Copertina
Autore Gianfranco Dioguardi
Titolo I sistemi organizzativi
EdizioneBruno Mondadori, Milano, 2005, Testi e pretesti , pag. 154, cop.fle., dim. 103x170x10 mm , Isbn 978-88-424-9828-5
LettoreRenato di Stefano, 2005
Classe scienze sociali , economia dell'impresa
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Indice


1    1. Una nuova disciplina:
        la "Scienza dei sistemi"

17   2. Sulla definizione di "sistema"

32   3. Il concetto di "sistema" nella storia

58   4. Verso una "teoria generale" dei sistemi

84   5. Sistemi organizzativi

100  6. Il sistema impresa

116  7. I sistemi d'imprese

138  8. I sistemi macroeconomici

152     Indice dei nomi


 

 

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1. Una nuova disciplina: la "Scienza dei sistemi"


Nel Novecento, in particolare nella prima metà di quel secolo, si è palesata una forte tendenza, in tutti i campi del sapere, verso specializzazioni sempre più spinte. I singoli settori della conoscenza hanno di conseguenza eretto forti barriere contro il trasferimento interdisciplinare delle informazioni, e sono divenuti domini chiusi in se stessi alla ricerca di grande autonomia.

La classica suddivisione che Charles Snow, nel 1959, aveva rivendicato per le due culture – quella umanistica e quella scientifica – si trasformò e si ripropose perciò anche nell'ambito dei diversi comparti della conoscenza conferendo loro reciproca incomunicabilità. Una tendenza, questa, certamente non positiva, anche se la separazione fra le discipline spesso appariva necessaria per dominare l'enorme espansione del sapere, in particolare nell'ambito scientifico.

Tutto ciò avrebbe comunque portato, nella seconda metà del secolo scorso, a interessanti e utili reazioni tendenti proprio a promuovere gli studi interdisciplinari, che iniziarono a svilupparsi intorno agli anni cinquanta. Dettero così origine a vere e proprie nuove scienze che tentavano di osservare in modo più unitario i diversi campi disciplinari e le stesse attività pratiche, alla ricerca di proprietà e leggi comuni a più settori conoscitivi. Non è un caso che la nascita e il grande sviluppo di queste scienze avvenga con l'evolversi delle nuove tecnologie – le cosiddette "alte tecnologie" – in particolare, di quelle legate all'informazione e comunicazione (ICT, Information and Communication Technologies), parallelamente alla grande diffusione dei computer.

Venivano così ad affermarsi nuove discipline, nell'intento di mettere a fuoco gli effetti delle interazioni fra elementi di natura tecnica e soggetti umani, in grado di emettere messaggi, da trasmettere e ricevere interpretando le varie componenti e le azioni da loro prodotte, secondo un concetto di unitarietà che finiva per caratterizzare il tutto.

Un grande studioso di processi organizzativi, Herbert A. Simon, premio Nobel per l'Economia nel 1978, in un suo libro autobiografico, Modelli per la mia vita, così racconta:

Teoria dell'informazione, teoria statistica delle decisioni e teoria dei giochi avevano suscitato nuovo interesse nella formazione dei concetti e avevano suggerito nuovi metodi di ricerca e nuove idee teoretiche. [...] La guerra aveva portato a un vasto incremento delle ricerche sulle capacità e le prestazioni umane (ricerche sui "fattori umani"). Poiché gran parte di questo lavoro si occupava della componente umana dei complessi sistemi uomo-macchina – piloti, cannonieri, addetti ai radar – i ricercatori poterono osservare le analogie tra l'elaborazione delle informazioni e i comportamenti dei servomeccanismi e dei computer.

In questo quadro emerge fra l'altro una nuova branca del sapere che sarà definita con il termine "cibernetica", di origine greca. È una nuova scienza che studia nel senso più generale proprio l'informazione finalizzata alla "regolazione" e al "controllo" di organismi complessi così come si manifestano o possono essere realizzati nel mondo degli esseri viventi, nell'ambito della tecnologia e delle scienze, nelle società degli uomini e della storia.

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L'approccio al problema di un utilizzo più ampio delle leggi, così da ottenere una migliore comunicazione fra discipline diverse, aveva dato vita alla cibernetica. Vi fu poi un'ulteriore generalizzazione che partì dagli studi di un biologo canadese di origine austriaca, Ludwig von Bertalanffy (1901-1972). Questi "riscoprì" il concetto di "sistema", e gli attribuì nuove valenze, facendovi riferimento esplicitamente in un suo celebre libro dal titolo General System Theory (Teoria generale dei sistemi, pubblicato negli Stati Uniti nel 1969 e in Italia nel 1971). Va notato come sia stato proprio un biologo a riproporre l'antico termine "sistema" per costruire le basi di una nuova scienza. In realtà, più che di scienza in senso proprio si deve parlare di un metodo nuovo per affrontare vecchi problemi, in grado di descriverli in forme aggiornate attraverso un linguaggio innovativo, classificandoli qualitativamente in assenza di misurazioni quantitative. In particolare, Bertalanffy così scrive:

La cibernetica, in quanto teoria del controllo di meccanismi nella tecnologia e nella natura, e in quanto teoria fondata sui concetti di informazione e di retroazione, non è altro che una parte di una teoria generale dei sistemi; i sistemi cibernetici sono un caso particolare, per quanto importante, dei sistemi che esibiscono la capacità di autoregolarsi.

Lo stesso libro di Bertalanffy, più che una vera e propria teoria, espone la necessità di pervenire a un'analisi generalizzata dei comportamenti che sono comuni ai sistemi complessi – organismi viventi, apparati tecnologici, sistemi socio-tecnici – facendo emergere il concetto di globalità unitaria dell'organismo sistemico, della sua complessità, della sua tendenza verso equilibri stazionari. Bertalanffy poteva così affermare: «Il "sistema" è un nuovo "paradigma" scientifico». Un paradigma posto come base di una disciplina innovativa, che intende studiare i sistemi viventi, socioeconomici e materiali, considerati come entità concettuali o fisiche costituite da elementi interdipendenti, e che li rappresenta mediante modelli matematici.

In tal senso la "nuova" scienza dei sistemi avrebbe trovato ampie applicazioni in biologia, sociologia, psicologia, nelle scienze della politica, in fisica e nelle scienze dell'uomo.

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5. Sistemi organizzativi


I sistemi organizzativi nascono per conseguire specifiche finalità: sono, dunque, sistemi caratterizzati da un fine verso il quale è rivolta la loro organizzazione. In questo senso s'ispirano ai corpi organizzati che in biologia rappresentano un insieme di organi, apparati, strutture in grado di formarsi, svilupparsi, differenziarsi e coordinarsi così da costituire un organismo vivente. In tali corpi, le finalità sono intrinseche al loro stato naturale, mentre nei sistemi organizzativi sono imposte dalla volontà di chi li progetta, e sono attuate attraverso processi di organizzazione che costituiscono il presupposto perché tali sistemi si realizzino e sviluppino la loro esistenza.

Quando si parla di organizzazione il riferimento è fatto a un concetto complesso che può presentare duplice natura. Costituisce, infatti, un metodo di apprendimento quando l'osservatore "organizza" secondo le proprie esigenze conoscitive la realtà alla quale è interessato. E rappresenta, invece, uno strumento di azione per chi debba operare per il conseguimento di un qualche fine. In ogni caso, è utile considerare l'organizzazione alla stregua di un "metodo" sia per comprendere sia per operare.

Come abbiamo già avuto modo di vedere, la parola "metodo" è sinonimo d'indagine per raggiungere una razionale conoscenza teoretica, così da facilitare l'acquisizione di dati organizzando il pensiero per conseguire il sapere o per predisporre l'azione pratica. Serve, comunque, a proporre una conoscenza che può poi anche tradursi in operazioni di tipo sperimentale con carattere finalistico, in grado di modificare le situazioni ambientali circostanti. Ai sistemi organizzativi, quindi, si può associare sempre il concetto di metodo attraverso il quale essi esplicitano le loro finalità perseguendo preliminarmente un ordine che governerà le loro azioni. Il metodo è dunque l'elemento in grado di caratterizzare l'organizzazione nella costruzione di appositi sistemi, intervenendo su di una molteplicità di parti che, seguendo proprio il concetto di ordine, riescono a esprimere un'unità di livello superiore.

La nuova unità è in grado di operare attraverso una coscienza e un'azione comune, spesso indipendente dalla volontà di ciascuna delle parti, sebbene ogni funzione caratteristica sia promossa sempre dai singoli partecipanti che ne rimangono reciprocamente influenzati. Si genera così una serie ordinata d'interazioni, le quali realizzano una rete di rapporti in grado di manifestare uno specifico ambiente interno tipico del sistema in esame. In genere, le condizioni che caratterizzano quell'ambiente presentano caratteristiche di sufficiente stabilità, nonostante i continui mutamenti cui sono sottoposte. Forme diverse di mutamento sono sempre presenti nei sistemi organizzativi e ne caratterizzano il metabolismo. Ma di solito la loro evoluzione si presenta graduale, tanto da apparire fisiologica, almeno entro certi limiti di soglia nel cui ambito lo stato del sistema può ritenersi di normale stazionarietà. Un sistema, infatti, può essere considerato in stato stazionario quando sia caratterizzato da una situazione assunta come regolare e usuale, riferita al suo complesso e quindi anche a ciascuna delle sue parti, nonché alle relazioni instaurate fra di esse. In particolare per gli aspetti qualitativi, tale situazione si mantiene sufficientemente stabile entro quei limiti che delimitano il campo di normalità. Oltre quei limiti le situazioni tendono a mutare con intensità rilevante, determinando stati di crisi da considerarsi anormali e pertanto critici, difficili da controllare in termini di prevedibilità.

Il concetto d'irreversibilità che caratterizza la storia dei sistemi organizzativi può essere in qualche modo dominato dalla programmabilità della sua evoluzione, che riesce a proiettare nel futuro la sua storia con sufficiente precisione. La situazione muta sostanzialmente in prossimità dei limiti di soglia, laddove il cambiamento tende ad assumere caratteristiche d'irreversibile imprevedibilità, con variazioni quantitative e temporali delle variabili di stato e conseguentemente dell'assetto qualitativo del sistema. In quelle condizioni limite, tipiche di regimi transitori e vorticosi, piccole variazioni delle grandezze di input possono indurre mutamenti anche molto importanti nel sistema, che potrebbe evolversi in direzione di un nuovo equilibrio, qualitativamente diverso rispetto a quello di partenza. Può manifestarsi, in altre parole, il cosiddetto "effetto farfalla", tipico delle situazioni caotiche: gli equilibri si rompono e assumono connotazioni di crisi e instabilità, mentre i processi evolutivi che li caratterizzano assumono caratteristiche di irreversibilità. Ciò può rendere complessa e confusa la situazione esprimendo un ordine comunque presente di difficile e non immediata comprensione.

In genere, l'analisi dei sistemi organizzativi avviene nel loro stato di stazionarietà, non perturbato da situazioni più o meno palesi di crisi. In tali condizioni l'organizzazione può essere considerata come una proprietà caratteristica dei sistemi viventi, grazie alla quale ciascun elemento, pur non cessando di esistere come unità autonoma, esplica la propria esistenza in funzione di un organismo superiore di cui è parte e che, nella sintesi, riesce a esprimere una diversa individualità, a sua volta punto di partenza per riproporre eventuali, nuovi e più complessi sistemi. Tutti i rapporti che si possono sviluppare tra l'unità particolare e l'organismo generale, e fra questi e l'ambiente esterno, costituiscono oggetto degli studi sui sistemi organizzativi.

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