Copertina
Autore Arturo Di Corinto
CoautoreAntonella Beccaria, Angelo Raffaele Meo, Vittorio Strampelli, Geert Lovink
Titolo Revolution OS II
SottotitoloSoftware libero, proprietà intellettuale, cultura e politica
EdizioneApogeo, Milano, 2006, Saggi Cultura digitale , pag. 150 [+DVD], cop.fle., dim. 135x190x9 mm , Isbn 978-88-503-2327-2
LettoreFlo Bertelli, 2006
Classe diritto , informatica: politica , copyright-copyleft
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Indice

Presentazione                                         1

Introduzione                                          5

La storia                                             9

    Nella Rete, prendiamoci per mouse                12
    Un pinguino e uno gnu al bazar dei sogni         20
    Linux e Mandrake, compagni di banco              23

La tutela del software:
storia di un orientamento giuridico                  31
Antonella Beccaria

    Origine della tutela del software                33
    Concorrenza sleale, marchi e segreto industriale 35
    Brevetto e invenzioni industriali                38
    L'orientamento verso il diritto d'autore         42
    Un excursus sugli Stati Uniti                    43

Software Libero: Un'opportunità per il Paese         47
Angelo Raffaele Meo

    Premessa                                         47
    Lo stato dell'economia italiana                  47
    Un nuovo scenario mondiale                       48
    Benefici economici diretti                       49
    L'alveare                                        50

Free software as a Common                            53
Arturo Di Corinto

    Il valore dell'autorganizzazione                 54
    L'emergenza della cooperazione                   56
    Sistemi flessibili                               57

L'economia del software                              61
Vittorio Strampelli

    Introduzione                                     61
    Protezione del software                          62

Oekonux e il modello del Free Software               71
Geert Lovink

    Linux come modello di una Nuova Società          71
    Le conferenze Wizard of OS                       77
    La cultura tedesca del dibattito                 80
    I due Stefan                                     82
    I germi del post-capitalismo                     86
    Donne e altri argomenti                          93
    "Auto-schiudersi"                                97
    I progetti oltre il software libero             102
    Strategie aperte                                110

Codici ribelli, la libertà corre sulla tastiera     119
Intervista a Richard Stallman


Un agit-prop per il bene comune della creatività    125
Intervista a Gilberto Gil


Open source: parla il numero 2 del software libero  131
Intervista a Bruce Perens


Il software libero in alcune date significative
    (2000-2004)                                     137

Sitografia e fonti                                  149

 

 

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Pagina 1

Presentazione


Fino a circa 30 anni fa quasi tutto il software in circolazione era libero; da quando è stato messo sotto copyright, non è più stato così. Il copyright sul software ha di fatto limitato il diritto, fondamentale per lo sviluppo stesso dei programmi, di studiarne il codice, riscriverlo e distribuirlo modificato, interrompendo quella pratica ideativa e di cooperazione decentrata che era stata alla base del suo sviluppo.

Tuttavia, mentre il linguaggio informatico veniva messo sotto chiave, un gruppo di hacker ha ideato un'alternativa alla potenziale sclerosi del software che tale chiusura poteva determinare. Questa alternativa è il "copyleft", il "permesso d'autore" garantito dalla General Public Licence per il free software e da licenze similiari per quello open source che utilizza peculiari forme di copyright per mantenerlo libero e nella disponibilità di tutti.

La GPL — di cui è stato annunciato a settembre del 2005 un upgrade noto come GPL Version 3 Development and Publicity Project — si basa sul principio etico e scientifico del miglioramento libero, aperto e collaborativo della conoscenza umana. Un metodo che è stato centrale per la rapida evoluzione di discipline come la matematica, la fisica o la biologia, portato al campo delle tecnologie dell'informazione, e adattato al software dalla Free Software Foundation di Richard Stallman, l'ultimo degli hacker.

Una reazione al copyright sul software che Stallman e i suoi colleghi della Free Software Foundation considerano una peste sociale che frena l'innovazione, non aiutando a promuovere il senso di comunità e un'identificazione sociale positiva che viene invece dalla condivisione e dall'uso etico e cooperativo di ciò che gli uomini inventano.

È infatti convinzione degli aderenti al movimento del Free Software che solo applicando la legge della ridondanza, insieme al diritto illimitato di copia e distribuzione l'innovazione può procedere.

Non è solo questione di idealismo, ma il modo per sortire quegli effetti che l'economia classica considera come "combinatorial innovation" oppure "indirect network effects", riferendosi al fatto che quando una tecnologia o un set di tecnologie emerge, si attiva un processo che genera tutto un nuovo insieme di innovazioni e apre nuovi mercati e nuovi orizzonti.

Per fare un esempio semplice, basti pensare al linguaggio del web, l'Html, un linguaggio "a codice aperto" per definizione, che grazie alla sua apertura ha trainato prima la grande espansione del web e poi tutte le applicazioni successive, dall'e-commerce ai blog.

Ecco, per ampliare le possibilità della conoscenza umana e per incorporarla nel software è stato creato il concetto di copyleft. Somiglia al copyright da un punto di vista legale, ma al contrario di esso dà diritto al libero uso del software con la sola restrizione di includere in ogni nuovo prodotto la libertà, incorporata nella General Public License (GPL), di adattare il software ai tuoi scopi, di distribuirlo liberamente per incentivarne l'uso da parte di tutti, di aiutare la comunità consentendo a ciascuno di migliorare il programma e, dopo averlo modificato, di distribuirlo con le stesse garanzie di libertà.

La possibilità di metterci le mani sopra – come dicono gli hacker – ovvero di guardare cosa c'è dentro la black box di un programma per computer costituisce una potente spinta al nuovo: la disponibilità del codice sorgente del software consente infatti agli utilizzatori successivi di costruire su qualcosa che già esiste, di migliorarlo e renderlo più potente e flessibile.

È una mentalità che comincia a fare la sua apparizione anche nel nostro paese dove si moltiplicano i laboratori di scrittura cooperativa del software, in quei luoghi dove funzionano lo scambio, il dono, il riuso dell'hardware e del software e dove l'atmosfera gioiosamente cooperativa crea reti pronte a rimettere in discussione il dominio proprietario dell'informazione.

Dopotutto se si può formulare una definizione condivisa dell'hacking, è che esso implica l'aumento dei gradi di libertà all'interno di un sistema dato, sociale o tecnico che sia.

Certo il mercato è in agguato, ma con il copyleft a proteggere il software libero siamo all'alba di un nuovo contratto sociale. È di questo che parla il libro che vi accingete a leggere.

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Pagina 5

Introduzione


Il software libero negli ultimi anni è diventato oggetto di un duro scontro commerciale e istituzionale, fra Stati Uniti e Unione Europea, fra i produttori di hardware e software proprietario e gli sviluppatori di software libero, nonché fra le corporations che detengono i diritti del software commerciale e i governi che invece vogliono valorizzare e incentivare l'uso di quello libero. È anche stato al centro di un acceso dibattito per la proposta europea, poi rigettata definitivamente dal Parlamento, di renderlo brevettabile.

E il motivo di tanta importanza sta nel fatto che il software è alla base dell'automazione di ogni produzione tecnologicamente avanzata e di tutta la moderna industria immateriale – dal controllo dei flussi produttivi dell'industria manifatturiera e di quella biogenetica, alla convergenza multimediale del mondo dei media e della comunicazione – dall'innovazione della Pubblica Amministrazione all'uso personale di Internet per istruirsi, lavorare e comunicare a distanza.

Quello del software perciò non rappresenta soltanto un importante comparto industriale di per sè ma influenza tutti i settori economici a esso collegati. Infatti non solo le infrastrutture di telecomunicazione, le reti fisse e mobili, gli apparati di trasmissione, i ponti radio e i terminali fissi e mobili, ma anche i bancomat, i decoder, i cellulari, gli stessi elettrodomestici e le automobili, contengono moltissimo software.

Si potrebbe dire con buona approssimazione che il software è entrato a far parte del "sistema operativo" della società, come la ruota, il fuoco e la parola.

Il software infatti è uno strumento che serve a produrre altri strumenti, e in quanto tale è uno strumento produttivo. Ma il software è anche un artefatto cognitivo: incorpora un'idea di chi lo usa, e implica delle regole di funzionamento. Così il software, il linguaggio al lavoro che tratta il sapere e la conoscenza degli uomini non influenza solo modelli produttivi ma induce schemi mentali e modelli cognitivi. Il software insomma porta con sè significati e valori.

Il software libero ha un altro importante effetto, mette in discussione gli istituti giuridici basati sul concetto di proprietà intellettuale.

Badate bene, non li rifiuta, anzi, ci costruisce sopra, ma con un altro obiettivo, quello di ampliare le possibilità dell'utilizzatore.

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Pagina 53

Free software as a Common

Arturo Di Corinto


"Per le sue caratteristiche il software libero è una proprietà distribuita in grado di evolvere come un Bene Pubblico".

Il suo linguaggio "aperto", modulare, liberamente accessibile e modificabile, realizzato collaborativamente attraverso il metodo ricorsivo di successivi cicli di perfezionamento fanno del software libero un "bene relazionale" che, per le sue caratteristiche di accessibilità, non esclusività, e non rivalità nell'uso presenta tutti i caratteri di una risorsa comune: qualcosa di cui tutti possono usufruire pur non avendo partecipato alla sua produzione.

Il software libero in quanto "ambiente di interazione" si presenta come luogo di incontro di conoscenza scientifica, innovazione e cooperazione sociale. Infatti per le sue caratteristiche di apertura il software libero è in grado di "evolvere" come "incubatore" di idee, relazioni e innovazioni, costituenti immateriali di prodotti tecnologici altamente evoluti.

Il software libero agisce come incubatore offrendo tools e risorse per costruire un capitale sociale, cioè un repertorio di informazioni e relazioni che si presentano come risorsa disponibile alla collettività offrendo a singoli e imprese l'opportunità di autorganizzarsi e lavorare insieme.

Il software libero rappresenta pertanto uno spazio-ambiente-strumento per la condivisione, la collaborazione e il commercio, orientato alla produzione e allo sviluppo di altro software, facilita l'incontro fra la domanda e l'offerta, l'interazione fra produttori e utilizzatori, e quindi favorisce la realizzazione di prodotti flessibili e adattabili alle mutevoli esigenze degli attori e del mercato.

Il software libero favorisce l'evoluzione basata sulla variabilità in quanto si caratterizza come un "vivisistema" dove un pool genico di software, lifespecies digitali, nell'interazione con l'ambiente socio-tecnico esprime il proprio "fenotipo". Le lifespecies che si adattano meglio all'ambiente si riproducono e si diffondono, trasmettendo il proprio corredo genetico alle generazioni successive secondo il meccanismo della "selezione naturale". Come nella selezione naturale, le mutazioni del software che si rivelano più efficienti a confrontarsi con la mutevolezza dell'ambiente, decidono la fitness degli organismi artificiali, il software, modificati ricorsivamente.


Il valore dell'autorganizzazione

Lo studio dei sistemi emergenti ha dimostrato che dai singoli comportamenti evolvono attività complesse che sono qualcosa di più e di diverso dalla loro semplice somma.

Dal comportamento delle api e delle formiche fino a quello della comunità di sviluppo del software, il principio dell'autorganizzazione si presenta come l'elemento dinamico proprio dello sviluppo di macrocomportamenti riconoscibili che consentono di raggiungere obiettivi complessi.

Formicai e "smart mobs" come le comunità di programmatori sono sistemi adattivi complessi che mostrano un comportamento emergente nel senso che sviluppano un movimento peculiare dalle regole di basso livello alle sosfisticazioni di livello più elevato.

Queste forme di comportamento hanno la qualità di divenire più intelligenti nel tempo e di rispondere alle specifiche necessità dell'ambiente.

Ciò accade proprio perché si tratta di sistemi complessi, cioè di sistemi con molteplici agenti che interagiscono dinamicamente in modo differenziato seguendo regole locali e sono in grado di coevolvere con l'ambiente stesso.

Un sistema è emergente se produce un macrocomportamento riconoscibile: nei vivisistemi il macrocomportamento più evidente è la cooperazione. E infatti simbiosi e cooperazione sono osservati a ogni livello della vita, dalla cellula alle società complesse.

Se in una colonia di formiche i singoli comportamenti sono istruiti dal Dna e l'obiettivo della cooperazione è la salvaguardia del pool genetico della colonia, in una comunità di programmatori di sofware le istruzioni sono date da regole culturali condivise e l'obiettivo è l'incorporazione di sempre maggiore intelligenza nel software.

Le regole culturali della comunità degli sviluppatori che seguono il metodo dell'open source rimandano invariabilmente alla strategia dell'altruismo cooperativo ovvero alla logica del dono. Un metodo consolidato all'interno della comunità scientifica che si è andato via via configurando come un'economia del dono.

La Gift economy, contrariamente a quello che si può pensare, è un comportamento adattativo complesso di natura altamente razionale. Soprattutto in un contesto caratterizzato da un'elevata competizione e dall'abbondanza di risorse/conoscenza.

Gli individui che cooperano secondo la logica del dono infatti competono meglio e raggiungono risultati migliori di chi non lo fa. L'evoluzione del sistema GNU/Linux ne costituisce la migliore esemplificazione. GNU/Linux è un sistema tecnologico efficiente il cui valore aggiunto è dato appunto dalla cooperazione.

Il meccanismo di scambio di doni alla base della produzione di software libero facilita il processo di accumulazione della conoscenza globalmente prodotta ed essa, a differenza di molti altri beni, non subisce un deterioramento del processo di circolazione, anzi, il suo uso e consumo contribuiscono a incrementarne la qualità e le opportunità per la creazione di nuovi prodotti. Questo è esattamente ciò che accade con i Commons. Un bene comune è infatti un bene incrementato dall'uso.

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Codici ribelli, la libertà corre sulla tastiera

Intervista a Richard Stallman


Richard Matthew Stallman è il fondatore del progetto GNU e della Free Software Foundation, cioè è il leader indiscusso del movimento del software libero e, insieme al finlandese Linus Torvalds, il maggior artefice del sistema operativo per computer rigorosamente libero più famoso al mondo: Gnu/Linux (www.gnu.org).

Quando Bill Gates è stato invitato a Roma dal presidente del senato Marcello Pera per parlare di globalizzazione, Silvio Berlusconi ha chiesto al fondatore della Microsoft lumi su come favorire l'informatizzazione della Pubblica Amministrazione italiana. Che ne pensi?

Berlusconi e Gates sono spiriti affini: entrambi cercano di arricchirsi controllando la distribuzione dell'informazione. Credono di farlo in maniera diversa e di non competere l'uno contro l'altro, ma si sbagliano. Quelli che non usano software libero sono dominati dai proprietari del software, perciò l'Italia sarà più debole nel lungo termine se usa il sistema operativo Windows sviluppato dalla Microsoft.

È per questo motivo che sei considerato la nemesi di Bill Gates?

È sbagliato concentrarsi troppo sul singolo produttore di software. Nessuna particolare azienda è infatti il "Grande Satana". Noi stiamo cercando di risolvere un problema che è assai più grande di Microsoft: il problema del software non libero.

Il parlamento italiano ha avviato una discussione sull'introduzione del software open source nella Pubblica Amministrazione – senza una chiara menzione al Free Software – e il Ministro Italiano dell'Innovazione, Lucio Stanca, ex amministratore delegato di IBM Italia, ha istituito una commmissione di studio su questo tema. Secondo te è un bene adottare il software libero nella Pubblica Amministrazione italiana?

Col software libero gli utenti controllano ciò che fanno col computer. Le agenzie governative possono beneficiare della stessa libertà esattamente come i singoli utenti. Ma c'è un'altra importante ragione per cui i governi dovrebbero adottare il software libero. Governare un paese nella giusta direzione è il compito primario dei governi e ogni agenzia di governo dovrebbe considerare questo fatto.

La Nato, l'Inghilterra, la Russia e la Cina hanno deciso di aderire al "Microsoft Government Security Programme". Che ne pensi?

Questi governi cominciano a riconoscere l'importanza della libertà del software ma Microsoft gli sta solo offrendo un pezzetto della libertà che il free software garantisce. In base a quanto stabilisce il Microsoft Government Security, i governi possono solo leggere il codice sorgente dei programmi informatici e non possono usarlo liberamente. Spero che essi capiscano che è insufficiente. La licenza Microsoft per il codice è basata sul nondisclosure agreement, cioè sulla promessa di non condividere con nessun altro ciò che impari da quel software. È un accordo non etico che una persona onesta dovrebbe rigettare da un punto di vista morale. Col software libero invece sei libero di condividere e scambiare la tua conoscenza. In ogni caso Microsoft si offre di mostrare il codice sorgente solo a pochi governi e poche aziende selezionate. Perciò questa strategia non ha alcun effetto su me e te.

Cos'è il free software?

Free (libero) software significa che tu come utente sei libero. Hai la libertà di usare il programma che vuoi; la libertà di studiare il codice sorgente dei programmi informatici, di cambiarlo e adattarlo ai tuoi desideri; hai inoltre la libertà di redistribuirne copie ad altri, la libertà di pubblicarne una versione nuova o modificata. Se non sei un programmatore e non sai come farti le cose da solo puoi pagare qualcuno che lo faccia per te.

Il free software consente agli utilizzatori la libertà di formare una comunità. Se non sai programmare ma cucini, dovresti trovare queste libertà familiari. Le libertà che penso debbano appartenere alla produzione e all'uso del software libero sono le stesse libertà che hanno i cuochi nell'usare una ricetta. Immagina se il governo cercasse di impedirti di cambiare ricetta o dicesse che se scambi e condividi le ricette sei un "pirata". Come minimo ti offenderesti.

Venti anni fa, come programmatore di computer, è esattamente ciò che ho visto succedere: il software proprietario (non free) cominciava a sostituire il free software. A me e agli altri utenti veniva sottratta una libertà. Pensando al futuro mi dissi che avrei rifiutato di vivere in quel modo. Ma qual'era l'alternativa? Dovevamo crearne una. Dovevamo creare un nuovo continente nel cyberspace, un posto dove vivere in libertà. E questo è esattamente ciò che abbiamo fatto.

Qual è la differenza fra il software "open source" e il "free software"?

Il movimento del software libero è una campagna per la libertà. Vogliamo essere liberi di controllare i nostri computer e liberi di aiutarci l'un l'altro. Insistiamo sul fatto che il software dovrebbe essere libero e se non c'è il software libero per fare una certa cosa, lo scriviamo. Il nostro idealismo e la nostra determinazione sono il motivo per cui oggi esiste GNU/Linux. Negli anni Novanta molti adottarono GNU/Linux per i suoi vantaggi pratici senza apprezzare il suo valore di libertà. Nel 1998 alcuni lanciarono il "movimento dell'open source". Un movimento simile al nostro ma la cui filosofia è molto diversa dalla nostra. Quelli dell' "open source" non affrontano il problema da un punto di vista etico; non dicono mai che gli utilizzatori hanno il diritto morale di ridistribuire e modificare il software. Parlano solo dei vantaggi pratici. Quando il movimeno dell'open source convince la gente a sviluppare programmi liberi contribuisce alla crescita della comunità. Li apprezziamo e non li critichiamo. Tuttavia si tratta di idee che non forniscono un fondamento sufficientemente forte per la nostra comunità. Per difendere la libertà bisogna prima imparare ad apprezzarla.

Allora ti consideri un hacker?

Ero un hacker ante litteram nel 1960, ma ho appreso questo termine solo quando cominciai a lavorare al Massachusetts Institute of Technology (Mit) nel 1971. Un hacker è uno che fa le cose con uno spirito di gioiosa bravura. Quello che spesso facciamo è programmare. Ma non solo. Per esempio Guillaume de Machaut, il compositore francese del XIV secolo, ha scritto un brano musicale intitolato Ma Fin Est Mon Commencement, che è una sorta di palindromo ma anche un pezzo di ottima musica. Era un ottimo hack! Il sistema operativo GNU/Linux è anch'esso un ottimo hack! Quanto sia buono un hack lo giudichi da solo.

Cosa è GNU/Linux e perchè è sbagliato chiamarlo Linux?

Nel 1984 cominciammo a sviluppare un sistema operativo libero di nome GNU. Nel 1991 il sistema era quasi completo, gli mancava solo il kernel (una delle parti più importanti dei programmi per computer). All'epoca Linus Torvalds, studente finlandese, scrisse il kernel e nel 1992 lo distribuì sotto la GNU Generai Public License. Era software libero. GNU e Linux insieme formano un sistema operativo completo e totalmente libero. Linux è una parte importante del sistema nel suo insieme ma il contributo maggiore (lo GNU) era precedente al suo sviluppo. Perciò non diamo molto credito a quelli che usano la parola Linux per indicare l'intero sistema operativo di cui Linux è una parte. Chiamandolo GNU/Linux invece si rende giustizia a entrambi. Non ti sembra più giusto?

Chi è invece Saint IGNUcius?

Saint IGNUcius, della Chiesa di Emacs, è il modo in cui ironizzo su me stesso e sulla mia immagine di guru (Emacs è il mio editore di testi, che per molti è diventato un modo di vivere, quasi una religione). La sua aureola è un vecchio hard disk dei tempi in cui erano grandi come lavatrici. St IGNUcius si appella ai fedeli per esorcizzare dai computer diabolici sistemi operativi proprietari e sostituirli con sistemi operativi che siano liberi. Saint IGNUcius è un hack. A giudicare dalle risate della gente quando lo introduco è un hack piuttosto ben riuscito.

Nei tuoi interventi, sostieni che il free software è più affidabile di quello non free. Perché?

L'esperienza ci dimostra che i sistemi GNU/Linux sono altamente affidabili, molto di più di Windows. Sui motivi di ciò possiamo solo speculare. Alcuni sostengono che dipende dalle migliaia di di programmatori che cercano e risolvono i bachi (gli errori, n.d.r.) di funzionamento del software. Ma anche perchè i programmatori mettono molta cura nello scrivere un codice sorgente chiaro e pulito quando si aspettano che il loro lavoro sarà letto da altre migliaia di persone. Ma questa cosa non è per me la più importante. Io uso software libero per essere libero e sceglierei di usare software libero anche se fosse meno affidabile di quello che è in effetti.

Molti computer, soprattuto i server Internet, usano "free software". Invece i computer a casa per la maggior parte usano software non libero (soprattutto Microsoft). Pensi che il free software cambierà il mercato domestico?

Il business del "free software" ha un mercato ma il movimento del software libero è un movimento sociale, non un business. Noi pensiamo in termini di cittadinanza, non in termini di mercato. Quando abbiamo cominciato a sviluppare il sistema GNU volevamo qualcosa di simile allo Unix (altro sistema operativo), e nel 90' abbiamo avuto quello che volevamo: GNU/Linux. Potente come lo Unix e difficile da imparare come Unix. Non aveva l'interfaccia grafica che molti vogliono. Questo è il motivo per cui GNU/Linux si è diffuso per i server, perchè solo i più tecnici lo usavano. Adesso abbiamo interfacce utente a icone e applicativi grafici per l'ufficio. Non sono in grado di predire il futuro ma queste nuove opportunità danno a GNU/Linux la possibilità di diventare assai popolare nell'home computing.

Il free software può essere venduto, ma molti sostengono che non riesce a garantire il reddito necessario per vivere dignitosamente. Qual è la tua opinione?

Ci sono centinaia di persone, forse migliaia, che vivono sviluppando software libero e adattandolo alle esigenze dei loro clienti. La libertà che è incorporata nel software libero ti dà la possibilità di assumere qualcuno in grado di modificare il programma in base alle tue necessità. Non sappiamo se passare al free software crei o meno occupazione, di certo non la diminuisce. Il free software si oppone a un modello commerciale che forza l'utente a pagare l'uso del programma. Il free software favorisce infatti un modello commerciale basato sull'adattamento e l'estensione del software a più clienti. In definitiva potrebbe favorire l'occupazione molto di più del software non libero. Ma non lo si può sapere prima di farlo. Quello che è evidente è che il software non libero favorisce le compagnie multinazionali e arricchisce poche persone mentre il software libero incoraggia l'industria locale del software e favorisce gli investimenti sul territorio.

Dopo gli attentati dell'11 settembre molti paesi adottano misure restrittive delle libertà in rete e le cose potrebbero peggiorare a causa del conflitto iracheno. Nel tuo sito personale (www.stallman.org) sostieni che patriottismo significa difendere le libertà civili...

Gli attacchi dell'11 settembre sono la scusa più comoda per molti governi, incluso il regime di Bush, per attaccare la libertà della loro stessa gente. Il governo americano si arroga il potere di imprigionare arbitrariamente chiunque senza un processo, qualcosa che non può succedere in un paese libero. Il terrorismo rappresenta un pericolo reale, ma il pericolo è maggiore quando è il nostro stesso governo ad attaccare la nostra libertà. Osama Bin Laden può volere distruggere gli Stati Uniti, ma non può riuscirci. Bush invece può veramente distruggere gli Stati Uniti come terra di libertà. Per questo io cerco di richiamare l'attenzione degli americani sul pericolo che Bush rappresenta. Se ami il tuo paese, aiutalo a rimanere libero.

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