Autore Stillman Drake
Titolo Galileo Galilei pioniere della scienza
Sottotitolo1609-2009
EdizioneMuzzio, Roma, 2009 [1992] , pag. 278, ill., cop.fle., dim. 14x21x2 cm , Isbn 978-88-96159-11-8
OriginaleGalileo: Pioneer Scientist
EdizioneUniversity of Toronto Press, Toronto, 1990
TraduttoreGirolamo Mancuso
LettoreCorrado Leonardo, 2009
Classe storia della scienza , fisica , biografie , citta': Firenze , citta': Pisa












 

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Indice


Prefazione                                                   ix

Introduzione                                                  1

 1 Le leggi del pendolo e della caduta dei gravi              7

 2 Il contesto medievale                                     31

 3 La dottrina galileiana del moto nel periodo prepadovano   45

 4 Gli antecedenti greci                                     59

 5 Meccanica, maree e copernicanesimo                        73

 6 Cosmologia, meccanica e moto                              87

 7 Moto naturale e proiezioni orizzontali                   103

 8 Proiezioni oblique. Altra fisica                         121

 9 Astronomia e il cannocchiale                             135

10 Il telescopio e il copernicanesimo                       151

11 Idrostatica, filosofi e religione                        173

12 Le comete, la Chiesa e le maree                          187

13 A proposito del Dialogo di Galileo                       201

14 Le nuove scienze                                         217

15 Da Galileo a Newton                                      233

16 Le unità galileiane oggi                                 249

Bibliografia                                                263

Indice analitico                                            273


 

 

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Pagina IX

Prefazione


In questo libro sono riuniti i risultati sparsi delle mie ricerche fin dal 1972, quando i particolari del lavoro sperimentale di Galileo cominciarono a emergere dai suoi appunti. I primi risultati furono inclusi nel mio Galileo at Work del 1978 [tr. it. Galileo. Una biografia scientifica, Il Mulino, 1988; lo citeremo come Galileo ]. Un problema, quello di individuare passo per passo come Galileo scoprì la legge che gli spazi percorsi nella caduta dei gravi sono proporzionali ai quadrati dei tempi impiegati a percorrerli, fu risolto solo nel 1986. L'identificazione e la datazione dei passi di Galileo dall'astronomia tolemaica a quella pienamente copernicana richiesero un'ulteriore studio dei manoscritti, specialmente quelli dei suoi scritti giovanili sul moto e la meccanica. Un riesame del suo famoso Dialogo del 1632 rivelò poi le ragioni della sua apparentemente scarsa organizzazione, e anche perché quest'opera includa più fisica e meno astronomia di quanto sia apparentemente promesso dal titolo (fuorviante) con il quale essa è stata ristampata e tradotta negli ultimi duecento anni [ Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo ]. Mi sono infine accorto che le Nuove scienze [come viene usualmente abbreviato il titolo dei Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze attinenti alla mecanica ed i movimenti locali ], la sua opera ultima e scientificamente più importante, conteneva un passo autobiografico che conferma tutte le conclusioni tratte dai suoi appunti relative al ruolo delle leggi del pendolo e dei piani inclinati nella scoperta della legge della caduta dei gravi. Queste (e altre cose) mi erano ancora ignote quando fu pubblicato il mio Galileo, e vennero alla luce completando la sistemazione cronologica iniziata in quel libro di tutti i documenti rimastici. I successivi sviluppi rendono ora possibile mostrare in una nuova luce l'intera carriera di Galileo, eliminando diversi interrogativi accumulatisi per i preconcetti e le congetture tradizionali. Quanto estese siano le ramificazioni risulta evidente a chiunque confronti la seguente cronologia degli eventi degni di nota nella vita di Galileo con quella riportata trent'anni fa nel mio Discoveries and Options of Galileo.


1564 Nasce a (o vicino a) Pisa il 15 febbraio.

1574 Si trasferisce a Firenze.

1575-80 Studia a Vallombrosa e a Firenze.

1581 Si iscrive all'Università di Pisa.

1583 Comincia a studiare Euclide (al di fuori dell'università).

1584 Scrive De universo.

1585 Lascia l'Università di Pisa (senza laurearsi); insegna privatamente matematica a Firenze; costruisce la "bilancetta" e determina pesi specifici.

1586 Scrive il suo primo saggio scientifico, La bilancetta; insegna pubblicamente a Siena; comincia a scrivere un dialogo sui problemi del moto.

1587 Torna a insegnare privatamente a Firenze; comincia ad accumulare appunti sul moto; scrive sui baricentri delle conoidi paraboliche; sottopone un nuovo teorema a Cristoforo Clavio a Roma.

1588 Mostra lo stesso teorema a Giuseppe Moletti a Padova; presenta domanda per una cattedra di matematica all'Università di Bologna; invia il suo teorema a Guidobaldo del Monte a Pesaro; scrive il Tractatus de elementis; scrive il De motu fiorentino; lezioni sull' Inferno di Dante all'Accademia Fiorentina.

1589 Scrive la Tractatio de demonstratione; diventa professore di matematica all'Università di Pisa; comincia la revisione del De motu fiorentino; studia l' Almagesto e De revolutionibus.

1590 Concepisce un'astronomia geo-eliocentrica (tychoniana); comincia a scrivere il De motu pisano; scrive commentari geo-eliocentrici all' Almagesto.

1591 Aggiunge i moti circolari e sul piano inclinato a De motu; concepisce la rotazione assiale (semicopernicana) della Terra; comincia la revisione dei propri commentari all' Almagesto; muore il padre, Vincenzio Galilei; termina l'incarico all'Università di Pisa.

1592 Succede a Moletti come professore di matematica all'Università di Padova; apprende le concezioni astronomiche di Tycho Brahe e di Ursus; scrive sulle fortificazioni e l'architettura militare.

1593 Scrive dispense sulla meccanica.

1594 Amplia le dispense sulla meccanica; scrive la Cosmografia.

1595 Spiega le maree in termini di moti copernicani della Terra; diventa pienamente copernicano in astronomia.

1596 Scrive Diversi modi per misurar con la vista; inventa strumenti per l'artiglieria basati sulla "squadra" di Tartaglia.

1597 Difende Copernico in una lettera a Mazzoni; dichiara il proprio copernicanesimo in una lettera a Keplero; inventa il primo modello del compasso geometrico e militare (una specie di compasso di proporzione).

1598 Tiene lezioni sui Problemi di meccanica attribuiti ad Aristotele; rivede il progetto del compasso geometrico e militare; scrive un manuale per l'uso del suo compasso.

1599 Mette a punto il modello definitivo del compasso geometrico e militare; impiega un artigiano per fabbricare strumenti matematici.

1600 Riceve una lettera d'invito da Tycho Brahe; comincia a comporre De sistemate mundi; nasce la sua prima figlia, Virginia (suor Maria Celeste).

1601 Completa De sistemate mundi; rivede e amplia notevolmente il suo trattato di meccanica; comincia a lavorare sulla "ruota di Aristotele" e sulla resistenza dei materiali; applica rapporti di momento ai dati planetari kepleriani; nasce la seconda figlia, Livia (suor Arcangela).

1602 Comincia a studiare i fenomeni magnetici; inizia gli studi del pendolo e del moto sul piano inclinato; scopre il "teorema di Galileo" sui tempi lungo le corde; comunica a Guidobaldo le sue scoperte sul moto.

1603 Scopre due teoremi sul moto sul piano inclinato; è afflitto da dolori reumatici; si accorge della continua accelerazione dei moti naturali; nota il paradosso delle velocità nei moti accelerati; cerca una regola dell'aumento di velocità nei moti naturali.

1604 Scopre la regola dei numeri dispari equalizzando i tempi; scopre la legge del pendolo in base ad accurate misurazioni dei tempi; scopre la legge della caduta dei gravi implicata dalla legge del pendolo; scrive un primo tentativo di ricavare la legge della caduta dei gravi; osserva e tiene lezioni sulla nuova stella dell'ottobre 1604.

1605 Pubblica, sotto uno pseudonimo, un dialogo in dialetto rustico padovano sulla nuova stella [ Dialogo de Cecco de' Runchitti da Bruzente in perpuosito de la stella nuova ]; insegna matematica al principe Cosimo de Medici; mette in ridicolo i copernicani in una riedizione del dialogo sulla nuova stella.

1606 Stampa un manuale per il compasso geometrico e militare; nasce il suo unico figlio maschio, Vincenzio.

1607 Pubblica un'accusa di plagio del suo manuale per il compasso geometrico e militare [ Difesa contro alle calunnie e imposture di Baldessar Capra ]; aggiunge altri elementi al suo teorema relativo alla legge della caduta dei gravi.

1608 Risolve il paradosso delle velocità nell'accelerazione; scopre mediante misurazioni la traiettoria parabolica; afferma la proporzionalità delle velocità ai tempi nella caduta dei gravi.

1609 Cosimo de Medici diventa granduca di Toscana; comincia la composizione del trattato sui moti naturali; ottiene conferma delle notizie sul cannocchiale olandese; il cannocchiale a nove ingrandimenti di Galileo viene presentato al doge di Venezia.

1610 Scopre quattro satelliti di Giove (i "pianeti medicei"); pubblica il Sidereus Nuncius; rinuncia alla cattedra di matematica a Padova; osserva gli anelli di Saturno, non risolti dal suo cannocchiale; viene nominato Primario Matematico e Filosofo del Granduca di Toscana; osserva le fasi di Venere, che rafforzano il suo copernicanesimo.

1611 Osserva le macchie solari; visita Roma ed espone le sue scoperte al cannocchiale; compila tavole dei moti per i satelliti di Giove; viene eletto membro dell'Accademia dei Lincei di Roma; discute con filosofi a Firenze sui corpi galleggianti; Maffeo Barberini sostiene Galileo contro i filosofi.

1612 Pubblica il Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua; alcuni filosofi toscani formano una lega per opporsi a Galileo; inventa un dispositivo micrometrico per il suo cannocchiale; escogita un metodo per determinare le longitudini sul mare; un prete dichiara che Copernico contraddice la Bibbia; scrive contro la teoria di Christopher Scheiner sulle macchie solari; registra un'osservazione di Nettuno come "stella fissa".

1613 Vengono pubblicate a Roma le Lettere sulle macchie solari di Galileo; replica a quattro libri contro il Discorso intorno alle cose che stanno in su l'acqua; un filosofo dichiara che il moto della Terra contraddice la Bibbia; scrive la Lettera a Castelli sulla scienza e la religione.

1614 Le figlie di Galileo vengono messe in un convento ad Arcetri; a Firenze un prete denuncia dal pulpito i seguaci di Galileo.

1615 Un prete invia all'Inquisizione la Lettera a Castelli; un teologo pubblica una difesa dell'astronomia copernicana; scrive la Lettera a Cristina sulla religione e la scienza; sente voci secondo le quali Roma proibisce i libri copernicani; va a Roma per chiedere che la chiesa non condanni il copernicanesimo.

1616 Scrive il trattato sulle maree per il cardinale Orsini; a Roma viene emesso un decreto che condanna i libri copernicani; negozia con la Spagna un piano per la determinazione delle longitudini.

1617 Migliora le tavole dei movimenti dei satelliti; inventa il giovilabio per calcolare le posizioni dei satelliti.

1618 Riprende a lavorare sul trattato sul moto, messo da parte nel 1610; è costretto a letto dai ricorrenti dolori reumatici; verso la fine dell'anno, discute con amici su tre comete.

1619 Il libro di Grassi sulle comete rappresenta in modo errato l'uso del cannocchiale; scrive il Discorso delle comete (stampato come opera di Guiducci); Grassi attacca Galileo accusandolo di essere segretamente un copernicano.

1620 Vengono pubblicate le "correzioni" della chiesa a De revolutionibus

1621 Muoiono il granduca Cosimo II e papa Paolo V; inventa la lente d'ingrandimento biconvessa.

1622 Scrive il Saggiatore in risposta agli attacchi di Grassi.

1623 Il Saggiatore viene pubblicato a Roma dall'Accademia dei Lincei; Maffeo Barberini viene eletto papa con il nome di Urbano VIII.

1624 Visita Roma e ottiene sei udienze papali; propone libri di fisica in cui si usano ipotesi astronomiche; scrive Risposta a Ingoli sulla teologia e l'astronomia; comincia a scrivere il Dialogo del flusso e reflusso.

1625 Viene inoltrata a Roma denuncia contro Il Saggiatore; Keplero critica sia Galileo sia Grassi.

1626 Corrispondenza con Cavalieri sul moto e gli indivisibili; riprende il lavoro sul magnetismo e l'armatura delle calamite; studia la teoria degli specchi sferici concavi.

1627 Riprende il lavoro sul moto naturalmente accelerato; scrive sulla teoria degli errori di stima; grave ricaduta dei dolori reumatici.

1628 Corrispondenza con Cavalieri sui paradossi dell'infinito; raccomanda Cavalieri per una cattedra all'Università di Bologna.

1629 Riprende a scrivere il Dialogo del flusso e reflusso; scopre nelle macchie solari prove a sostegno del movimento della Terra.

1630 Si reca a Roma per ottenere la licenza di stampa per il Dialogo del flusso e reflusso; il papa richiede che dal titolo del libro venga tolto il riferimento alle maree; la morte del suo fondatore fa disperdere l'Accademia dei Lincei; richiede la licenza di stampa del Dialogo a Firenze; corrispondenza con Baliani sull'altezza d'una colonna d'acqua.

1631 Riprende il lavoro sul moto e sulla dimostrazione della legge della caduta dei gravi; scrive sul controllo delle inondazioni del Bisenzio; viene pubblicato un libro ostile del gesuita Schneier sulle macchie solari.

1632 Il Dialogo viene pubblicato a Firenze il 22 febbraio; Urbano VIII convoca una commissione per esaminare le accuse; il papa trasmette all'Inquisizione la questione del Dialogo; la vendita del Dialogo viene bloccata e Galileo viene convocato a Roma.

1633 Arriva a Roma il 13 febbraio per comparire al processo da parte dell'Inquisizione; il 12 aprile viene interrogato "sotto grave sospetto di eresia"; 28 aprile: negoziato extragiudiziale con il Padre Commissario; 30 aprile: si rassegna a fare confessione di un reato meno grave; 21 giugno: viene interrogato sotto la minaccia di tortura; 22 giugno: viene condannato al carcere a vita; 9 luglio-15 dicembre: in custodia dell'arcivescovo di Siena; a Siena, comincia a scrivere Le nuove scienze.

1634 Marin Mersenne traduce in francese Le mecaniche; scrive le Postille a Rocco in difesa del Dialogo.

1635 Apprende che l'Inquisizione gli proibisce di stampare qualsiasi libro; cerca uno stampatore in Francia o in Germania.

1636 L. Elzevir accetta di stampare Le nuove scienze in Olanda.

1637 Completa Le nuove scienze; scrive Le operazioni astronomiche; descrive le librazioni lunari.

1638 Diventa cieco prima di ricevere copia delle Nuove scienze; detta materiale aggiuntivo, sulla "forza della percossa".

1639 Mersenne pubblica una parafrasi francese delle Nuove scienze.

1640 Detta Risposta a Licetti, su richiesta del principe Leopoldo.

1641 Dichiara che nessun sistema astronomico merita di essere creduto; detta il progetto di un orologio con scappamento a pendolo; detta una critica della quinta definizione del libro V di Euclide.

1642 Muore ad Arcetri il 9 gennaio.


Disposti in ordine, gli eventi che sembravano troppo vari per poter essere strettamente collegati appaiono continui, interrelati e comprensibili. Metterò da parte tutte le opinioni comunemente discusse tra gli storici e i filosofi della scienza intorno alla sociologia e alla filosofia più adatte a spiegare la carriera scientifica di Galileo. Poiché gli scienziati, che probabilmente si interessano di eventi pionieristici, non sono disposti ad accettare nulla che non sia suffragato da prove oggettive, saranno invece queste ultime a essere messe in primo piano. Se tale discorso appare eccessivo ad altri lettori, può essere tranquillamente saltato. Le poche note a pie' di pagina riguardano principalmente i dettagli delle mie ricerche. È aggiunta una bibliografia in cui sono elencate tali ricerche e i principali attacchi pubblicati contro di esse, assieme a libri e articoli relativi a Galileo e alla rivoluzione scientifica.

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Pagina 1

Introduzione


Una volta Einstein ci consigliò che, nel cercare di comprendere il pensiero di uno scienziato creativo, dovremmo prestare attenzione non tanto a ciò che egli dice, ma a quello che fa. Ciò che fece Galileo è noto principalmente grazie agli appunti conservati in pagine contenenti diagrammi e calcoli ma poche o nessuna parola. Ciò che egli disse nei suoi libri era basato su ciò che aveva fatto, ma fu frequentemente interpretato in maniera scorretta perché avevamo solo informazioni sporadiche sul lavoro che sta dietro le sue parole. In astronomia, ciò che Galileo aveva fatto era detto nelle sue relazioni di osservazioni e scoperte al telescopio, escluse le misurazioni e i calcoli che stanno dietro l'astronomia dei satelliti. Nel campo della fisica, il lavoro di Galileo rimaneva oggetto di speculazioni. Durante gli ultimi quindici anni, la situazione è notevolmente cambiata in entrambi i campi. Abbiamo ora una sostanziale quantità di informazioni sulle misurazioni e sui calcoli di Galileo sia in fisica sia in astronomia.

Misure e calcoli sono di primaria importanza per la scienza moderna, anche se rimangono di scarso interesse tranne che per gli scienziati. Prima di Galileo, molti volumi erano stati scritti sull'argomento del moto (e su altre parti della fisica) da studiosi che non avevano mai misurato realmente nessun movimento di corpi in caduta. Dopo Galileo, eseguire misurazioni con grande cura e assoggettare i risultati all'analisi matematica divennero le attività principali degli scienziati, e ciò che questi hanno detto si è limitato quasi esclusivamente a ciò che essi hanno imparato da queste attività. In un certo senso, questa è la ragione per la quale Einstein chiedeva di fare attenzione ai pericoli di basarsi su ciò che uno scienziato dice senza prima essersi accertati di ciò che egli fa. Fino agli anni Settanta, in assenza di documenti su ciò che egli aveva fatto, gli storici della scienza che scrivevano su Galileo potevano unicamente speculare in base a ciò che egli aveva detto nei suoi scritti ben noti.

Il più influente di questi storici, Alexandre Koyré, concluse che Galileo non aveva fatto nulla, se non con il cannocchiale; per il resto (inclusa tutta la sua fisica), aveva soltanto pensato. Koyré non biasimava Galileo per questo, ma anzi considerava ciò come il massimo contributo di Galileo alla scienza. Pensare matematicamente intorno ai fenomeni fisici andava contro il carattere della filosofia naturale aristotelica, cosa che qualcuno doveva fare prima che la fisica potesse essere posta sulla giusta carreggiata. Koyré attribuiva a Galileo il merito di aver posto la fisica su questa strada, e a Platone quello di aver ispirato Galileo a farlo.

Questo accadeva nel 1939, e per mezzo secolo gli studiosi di Galileo hanno scritto per lo più delle variazioni sul tema di Koyré. Questi credeva di aver dimostrato che Galileo non poteva aver misurato i movimenti concreti abbastanza accuratamente da essere arrivato in questo modo alla legge della caduta dei gravi. Galileo non diceva di averlo fatto; affermava soltanto che, in centinaia di misurazioni dei tempi impiegati da sfere che rotolavano giù per un piano inclinato, nessuna si era scostata dalla sua legge della caduta naturale "né anco della decima parte d'una battuta di polso". Koyré asserì che tale dichiarazione pubblica era falsa, considerando la descrizione di Galileo del suo apparato e delle sue procedure del tutto incapace a spiegarne le scoperte. Il modo in cui Galileo era arrivato alla sua legge della caduta dei gravi non era descritto esplicitamente in nessuno dei suoi libri pubblicati, e quella scoperta era lasciata inesplicata da Koyré.

Galileo giunse alla legge dei quadrati dei tempi agli inizi del 1604, scoprendo dapprima la legge del pendolo, mettendola in relazione con la caduta dei gravi, e questa con la discesa lungo un piano inclinato. Di questo procedimento lasciò soltanto un breve accenno in un ultimo libro, più di trent'anni dopo gli eventi. Ma l'intera storia della scoperta risulta dagli appunti di Galileo. Questa storia è raccontata nel primo capitolo di questo libro, per diverse ragioni che spiegherò subito. Può darsi che il lettore non versato nella fisica o nella matematica classica euclidea la trovi noiosa, ma essa non mancherà d'interesse per gli scienziati moderni. Tutti questi hanno misurato distanze e tempi, e sono quindi pienamente consapevoli di certi problemi che sorgono quando diventa necessario fare misurazioni con precisione sempre maggiore. Questi problemi possono differire per quanto riguarda l'apparato e le procedure usati, ma sia il fatto sia la natura di tali problemi sono inevitabili, ed erano già presenti nelle prime misurazioni effettive che sappiamo essere state fatte di distanze e di tempi, usando pendoli, discese lungo piani inclinati e cadute verticali. Come Galileo abbia risolto questi problemi di precisione nelle misurazioni via via che si ponevano è una parte della storia che si spiega in base ai suoi appunti sul moto a partire dagli anni 1604-1609 e anche dai suoi diari e dai suoi appunti che fondano l'astronomia dei satelliti durante gli anni 1610-1612.

La ragione per cui pochi storici della scienza si interessano attualmente di questa storia è che essa non fa alcuna luce su Galileo come filosofo. Ma, come lo stesso Galileo chiedeva sarcasticamente nel 1605, "L'è Filuorico? c'hà da fare la sò filuoria col mesurare?" ("Filosofo gli è? che ha a che fare la sua filosofia col misurare?"). La sua risposta, proprio un anno dopo che era riuscito per la prima volta a misurare tempi e distanze di movimenti reali abbastanza esattamente da scoprire le leggi del pendolo e della caduta dei gravi in base ai suoi dati, fu che ci si doveva fidare dei matematici e non di alcun filosofo. Negli ultimi cinquant'anni gli storici della scienza hanno trattato il termine "matematici" come sinonimo di "platonici". Quindi la risposta di Galileo verrebbe ora da essi tradotta in questo modo: "È di Platone che dovete fidarvi sopra tutti gli altri filosofi". Koyré approverebbe; ma questo non è ciò che scrisse Galileo, e con ogni probabilità ciò che egli disse era tutto ciò che intendeva dire.

Le misure accurate delle distanze e dei tempi sono fatte senza riferimento alla filosofia. I dati forniscono informazioni sull'analisi matematica – informazioni identiche per gli aristotelici come per i platonici. A differenza dei processi mediante i quali si ottengono i dati e poi li si analizza matematicamente, il modo in cui queste informazioni sono interpretate può dipendere da preconcetti filosofici. Questo libro si occupa in gran parte dei processi reali di questo tipo, di cui Galileo fu un precursore. Questi appartengono alla storia della scienza fisica, ed erano legittimamente usabili secondo i princìpi di qualsiasi scuola filosofica.

La storia della scoperta della legge della caduta dei gravi non è la sola cosa rivelata dagli appunti di Galileo a essere stata trascurata o ignorata nel passato. L'origine e il graduale perfezionamento delle sue tavole dei moti di quattro satelliti di Giove meritano attenzione, perché dischiusero una nuova branca dell'astronomia. In particolare, la scoperta delle eclissi dei satelliti fornì a Galileo, mediante nuove misurazioni, un argomento a favore del sistema copernicano, che egli non rese mai pubblico. In questo caso, ciò che egli fece non fu rispecchiato in ciò che scrisse, perché la chiesa aveva limitato ciò che egli poteva dire nel campo dell'astronomia. Galileo trascurò di descrivere le sue misurazioni in fisica perché non avrebbero interessato i lettori suoi contemporanei, curiosi intorno alla natura più che ai metodi di scoperta.

Lo scopo di questo libro è quello di informare tutti sugli aspetti pionieristici del pensiero di Galileo. È principalmente dall'ordinamento e dalla datazione dei suoi appunti e manoscritti inediti, seguito da un riesame dei suoi libri pubblicati, che emerge un ritratto coerente di Galileo come scienziato moderno le cui ricerche pionieristiche sui fenomeni gravitazionali hanno potenziali applicazioni ancor oggi.

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Pagina 135

9

Astronomia e il cannocchiale


Nel 1604-1605 il lavoro di Galileo sul moto fu interrotto per un certo tempo dall'apparizione di una supernova in ottobre, proprio quando stava scrivendo per Paolo Sarpi il primo tentativo di derivare la legge della caduta dei gravi. Poiché gli eventi concernono il copernicanesimo di Galileo, e non sono affatto largamente noti, sarà opportuno esaminarli prima di occuparci della storia delle sue scoperte al cannocchiale.

Le tavole allora in uso tra gli astronomi prevedevano una congiunzione di Giove e Marte per l'8 ottobre, e quella notte molti stavano osservando il cielo in tutta Europa. La congiunzione avvenne solo la notte successiva, quando vicino ai due pianeti fu vista una nuova stella, la cui luminosità era simile a quella di Venere. Essa fu osservata per la prima volta a Padova il 10 ottobre da Simon Mayr e il suo allievo Baldassare Capra, che ne confermò l'esistenza il 16 ottobre, dopo alcune notti nuvolose. Galileo ne fu informato poco dopo da un amico.

Le accurate osservazioni fatte a Padova confrontate con quelle fatte a Verona stabilirono subito che non era osservabile nessuna parallasse. L'insolito evento sollevò un ampio interesse e Galileo tenne tre lezioni pubbliche all'università. Cremonini, primo professore di filosofia naturale, si oppose vigorosamente alla spiegazione data da Galileo alle implicazioni dell'assenza di parallasse. Tale assenza collocava la nuova stella almeno altrettanto lontano dalla Terra quanto i pianeti esterni, se non fra le stelle fisse. Ma Aristotele sosteneva che nessun cambiamento avrebbe mai potuto aver luogo al di là dell'orbita lunare, opinione difesa da Cremonini.

Dopo un mese, la nuova stella si era avvicinata troppo al Sole per poter essere osservata, ma la sua luminosità era già diminuita. Quando divenne una stella del mattino, intorno a Natale, Galileo vide che la perdita di luminosità (e di grandezza apparente) era continuata, e cominciò a prendere in considerazione l'ipotesi che ciò fosse dovuto a un allontanamento dalla Terra. Se era così, la persistente assenza di parallasse implicava che la stella si stava allontanando dagli osservatori, con la possibilità che ne risultasse confermata la teoria copernicana del moto annuale della Terra. Se la grandezza apparente avesse continuato a diminuire per sei mesi, periodo nel quale la Terra avrebbe percorso metà della sua orbita, sembrava certo che si sarebbe verificato uno spostamento parallattico, la cui misurazione avrebbe rivelato se la Terra era ferma rispetto alle stelle fisse o ruotava intorno al Sole.

Nel gennaio del 1605, Antonio Lorenzini pubblicò a Padova un volumetto in cui si esaminavano le discussioni tra "i filosofi e i matematici", con il che Lorenzini intendeva tra Cremonini e Galileo; l'autore si schierava dalla parte dei filosofi. Un capitolo era scritto da Cremonini, che scriveva correttamente "parallasse", mentre Lorenzini la chiamava "paralpse". Galileo non poteva non sospettare di Cremonini, che lo aveva consultato a proposito di questo termine. Egli scrisse un dialogo burlesco in dialetto rustico padovano, che pubblicò sotto uno pseudonimo burlandosi del libro di Lorenzini. In esso, un contadino veniva fatto ragionare meglio di Cremonini a proposito della nuova stella. Quando questo dialogo fu pubblicato a Padova, in febbraio, due postille alludevano favorevolmente ai copernicani. In una seconda edizione, pubblicata a Verona pochi mesi dopo, entrambi i riferimenti marginali vennero modificati in sarcasmi diretti ai copernicani.

Questa modifica fu fatta perché non era stato osservato nessun effetto parallattico. Commentandola una quindicina d'anni fa, non sapevo allora che Galileo era stato precedentemente un semicopernicano e aveva preferito quel sistema finché la prova fisica basata sulle maree non aveva suffragato la rivoluzione annuale della Terra. Ora le prove astronomiche sembravano contro di essa, ma Galileo poteva ripiegare sul semicopernicanesimo. È curioso che non ne avesse semplicemente tratto la conclusione che la nuova stella era davvero tra le stelle fisse e che la continua diminuzione della sua grandezza apparente non implicasse un allontanamento dagli osservatori terrestri. La prima nuova prova astronomica che Galileo ebbe non fu tanto a favore del sistema copernicano quanto contro quello tolemaico. Essa venne dal cannocchiale, del quale è ora tempo di parlare.

Galileo non sentì parlare del cannocchiale olandese prima del maggio 1609, e probabilmente non prima di luglio. Parlò con Sarpi a Venezia di queste voci e gli fu mostrata una lettera di un suo ex allievo, Jacques Badovere, a Parigi, che ne confermava la verità. Galileo tornò a Padova, dove apprese che uno straniero era passato di là con un cannocchiale, diretto a Venezia dove sperava di venderlo al governo. Galileo cominciò subito a lavorare a un proprio strumento. Nel Saggiatore del 1623, scrisse di questi eventi così come li ricordava:

... la prima notte dopo il mio ritorno lo ritrovai [il problema], ed il giorno seguente fabbricai lo strumento, e ne diedi conto a Vinezia a i medesimi amici co' quali il giorno precedente ero stato a ragionamento sopra questa materia [...]

Fu dunque tale il mio discorso "Questo artificio o costa d'un vetro solo, o di più d'uno". D'un solo non può essere, perché la sua figura o è convessa [...] o è concava [...] o è compresa tra superficie parallele: ma questa non altera punto gli oggetti visibili col crescergli o diminuirgli; e la convessa gli accresce bene, ma gli mostra assai indistinti ed abbagliati; adunque un vetro solo non basta per produr l'effetto. Passando poi a due, e sapendo che 'l vetro di superficie parallele non altera niente [...] conclusi che l'effetto non poteva né anco seguir dall'accoppiamento di questo con alcuno degli altri due. Onde mi ristrinsi a volere esperimentare quello che facesse la composizion [...] del convesso e del concavo.

La lettera a Venezia fu indubbiamente mandata a Sarpi per dirgli che Galileo aveva confermato le voci: che uno straniero si accingeva a offrire uno strumento al doge, e che egli confidava nella propria abilità per fare subito uno strumento più potente. Sarpi, la cui opinione era stata richiesta ufficialmente, sconsigliò l'acquisto. Galileo riuscì in effetti a battere la concorrenza. Prima tentò con due lenti da occhiali montate in un tubo di piombo, ottenendo circa 3 ingrandimenti, e poi cominciò subito a molare una lente concava più spessa di quelle usate negli occhiali per miopi. Il racconto di Galileo continua così:

M'applicai poi subito a fabbricarne un altro più perfetto, il quale sei giorni dopo condussi a Vinezia, dove con gran meraviglia fu veduto [...] Finalmente [...] lo presentai al Principe in pieno Collegio.

Il cannocchiale portato a Venezia verso la fine di agosto era lungo circa 90 cm e aveva un potere d'ingrandimento di 8 volte o più. Con esso Galileo osservò e descrisse delle navi che si stavano avvicinando due ore prima che esse fossero vedute da esperti osservatori. Il suo valore per Venezia come potenza navale era evidente; come ricompensa, lo stipendio di Galileo fu portato a 1.000 fiorini e gli fu concesso un incarico a vita. Ma ci furono degli equivoci e, quando l'assegnazione fu scritta, lo obbligava a rimanere per tutta la vita, proibiva qualsiasi altro aumento di stipendio, e rimandava lo stipendio promesso alla fine del suo contratto preesistente. Non avendo ancora ricevuto nessun beneficio, Galileo si sentì libero di trattare per il posto di matematico di corte a Firenze. Quando partì, nel settembre del 1610, a Venezia il risentimento fu grande.

Verso la fine del novembre 1609, Galileo era in possesso di un cannocchiale di circa 15 ingrandimenti, che rivolse di notte verso la luna, condizioni meteorologiche permettendo, per tutto il mese di dicembre. Ai primi di gennaio del 1610, Galileo fabbricò un ottimo strumento di circa 20 ingrandimenti. Chiamandolo il suo "scopritore" quando in seguito lo presentò al granduca di Toscana, Galileo chiese anche che fosse conservato così com'era, sebbene fosse di cartone e non ricoperto di cuoio decorato come il telescopio che aveva già lasciato al duca durante una visita a Firenze. Il 7 gennaio 1610 Galileo osservò per la prima volta con il suo strumento alcuni satelliti di Giove — l'evento più importante riportato nel suo Sidereus nuncius stampato a Venezia il 12 marzo 1610.

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Da Galileo a Newton


Secondo la mia ricostruzione del pensiero di Galileo come fisico, egli abbandonò l'idea di una "forza impressa" come causa del moto nel 1598 e non vi ritornò più. I suoi scritti sul moto, a eccezione di quelli anteriori al suo trasferimento a Padova, sono tutti di concezione cinematica, o al massimo cinetica. Il concetto di forza, o di energia, rimase indefinito, come dimostra il trattato di Galileo sulla forza d'urto (o "della percussione", come lui la chiamava). Scritto nei suoi ultimi anni di vita con l'intenzione di includerlo ne Le nuove scienze, esso ne venne escluso, e fu pubblicato solo nel 1718, molto tempo dopo la sua morte.

Per quanto riguarda Galileo, forza ed energia erano semplicemente incommensurabili con il moto in quanto tale. Non avendo alcuna misura della forza, si limitò a discuterne solo in termini generali, senza ridurla a una scienza. La forza rimase per lui un termine indefinibile, come l'energia, che Galileo spesso abbinava alla forza, scrivendo come se fossero sinonimi.

Negli scritti di Galileo, la parola "momento" è usata interscambiabilmente tanto per il momento statico quanto per la quantità di moto. Galileo identifica spesso il "momento di velocità" con l'"impeto", dopo aver liberato questo termine dalla sua implicazione medievale di una forza impressa, e ridefinito nel Dialogo a significare semplicemente la velocità di un grave, comunque acquisita. Galileo distingue due componenti del "momento", usando l'espressione "momento della velocità" per la componente attribuibile unicamente alla velocità, e "momento della gravità" per la componente dovuta unicamente alla tendenza al moto che poteva essere misurata dal peso del corpo. Potremmo rappresentare simbolicamente il pensiero di Galileo scrivendo Mv per "momento della velocità" e Mg per "momento della gravità". Dato che aveva misure per la velocità e per la pesantezza, il concetto di "momento" era sufficiente per la sua scienza del moto. Non avendo una misura per la forza, non passò dalla cinematica alla dinamica, anche se di tanto in tanto, negli anni 1604-1608, in alcuni appunti tentò di fondare la sua scienza del moto sull'"impeto" o sul "momento della pesantezza". Verso la fine della vita, a richiesta degli amici, Galileo dettò un passaggio da inserire nel suo ultimo libro, che poteva sostituire il suo unico postulato per coloro che preferivano un argomento basato su un concetto dinamico. Ma non eliminò il postulato che enunciava la conservazione del moto.

Fu Newton a creare la scienza della dinamica, anche se (sfortunatamente per lui) non le diede un nome distintivo. Fu Leibniz a coniare la parola dynamique, e Newton si irritava molto quando Leibniz trattava questa scienza come una sua creazione. Nei suoi scritti privati, Newton ne raccontò la storia secondo il suo punto di vista, accreditando solo Galileo e Huygens come suoi predecessori. Vistosamente assente dalla storia della dinamica raccontata da Newton è Renato Cartesio, al quale non è ora insolito attribuire la legge d'inerzia. Le parole usate da Newton nell'enunciazione della sua prima legge del moto si possono in effetti far risalire a quelle usate da Cartesio nei Principia philosophiae, ma per l'evoluzione concettuale del principio d'inerzia non bastavano parole. Per Newton, l'inerzia era collegata inseparabilmente con la forza dalla sua seconda legge, che completava l'enunciato iniziato nella sua prima legge, definendo l'azione della "forza impressa" in un modo che era lontanissimo da qualsiasi cosa avesse detto Cartesio. Nella dottrina cartesiana della conservazione del moto, per esempio, ciò che affermava Cartesio contraddiceva completamente la legge della caduta dei gravi di Galileo, cosa che Leibniz mise in evidenza come "il memorabile errore di Cartesio". Newton non può non aver avvertito tale contraddizione, quindi il suo debito nei confronti di Cartesio, quando formulò la legge d'inerzia nei Principia del 1687, era niente più che letteralmente verbale.

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