. Il negazionismo di alcuni e la lettura personalistica e arbitraria di altri appaiono in conclusione come l'ennesima dimostrazione della frequente mancanza di rigore scientifico, e degli esiti nefasti a cui può condurre una critica guidata da pregiudizi culturali, che tende a cancellare e offuscare le donne dalla storia letteraria e, con esse, una parte essenziale del nostro patrimonio culturale. Il presente volume rappresenta così un nuovo capitolo di questa affascinante storia che, iniziata a Fabriano settecento anni fa, ha riservato nel corso dei secoli non poche sorprese, e che, ne siamo certi, molte altre ne serberà in futuro. I rapporti letterari, di sorellanza e amicizia che univano le poetesse marchigiane continua qui e si rinnova attraverso lo scambio e dialogo letterario con poetesse contemporanee, che raccolgono il testimone e i versi di questa generazione letteraria proseguendo la genealogia femminile di scrittrici. La scelta delle poetesse marchigiane di interpretare il loro tempo, di affrontare tematiche civili e di confrontarsi con gli uomini in tutti i campi del sapere, le rende delle interlocutrici privilegiate del presente come del futuro. Si tratta dunque di continuare a leggerle, studiarle, (ri)scoprirle, ricordare e ripetere i loro nomi, perché nessuno possa più dire che Ortensia, Leonora, Livia e Giovanna non siano mai esistite. | << | < | > | >> |Pagina 18| << | < | > | >> |Pagina 27Cara Leonora, ecco, ti scrivo 600 anni dopo. Ti sento vicina. Il grande sacrificio dell'energia femminile di questo femminile dell'umano non è terminato e nella più parte del pianeta procede - come e peggio di allora. Questo sacrificio lungo, non ben compreso ancora, ha sbilanciato la specie. In più parti i peggiori sono al comando. Non c'è concordanza, armonia, grazia, gentilezza non c'è, non c'è intesa con l'altro da sé, l'aver cura, comprensione, pazienza, compassione, accoglienza non c'è, tutte virtù mancanti. E intorno natura a volte ripecchia e rilancia la stessa mancanza, come specchio di noi, con inimicizia di acque e venti sgarbatissimi e sommovimenti frananti. Leonora, non ti parlo di uomini e donne. Ti parlo di energia femminile, di quella forza che genera, che partorisce, non solo figli ma opere, pensieri, avventure, che protegge, che ha cura, che è in dialogo con tutto il resto, che sa che tutto il resto ci tiene in vita, nella vita, che sa che il canto e la danza sono le lingue della terra. [...] | << | < | > | >> |Pagina 33| << | < | > | >> |Pagina 41Tu vorresti drizzare le tue piume (attenta, che il termine si usa anche per l'oca) Là dove il desiderio (della gloria?) chiama e dopo morta rimanere in vita (che ossessione: elimina l'ossimoro, non è meglio l'effimero?) con la virtù di un lume (togliamo "inclito"?) Dici che il volgo è inerte, reo e ha smarrito la via (quale?) ti addita col suo biasimo (è normale, come i maschi nei social seguaci di que11'Onan che non ha meglio da fare) una che tenta di salire il fiume delle arti e non è Musa (...) Dicono, (come qualcuno oggi?) che devi stare a casa anzi nell'orto (ti chiami Ortensia, dunque lì devi stare, a fare giardinaggio) Che devi coltivare la salvia, il rosmarino - non il lauro o il mirto e non devi pensare, - questo è il vero peccato - ma stare con la mente intenta al tuo cucito. Ortensia, non scrivere a Petrarca (se è vero che hai chiesto il suo parere) cosa vuoi che risponda - chiedi a un altro poeta (del futuro) scavalca i sessi lascia che un'H s'illumini davanti alla vocale. Diventa Hortense, smetti di essere virtuosa, poi trasformati di nuovo, diventa la libellula di Amelia, disperdi il seme, l'umore, smetti di sospirare per la fama disubbidisci stai fuori dall'elogio e dalla rima, diventa spensierata, filosofa dei boschi, deponi la speranza e la paura diventa un corvo, una cornacchia, trovati da sola. | << | < | |