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| << | < | > | >> |IndicePresentazione di Luigi Boitani 5 Premessa 7 I fossili raccontano un lungo percorso evolutivo 10 Classificazione 11 Distribuzione nel mondo 13 La presenza in Italia 14 Conoscere il lupo 16 La biologia del lupo 18 Storia di un massacro e di un ritorno 40 Un'assurda leggenda 43 Due lupi speciali 45 Uomini e lupi 51 Salvare il pastore per proteggere il lupo 63 Cani e lupo uguali e diversi 66 Come si studia il lupo 69 Tracce e segni della sua presenza in natura 74 Conclusioni 77 Bibliografia 79 Illustrazioni 81 |
| << | < | > | >> |Pagina 7È da poco scesa la notte, siamo sul finire dell'autunno. Mi trovo su di un colle, a meno di cinquecento metri di altezza. Di fronte a me, il profilo scuro dei monti più alti sembra essere incastonato in un anfiteatro di stelle brillanti; in alto, nel cielo, uno spicchio di luna rischiara il buio. Il prato è tutto un concerto di grilli, l'aria è calda e il vento è calato. Questa notte sono qui perché voglio capire se, in zona, ci sono dei lupi, qual è il loro territorio, e soprattutto se, nel branco, ci sono dei cuccioli. L'obiettivo è quello di riuscire ad ascoltare e registrare, con un microfono, un ululato di gruppo dell'intero branco. Possibilità non del tutto remota di notte, ma ancora più probabile se fossi io a stimolare i lupi. La tecnica consiste nell'imitare il loro richiamo e sperare in una eventuale risposta. Alzata la testa e portate le mani ai lati della bocca simulo, allora, un ululato con due note lunghe e profonde. Con trepidazione, rimango in ascolto per alcuni minuti, ma riesco a sentire solo i grilli intorno a me e il richiamo di un allocco in lontananza. Riprovo, allora, con un altro richiamo, di nuovo nulla. E a metà del quinto tentativo che un gruppo di lupi, due adulti e quattro, forse cinque cuccioli di alcuni mesi, risponde al richiamo dal bosco situato poco oltre il colle su cui mi trovo. Un prodigio si è ripetuto anche questa volta: io e i lupi siamo riusciti a comunicare con lo stesso linguaggio, lo stesso che, da tempo immemorabile, ha fatto da colonna sonora in questi monti. Il dialogo dura per alcuni minuti, poi, finito di registrare i richiami, ancora emozionato per l'esperienza vissuta, annoto i miei dati sul taccuino, saluto in cuor mio i lupi e, in breve tempo, ritorno sul sentiero da cui ero venuto. Come se nulla fosse successo, il silenzio ritorna sul colle, i grilli, sul prato, continuano a frinire e, a valle, le luci di strade e paesi risplendono nel buio della notte stellata. Ululare di notte in montagna, non è un gioco o un comportamento stravagante, come qualcuno potrebbe pensare, ma un metodo serio e sperimentato da tempo che tutti i ricercatori conoscono e adottano, per capire se, in una determinata area, ci sono dei lupi. Esso, in gergo, viene definito wolf-howling, termine inglese che letteralmente significa ululato del lupo, ed è una delle tante tecniche utilizzate per studiare questo animale. Quando faccio ascoltare le mie registrazioni dei lupi, come quella che ho appena raccontato, a persone che li conoscono poco, mi diverte la loro convinzione nel credere che esse siano state fatte, o in posti lontani e sconosciuti, notoriamente famosi per la presenza del lupo, come il Canada e l'Alaska, o, magari, su monti sperduti e irraggiungibili del nostro territorio, come quelli del Parco Nazionale d'Abruzzo o della Maiella. Del resto, uno dei tanti stereotipi dell'uomo su questo animale è proprio la convinzione che esso sia presente solo in zone selvagge e inaccessibili. Quando dico a queste persone che quei lupi che stanno sentendo ululare, vivono, praticamente, a pochi chilometri da loro, in luoghi in cui ci sono anche strade, case, e attività umane, espressioni di sorpresa e d'incredulità, vi giuro, sono assicurate. Ho sempre pensato che studiare e fare ricerca sul lupo volesse dire, anche, conoscere e capire i comportamenti dell'uomo e il suo rapporto con questo animale. Fondamentali sono quelle categorie di persone che vivono a più stretto contatto con il lupo, pensiamo, ad esempio, a pastori e allevatori. Conoscere i loro problemi, sapere cosa ne pensano, cercare di calarsi nella loro realtà, è indispensabile per proteggere e capire meglio il lupo stesso. Ma anche le persone che "vivono in città" e che poco hanno a che fare con questo animale, sono importanti, perché, spesso, è a loro che sono legate le sorti culturali e di tutela del lupo, pensiamo ai mass-media, alle amministrazioni statali, alle scuole. E anche a loro che dobbiamo mostrare la vera natura di questo animale. "Il non conoscere" ha sempre creato un terreno fertile su cui, poi, si è sviluppata la figura di un lupo con due facce: una immaginaria, frutto di pregiudizi e credenze sbagliate, spesso più forte e prevaricante su quella vera, biologica e concreta. E tutto questo è ancora più valido per il lupo italiano che si è evoluto e vive a stretto contatto con l'uomo. Da ricercatore, posso dire che è un animale straordinario, forte, adattabile, intelligente e molto più vicino a noi di quanto non riusciamo ad immaginare. Non stupiamoci se, magari, un giorno scopriremo che esso vive nel bosco non lontano dalla nostra casa di montagna o di campagna, che la sera gioca, con i suoi compagni, nella radura dove andiamo a raccogliere i funghi o si riposa tra le felci secche, vicino ai grandi cespugli di rovi dove andiamo a mangiare le more. Il nostro lupo è unico e prezioso anche per questo. Io ho un grande debito nei suoi confronti. Se ho imparato a conoscere e ad amare la montagna, è anche grazie a questo animale. Tante volte, seguendo le sue tracce sulla neve, ho scoperto panorami mozzafiato, conosciuto posti diversi, percorso nuovi sentieri. Ma esso è stato importante anche per il mio spirito e il mio carattere: ha stimolato la mia curiosità, il rispetto per tutti gli esseri viventi, l'amore per la natura. Mi ha insegnato a guardare le cose con occhi diversi, ha arricchito anche la mia creatività artistica, visto che, molto spesso, l'ho anche disegnato, dipinto e fotografato. Grazie a lui, ho fatto nuove amicizie e conosciuto altre persone, con cui ho condiviso questo mio interesse. Mi auguro che questo libro possa servire ad avvicinare, un po' di più, la gente a questo animale; spero che riesca a strappare un altro piccolo pezzo di quel vestito da "lupo cattivo" che l'uomo, ormai da tempo, gli ha cucito addosso. Se questo racconto avrà fatto cambiare idea anche a una sola persona scettica, credo che, questo, sarà già un grande risultato e un piccolo passo in più nel lungo cammino per redimere il lupo, forse, sarà stato fatto. | << | < | > | >> |Pagina 66Alcuni studiosi affermano che il cane non è altro che un lupo leggermente modificato. Quello che noi definiamo il più fidato amico dell'uomo, che gioca nel nostro giardino di casa, magari con i nostri figli, che ci porta le pantofole quando siamo seduti in poltrona, ha molto, nelle sue cellule, del patrimonio genetico del lupo. Da tanti anni, ormai, la ricerca scientifica, basandosi su studi del DNA, ha confermato che il cane discende direttamente e solo dal lupo, dal grande San Bernardo fino al piccolo Chihuahua. L'uomo, in migliaia di anni, è riuscito a creare un'incredibile varietà di razze canine, molte delle quali hanno mantenuto aspetto e comportamento molto simili al loro progenitore selvatico. Il lupo è stato, così, la prima specie animale addomesticata dall'uomo e, per quanto è noto finora, è l'unico animale domestico presente già dal Paleolitico; i più antichi resti fossili, simili in tutto e per tutto a quelli di un cane, risalgono a circa 14.000 anni fa e sono stati trovati in Iran, anche se la ricerca genetica ha ipotizzato che il primo contatto tra uomo e lupo non sia avvenuto poche migliaia di anni fa, ma addirittura più di centomila anni orsono! Ma quali sono state le tappe che hanno portato il lupo a diventare un cane? Per millenni, lupo e uomo preistorico hanno avuto un cammino evolutivo spesso sovrapposto, ricoprendo, in natura, ruoli molto simili; entrambi cacciavano in gruppo, spesso le stesse prede e magari si rubavano reciprocamente i resti della caccia; si rispettavano e si temevano a vicenda. È facile dunque supporre che l'uomo abbia ammirato e magari imitato le strategie di caccia, l'abilità e il coraggio del lupo nell'affrontare prede anche più grandi di lui. Questa ammirazione avrà portato ad allevare qualche cucciolo, forse catturato in una tana o trovato orfano e a considerarlo, alla fine, un membro del proprio gruppo; o forse, il primo contatto può essere avvenuto per volere del lupo stesso, magari mentre gironzolava in cerca di rifiuti nei pressi degli accampamenti umani. Con il passare del tempo è nato così un legame che ha permesso a questi primi uomini di conoscere sempre di più attitudini e differenze dei singoli lupi e a selezionarne le diverse indoli. Alcuni lupi divennero, allora, formidabili aiutanti nelle battute di caccia; altri, affidabili guardiani del bestiame; altri ancora, utili per la difesa dei villaggi, o, semplicemente, da compagnia; era iniziato quel lungo processo che permetterà all'uomo di "plasmare" questo animale in tante forme e varietà, tali da creare, alla fine, più di quattrocento razze canine! Il cane accompagnerà costantemente l'uomo nel corso della sua storia, diventando il suo compagno fidato, e, pur non raggiungendo, per secoli, mai densità elevate, alla fine risulterà forse uno degli animali domestici più comuni e diffusi. Tutto questo, fino ad un momento ben preciso, in cui è iniziato un cambiamento radicale, così importante che gli effetti ancora oggi continuano a farsi sentire. A partire dai primi anni del 1970, infatti, con il "benessere economico" l'intera popolazione canina, in particolare nel mondo occidentale, ha subito una vera e propria esplosione demografica. Il motivo principale è stato il costante aumento soprattutto dei cani da compagnia, avvenuto proprio grazie alle crescenti e migliori condizioni economiche dell'uomo. In Italia, ad esempio, un censimento effettuato alcuni anni fa, stimò la presenza di circa 7,5 milioni di cani e il dato più preoccupante fu che, di questi, ben 1.200.000 erano poco o per nulla controllati dall'uomo. Nacquero nuove realtà come l'abbandono dei cani e il fenomeno conseguente del randagismo; alcuni cani, addirittura, tornarono nei boschi a condurre una vita selvatica, e sono quelli che i ricercatori definiscono, appunto, inselvatichiti. Tutto questo ha comportato, nel tempo, gravi problemi sociali, economici, sanitari ed anche ambientali, visto che, sempre più spesso, questi cani, sono tornati a competere addirittura con il lupo stesso. In natura, la rivalità tra cane inselvatichito e lupo è molto forte perché entrambi occupano la stessa posizione ecologica. Infatti, anche se in un confronto diretto il lupo prevale sul cane, il secondo, essendo più numeroso, riesce comunque a sottrarre importanti risorse naturali, cacciando, ad esempio, le prede potenziali del lupo. Infine, un altro problema causato dai cani, è legato alla loro capacità di predare il bestiame domestico; di conseguenza, oltre a determinare gravi problemi economici, essi rendono ancora più aspro il conflitto tra uomo e lupo, dal momento che la quasi totalità dei danni che provocano, sono poi, ingiustamente, imputati solo ai poveri lupi. Che strano destino quello del lupo e del cane: in principio c'era il lupo, poi l'uomo dal lupo ha creato il cane, ed infine il cane, sempre più spesso, è tornato a fare il lupo. L'uomo, come molte volte accade, è stato l'artefice di questi importanti cambiamenti, le cui conseguenze, come si è visto, non sempre sono state positive, per il lupo e per l'ambiente in cui vive.
L'augurio per il futuro è che, queste scelte siano sempre più oculate e
rispettose di tutti gli esseri viventi che ci circondano, lupo e cane compresi.
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