Autore Friedrich Engels
Titolo L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza
EdizioneEditori Riuniti, Roma, 1971 [1970] , pag. 124, cop.fle., dim. 12x18,5x1 cm
OriginaleL'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza [1878]
PrefazioneGiuseppe Prestipino
Classe politica , storia contemporanea












 

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Indice


Nota introduttiva                                        7

Prefazione alla prima edizione tedesca                  29
Prefazione alla quarta edizione tedesca                 32
Prefazione all'edizione inglese del 1892                33

L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza
    I.                                                  67
    II.                                                 84
    III.                                                95

Indice dei nomi                                        121


 

 

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Pagina 7

Nota introduttiva


«Se proprio desiderate una formulazione assolutamente provocatoria di questo concetto speculativo, allora dirò: noi dobbiamo almeno perseguire l'idea di una via al socialismo che dalla scienza porti all'utopia e non, come credeva Engels, di una via che dall'utopia porti alla scienza.» In questa affermazione, sia pure «assolutamente provocatoria», di Marcuse e nelle tendenze delle quali essa è indizio, scorgiamo una delle ragioni dell'attualità di L'evoluzione del socialismo dall'utopia alla scienza. Un'altra ragione, strettamente connessa, è nella rinnovata disputa odierna sulla funzione della scienza, ricondotta ora alla dinamica delle forze produttive ora al peso preponderante dei rapporti sociali di produzione. Un'altra ancora è data dall'interesse a ricercare, nello stesso pensiero di Engels, e di Marx, i non trascurabili motivi utopistici che essi hanno pure ereditato, coscienti o non, sia che si voglia rintracciarli, con Gerratana, nelle formule piú note sul superamento della divisione del lavoro e sulla estinzione dello Stato, sia che si tenti di ricondurli, come Gustav Mayer o Stanley Moore, all'idea stessa di un finale «ritorno alle origini» (hegeliana e illuministica, insieme): non sarebbe inopportuno peraltro considerare, alla luce di quei residui utopistici, alcune difficoltà storiche dell'edificazione socialista, di fronte ai problemi concernenti il funzionamento dello Stato proletario, la dimensione storica delle nazionalità o la specificità della divisione del lavoro socialista, difficoltà accresciute dalle rigide previsioni teoriche sul carattere del tutto transitorio di quelle entità. Ma su quest'ultima questione non possiamo certo soffermarci in una breve nota introduttiva.

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Pagina 67

Il socialismo moderno, considerato nel suo contenuto, è anzitutto il risultato della visione, da una parte, degli antagonismi di classe, dominanti nella società moderna, tra possidenti e non possidenti, salariati e capitalisti; dall'altra, dell'anarchia dominante nella produzione. Considerato invece nella sua forma teorica, esso appare all'inizio come una continuazione piú radicale, che vuol essere piú conseguente, dei principi sostenuti dai grandi illuministi francesi del XVIII secolo. Come ogni nuova teoria, esso ha dovuto anzitutto ricollegarsi al materiale ideologico preesistente, per quanto avesse la sua radice nella realtà economica.

I grandi uomini che in Francia, illuminando gli spiriti, li prepararono alla rivoluzione che si avvicinava, agirono essi stessi in un modo estremamente rivoluzionario. Non riconoscevano nessuna autorità esteriore di qualsiasi specie essa fosse. Religione, concezione della natura, società, ordinamento dello Stato, tutto fu sottoposto alla critica piú spietata; tutto doveva giustificare la propria esistenza davanti al tribunale della ragione o rinunziare all'esistenza. L'intelletto pensante fu applicato a tutto come unica misura. Era il tempo in cui, come dice Hegel, il mondo venne poggiato sulla testa, dapprima nei senso che la testa dell'uomo e i principi trovati dal suo pensiero pretesero di valere come base di ogni azione e di ogni associazione umana; ma piú tardi anche nel senso píú ampio che la realtà, che era in contraddizione con questi principi, fu effettivamente rovesciata da cima a fondo. Tutte le forme sociali e statali che sino allora erano esistite, tutte le antiche idee tradizionali furono gettate in soffitta come cose irrazionali, il mondo si era fino a quel momento lasciato guidare unicamente da pregiudizi; tutto il passato meritava solo compassione e disprezzo. Ora per la prima volta spuntava la luce del giorno; d'ora in poi la superstizione, l'ingiustizia, il privilegio e l'oppressione sarebbero stati soppiantati dalla verità eterna, dalla giustizia eterna, dall'eguaglianza fondata sulla natura, dai diritti inalienabili dell'uomo.

Noi sappiamo ora che questo regno della ragione non fu altro che il regno della borghesia idealizzato, che la giustizia eterna trovò la sua realizzazione nella giustizia borghese; che l'eguaglianza andò a finire nella borghese eguaglianza davanti alla legge; che la proprietà fu proclamata proprio come uno dei piú essenziali diritti dell'uomo; e che lo Stato conforme a ragione, il contratto sociale di Rousseau, si realizzò, e solo cosí poteva realizzarsi, come repubblica democratica borghese. I grandi pensatori del secolo XVIII non poterono oltrepassare i limiti imposti loro dalla loro epoca piú di quanto lo avevano potuto tutti i loro predecessori.

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