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| << | < | > | >> |Pagina 1Da che scrivo storie, il mio interesse principale è per la condizione umana. Questo non solo è stato importante da un punto di vista emotivo ma, più razionalmente, mi ha condotto a esplorare i grandi ambienti metropolitani.
Le città grandi e piccole che conosco sono fatte di quartieri, e per questa
mia famigliarità con essi è semplicemente naturale che attorno alla vita nelle
metropoli ruoti la maggior parte dei miei libri.
Pur ritenendo universale l'anatomia cittadina, confesso di essere rimasto perplesso quando seppi che Dropsie Avenue avrebbe avuto un'edizione italiana. Nel corso degli anni ho avuto modo di visitare città come Roma e Milano, con un atteggiamento nei confronti delle modernizzazioni che modificano la fisionomia urbana tipico di chi è nato e cresciuto in una città. Ma queste visite brevi e saltuarie non mi mettevano in grado di confrontare un quartiere, per esempio, di Bologna con uno del Bronx di New York. Le città italiane, come tante altre in Europa, sono vecchie e ciò mi aveva indotto a supporre che, in qualche modo, le loro arterie si fossero irrigidite da tempo. Forse, pensavo, la costante evoluzione etnica tipica dei centri urbani americani qui non ha luogo. Ma durante il mio ultimo viaggio in Italia ho avuto occasione di visitare un antico ghetto, sovrastato dai profili dei cantieri e delle gru che persino a Venezia si stagliavano contro il cielo. E ho pensato: "Ecco che muore (o forse nasce) un'altra Dropsie Avenue". Will Eisner — Florida, gennaio 1999 | << | < | > | >> |Pagina 10| << | < | > | >> |Pagina 72| << | < | |