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| << | < | > | >> |IndicePrefazione 11 Sommario 14 Capitolo I — Approcci alla conoscenza comportamentale 15 Capitolo II — La natura della scienza 20 Criteri convenzionali 21 Caratteristiche della conoscenza scientifica 21 Universalità 21 Causalità 23 Certezza 23 I metodi della scienza 24 Applicazione della scienza: previsione e controllo 26 Scienza "pura" contro scienza "applicata": una falsa dicotomia 28 Le discipline comportamentali come scienze 29 Il comportamento umano è un mistero 30 Il comportamento umano è razionale 30 Il comportamento umano è troppo individuale 31 Il comportamento umano è troppo complesso 32 Il comportamento umano comporta libero arbitrio 32 Il comportamento umano richiede un'analisi soggettiva 34 Scienza del comportamento contro scienza fisica 34 Capitolo III — Il metodo scientifico 38 La formulazione delle ipotesi 38 Piano della ricerca 39 Campionatura 40 Universo e campione 42 Piani di campionatura 42 Adeguatezza e rappresentatività 43 Raccolta di dati 44 Osservazione 44 Sperimentazione 46 Ricerca sul campo 48 Ricerca di laboratorio 49 Ricerca d'indagine 50 Documentazione 51 Inventari di personalità 52 Analisi dei dati 53 Validità ed affidabilità 53 Analisi quantitativa e qualitativa 54 Analisi statistica 55 La costruzione della teoria 58 Spiegazione descrittiva contro spiegazione teoretica 59 Spazi di proprietà latenti e manifesti 61 Capitolo IV - L'epistemologia della scienza 66 Capitolo V - La spiegazione scientifica 72 Modelli 74 La spiegazione nelle scienze comportamentali 77 Spazi di proprietà di analisi 80 La questione ontologica 84 Il luogo analitico e i suoi confini 87 Misurazione e verifica empirica 93 La convergenza scientifica 97 Capitolo VI - I concetti: gli elementi cardinali 105 Concetti nominali e concetti reali 109 Definizioni operazionali 112 Realtà logica contro realtà metafisica 116 Formazione dei concetti 118 Capitolo VII - Il concetto di "sistema" 123 Struttura e contenuto dei sistemi 125 Sistemi aperti e chiusi 127 Confini di sistema 128 Equilibrio dinamico 129 Meccanismi regolatori 131 Differenziazione funzionale 132 I sistemi sociali 133 Analisi strutturale-funzionale 136 Funzioni e disfunzioni 137 Funzioni manifeste e funzioni latenti 138 Alternative strutturali ed equivalenti funzionali 139 Requisiti funzionali 140 Capitolo VIII — Probabilità e legge nella spiegazione sociologica 142 Capitolo IX — I limiti della scienza 149 Analisi de jure contro analisi de facto 149 Le scienze comportamentali sono libere dai valori? 152 L'oggettività scientifica: il mito contro la realtà 153 L'etica della ricerca scientifica 156 La responsabilità sociale degli scienzati 158 Conclusione 163 Bibliografia scelta dell'autore 164 |
| << | < | > | >> |Pagina 14SommarioIl presente volume inizia con una discussione sui principali approcci, quello umanistico e quello scientifico, alla spiegazione nelle discipline comportamentali e elabora poi, in maniera assai più dettagliata, la natura della spiegazione scientifica. La scienza viene discussa attraverso le caratteristiche delle sue conoscenze accumulate, nonché in termini di metodo empirico. Seguirà una comparazione tra le scienze fisiche e le scienze comportamentali, nonché una discussione delle discipline comportamentali, in quanto scienze, e delle obiezioni avanzate a questo proposito. La nostra presentazione continuerà con una trattazione dettagliata del metodo scientifico, delle procedure e delle tecniche del processo, seguita dall'epistemologia e dalla logica della scienza. L'essenza del nostro lavoro riguarderà la natura scientifica della spiegazione nelle scienze comportamentali e le particolari circostanze che presenta. Centrale a questa considerazione è il ruolo indispensabile dei concetti nella spiegazione scientifica. Questa discussione viene illustrata con un'analisi della natura e del ruolo del concetto di "sistema" nelle scienze comportamentali. Una domanda sempre attuale, che riguarda l'esistenza di leggi nelle scienze comportamentali, viene posta attraverso il ruolo della probabilità nella spiegazione scientifica — con particolare riferimento al campo della sociologia. Le ultime questioni si occupano del limiti della scienza e di problemi quali la neutralità della scienza, nonché l'etica e la responsabilità sociale degli scienziati. | << | < | > | >> |Pagina 15Capitolo I
Approcci alla conoscenza comportamentale
Tutti i campi del sapere possono essere perseguiti con una grande varietà di prospettive e di metodi. Eppure, si può affermare con certezza che la nostra conoscenza è tanto valida quanto i metodi dai quali viene derivata. Come conosciamo, dunque, ha implicazioni rilevanti per ciò che conosciamo! Le discipline comportamentali possono essere trattate attraverso il metodo scientifico oppure attraverso quello umanistico. L'orientamento scientifico è oggi dominante; tuttavia, molti in questo campo si avvicinano alle discipline comportamentali seguendo la tradizione umanistica. Esempi di discipline umanistiche sono i campi dell'arte, della letteratura, della filosofia e della storia. Nessuno, naturalmente, può stabilire in modo assoluto cosa debbono essere o non debbano essere le discipline comportamentali; e, di conseguenza, nessuno può dire quale prospettiva metodologica sia quella corretta. Inoltre, a dispetto delle preferenze individuali, la stragrande maggioranza degli studiosi comportamentali ritiene che la loro disciplina debba accompagnarsi sia alle scienze che alle discipline umanistiche. Una situazione di questo tipo è nettamente vantaggiosa. La maggior parte di questi studiosi, infatti, attinge di solito ecletticamente dalle numerose prospettive che oggi caratterizzano i vari campi delle discipline comportamentali. Il metodo umanistico si basa innanzitutto sull'analisi soggettiva di processi quali intuizione, speculazione, impressione, intuito, logica e buon senso. Se l'analisi soggettiva può rappresentare la prospettiva tipica e peculiare dell'umanista o dell'artista, per lo scienziato è vero l'opposto. Nel loro lavoro gli scienziati impiegano l'analisi obiettiva, condotta in maniera altamente sistematica; essi cercano di stabilire i fatti e chiedono la prova empirica quale base della loro conoscenza. L'analisi soggettiva, naturalmente, non è irrilevante per la scienza. Al contrario, la logica, l'intuizione e il buon senso giocano un ruolo fondamentale nella formulazione di sospetti e di ipotesi, che sono i punti di partenza della ricerca scientifica. Inoltre, l'analisi soggettiva in una forma o nell'altra viene spesso incorporata nel metodo scientifico. Il metodo scientifico nelle discipline comportamentali si occupa della scoperta oggettiva di leggi o dei principi generali del comportamento sociale umano. L'orientamento umanistico cerca principalmente di descrivere i fenomeni comportamentali. Più precisamente, e a rischio di un'eccessiva esemplificazione, si può dire che ciascuna di queste due fondamentali modalità di indagine comportano di fatto una differente epistemologia: ovvero un corredo di principi attraverso i quali arriviamo a conoscere o a capire i fenomeni in questione. Tutta la conoscenza comporta inevitabilmente delle fondamenta epistemologiche. Il luogo dell'epistemologia nella scienza, tuttavia, non è né ben compreso, né ben accetto. Troppo spesso l'epistemologia, o la filosofia della scienza, viene separata dal campo della metodologia scientifica dalla quale è di fatto inseparabile. Eppure, come ha osservato Einstein, la scienza senza l'epistemologia è un impegno molto disordinato. L'epistemologia abbraccia la logica delle procedure della scienza e dunque costituisce la mappa cognitiva dello scienziato. Si occupa di questioni quali la definizione dell'universo o del campo del discorso, la determinazione di confini adeguati, la valutazione della natura e della validità degli assunti e dei postulati inerenti a tutti i tipi di spiegazione, i limiti dei metodi, delle tecniche o degli strumenti, l'adeguatezza e le implicazioni del linguaggio concettuale, i dogmi delle dottrine filosofiche che possono servire come base della spiegazione teoretica, nonché le stramberie intellettuali e le mode dei tempi che rappresentano il contesto in cui opera lo scienziato. | << | < | > | >> |Pagina 29Le discipline comportamentali come scienzeLe discipline comportamentali, in un orientamento scientifico, in sostanza non differiscono nei metodi da quelli utilizzati nelle scienze fisiche e naturali, come la biologia o la fisica. Gli strumenti specifici delle varie discipline possono essere diversi, come le cartine tornasole, le piastre di Petri, gli acceleratori di particelle, i questionari, le interviste, oppure gli inventari di personalità, ma per i metodi e le procedure di base non è affatto così. La natura della conoscenza così derivata nelle scienze comportamentali, non differisce, nella sostanza, da quella delle scienze fisiche in merito alle caratteristiche qualitative.
Un certo numero di obiezioni, comunque, viene sollevato di frequente contro
la possibilità di una scienza che si occupi di spiegare il comportamento umano.
Persino eminenti studiosi delle stesse discipline comportamentali sono
occasionalmente di questo avviso per varie ragioni. Tra le principali obiezioni
a una qualunque scienza del comportamento umano vi sono le seguenti:
— Il comportamento umano è un mistero
Di conseguenza, non può essere spiegato, o almeno non in modo del tutto
soddisfacente. Privare il comportamento umano di tutto il suo "mistero" è il
vero scopo delle scienze comportamentali. L'obiettivo fondamentale di queste
discipline è rompere "il codice di comportamento" per spiegare i principi del
comportamento umano, proprio come i biologi devono rompere il "codice genetico"
per rivelare i principi della vita. Il fatto che molto del "mistero" del
comportamento umano sia già stato dipanato sembra motivo sufficiente per
presumere che si possa conoscere dell'altro. Inoltre, si può stabilire, se il
comportamento umano sia effettivamente spiegabile, solo facendo un tentativo per
determinare quanto successo possa coronare lo sforzo.
— Il comportamento umano è razionale
Per quanto vero, non esiste alcuna ragione
a priori
per la quale una scienza che si occupi di un comportamento razionale debba
essere più difficile o impossibile, rispetto a una che si occupa di fenomeni non
razionali. Oltre a ciò, non tutto il comportamento umano è razionale. Una
scienza che si occupa di comportamento razionale può rappresentare un compito
più difficile e arduo rispetto a una scienza del comportamento non razionale, ma
non deve necessariamente costituire una barriera invalicabile. Non tutti gli
approcci teorici delle scienze sociali e comportamentali presumono che la
razionalità sia una caratteristica essenziale del comportamento umano.
Numerosi approcci umanistici (come la fenomenologia e l'esistenzialismo)
esemplificano questa posizione. Inoltre, altri approcci, quali il
comportamentismo, sostengono che il comportamento razionale è assai più
suscettibile di analisi scientifica e teorica di quello irrazionale o non
razionale. In ogni caso, la questione non può essere risolta se non viene fatto
uno sforzo di esplorazione scientifica.
— Il comportamento umano è troppo individuale Con una varietà apparentemente infinita di persone, cosa, nel comportamento umano, rappresenta una costante tale da consentire un potenziale bagaglio di conoscenza scientifica su di esso? Il comportamento umano, anche da parte di determinati individui, muta enormemente da una situazione all'altra. Questa grande variabilità non permetterebbe generalizzazioni o previsioni. Questa tesi sostiene che lo studio del comportamento umano possa comprendere solo l'analisi di elementi o variabili uniche. Tuttavia, lo stesso vale per i geni, gli atomi e le sostanze chimiche; pertanto la stessa obiezione dovrebbe valere per le scienze fisiche e naturali. Ma le scienze comportamentali non studiano i fenomeni unici e le variabili uniche. Come tutte le scienze, esse studiano i caratteri dei fenomeni che si ripetono secondo modelli sempre uguali, persino senza variare. Inoltre, le persone non sono infinitamente flessibili o individualistiche — o, almeno, possiamo supporre che sia così. E come con i fenomeni fisici e naturali, sono le costanti, o gli elementi universali, che rendono possibile una scienza del comportamento umano. Per le scienze comportamentali, sono gli elementi essenziali, e non quelli accidentali, del comportamento umano che costituiscono gli elementi indispensabili per una scienza del comportamento umano. | << | < | > | >> |Pagina 34Scienza del comportamento contro scienza fisicaLe scienze del comportamento vengono spesso definite come scienze "leggere", intendendo con ciò che quest'ultime mancano della precisione e della capacità di prevedere i fenomeni con successo, caratteristiche queste delle scienze fisiche e naturali. Va notato, innanzi tutto, che la conoscenza scientifica non è una questione di assoluti, ma piuttosto si distingue, come già detto, per le caratteristiche che variano di grado nelle singole discipline. A dispetto della differenza nel successo e nel progresso che attualmente caratterizza le scienze fisiche e comportamentali, le differenze nella precisione possono essere più apparenti che reali, come suggerisce il principio di Heisenberg, e il tempo può a volte rendere la situazione più chiara. Esistono numerosi fattori che spiegano il diverso progresso delle scienze fisiche e comportamentali. Innanzitutto, lo sviluppo relativamente tardo delle scienze comportamentali. La sociologia e la psicologia, ad esempio, in quanto discipline formali e sistematiche, hanno poco più di 150 anni. Secondo, c'è la questione della complessità della materia. Per quanto complicati e impenetrabili possano sembrare i fenomeni delle scienze fisiche e naturali, l'analisi nelle scienze comportamentali viene condotta in condizioni incomparabilmente più frustranti. È assai più difficile spiegare i fenomeni comportamentali quali anomia o alienazione, conflitto o cooperazione, suicidio o delinquenza, piuttosto che fenomeni fisici o biologici come la gravità o la riproduzione. H2O resta sempre H2O. Un suicidio oppure un atto criminale, invece, non sono proprio uno uguale all'altro. Molti problemi nelle scienze comportamentali, inoltre, possono essere studiati solo nel loro ambiente reale e non tra i confini, in qualche modo artificiali e semplificati, di un laboratorio. Terzo, la ricerca nelle scienze comportamentali è oggi ostacolata dalle considerazioni legali ed etiche che non si presentano altrettanto frequentemente o estensivamente in molte delle scienze fisiche e naturali. | << | < | > | >> |Pagina 66Capitolo IV
L'epistemologia della scienza
Alla base della spiegazione di ogni disciplina vi è l'epistemologia: lo studio delle fonti e dei metodi attraverso i quali la scienza arriva a conoscere i fenomeni della realtà. Si tratta di una delle dimensioni fondamentali della metodologia scientifica. L' epistemologia scientifica è quel territorio discutibile tra la scienza e la filosofia che si occupa della natura della conoscenza. Una volta assunto che è possibile ottenere una conoscenza del comportamento umano e del nostro mondo di realtà sociale, culturale e psicologica, allora dobbiamo, prima di tutto, valutare le implicazioni del processo attraverso il quale proponiamo di derivare questa conoscenza. Sembra che esista un rifiuto piuttosto esteso delle considerazioni epistemologiche (quali la logica della procedura nel corso del processo scientifico) da parte degli scienziati comportamentali. Tali questioni sono di solito considerate al di là dei limiti degli scienziati e nel complesso sono state lasciate ai filosofi della scienza. La scienza pura o oggettiva non esiste. Anche se gli scienziati (e, sfortunatamente, più spesso gli studenti) possono non riconoscere chiaramente questo fatto, tutta l'attività scientifica è accompagnata sempre da un qualche tipo di sistema epistemologico. Ad esempio, coloro che sostengono che i fenomeni comportamentali non possono essere studiati scientificamente, come si fa per i fenomeni fisici, sostengono l'implicita posizione metafisica (che molti di loro non riconoscono e non vorrebbero ammettere se anche la riconoscessero) che questi due tipi di fenomeni rappresentano due tipi completamente diversi di realtà, piuttosto che una realtà unificata in cui i differenti tipi di fenomeni sono dimensioni singolari. Che l'essere umano sia parte del mondo naturale è un postulato fondamentale della scienza. | << | < | > | >> |Pagina 68Un'altra importante questione che ha rilevanza in quest'area è quella dell'isomorfismo. Quali sono le implicazioni dell'estrapolazione acritica di modelli dalle scienze matematiche e fisiche, senza la valutazione della natura e delle conseguenze dei loro postulati, e il trasferimento nelle scienze comportamentali di tentativi di formalizzazione utilizzati (anche se con successo) in altre discipline? Qual è la natura delle influenze socio-culturali (il clima intellettuale dell'epoca, gli orientamenti teoretici correnti, le manie metodologiche e così via) sulla direzione e sulle modalità della spiegazione teoretica? Tutte queste considerazioni (compresi i valori, le motivazioni e gli assunti impliciti del teorico) formano parte dell'"input" del ricercatore e in quanto tali costituiscono parte dell'epistemologia di qualunque formulazione teoretica. Dobbiamo divenire consapevoli del nostro approccio e di quanto stiamo operando mediante il processo scientifico e le sue dinamiche, attraverso le quali le formulazioni teoretiche vengono sviluppate.L'epistemologia viene troppo spesso separata dalla metodologia. Molti falliscono nel riconoscere la sua inseparabilità essenziale, non solo dalla metodologia, ma anche, in quanto tale, dall'intero processo scientifico. Come ha affermato Einstein: La relazione reciproca tra epistemologia e scienza è degna di nota. Esse dipendono l'una dall'altra. L'epistemologia senza il contatto con la scienza diventa uno schema vuoto. La scienza senza l'epistemologia è (fintanto che è pensabile) primitiva e confusa. Questa non è una preghiera per un'invasione della filosofia (puramente speculativa) nei regni empirici della ricerca scientifica. È una preghiera allo scienziato empirico affinché apprezzi e utilizzi solo i contributi appropriati e gli strumenti fondamentali della filosofia della scienza — in particolare l'epistemologia (le norme e i principi del sapere) e la logica (le norme e i principi del ragionamento) — poiché si riferiscono alle procedure scientifiche. La scienza comportamentale — ahimè, forse tutte le scienze — ha bisogno di affrontare cose di questo tipo. | << | < | > | >> |Pagina 152Le scienze comportamentali sono libere dai valori?La scienza si occupa dei fatti: affermazioni empiricamente verificate su fenomeni reali. I fatti si riferiscono alle cose come sono. I valori non sono fatti, in questo senso. Essi si riferiscono al modo in cui le cose dovrebbero essere. I valori sono giudizi di valore o di desiderabilità, che vengono attribuiti a un oggetto. In quanto tali, i valori non sono soggetti a verifica empirica o scientifica. I giudizi di valore non sono né veri né falsi. Non comportano questioni di certezza, ma solo questioni di preferenza, gusto, desiderio, brama, credo o meta. Ciò detto, esistono valori nella scienza e in particolare nelle scienze comportamentali? Il solo valore nelle scienze comportamentali, come in tutte le scienze, è quello della verità. Ma, ahimè, la questione è assai più complicata di quanto possa sembrare questa semplice affermazione.
La scienza stessa è un valore. Anche le diverse aree della scienza sono, per
le diverse persone, di maggior valore rispetto alle altre. Il contrasto, ad
esempio, è il valore dominante nelle scienze fisiche in opposizione alle scienze
comportamentali. Cosa è più prezioso o desiderabile: la conoscenza degli atomi o
degli atteggiamenti, lo spazio fisico o il comportamento umano? Queste
problematiche non sono del tipo che la scienza può risolvere. Il valore
della
scienza e il valore
nella
scienza, comunque, sono due questioni totalmente diverse che pongono
problematiche totalmente differenti.
L'oggettività scientifica: il mito contro la realtà Una delle caratteristiche della conoscenza e del metodo scientifico, almeno idealmente, è l'oggettività. La scienza, in quanto oggetto, cerca di dimostrare o spiegare e non di giudicare o stabilire delle preferenze, né di determinare il bene o il male dei fenomeni. Questo è mito o realtà? Il nostro argomento è che gli scienziati comportamentali sono impegnati in un'attività a cui essi stessi partecipano. L'osservatore e l'osservato, in un certo senso, sono tutt'uno. Una situazione di questo tipo contrasta con altri campi scientifici, come la fisica e l'astronomia, la cui oggettività non viene sfidata — almeno non nella stessa misura. La questione, allora, è la seguente: gli scienziati comportamentali possono disimpegnare i propri valori e le proprie inclinazioni personali dal metodo e dalle scoperte della propria analisi, e possono condurre così la propria ricerca in modo tale che, se valida, possa essere replicata e verificata da altri scienziati che utilizzano metodi uguali o simili? Gli scienziati comportamentali sono idealmente liberi dai valori, neutrali e obiettivi; e, in questo senso, essi non valutano né moralizzano, perché non sono in grado di farlo. Non esistono cose come una scienza comportamentale cattolica, ebraica, protestante, musulmana o indù così come non esistono una matematica o una chimica cattolica, ebraica, protestante, musulmana o indù. Se si assume che la verità debba essere unica, allora logicamente non possono esistere numerose scienze, ovviamente in contraddizione tra loro, o numerose pretese alla unicità della verità. Tuttavia, sebbene difesa come un ideale, l'effettiva pratica dell'oggettività non è questione semplice nelle scienze comportamentali. In realtà, molti scienziati comportamentali sostengono che l'oggettività non è mai raggiungibile nel campo della loro ricerca. Alcuni potrebbero controbattere che i fatti della scienza sono miti; per quanto necessari, essi contengono sempre qualcosa che appartiene a chi li analizza. I fatti, essi sostengono, non vengono riscontrati, ma piuttosto creati. Riteniamo che questa posizione sia eccessivamente esagerata. Essa riflette una comprensione incompleta di ciò che si intende per oggettività, neutralità e scienza libera dai valori nonché delle differenze tra gli ideali e la realtà dell'impresa scientifica. L'oggettività può essere difficile da raggiungere nelle scienze sociali e comportamentali, ma uno sforzo di questo tipo non è impossibile. Lo studio classico dello svedese Gunnar Myrdal, Un dilemma americano sul credo e gli ideali espressi nella costituzione degli Stati Uniti e la discriminazione e la segregazione razziale istituzionalizzate, ha dimostrato superbamente che è possibile non solo impedire che i valori culturali, sociali e persino personali interferiscano con la ricerca comportamentale - sia nella descrizione che nell'analisi dei sistemi di valore in conflitto - ma anche che è possibile usare valori sociali e culturali come base per fornire una valutazione oggettiva del comportamento sociale e dei problemi sociali. I valori stessi, pertanto, possono essere gli obiettivi e i dati delle indagini comportamentali. I valori sono tra i principali fattori determinanti del comportamento umano e, pertanto, sono tra le principali aree di studio per le scienze comportamentali. Esiste una differenza cruciale, tuttavia, tra accettare e sposare i valori, da un lato, e il loro studio scientifico dall'altro. Le scienze comportamentali possono tentare di spiegare il comportamento che è stato socialmente definito come negativo o indesiderabile (ad es. il crimine); ma spiegare la natura di tale comportamento non richiede che questo comportamento sia definito o giudicato come buono o cattivo. Inoltre, tali spiegazioni, la cui validità può essere empiricamente determinata, sarebbero le stesse, non importa il modo in cui il comportamento in questione venga definito. La neutralità etica, in queste circostanze, viene considerata l'atteggiamento più appropriato per lo scienziato comportamentale.
I valori degli scienziati comportamentali non alterano i fenomeni che essi
osservano; non più di quanto i valori degli scienziati fisici alterano i
fenomeni fisici. Se si giudica, ad esempio, positivamente o negativamente la
prostituzione o l'uso di droghe, ciò non altererà in alcun modo la natura di
quel comportamento e, quindi, ne dovrebbero derivare le stesse scoperte
empiriche da scienziati che sostengono i due diversi valori. I valori, tuttavia,
possano alterare le osservazioni e le percezioni dei rispettivi fenomeni, ma i
problemi di valutazione si riscontrano in tutte le scienze, anche se, senza
dubbio, lo sono di più per le scienze comportamentali.
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