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| << | < | > | >> |Indice7 Introduzione Da Palermo sulla via di Damasco 11 Capitolo primo La luce nell'architettura chiesastica siriana 12 1.1. Il monastero di San Mosè l'abissino 1.1.1 Riepilogo delle fasi storiche 1.1.2. L'orientamento delle pietre a modello della Gerusalemme Celeste 1.1.3. La regolazione della luce meridionale ai cicli temporali 1.1.4. Il centro e l'asse del mondo 58 1.2. Chiese a bema e luce solare 1.2.1. Funzione del bema nella spazialità cultuale 1.2.2. La basilica di San Sergio a Rusafa: il bema intercessore di luce 1.2.3. L'ascendenza solare della progettazione architettonica siriana 1.2.4. Spazialità e simbolismo solare nella basilica di Kalb Loze 86 1.3. La chiesa dei Santi Sergio e Bacco a Maloula 1.3.1. Spazialità cristiana dal lessico aramaico 1.3.2. L'altare della confessione e il doppio orientamento cultuale 1.3.3. Considerazioni sul funzionamento della luce meridionale 1.3.4. Caverne cultuali orientate 114 1.4. Architettura e concezione siriaca della luce 129 Capitolo secondo Continuità culturali tra l'architettura chiesastica di Siria e Sicilia 130 2.1 Il progetto come ierofania celeste 2.1.1. Architettura e Deesis 2.1.2. Orientamento delle pietre nelle chiese siculo-normanne 2.1.3. Architettura e gnomonica nel duomo di Monreale 2.1.4. La misura cosmica della spazialità 164 2.2. Dinamiche tra Sicilia e Siria dal VII al XII secolo 180 2.3. Conclusioni sull'evoluzione del rapporto spazio/luce: dalla visione mosaica agli sviluppi pre-umanistici. 199 Bibliografia |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
Da Palermo sulla via di Damasco
"Saper leggere il libro del mondo con parole cangianti e nessuna scrittura (...)". Fabrizio De André, 1996, "Khorakhanè", in Anime Salve Al ritorno dalle strade che dall'aramaico Jabal Qalamoun discendono a Damasco, questo nostro studio analizza i rapporti esistenti tra la luce solare e le geometrie dell'architettura cristiana. L'analisi è estesa su edifici siriani realizzati lungo l'arco temporale che va dal V all'XI secolo, confrontandoli con alcuni esempi cultuali della Sicilia medievale risalenti al XII secolo. Il denso insieme di relazioni politiche e culturali esistito tra queste due sponde mediterranee, dall'alto al basso Medioevo, ci ha costantemente offerto inesauribili spunti di ricerca, quasi annullando le distanze chilometriche correnti tra i deserti degli anacoreti siriaci e le fertili terre del palermitano.
Da Deir Mar Musa al-Habashi al duomo di Monreale le architetture sono state
da noi interrogate non soltanto sul piano dei loro rapporti con la luce solare.
Le spazialità sono state ricondotte al pensiero delle loro civiltà promotrici,
l'architettura di ogni tempio è stata rimessa in comunicazione con la concezione
mistica orientale che l'alimentava, soprattutto con le grandi teorie espresse
dai Padri della Chiesa sul significato spirituale della luce nello spazio sacro:
le tesi della cosiddetta
mistica della luce senza forma
di Evagrio, le
illuminazioni dei santi ordinamenti celesti
dello Pseudo Dionigi, la
luce come acqua purificatrice
del pensiero di Origene, Tertulliano e Clemente alessandrino.
Con questi occhi la ricerca ha voluto rivedere piante e sezioni di chiese già
note alla storiografia tradizionale; il rilievo degli edifici è stato assunto
come fondamentale oggetto di indagine al fine di verificare la diretta
discendenza delle dimensioni spaziali dalle misure celesti, dimensioni
rivelate
dal moto solare apparente. La ricerca ha voluto simulare quel dialogo silenzioso
esistito in sede di progetto tra gli architetti del passato e l'astro solare.
Abbiamo quindi rilevato come il concetto di
ierofania
sia stato un imprescindibile strumento progettuale in materia di
tempio cristiano.
Ma lo studio ha fornito anche l'occasione per realizzare inediti rilievi presso
alcuni edifici rupestri della rocca di Mar Sarkis a Maloula.
Da tutto ciò scaturisce il nostro metodo di indagine; esso trova fondamento
in un percorso scientifico e culturale decennale che ha origine nel grande
cantiere di studi inaugurato alla Facoltà di Architettura di Palermo dal
compianto prof. arch. Antonello Samonà durante il suo corso di Storia della
Critica e della Letteratura Architettonica. È qui che l'architettura siciliana
d'epoca normanna è stata interpretata come solida piattaforma culturale sulla
quale appoggiare diversi ponti diretti al Medioriente e, più in generale, al
pensiero della cultura mediterranea. L'indirizzo alle ricerche schiuso da Samonà
ha riaperto antichi naturali percorsi che da millenni hanno alimentato
l'identità territoriale siciliana, ripercorrendo strade sulle scie degli esodi
dei mistici siriaci dal Medioriente alla Sicilia, radici che l'infaticabile
lavoro dell'Orsi nell'Isola ha già posto in risalto sul finire dell'Ottocento.
Così, animati dunque da tali dinamiche culturali, la nostra ricerca ha avuto
inizio da un luminoso granello di vita attecchito nel deserto siriano, Deir Mar
Musa: la sua attiva comunità monastica e le sue secolari pietre costituiscono
un preziosissimo punto di vista sulla Siria di oggi e del passato. Di
conseguenza, abbiamo trovato una chiave d'ingresso nell'operato di Paolo
Dell'Oglio, ossia in chi dell'istanza interreligiosa e trans-culturale in
Medioriente ha fatto un manifesto non soltanto spirituale. Inoltre,
lungimiranti e promettenti legami tra ricerche espresse a distanza sono sorti
nel dialogo con Romualdo Fernàndez di Damasco e Pasquale Castellana di Aleppo,
storici veraci e lucidi, rappresentanti di infaticabili studi pluridecennali
nell'ambito dell'identità architettonica e religiosa della Siria e del
Medioriente. Un grazie va anche a Eiad Toufich, il superiore della comunità
melkita a Maloula che di persona ci ha accompagnato là dove nessun testo di
storia ha voluto fermare in maniera approfondita la sua scrittura: presso le
architetture cristiane dall'antico lessico aramaico negli insediamenti del
Qalamoun.
A quasi due anni dalla distruzione di uno dei fondamenti più importanti dell'identità mondiale, la collezione del Museo Nazionale di Baghdad, sentiamo viva la necessità di fare della ricerca storica uno strumento partecipante all'identità delle nazioni, uno strumento maieutico dei loro indivisibili nessi genetici. Contro chi usa la storia come bacile da cui attingere alibi per distruggere il nostro vicino Oriente, noi contrapponiamo il modello di società antica rilevato da Martin Bernal in Black Athena (Londra 1987) e lavoriamo affinché la storia continui a essere quel grande sheol semitico dove navigare ogni qual volta si è alla ricerca di un' esistenza in comune. La storia come indispensabile strumento di pace, di convivenza, di diffusione della cultura da sud verso nord, da est verso ovest. Muovendoci dalla Sicilia alle coste del Levante mediterraneo, nello sperimentare un'emigrazione al contrario, questo nostro studio sogna un'altra presenza dell'Occidente in Medioriente, sogna il rispetto di un documento lungo migliaia di chilometri, largo milioni di vite, spesso migliaia di anni e chiamato territorio. Con appassionato animo agostiniano, auspichiamo che la luce torni al mondo diffondendosi da Oriente! Damasco-Palermo febbraio 2004 | << | < | > | >> |Pagina 130Dio è l'archetipo (...) non è né maschio né femmina, né giudeo, né greco, né barbaro, né sciita, né servo, né libero, ma egli stesso è tutto in ogni cosa (...) ad immagine dell'intero mondo (...) poiché Dio contiene unione e diversità (Massimo il Confessore, VII, pp. 137- 139)2.1. Il progetto come ierofania celeste 2.1.1. Architettura e Deesis Nell'ambito dell'indagine sui rapporti tra luce, orientamento solare e architettura, nel precedente capitolo abbiamo accennato ai caratteri in comune tra l'architettura siriana d'epoca bizantina e medievale e quella siciliana d'epoca normanna. Sembrerebbe dunque esistere una prassi comune per il proporzionamento delle dimensioni dello spazio cultuale in base a precise logiche celesti, collocando le più importanti pietre angolari secondo precisi orientamenti ai punti di levata di determinati giorni liturgici. Queste giornate non sono casuali; si tratta delle ricorrenze principali delle tre figure costituenti la Deesis, il Cristo, San Giovanni il Battista e la Vergine, secondo il seguente elenco: - ricorrenze cristologiche: Annunciazione, Natale, Presentazione al Tempio; - ricorrenze giovannite: Annunciazione, Natività, Martirio; - ricorrenze mariane: Annunciazione, Presentazione al Tempio (la Candelora), Assunzione in Cielo. Com'è noto, il tema iconografico della Deesis è legato al significato dell'intercessione cristiana (Dell'Oglio 1998, p. 17). Di fatto, all'osservatore viene indicata la strada verso il Cristo dalle mani del Battista e della Vergine, posti, rispettivamente, al fianco sinistro e destro del Signore. Implicito, dunque, nell'iconografia della Deesis è il significato di rivelazione, un significato che coerentemente mantenevano i progettisti di edifici sacri: la via progettuale consiste nel dimensionamento della chiesa, per cui la collocazione delle pietre angolari viene eseguita su rivelazione della luce cristologica, giovannita e mariana, così come dettava il modello della Deesis. Dall'analisi congiunta tra architettura, pittura e teologia emerge un inedito aspetto relativo al significato cultuale della progettazione di edifici sacri, sia bizantini che medievali: il progetto architettonico è un processo di intercessione tra la terra e il cielo, un vero e proprio atto di accoglimento delle rivelazioni superiori. Non a caso Simeone di Tessalonica afferma che "la chiesa rappresenta come sulla terra sia passato il cielo". Parimenti, Germano di Costantinopoli dice che essa "è il cielo sulla terra, il luogo dove il Dio celeste dimora" (Nasrallah 1954, p. 19). Il progetto architettonico traduce in termini geometrici il volere dell' Altissimo giunto agli uomini tramite l'intercessione (Deesis) della luce solare (sol invictus), o più in generale di tutti i fenomeni celesti. I progettisti codificano il messaggio celeste (ierofania) tramite il codice delle geometrie sacre, instaurando un rapporto calcolato tra la conformazione dello spazio sacro e la luce che quotidianamente filtra al suo interno. | << | < | > | >> |Pagina 1462.1.3. Architettura e gnomonica nel duomo di MonrealeDopo aver descritto i rapporti correnti tra architettura e luce solare, ampliamo adesso l'indagine parlando di gnomonica e spazio sacro. Concentriamo l'analisi sul solo esempio di Monreale, verificando il complesso funzionamento della luce meridionale nelle diverse regioni della cattedrale, aula e presbiterio. Nelle navate sembrerebbe che l' intercolumnio sia stato proporzionato in funzione della scia luminosa proiettata dal sole al suo passaggio dal piano meridiano. Durante il semestre autunno-inverno, lo scoccare del mezzogiorno è di fatto manifestato visivamente attraverso l'intersezione tra le colonne del filare settentrionale e il raggio proiettato dalle finestre meridionali. Dall'analisi in sezione è possibile anche apprezzare una regolazione in base alle diverse giornate liturgiche (Di Bennardo 2004, pp. 128-133). L'ingresso dell'inverno (22 dicembre), come pure l'arrivo della Natalità cristologica, risulta manifestato quando la faces proiettata dall'apertura gnomonica di ogni finestra arriva a investire in pieno capitello e pulvino di ogni colonna. Inoltre, rappresentando tale data l'annuncio dell'ingresso natalizio, il raggio luminoso della terza finestra arriva a impostare l'ombra del capitello esattamente sopra l'ingresso laterale della navata. Questo è il momento in cui si registrano i raggi solari più grandi di tutto l'anno, presentando in tal modo il momento liturgico con la massima illuminazione interna della cattedrale. Il significato è evidente: il solstizio invernale annuncia ai fedeli la cosiddetta festa della luce, ricorrenza che ha le sue radici nell'antichità e che si festeggia proprio in prossimità dei giorni d'ingresso invernale. L'ingresso dell'autunno e della primavera, nelle rispettive date equinoziali del 23 settembre e del 21 marzo, viene annunciato quando il raggio di sole finisce di percorrere tutta l'altezza della colonna impostandosi proprio ai suoi piedi, ovvero illuminando in pieno il plinto alla base.
L'ingresso dell'estate, nella data solstiziale del 21 giugno, viene
annunciato dalla totale estinzione del raggio di luce. Tale data, segnando
l'inizio del semestre "discendente" del sole, per i medievali costituiva la
festa dell'oscurità.
Non a caso la cristianità colloca la ricorrenza del Natale di Giovanni Battista
in prossimità del solstizio estivo. Ne costituisce il fondamento la sua
esclamazione dinanzi al Cristo: "(...) egli deve crescere ed io scemare (...)"
(Giovanni, 3, 30). In generale, da tali dinamiche luminose appare evidente come
l'altezza dell'elemento portante della navata, la sequenza capitello, colonna,
plinto, sia stata determinata sulla base della luce cristologica. I suoi
estremi sono contenuti tra l'inclinazione del sole dell'Annunciazione e del
Natale. Cristo è dunque la colonna del Tempio.
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