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| << | < | > | >> |IndicePremessa 9 Nascita della paura e dell'ansia 13 Un sogno 25 Il peccato originale 29 Nevrosi, ansia e colpa 35 L'origine dell'ansia 41 Soffro, ma non corro alcun pericolo 57 Il Tribunale della mente e l'errore di Freud 69 Libero arbitrio o potere decisionale autonomo dell'Io 81 La predisposizione ad avere i sensi di colpa 97 Sintomi del senso di colpa 101 Genitori e figli 113 Le colpevolizzazioni 125 Bibliografia 173 |
| << | < | > | >> |Pagina 9Quando cerchiamo di trovare le cause di una sofferenza umana non siamo abituati a prendere in considerazione, tra esse, la nostra imperfezione psicofisica congenita. Questa omissione inconsapevole costituisce un ostacolo invisibile per la ricerca, la comprensione e la cura dei fenomeni ansiosi. D'altra parte è inconsueto incontrare un medico che, in cuor suo, ma talora anche esplicitamente, non consideri il corpo umano una macchina perfetta. Eppure le sofferenze provocate da dolori e paure inutili, fuori luogo, sproporzionati alla realtà, sono eventi quotidiani, legati non ai pericoli che corriamo davvero ma alla grossolana taratura dei nostri fondamentali meccanismi di sopravvivenza. Queste considerazioni sono al di fuori di qualunque speculazione filosofica sull'essenza dell'uomo. Sono soltanto riflessioni terra terra, che nascono dall'esperienza terapeutica. Parecchio tempo prima di nascere, quando siamo grandi appena qualche centimetro, la natura ci ha già dotato di un riflesso nervoso che servirà a difenderci dai pericoli che incontreremo nel mondo. Questo riflesso innato, che si chiama nocicettivo, si sviluppa poi in due grandi sistemi: quello del dolore, che funge da segnale di allarme se il corpo è danneggiato, e quello della paura, che serve a sfuggire i pericoli per evitare di essere danneggiati. È un dispositivo di difesa della vita efficace e sufficiente alla conservazione della specie e al suo perpetuarsi, ma così rozzo e approssimativo nei singoli individui da far pensare che abbiano ragione gli evoluzionisti quando sostengono che la natura ha a cuore solo gli interessi della specie ed è indifferente alla sorte degli individui, veicoli provvisori del DNA. Per quanto ipotetica sia questa tesi, resta il fatto che la nostra vocazione al benessere e alla felicità è continuamente frustrata dai difetti e dall'incompiutezza dell'organismo con il quale nasciamo. Soffriamo dolori atroci per una colica renale che non rappresenta alcuna minaccia alla vita, mentre il dolore è assente quando si sta sviluppando un tumore. Se l'ansia ci invade è perché il nostro cervello non è in grado di percepire la differenza qualitativa tra il pericolo reale rappresentato dalla presenza di una tigre e il pericolo paventato di poter fare brutta figura parlando in pubblico. Così che, in entrambi i casi, scatta l'allarme rosso per la sopravvivenza della specie con le sue tempeste neurovegetative. Non è un caso che gli antidolorifici e i calmanti siano i rimedi più diffusi e ricercati dall'umanità fin da tempi immemorabili. Non sono in grado di darmi una spiegazione convincente del perché ci sia, in noi, il sentimento e poi l'idea che l'uomo è creato perfetto, sebbene la concreta esperienza ce lo neghi di continuo. Evidentemente c'è ancora dentro di noi l'antichissima e prelogica ideologia dell'Uomo Perfetto, elemento fondante di molte religioni, una ideologia che serve a sentirsi diversi dagli animali, non dissimili dal divino, e potenzialmente immortali. Questa ideologia, questa emozione, persiste nei secoli e nei millenni malgrado il fatto, noto a tutti gli scienziati, che la legge dell'evoluzione postula una continua modificazione dell'organismo umano nel tempo, e quindi non può esistere nessun momento in cui siamo perfetti. Comunque, vivere con la coscienza sveglia su quale sia la realtà del nostro essere può aprire nuove strade terapeutiche e può aiutarci a fare meglio i conti con la nostra propensione a sentirci inadeguati e colpevoli. | << | < | > | >> |Pagina 48Si deve fare ora un'osservazione molto rilevante. L'attacco ansioso dipende sì dallo scatenarsi "a vuoto" delle risposte che risuonano nell'organismo, ma la sua intensità dipende dalla sensibilità "propriocettiva" individuale. La sensibilità propriocettiva, e cioè il percepire le variazioni interne dell'organismo, non è uguale in tutti. Varia per ogni individuo, in grado minore o maggiore. C'è chi avverte anche un solo battito in più del cuore e chi non se ne accorge neppure se i battiti in più sono molti. Credo che, in buona parte, da queste differenze di percezione interna dipenda l'essere nevrotici, o "sani". In parte però dipende dalla qualità e dall'entità dei pensieri di pericolo per l'immagine di sé. D'altra parte non ci può essere un'ansia, e forse nemmeno una grossa preoccupazione, che non sia preceduta da una sia pur minima alterazione corporea provocata dal meccanismo di difesa dai pericoli fisici.In sintesi, questo è lo schema: 1) Pericolo pensato (magari seduti in poltrona): «Non valgo niente», «Devo prendere l'aereo», «Mio figlio è in giro con il motorino». 2) Istantaneo ordine al corpo di disporsi a correre e lottare. 3) Poiché non possiamo combattere fisicamente contro nessuno, diventiamo sovraccarichi di energia. L'energia non può essere scaricata, sensazione di grande disagio, batticuore, respiro difficile, oppressione al petto, tensione muscolare, gastralgia
4) Emozione di paura, ansia, panico.
Un attacco di panico è sempre la percezione cosciente, improvvisa e terrorizzante delle alterazioni che stanno avvenendo nel corpo per un pensiero subconscio di pericolo. Vengono erroneamente interpretate come morte imminente o come stare per impazzire. Il pensiero ha spesso a che vedere con stati d'animo di inadeguatezza, fallimento, sconfitta. È possibile, però, che quando il panico è legato all'agorafobia e alla claustrofobia, ci si trovi in presenza anche di un ancestrale terrore di trovarsi lontano dalla tana o di non potervi fare ritorno.
Nel quadro sinottico che ora propongo figurano, a sinistra, un elenco di
risposte automatiche al pericolo e, a destra, gli effetti di queste stesse
risposte quando si scatenano "a vuoto" (perché attivate, fuori contesto, da un
pensiero)
e, conseguentemente, provocano l'ansia.
------------------------------------------------------------------------------ RISPOSTE AUTOMATICHE AL PERICOLO (modificazioni del corpo) ------------------------------------------------------------------------------ In caso di pericolo fisico reale In caso di pericolo solo pensato presente (conseguenze dell'allarme salvavita) (conseguenze dell'allarme ingannatore) ------------------------------------------------------------------------------ Dilatazione dei bronchi per aumen- La dilatazione dei bronchi è vissuta tare la ventilazione. come sete d'aria e sensazione di sof- Più ossigeno verso muscoli, cuore e focamento, come se la gola e la tra- cervello. chea si fossero ristrette e l'aria non passasse più. Ansia, angoscia e Angst di Freud derivano dal latino angustia, che significa "restringimento". Dilatazione delle pupille per far en- Occhi sgranati dalla paura. trare più luce. L'aumento del ritmo cardiaco e Tachicardia, palpitazioni. l'aumentata forza di contrazione del cuore fanno affluire una maggiore quantità di sangue a muscoli, cuore stesso e cervello. Costrizione arteriosa cutanea per Capelli ritti, pelle d'oca. ottenere una piloerezione che, fa- cendoci apparire più grandi e mi- nacciosi, spaventi il nemico (difesa arcaica). Spasmi e atonie del tratto gastroin- Crampi allo stomaco, nausea, mal di testinale. Il lavorio della digestione pancia, diarrea, "farsela sotto dalla si arresta attendendo che il pericolo paura". sia passato. L'intestino si mobilita Il colon irritabile può avere questa per espellere il peso delle feci. origine per frequenti pensieri di pe- ricolo. Dilatazione delle coronarie per au- Senso di oppressione al petto. mentarne la portata. Modificazione istantanea della po- Sensazione di sbandare e di stare stura. per cadere. Vertigo. Sudore dei palmi delle mani, o in Imbarazzanti mani sudate, oppure tutto il corpo. sudore del corpo indipendentemen- (Non ancora chiarite le finalità di te dalla temperatura esterna. questi fenomeni arcaici. Si parla, per le mani, di maggiore possibilità di presa di oggetti, sui rami e sul terreno. Per il sudore di tutto il corpo, sembra si tratti di segnali olfattivi di minaccia verso il nemico, oppure di richiamo a possibili alleati). Aumento di contrazione muscolare. Tensione dei muscoli. È come un arco che si tende per ti- Mal di testa, dolori al collo e alle rare le frecce in qualsiasi direzione. spalle. Secrezione di adrenalina e noradre- Tremore, "rabbrividire di paura". nalina (che, tra le altre funzioni, Insopportabile aumento di energia hanno anche quella di attivare l'at- in tutto il corpo. tenzione onde valutare rapidamente Ansia e panico. tutti gli elementi di una situazione di pericolo). ------------------------------------------------------------------------------ | << | < | > | >> |Pagina 57Curare chi soffre di ansia o è soggetto ad attacchi di panico consiste anche nell'informarlo dei meccanismi che ho appena descritto. Il paziente deve sapere, capire, arrivare ad avere chiarezza totale su quello che gli succede. Ci vuole calma e tempo, ma questo apprendimento è basilare. È indispensabile usare illustrazioni anatomiche, poiché vedere, oltre che ascoltare, ha un effetto molto più potente, e lo scopo è quello di portare il meccanismo inconscio a contatto con il controllo della razionalità. L'ansia è un moltiplicatore della paura. Se non sappiamo cos'è, se la viviamo come una forza misteriosa, priva di connotati, aliena eppure nostra, l'emozione di ansia o panico produce ulteriore paura, e la paura alimenta ancor più l'ansia, in un circolo vizioso che va spezzato con la conoscenza. Penso che tutti i medici dovrebbero usare questo metodo di informazione perché è a loro che si rivolge, in prima istanza, il paziente ansioso che quasi sempre ritiene di essere malato fisicamente. Una volta esclusa una patologia organica, il medico deve spiegare al paziente quello che lo fa soffrire. Non ci si può limitare a dirgli che non ha nulla, che è solo un fatto nervoso, illudendosi così di rassicurarlo. Lui continuerà invece ad avere i sintomi e, in mancanza di un chiarimento, diventerà ipocondriaco. Dopodiché il medico non potrà che mandarlo dallo psicologo o dallo psichiatra. Invece il ruolo del medico può essere determinante nel risolvere i molti casi di ansia che hanno bisogno solo di una rassicurazione efficace, scientifica, inoppugnabile. Occorre insegnare a distinguere la sofferenza dalla malattia. «Soffro, ma non corro alcun pericolo» è uno slogan fondamentale che il paziente deve far suo. Perché è vero: le alterazioni neurovegetative causate dal malfunzionamento dei meccanismi della paura, e che provocano l'ansia o il panico, non sono mai pericolose, non viene l'infarto, non si sviene, non si impazzisce. Non succede niente, e tutto passa sempre. E tali alterazioni non fanno danno nemmeno se vanno avanti per anni. È perfino possibile, paradossalmente, che la tachicardia ansiogena dovuta al "lotta o fuggi" renda il cuore più forte e, comunque, nessuno studio certo ha potuto provare un rapporto tra ansia e malattie organiche. Il paziente deve anche sapere che un attacco di panico si ferma sempre e comunque da solo. Si ferma subito, se si è imparato a non fuggire e a non chiedere aiuto. Dopo tutto, ansia e panico non sono malattie, ma "banali", anche se dolorose, occorrenze di molti individui della nostra specie nella presente fase evolutiva. Sapere come stanno le cose è già terapeutico. Si elimina la paura di avere l'ansia e si apre la strada all'attenuazione della sofferenza. Il medico deve anche chiarire che non esistono limitazioni dietetiche per un ansioso. Deve, per esempio, aiutare il paziente a non credere al luogo comune che il caffè faccia male alle persone "nervose". Il caffè, in molti casi e se non ci sono controindicazioni organiche, sveglia la "mente" e consente un miglior controllo dell'ansia, o la previene. La caffeina è stata usata come farmaco efficace, nel Settecento e nell'Ottocento, per fronteggiare i disturbi che oggi chiamiamo ansia e panico. Allora si riteneva, erroneamente, che quei disturbi portassero alla pazzia. Ai tanti pazienti che temono di diventare pazzi, e magari si vergognano di dirlo, occorre fermamente chiarire che ciò non è possibile. Non si può diventare pazzi: o lo si è già da adolescenti oppure no, non lo si diventa. Non esistono malattie mentali che insorgano in età adulta. Il medico dovrebbe dire, pressappoco, al paziente: «Ti sto aiutando per eliminare o ridurre la sofferenza che hai, e non per guarire da una malattia che non hai. Ci può essere la sofferenza, senza essere malati». | << | < | > | >> |Pagina 97Quasi tutti pensano che i disturbi psichici abbiano anche una base organica. Ciò è probabilmente vero nel caso delle malattie mentali vere e proprie, e anche di alcune gravi forme nevrotiche. Si tratta, però, di sapere cosa è questa base organica e che importanza riveste, nei singoli casi, rispetto all'ambiente nel quale si nasce e si cresce. Per esempio pare dimostrato che la base organica della depressione endogena sia un gene difettoso, ed è verosimile che anche altre psicosi abbiano un'origine genetica. È chiaro che in questi casi le colpevolizzazioni genitoriali hanno un peso marginale e non sono determinanti nel provocare la sofferenza. Anche se, come ho già detto, non sono mai innocue, perché il comportamento dell'ambiente determina sempre un aumento o una diminuzione del danno genetico. Ma qual è la base organica di una sofferenza nevrotica da cui ben poche persone sono esenti, che può anche presentarsi solo per un certo periodo nella vita di una persona, e che, oltretutto, è spesso curabile con delle parole? Può darsi che un numero anche notevole di sofferenze psichiche non abbia alcuna base organica riconoscibile, e in tal caso sono piu vicine alla verità le spiegazioni psicologiche (che pure parlano di cose che non si vedono), di quanto non lo siano le teorie chimico-elettriche sulla mente (che invece si basano su osservazioni empiriche). Il fatto è che si possono confondere le cause con gli effetti. Prendiamo un attacco di paura. Se qualcuno vi punta contro una pistola si producono delle modificazioni chimiche ed elettriche nel sistema nervoso. Ma è l'incontro con il rapinatore la causa delle modificazioni, e non viceversa. Il sentimento di paura è provocato dalle modificazioni, ma la causa prima è l'avvenimento esterno. Così pure, dipendono dall'ambiente esterno molte emozioni negative che vengono dall'interno, cioè quegli eventi, immagazzinati nelle cellule della memoria, che durante la nostra infanzia ci hanno procurato dolore, infelicità, paure e sensi di colpa. È perfino verosimile che si possa creare una "base organica", che non deve però essere confusa con un difetto innato. Le ricerche sul sistema nervoso dimostrano che le esperienze fatte nel primo periodo della vita possono alterare, talvolta anche permanentemente, il meccanismo dei neurotrasmettitori. Inoltre dimostrano che gli stimoli provenienti dall'ambiente sviluppano nelle cellule nervose nuove connessioni, modificano le connessioni esistenti e, infine, provocano cambiamenti nella forma e nelle dimensioni delle cellule stesse. I primi sentimenti di sconfitta potrebbero essere "morfologicamente stampati" nel cervello. Tuttavia, la constatazione che bambini che abbiano fatto grosso modo le stesse esperienze non sono poi portatori di effetti uguali, rende estremamente probabile l'esistenza di una predisposizione ai sensi di colpa. Ovvero, una predisposizione organica ad assorbire di più, o di meno, le colpevolizzazioni. La situazione si può esprimere con le parole di Kafka al padre: «Mi guardo bene dall'affermare di essere diventato come sono solo per causa tua; tu rafforzavi soltanto una situazione di fatto, ma la rafforzavi in modo determinante, perché nei miei confronti avevi un grande potere e lo esercitavi tutto». La predisposizione a coltivare sentimenti di colpa dovrebbe essere connessa alle particolarità di alcuni tipi di sistema nervoso. Forse le idee di Pavlov possono in qualche modo indicarci in cosa consista questa predisposizione. I sistemi nervosi sono diversi – il che implica che non si dovrebbero educare i figli nello stesso modo – e si possono paragonare, dal punto di vista che ci interessa, alle pellicole fotografiche. A seconda della diversa qualità di ogni pellicola, le immagini si imprimono in una misura maggiore o minore. Così l'espressione di vago disappunto sul volto di un genitore può "imprimersi" nel sistema nervoso del bambino A e "fargli prendere profondamente coscienza" di un comportamento da evitare, mentre neppure strilli e botte possono "imprimersi" nel sistema nervoso del bambino B e "fargli cambiare comportamento". Naturalmente non esistono né il bambino A né il bambino B, ma tutti i bambini si collocano in un punto di una linea che va da A a B. I bambini più prossimi ad A, proprio per la loro "impressionabilità", sono molto predisposti al senso di colpa, per cui andrebbero educati in modo "leggero", senza troppo ledere la loro autostima; meglio tollerare in loro un po' di "immoralità" piuttosto che rischiare grosse sofferenze nel futuro. I bambini più prossimi a B, proprio per la loro scarsa "impressionabilità", sono invece più corazzati contro i sensi di colpa ma anche, purtroppo, molto difficili da educare per cui tenderanno a tenere poco conto dell'esistenza degli altri e delle regole di comportamento sociale. | << | < | > | >> |Pagina 125Non esistono distinzioni tra educazione permissiva e educazione rigida, perché all'interno dell'una e dell'altra possono esserci, o non esserci, colpevolizzazioni distruttive. E dato che il senso di colpa è una angoscia per presunta incapacità, inadeguatezza, impotenza, inferiorità rispetto agli altri, temuta impossibilità di essere apprezzati e desiderati da altri, sono colpevolizzanti tutti quei comportamenti dell'ambiente che inducono il bambino a formarsi una solida opinione negativa di se stesso. Un bambino è relativamente incapace e impotente, per cui è molto facile dargli conferma della sua mancanza di valore. È, invece, molto difficile aiutare il bambino a liberarsi dal suo sentimento di inferiorità e dargli la sensazione che vale ed è in grado di diventare capace. I genitori dovrebbero tenere presenti queste realtà e dedicarsi, in modo attivo, all'arte di coltivare l'autostima del bambino. Purtroppo, i genitori non solo non sanno di avere questo compito primario, ma agiscono invece, senza saperlo, in modo da confermare e ingigantire nel bambino il sentimento di inadeguatezza mediante le colpevolizzazioni.
Ci sono colpevolizzazioni generiche e facili da vedere, alle quali sono
sottoposti quasi tutti i bambini, e colpevolizzazioni più particolari (frequenti
o rare) che è più difficile discernere.
GLI INGANNI Alcune rientrano nella categoria dell'inganno, come far credere al bambino che si agisce per il suo bene mentre si persegue un proprio interesse. In moltissime famiglie i bambini vengono mandati a letto a una certa ora, non perché sia utile a loro, ma perché l'organizzazione della vita in casa e il bisogno di riposo o di intimità dei genitori lo richiedono. Tuttavia, viene quasi sempre detto ai bambini, e quasi tutti i genitori lo pensano in buona fede, che devono andare a letto a quell'ora, nel loro interesse, e che a quell'ora tutti i bravi bambini dormono. In realtà è impossibile che tutti i bambini abbiano sonno alla stessa ora. E infatti protestano, piangono, chiamano con mille scuse, solo per sentirsi ripetere dai genitori, a mano a mano sempre più arrabbiati e aggressivi, che basta, è ora di farla finita, si urla al bambino che deve dormire, che è cattivo, insopportabile. Così, preso tra la mancanza di sonno che però "dovrebbe" avere, e le accuse dei genitori, si sentirà sbagliato, colpevole e sconfitto. Se c'è una riunione di adulti, una serata con degli amici, i figli vengono allontanati dicendo loro che i bambini non devono stare con i grandi. In realtà i bambini sono molto interessati a tutto quello che fanno i grandi ma quasi mai viene tranquillamente spiegato loro che i grandi non vogliono stare sempre con i figli per un loro "egoismo", e ancora una volta ci sarà stato inganno e colpevolizzazione, perché il bambino vivrà il proprio desiderio di essere presente come cattivo. Il fatto di essere allontanato è per lui comunque una frustrazione, ma di intensità accettabile e non distruttiva. Se si aggiunge l'inganno colpevolizzante, si minerà la sua autostima. E siccome non è vero che tanti genitori siano così cattivi da voler tormentare inutilmente i propri figli procurando loro dei traumi – tali sono questi e altri simili inganni colpevolizzanti –, bisogna chiedersi perché ciò accada così comunemente. La risposta, secondo me, è che in quelle situazioni i genitori sono inconsapevoli dei veri motivi del loro comportamento. Non li vedono, perché prevale in loro il bisogno di apparire perfetti e infallibili ai figli e a se stessi. Spesso ripetono ciecamente i comportamenti (e usano le stesse parole ed espressioni) che i loro genitori avevano usato con loro quando erano piccoli. Il desiderio dei genitori di stare in pace va espresso chiaramente. Non tutti i desideri del bambino possono essere soddisfatti, bisogna solo chiarire sempre se quello che gli si chiede di fare è nel suo interesse o in quello dei genitori. Non si deve scaricare sul bambino un suo presunto interesse o dovere quando non c'è. Poiché negli esempi riportati si tratta di desideri del bambino – stare sveglio, stare con i grandi –, l'inganno non è riprovevole tanto per questioni di principio, ma perché, presentando al bambino i suoi desideri come cattivi e sbagliati, si rinforzerà il suo complesso di colpa. I genitori devono avere il buon senso di presentarsi come esseri umani con necessità e desideri che possono anche essere in contrasto con quelli del bambino. Certo, nella vita non si può dire sempre la verità e non ingannare mai nessuno: ma con i figli, in queste situazioni, la verità e la sincerità sono beni preziosi, che portano armonia e aiutano il figlio a crescere dandogli sicurezza e senso del limite della realtà, insieme a una buona opinione di sè.
È una sensazione meravigliosa per un bambino sapere che anche gli altri,
anche i grandi, hanno dei loro desideri egoisti e quindi sono anche loro
"sbagliati". Dove tutti sono un po' sbagliati nessuno lo è, e si crea una
rassicurante complicità.
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