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| << | < | > | >> |Pagina 7Posso dirle del mio amico Andrew, lo scienziato cognitivo. Ma non è una bella storia. Una sera si è presentato alla porta della sua ex moglie, Martha, con in braccio una bambina di pochi mesi. Perché Briony, l'incantevole giovane donna che aveva sposato dopo Martha, era morta. Di cosa? Ci arriveremo. Non ce la faccio da solo, disse Andrew con Martha che lo fissava dalla soglia. Si dà il caso che quella sera nevicasse e Martha era ipnotizzata dai fiocchi soffici, animati, che si posavano sulla visiera del berretto degli Yankees di Andrew. Era così, Martha, rapita dai dettagli marginali come se li stesse mettendo in musica. Persino nelle situazioni di normalità reagiva lentamente, guardandoti con quei grandi, mobili occhi sporgenti. Poi arrivava il sorriso, o il cenno di intesa, o il no con la testa. Dalla porta aperta, intanto, fluttuava all'esterno il tepore della casa, appannando gli occhiali di Andrew. E lui, dietro le lenti appannate, se ne stava impalato come un cieco sotto la neve, ed era privo di ogni volizione quando alla fine Martha protese le mani, prese con delicatezza dalle sue braccia la bambina infagottata, indietreggiò e gli chiuse la porta in faccia. Questo succedeva dove? Martha viveva a New Rochelle, un sobborgo di New York, in una zona di grandi ville di stile diverso - Tudor, Dutch colonial, neogreco - costruite per la maggior parte negli anni Venti e Trenta, edifici discosti dalla strada e circondati per lo più da alti, vecchi aceri norvegesi. Andrew corse alla macchina e tornò portando un seggiolino, una borsa da viaggio, due sacchetti di plastica con tutto l'occorrente per la bambina. Cominciò a picchiare sulla porta: Martha, Martha! Ha sei mesi, ha un nome, un certificato di nascita. Ce l'ho qui, apri la porta, ti prego Martha, non voglio abbandonare mia figlia, ho solo bisogno di un po' di aiuto, ho bisogno di aiuto! La porta si aprì e comparve il marito di Martha, un colosso. Posa quella roba, Andrew, disse. Andrew obbedì e il colossale marito di Martha gli rimise in braccio la bambina. Sei sempre stato un casinista, disse il colossale marito di Martha. Mi spiace che la tua giovane moglie sia morta ma immagino sia morta per qualche tuo stupido errore, una leggerezza al momento sbagliato, uno dei tuoi esperimenti mentali, delle tue famose distrazioni intellettuali. Qualcosa capace in ogni caso di ricordare a tutti noi il dono che hai di seminare sciagure. Andrew depose la bambina nel seggiolino poggiato per terra, sollevò il seggiolino con la bambina e si avviò lentamente verso la macchina, quasi perdendo l'equilibrio sul viottolo scivoloso. Allacciò la cintura di sicurezza attorno al seggiolino sul sedile posteriore, tornò alla casa, raccolse i sacchetti di plastica e la borsa e li rimise in macchina. Una volta sistemato tutto chiuse la portiera, si tirò su e girandosi si ritrovò Martha davanti, uno scialle avvolto intorno alle spalle. Va bene, disse Martha. [riflette] Continui... No, stavo pensando a una cosa che ho letto sulla patogenesi della schizofrenia e del disturbo bipolare. Prima o poi i neurobiologi ci arriveranno, con il loro sequenziamento genico, troveranno le differenze nel genoma - tutte queste stupide proteine associate alla teleologia. Gli assegneranno cifre e lettere, una lettera sforbiciata di qua, una cifra aggiunta di là e... ammirate, la malattia non è più! Quindi Doc, sono guai per lei che cura con le parole. Non ne sia troppo certo. Mi dia retta, finirà col sussidio di disoccupazione. Che altro possiamo fare noi mangiatori del frutto dell'albero della conoscenza se non biologizzarci? Espungere il dolore, estendere la vita. Volete un altro occhio, che so, dietro la nuca? Si può fare. Spostare il retto in un ginocchio? Nessun problema. Anche mettervi le ali se volete, sebbene il risultato più che un volo nel cielo sarebbero giganteschi saltelli, megafalcate radenti come su quei percorsi che sembrano scale mobili appiattite nei lunghi corridoi degli aeroporti. E chi ce lo dice che Dio questo non lo vuole, perfezionare il suo imperfetto, bacato concetto di vita come patologia incurabile? Siamo il suo piano B, la sua polizza assicurativa. Dio opera attraverso Darwin. Quindi Martha alla fine si prese la bambina? Penso anche a noi che ci decomponiamo nelle nostre bare marcescenti, e a come ci reincarniamo, ai nostri piccoli frammenti microgenetici risucchiati nell'intestino di un verme cieco che affiora in superficie neanche lui sa perché, e striscia nella terra fradicia di pioggia solo per morire sull'affilato becco di uno scricciolo. Ehi, è la mia carta d'identità vivente, il mio genoma in poltiglia quello che è appena stato cacato dal cielo ed è finito con un plop sul ramo di un albero, e che adesso penzola dal ramo come una benda umidiccia. Ammirate! Mi sono trasformato in sostanza nutritiva per un albero che lotta per la propria vita. È così, sa? Questi immobili, saldi organismi vascolari combattono silenziosamente per la propria esistenza come facciamo noi l'uno con l'altro, alberi che si contendono lo stesso sole, lo stesso suolo al quale si abbarbicano, e spargono i semi che diventeranno i loro nemici nella foresta, come i principi per i re loro padri negli antichi imperi. Ma non sono del tutto privi di moto. Col vento forte eseguono la loro danza della disperazione, gli alberi carichi di foglie che ondeggiano di qua e di là, gettando in alto le braccia nella foga impotente di essere ciò che sono... Eh, dall'antropomorfismo a sentire le voci il passo è breve. Lei sente le voci? Ah! Sapevo che avrei attirato la sua attenzione. In genere quando mi addormento. Anzi, so che sto per addormentarmi quando le sento. E quello mi sveglia. Non volevo parlargliene e invece ecco che gliene sto parlando. Che cosa dicono? Non so. Cose strane. Ma non è che le sento davvero. Cioè, sono indubbiamente voci, ma al tempo stesso senza suono. Voci senza suono. Già. È come se sentissi il significato delle parole che vengono pronunciate senza il sonoro. Sento il significato ma so che sono parole che vengono pronunciate. Di solito da persone diverse. Chi sono queste persone? Non ne conosco nessuna. Una ragazza mi ha chiesto di fare l'amore con lei. Be', è normale... gli uomini le sognano certe cose. È più di un sogno. Io poi non la conoscevo. Una ragazza con un vestitino leggero lungo fino alle caviglie. E le scarpe da running. Aveva un accenno di lentiggini sotto gli occhi, sembrava che la luce del sole le schiarisse il volto, anche se stava all'ombra. Talmente carina da spezzarti il cuore! Mi ha preso per mano. Be', questo è più di una voce, di certo più di una voce senza suono. Secondo me succede che produco mentalmente un'immagine da associare al significato che sento... Bene, possiamo tornare a Andrew lo scienziato cognitivo? Faccio fatica a dirle che sento le voci senza suono anche da sveglio, nella mia vita quotidiana. Ma sì, perché non dovrei? C'è stata una mattina, per esempio, mentre andavo al lavoro, ero fermo al semaforo con il giornale e il caffè che avevo preso al deli. Stavo osservando il conto alla rovescia dei secondi del rosso. E una voce mi ha detto: Già che sei lì, perché non aggiusti la zanzariera della porta. Era molto, molto reale, talmente vicina a una vera voce sonora che mi sono girato per vedere chi avevo alle spalle. Solo che non c'era nessuno, ero da solo a quell'incrocio. | << | < | > | >> |Pagina 23Un giorno, passando davanti alla palestra del college, un edificio molto simile all'hangar di un aeroporto, Andrew vide attraverso le porte aperte una popolazione di sportivi dediti alla ginnastica e all'atletica leggera: salto in lungo, salto in alto, ostacoli, lancio del peso, salto con l'asta, cavallo con maniglie, anelli, trave, trampolino elastico. L'impegno, la concentrazione di ciascuno di loro su ciò che stavano facendo, tutti che si muovevano in uno specifico sforzo egocentrico ignorandosi a vicenda, gli fecero venire in mente una coltura di svirgolanti molecole di DNA, convinto che se avesse aspettato abbastanza quei ghirigori saltellanti e volteggianti e piroettanti si sarebbero assemblati formando la doppia elica di un codice genetico. Fu attratto in modo particolare da una ginnasta, una biondina che si allenava alla sbarra, oscillando avanti e indietro in quello che avrebbe potuto essere un costume da bagno intero. Gli pareva più umana degli altri, quasi che ricavasse gioia autentica dall'esercizio. Ma quell'oscillazione era solo una manovra preparatoria: una volta raggiunta la necessaria velocità, eccola slanciarsi nella verticale e tenersi ferma a testa in giù, dritta come un fuso, per poi iniziare pigramente a cadere all'indietro in un'altra rotazione di trecentosessanta gradi con nuova emozionante pausa allo zenit. E ancora una rotazione, poi, in avanti stavolta, come una lancetta d'orologio impazzita. Andrew, non volendo farsi scoprire mentre osservava, si allontanò rapidamente dopo che la ragazza ebbe completato l'esercizio con un ultimo giro e un balzo in aria concluso con un perfetto atterraggio in posizione semiaccucciata, le braccia tese davanti a sé.| << | < | > | >> |Pagina 34Questo è un film?Questa è l'America. Dopo aver fatto la nostra reciproca scoperta andammo a camminare in montagna, io e Briony. Arrivavi in fondo a una strada e ti ritrovavi all'inizio di un sentiero. I Wasatch tenevano a ricordarti che c'erano sempre, persino quando avevi le spalle girate, persino quando guidavi la macchina in direzione opposta li percepivi. Cambiavano in continuazione in base alla luce che negoziavano ma anche alla temperatura, il colorito era come un cambiamento d'umore, eppure costituivano presenze costanti, una famiglia di dèi, bassi monti dalle vette frastagliate, questo più alto, quest'altro più basso, ma tutti collegati, un'alleanza di venerabili poteri, sfregiati dai sentieri, implacabili con neve capace di uccidere o spensieratamente vivi di fogliame primaverile in tutte le tenui sfumature di verde o di azzurro sempreverde, ma ancora con i rimasugli giallo-marrone dell'anno prima. E poi la loro pendenza, il levarsi all'indietro fino alla vetta nel cielo come per repulsione verso qualcosa che noi supplici avevamo fatto e li aveva indispettiti, perché coloro che abitavano da un po' in quella città sapevano che quei monti li governavano, li muravano dentro, sapevano di essere il loro popolo. Briony con i pantaloncini bianchi e la bottiglietta d'acqua alla cintura e il berretto da baseball con la coda bionda infilata nell'apertura posteriore, e gli scarponcini da trekking e i fantasmini e i sodi guizzosi polpacci arrotondati... Briony si arrampicava davanti a me, energica, e io con la necessità di tenere il passo – in alcuni momenti temetti che stesse cercando di staccarmi – non riuscivo a godermi la contemplazione delle sue gambe e lo splendore dei suoi pantaloncini bianchi aderenti mentre si issava oltre un masso, a volte posando la mano a terra per sorreggersi, o afferrando uno spuntone di roccia, arrampicandosi così sempre più in alto, più che un percorso una serie di criptici passi tibetani verso l'accettazione buddista di come sono davvero le cose quando non ne parli. Be', era solo una domanda. Tu manchi di empatia, non capisci quando è il caso di smetterla di chiedermi certe cose. Non puoi immaginare cos'era avere lei lì senza dimenticare neanche per un istante la mia inettitudine omicida. Che nell'estasi della felicità sarei stato massimamente pericoloso. Il dovermi concentrare momento dopo momento, esaminare le mie azioni, tutto ciò che facevo, vivere nell'attenzione alle minuzie, tenermi d'occhio ogni minuto della giornata, controllando con zelo ritualistico tutto ciò che facevo pur di non trasformarmi in Andrew l'Impostore. Non riesco più a parlare con te, è troppo doloroso. Tu non capisci. Soltanto pronunciare il suo nome mi annienta. Non sento più la sua voce. Tu, con l'orecchio per le voci? Riesco ancora a evocare le voci di mia madre e di mio padre dopo tanto tempo dalla loro morte. Riesco a sentirle distintamente anche se solo per un attimo fugace. Ciò che sento è la loro qualità morale. Il pragmatismo di mia madre. La triste evasività di mio padre. Nelle voci ricordate c'è la qualità morale dei morti. È quel che resta di loro che coincide ancora con loro, quel frammento di voce che restituisce una qualità morale sebbene della persona non ci sia più nient'altro. E invece la sua voce, la voce di Briony, non c'è più, dici? Non la senti? Forse è per questo che da parte mia non mi pare di riuscire a coglierla. Sento la tua voce, il tuo provare ciò che pensi di lei e provi per lei. È come se si mettesse di mezzo, la tua voce. Che aspetto aveva, al di là del fisico sportivo? Ed era iscritta alla facoltà di matematica, giusto? Vanno insieme, magari, la matematica e la ginnastica. Fare geometria alle parallele. Chi ha detto che era iscritta a matematica? Come lo sai? Non hai detto —? Sei della CIA? Per favore, Andrew. Non so perché parlo con te. Martha è come se la conoscessi, dalla tua descrizione di come si è comportata. Briony invece non mi arriva. Era una persona più giovane, Briony, ancora in divenire. Ingenuamente brillante. Spontanea. Non si comportava come se si sentisse particolarmente carina. Aveva l'esuberanza fisica dei figli ormai grandi. Quando le piaceva qualcosa le piaceva appassionatamente. Aveva i suoi libri preferiti, i suoi gruppi preferiti. Si impegnava nello studio. Riusciva a scrivere una frase grammaticalmente corretta... lo sai quanto è raro in uno studente universitario? Credeva nella propria vita, nel proprio futuro. Capisco. Martha era, Briony stava diventando. Che razza di strizzacervelli sei se bisogna dirti anche questo? Hai la crudeltà di uno che vive per interposta persona. È questo che stai facendo, vero, vivere per interposta persona attraverso me. Io sono grano per il tuo mulino. Cristo! Non hai una vita tua? Non esattamente. | << | < | > | >> |Pagina 70Papà è nato in Cecoslovacchia, disse Briony. Oggi è la Repubblica Ceca. Mamma è irlandese, di Limerick.E come si sono conosciuti? Ah, rise lei, allora non hai mai sentito parlare di Leo Singer! Con quelle parole, Briony saltò su e mi tirò in piedi. Cominciò a camminare all'indietro tenendomi per le mani e mi raccontò di quest'uomo che girava l'Europa alla ricerca di persone come sua mamma e suo papà, ingaggiandole e addestrandole per farle lavorare nel proprio spettacolo, i Leo Singer's Lilliputians. Qui Briony si voltò, scattò in avanti e sentì il bisogno di fare la ruota. Quando fu di nuovo in piedi le dissi: Che genere di spettacolo? Be', mamma dice che il tema cambiava ogni stagione, e anche i costumi, ma fondamentalmente era vaudeville, con canzoni, scenette e numeri come quelli che hai visto stasera. Attrazioni circensi come i giocolieri e i funamboli, gente che sapeva suonare il violino dietro la schiena, tutto quello che ti poteva venire in mente. Il motivo di curiosità stava nelle loro dimensioni e nella quantità di cose che riuscivano a fare lo stesso lasciando a bocca aperta la gente che andava a vederli. Com'era infervorata mentre mi raccontava questa storia di famiglia... la viveva, quasi, punteggiando il racconto di verticali, ruote, balzi con la rincorsa, salti mortali all'indietro. Lì sulla spiaggia quella notte al ritmico sciabordio delle onde. Li portò in tournée in tutte le capitali europee e fu così che mamma e papà si conobbero. Vivevano nella Lilliputstadt di Leo Singer. Allora, Doc, hai mai sentito parlare di questo Singer? No. Siamo in due. Ma sta di fatto che a lui si rivolse la MGM quando ebbe bisogno dei Mastichini per il suo film. Singer insomma era un trafficante internazionale di Mastichini. Sento una nota di disprezzo nella tua voce. Chiaramente un maneggione che infantilizzava queste persone, ne faceva uno spettacolo, accumulando nel frattempo una fortuna. Non dicevi che le cose in miniatura ci fanno tenerezza? E adesso non se ne stavano forse in California, i suoi genitori, ritirati dalle scene nella loro confortevole casetta, una bella famigliola? Lo so, lo so. Cosa avrebbe riservato loro il futuro nei rispettivi villaggi se il tizio non li avesse presi con sé? Per i genitori era probabilmente solo un sollievo. Doveva esserci anche passaggio di denaro, immagino. Bill e Betty saranno stati giovani, adolescenti o poco più che ventenni. E quello diede loro una professione, uno strumento di dignità, mentre a casa sarebbero rimasti per sempre dei reietti, a malapena tollerati, derisi o trattati con mortificante indulgenza. Ma tutto puzza di Europa, sai? Questa sensibilità. Almeno i Mastichini del film avevano un'identità immaginaria, non erano nanetti che si esibivano, erano creature di fantasia acconciate in modo che non somigliassero a se stessi. Non c'entravano niente con Bill e Betty o gli altri Lillipuziani. Non credi che questo invece porti scritto sopra "Europa"? Non so se capisco di cosa parli. Parlo di servitù della gleba, servitù debitoria, e di tutte le loro maledette divise e le guerre monarchiche e le colonizzazioni e gli autodafé. Stuzzicare gli orsi in catene, ecco di cosa parlo, la cultura europea del tormentare. Schernire i deformi, ammazzare gli ebrei. Ecco di cosa parlo. [riflette] Era così felice. Perciò non dissi niente. Ti ho detto che le avevo regalato un anello di fidanzamento prima di partire per la California? No. Eh già. Stavo facendo tutta una serie di cose non da Andrew. Tenerla per mano in pubblico, essere felice. E adesso, sulla spiaggia, fare il pagliaccio, provare la ruota, la verticale, e cadere e rialzarmi con una maschera di sabbia sulla faccia. Quanto rideva. E come succede ai novelli innamorati, eravamo altamente infiammabili. La passione si accendeva per un nonnulla: una risata, l'ardore del momento. Chiudi gli occhi, mi disse, e la sentii che mi puliva il viso dalla sabbia. E poi tutto a un tratto mi spinse a terra, e mentre ero disteso montò sopra di me, bocca contro bocca, tirandomi giù i pantaloni con veemenza e poi rotolando in modo che fossi io sopra di lei. Quand'è che si era tirata su il vestito denudandosi? E poi le due paroline: Ficcalo dentro, disse. Ficcalo dentro! Non c'è bisogno che entri nei particolari, Andrew. Può anche iniziare con uno slancio verso l'altro, l'atto sessuale, ma poi sul cervello cala il buio, come una città in blackout, ed entra in funzione un precervello antidiluviano che sa soltanto di dover muovere il bacino. È senza dubbio un comando innato risalente al Paleozoico e potrebbe essere la base di tutto il tambureggiamento. Tambureggiamento? Sto cercando di dire che non sei al massimo dell'allerta in quei momenti. Come se quanto ti resta della mente umana, quel po' di fioca coscienza, si fosse localizzato da qualche parte nelle profondità del tuo essere testicolare. Ecco perché non sentii il motore e non capii immediatamente il motivo per cui la spiaggia sembrava volare via nella tempesta di sabbia che avevamo intorno. Poi però guardai negli occhi di Briony: erano accecati da un bianco terrore – di me, o della innaturale luce abbagliante sopra di noi? Continuo a chiedermelo da allora. Certo, la fotoelettrica, certo, il frastuono delle pale dell'elicottero che falciavano l'aria. Ma dato quello che doveva succedere in seguito, non sono mai riuscito a convincermi che non fosse terrore di me, di quel rutilante essere del Paleozoico con cui aveva giaciuto. In ogni caso, capii immediatamente che la situazione era incongrua. Le coprii la faccia con una mano, per nasconderla a loro, tenendola nascosta col mio corpo, mentre con l'altra tentavo l'impresa di tirarmi su i pantaloni. Forse ti è nota la faccenda delle spiagge di notte, nella California del Sud, che erano pattugliate. | << | < | > | >> |Pagina 91Forse ti ho dato un'impressione sbagliata a proposito dei miei sentimenti per Briony. Salvo quel momento in California mentre ripartivamo da casa dei suoi, e magari qualche altro, il mio amore fu puro e semplice come mai nei miei precedenti rapporti con le donne. Non ti ho raccontato dei miei legami, alcuni apparentemente solidi. Mai però semplici.Prima del matrimonio con Martha? E dopo. Il problema in ogni relazione è che ero sempre me stesso. Con Briony invece ero la persona che avevo sempre sognato di essere. Pur congenitamente incapace di essere felice, ero, con Briony, felice. La felicità consiste nel vivere la quotidianità della vita e non sapere quanto sei felice. La vera felicità deriva dal non sapere che sei felice, è una serenità animale, una via di mezzo tra appagamento e gioia, la stabilità dell'io risolto nel mondo. Naturalmente mi riferisco alla vita nel mondo occidentale sviluppato. Un'umile dedizione al trantran quotidiano, la soddisfazione per il tuo, la squisitezza del sesso e del cibo e delle giornate di sole. Non è soltanto che ami la persona che ami, ami il mondo così com'è. Una sensazione indotta forse dall'endorfina, l'oppiaceo del cervello. Lo so, eccola di nuovo, la direttiva cefalica. Ma chissene! Mentre attraversavamo il paese c'erano montagne innevate per gli sciatori, rapide per i rafter, passaggi a scrocco ovunque si posasse lo sguardo. Un giorno ci ritrovammo a costeggiare un campo dove, in lontananza, si era dato appuntamento un gruppo di ascensionisti. Accostammo per guardare questa languida flottiglia di navicelle spaziali arcobaleno che salendo avevano raggiunto il proprio giocondo senso del tempo e dello spazio. Discutemmo dell'ipotesi che siano gli americani, più di qualsiasi altro popolo, a capire cos'hanno da offrire la terra e il cielo. In quei momenti la vita era ciò che era e nient'altro, era esattamente ciò che appariva, senza nulla dietro. Un'imperante fede nel futuro, tutte le sinapsi accese come a produrre una musica metafisica e tu che esisti beatamente nella consapevolezza che il consueto mondo così com'è è l'unica realtà. E ovviamente, niente più senso di colpa. Niente più paura, la paura che era il tuo vecchio io. Tutto questo, voglio dire, è ciò che Briony faceva per me. Il mio piacere per ogni cosa in ogni dove durante quel viaggio era sostanzialmente la gioia di stare con lei, il fatto che lei fosse con me. Tutto di lei, le sue premure, come ti interpellava con gli occhi, con la sua risata, la semplicità delle attenzioni che rivolgeva a se stessa... Non era una che si truccava, mai in ghingheri, i capelli tenuti in ordine con la spazzola, a volte legati, a volte no. Già solo la disinvoltura con cui se li sistemava lasciava trapelare i diversi aspetti del suo essere. Quando restavamo in silenzio durante un tratto di rettilineo che proseguiva per miglia e miglia, si metteva seduta a gambe incrociate o cercava musica alla radio. Era lei a decidere la musica, aveva stabilito che avevo tanto da imparare, il che era vero, io mi ero fermato ai Beatles e ai Grateful Dead. (Ah, mi disse, intendi i Dead.) Non temevo per lei, Briony non sarebbe mai stata una vittima dell'Impostore. Avevo chiuso con lui. Avevo subito una metamorfosi, mi avviavo a diventare un Pazzo santo. | << | < | > | >> |Pagina 102Nel XIX secolo il lavoro era fisico. Fabbri, falegnami, manovali, contadini, costruttori di dighe, scavatori di fossi, posatori di binari, macellatori di bestiame. La gente non aveva bisogno di trovare il modo di fare esercizio. Sai che cos'è la Maratona di New York?Certo. Se mai mi decidessi ad affrontare seriamente una ricerca di neuroscienze... be', il tema sarebbe il cervello condiviso. Come per le formiche, come per le api. Perché? Il cervello di un formicaio è il formicaio. Il cervello di un alveare è l'alveare. E anche noi abbiamo le grandi illusioni collettive e la pazzia delle folle. Il tizio che ha scritto questo sapeva più di quanto sapesse di sapere. Ti riferisci alla bolla dei tulipani? Perché i banchi di pesci cambiano direzione all'istante, come un'unica entità? Perché gli stormi di uccelli, senza un leader, volano in formazioni diverse con maggiore precisione di un corpo di ballo? Pensa alle guerre. Come finiscono per diventare inevitabili e una volta iniziate si estendono sempre di più. O alle bizzarre pratiche innate in qualsiasi gruppo religioso a prescindere dal dio cui rende testimonianza. E alle persone che vanno al parco la domenica. Perché il giorno per il parco dev'essere proprio la domenica? Perché le famiglie stanno insieme nel giorno di riposo eccetera eccetera. Abbiamo le città e ci abbiamo messo dentro i parchi per ovvie e sensate ragioni. No, Doc, è un parco vero solo la domenica, ha bisogno di un gran numero di persone per rispettare la propria definizione di parco, perché un parco è un parco soltanto quando organizza una colonia di esseri umani e il fatto che la cosa sia temporanea non deve farci trascurare che è ripetitiva. Andrew -- Il cervello collettivo è qualcosa di potente. Ma non reggiamo di certo il confronto con le formiche, con le api. Loro hanno un cervello-nuvola feromonico, direttive chimiche per ogni cosa: sesso, guerra, ricerca del cibo. Tra qualche milione o miliardo di anni, con il pianeta bello che abbrustolito e la razza umana estinta, saranno le formiche a regnare, o magari i moscerini della frutta, o magari gli uni e le altre, e avranno propensione per l'archeologia, strisceranno sulle rovine delle nostre città, sistemeranno le nostre ossa, metteranno in mostra i nostri resti nei musei di storia naturale, voleranno attraverso le finestre aperte dei nostri scheletriti appartamenti, risaliranno i vani dei nostri ascensori, esploreranno i nostri lunghi tunnel sotterranei nel tentativo di capire chi eravamo e che ci facevamo con queste nostre caverne d'acciaio e pietra impilate una sull'altra, e sulle strade e sulle piste degli aeroporti con queste protesi arrugginite per spostarci da un posto all'altro. Stai ipotizzando che sopravviveranno a noi? Il cervello collettivo del formicaio è al di fuori del corpo di qualsiasi singola formica. È la gassosa identità chimica di un formicaio che regola il comportamento di ogni formica. Così che guardandole ti viene da pensare che sanno cosa stanno facendo. O perché lo stanno facendo. Può essere anche che il cervello del formicaio conferisca a ogni formica un'intelligenza che altrimenti non avrebbe. Questo mi interessa. E le possibilità di sopravvivenza aumentano in misura esponenziale. Mi sembra di ricordare che citavi Mark Twain sulla stupidità delle formiche. Quello riguardava una formica in particolare che si era allontanata per iniziativa personale. Ciononostante, lei, la formica, era capace di trasportare tre o quattro volte il proprio peso. Non vedevo niente di paragonabile negli energumeni che sollevavano tombini nella mia palestra. Perché stiamo affrontando questo discorso? Noi, quasi per invidia, facciamo pallide imitazioni del cervello di gruppo. Ci consegniamo temporaneamente a una più vasta mente sociale e obbediamo ai suoi diktat allo stesso modo in cui i singoli computer cedono le proprie risorse alla rete che li collega. Forse aneliamo a qualcosa di simile alla condizione in cui si trovano questi altri esseri – le formiche, le api – per i quali il pensiero è esternalizzato. Pensiero-nuvola, uno Übermensch chimico. Il che ci porta alla politica. Non sono convinto che tu sia serio. | << | < | > | >> |Pagina 145Buongiorno classe. Buongiorno, rosso di faccia e arcigno di bocca. Buongiorno, inamidato di camicia e ondulato di chioma. Stamattina parleremo di coscienza. Da dove viene? Che fa tutto il tempo? Briga? Cerca vantaggi? Come impara a comportarsi, con miliardi di neuroni che si autoconcepiscono in circuiti neurali e si modificano correggono riconfigurano moltiplicano in risposta all'esperienza del mondo esterno da parte dell'organismo in un processo di selezione naturale o di darwinismo neurale, per dirla con Edelman? Ci sei compreso anche tu, bellimbusto guerrafondaio? Sei forse il culmine evolutivo di questo lavorio cerebrale? Crick, invece, propende per il ruolo del claustro o magari del talamo. Abiurate la claustrofobia. Ricordate Fort Talamo! In ogni caso non avete l'anima. Ma non ce l'hanno neanche Edelman e Crick. Né ce l'ha l'arcigno qui, anche se sarebbe disposto a uccidere pur di dimostrare il contrario. Ma quella è la finzione del cervello. Dobbiamo andarci cauti con i nostri cervelli. Prendono le decisioni prima di noi. Ci conducono all'acqua ferma. Rinunziano al libero arbitrio. E la cosa è ancora più bizzarra: se tagliate un cervello a metà, emisfero sinistro ed emisfero destro continueranno a funzionare autonomamente senza sapere l'uno cosa fa l'altro. Ma non state a pensarci, tanto non siete voi a pensare. Limitatevi a seguire la vostra stella. A vivere dando per scontata la vita costruita socialmente. Aborrite la scienza. Credete più o meno in Dio. Dimenticatevi gli errori commessi. Offrite le vostre giustificazioni allo specchio del bagno.Li disprezzavi proprio quegli uomini, vero? Cenerotto e Rumfellone erano sedicenti strateghi mondiali. Avevano alle spalle schiere di ideologi e gladiatori da think tank. Il presidente era il presidente e basta. Rapporti complessi legavano i tre e in certi momenti lui doveva sentirsi soverchiato e surclassato. Ogni volta che seguiva i loro dettami, per quanto persuasivi e in linea con il suo istinto, doveva esserci del risentimento, non credi? Mi rendevo conto che stava usando me come un pungolo con cui infastidirli, facendomeli esaminare, sapendo che era un affronto costringerli ad ascoltare le mie lezioni sugli sviluppi della neurologia nel mondo. Diceva sempre così: Androide (con un sorriso furbetto), parlaci degli sviluppi della neurologia nel mondo. Be', signor presidente, in Svizzera stanno realizzando un megacomputer a imitazione del cervello umano. Lentamente ma assiduamente, stanno costruendo circuiti capaci di ricalcare le sue capacità sinaptiche, neuronali. Per quanto il nostro cervello possa essere complesso, il numero di elementi che lo fa funzionare è finito. Ciò significa che è solo una questione di tempo prima che si arrivi a un cervello extracorporeo funzionante. È vero? La stessa domanda che mi fece Cenerotto con un sorriso sarcastico. Non è un vecchio film di fantascienza che ci sta proponendo, per caso? Il presidente ne aveva fin sopra i capelli di Cenerotto e Rumfellone, uomini da lui nominati ma che in sostanza erano arrivati a soppiantarlo nelle decisioni importanti. Così il suo scherzo successivo fu di annunciare che ero un neuroricercatore impegnato in uno studio sul cervello degli uomini di potere come loro. Con tutte le cose che avevano da fare, una guerra da portare avanti, lui si trastullava alle loro spalle.
I vostri cervelli hanno un bell'aspetto, disse. Come un
promettente campo petrolifero.
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