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INTRODUZIONE
«Ora andrò a letto e leggerò la guerra di Troia.
Non riesco a leggere nessuno, oltre i greci. Ho
un enorme volume tedesco: spesso si parla di
Elena, alla fine mi è venuta voglia di sapere chi
era e — nessuno! Semplicemente si è lasciata
rapire»
(da una lettera di Marina Cvetaeva)
Considerazioni preliminari
Nella galleria di tipi femminili che l'antichità ci ha tramandato – da
Fedra, a Elettra, a Medea –, Elena, per la quantità di opere letterarie e
artistiche dedicate alle sue vicende, per i culti che le venivano professati,
rappresenta un vero e proprio
unicum
nella storia della cultura occidentale. Essa infatti è venuta a identificarsi,
nel nostro immaginario, con l'
eros,
e quindi, con la donna che ogni uomo sogna e teme: troppo bella, troppo
complessa e ambigua per essere gestibile, Elena garantisce alla controparte
maschile il piacere del letto e il fremito della passione, ma implica anche
turbamento, gelosia, sofferenza. Reggere una relazione con una donna fatale non
è da tutti: l'alternativa tra l'amore-passione, che essa incarna, e la
tranquillità degli affetti che garantisce una moglie madre (come Penelope), è
radicale e non mediabile, costituendo le eccezioni poca cosa, almeno nella
storia letteraria. La "cosa sessuale" (si chiami Elena o Marylin Monroe)
destabilizza, rende fragile, distrugge il faticoso equilibrio psicologico della
controparte maschile. Ma anche lei, Elena, paga un prezzo altissimo.
Conoscerne le vicende attraverso le opere che a lei s'ispirano non chiede solo
motivazioni culturali, ma vuole anche una profonda adesione al personaggio, alla
scomodità che esso implica, alla felicità precaria che solo consente. Tutto
questo è Elena, e della sua lunga storia percorreremo alcune tappe, assai
distanziate nel tempo. A partire dall'omonimo dramma euripideo, del 412 a.C.,
che del personaggio e delle sue vicende fornisce una versione già largamente
elaborata ed edulcorata. C'è dunque la necessità, prima di soffermarci sul
dramma, di raccontare l'antefatto: vale a dire, quel che gli Ateniesi sapevano
della sua storia, entrando a teatro.
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Pagina 29
Euripide
ELENA
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Pagina 55
ELENA
Ahimè! Tu risali a dolorosi inizi,
vuoi conoscere una storia amara.
MENELAO
Parla! Bisogna conoscerli i doni degli dèi.
ELENA
Detesto le cose che sto per raccontarti.
MENELAO
E tuttavia raccontale; è piacevole rammentare
le sofferenze passate.
ELENA
Non volavano i remi verso il letto di un giovane barbaro.
Non mi trascinava il desiderio di un infame amplesso...
MENELAO
È stato un dio o il destino a strapparti alla tua patria?
ELENA
Il figlio di Zeus, sì, di Zeus , Ermes, mi ha
portato qui, sul Nilo, marito mio.
MENELAO
Incredibile! E chi lo mandava? È straordinario quello che
dici.
ELENA
Io piansi allora e ancora bagno gli occhi di lacrime:
Era, la sposa di Zeus, fu lei l'artefice della mia rovina.
MENELAO
Era? E che motivo aveva di colpirci così duramente?
ELENA
Quei lavacri, quelle fonti fatali per me,
dove le tre dee lavarono i loro corpi.
Questa fu l'origine del giudizio di Paride.
MENELAO
E per quel giudizio Era ha colpito proprio te...?
ELENA
Per togliermi a Paride...
MENELAO
Come? Racconta.
ELENA
Cipride mi aveva promessa a lui...
MENELAO
Che disgrazia!
ELENA
Sì, che disgrazia! Così mi ha relegato in Egitto.
MENELAO
E a Paride, al posto tuo, ha dato un fantasma, almeno a
sentir te.
ELENA
E tu, madre mia, a casa, quanto soffristi, quanto!
MENELAO
Che dici?
ELENA
Mia madre è morta. Si è impiccata
per la vergogna della mia sciagurata unione.
MENELAO
È atroce! E nostra figlia Ermione è viva?
ELENA
Sì, priva di sposo, di figli, piange, marito mio, le mie
nozze che non erano nozze.
MENELAO
Paride, hai distrutto la mia casa fin dalle fondamenta,
ma la rovina ha colpito anche te e migliaia
di Danai dalle armi di bronzo.
ELENA
La dea mi ha allontanato dalla patria,
dalla mia città, mi ha separato da te, sotto il peso di un
destino nefasto,
malaugurato: dovetti lasciare la mia casa e il mio letto.
Ma non li ho lasciati per un turpe legame.
CORO
Se per il futuro avrete una sorte felice, questa vi
compenserà delle passate disgrazie.
MESSAGGERO
Menelao, rendi partecipe anche me della vostra gioia; vedo
che siete felici, ma non capisco bene.
MENELAO
D'accordo, vecchio, prendi parte anche tu ai nostri discorsi.
MESSAGGERO
Non fu lei, dunque, a causare le pene che abbiamo patito
a Troia?
MENELAO
No, non fu Elena. Ci hanno ingannato gli dèí: avevamo tra
le mani l'immagine luttuosa di una nuvola.
MESSAGGERO
Che dici, abbiamo sofferto invano per una nuvola?
MENELAO
E stata opera di Era, conseguenza della sfida fra le tre
dee.
MESSAGGERO
E questa, questa qui, è veramente tua moglie?
MENELAO
Sì, è lei; puoi credermi.
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Pagina 95
Hugo von Hofmannsthal
ELENA EGIZIA
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Pagina 121
ETRA
Menelao — ricordi il giorno,
or sono tre volte tre anni e un anno,
quando l'abbandonasti — e andasti a caccia?
MENELAO
comprendendola appieno, con un'espressione incupita
dall'ira
Tu, di Paride non parlare, e di quel giorno!
ETRA
Ascolta! Da quel maledetto giorno
più non hai rivisto con i tuoi occhi
la tua donna!
Menelao alza repentino le mani sul proprio capo.
ETRA
Si alza pure lei e gli si accosta vicinissima
Bada! Quando quell'audace e impudente
allungò la mano sulla tua donna,
in segreto gli dei provvidero per te!
MENELAO
Attenta, donna, ch'io non ti punisca!
ETRA
Tremendo, sovrano, è il tuo sguardo!
Bevi, qui, da questo calice.
Bevi con me, così ci diamo forza.
Bevono entrambi, Etra solo per finta.
ETRA
In segreto gli dei provvidero per te!
Nelle sue braccia posero un fantasma,
un nebuloso spettro,
con cui essi dei mortali si beffano.
ELFI
Con cui gli dei
dei mortali si beffano,
sì! sì! sì! sì!
ETRA
La tua sposa intanto, l'innocente bellezza —
MENELAO
fissandola
Bada alle parole che pronunci!
ETRA
impavida
— nascosero in un luogo remoto,
a te e al mondo!
MENELAO
pendendo dalle sue labbra
In quale luogo? Bada alle parole!
ETRA
libera e sicura
Sul pendio dell'Atlante sta una rocca,
mio padre siede là, un uomo potente,
un re temuto!
Tre figlie crebbero nella casa.
Tutte e tre esperte in magia:
Salomè, la superba,
la bella Morgana,
ed Etra, la giovane.
Nella nostra casa
condussero, in volo,
la tua sposa.
Castamente assopita,
sognando di dormire tra le tue braccia,
giacque da noi,
in casa, anno dopo anno.
Intanto troneggiava,
lo spettro,
là in alto tra le figlie di Priamo
trescando con i suoi splendidi figli,
godendo dell'incendio del mondo
e della morte degli eroi, giorno dopo giorno!
Quella vespa!
ELFI
Sìsìsìsì!
Quella vespa,
lo spettro!
MENELAO
dopo una pausa di sconcertato stupore
Lei — quella che qui sfidava
le mie minacce?
ETRA
in tono confidenziale
Uno spettro!
E come mai avrebbe potuto
la sposa tua vera
osare provocarti
così sfacciatamente?
MENELAO
Colei... che io portai?
ETRA
alzando le spalle
Forse un molle
serpente di mare
con fattezze di donna
ti si avvinghiò al collo!
MENELAO
Là nella notte, chiara,
senza fiaccola,
a me la strappai
dalla casa in fiamme,
la figura d'oro!
ETRA
senza riflettere
Sì, il fantasma che
Elena si faceva chiamare!
MENELAO
Ma tutti la videro!
I principi! I guerrieri!
ETRA
Se il proprio sposo tradì,
perché non il mondo intero?
Che sarebbe il mondo
senza tradimento!
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Pagina 177
Ghiannis Ritsos
ELENA
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Pagina 179
Sì, sì, – sono io. Siediti un po'. Non viene più nessuno. Sto quasi
per scordarmi le parole. E del resto non servono. Credo si avvicini l'estate;
si muovono diversamente le tende – vogliono dire qualcosa, – sciocchezze. Una di esse
è già uscita fuori dalla finestra, si tira, vuol rompere gli anelli,
fuggire sugli alberi, – forse cerca addirittura di trascinare
altrove tutta la casa – ma la casa resiste con tutti i suoi angoli
e insieme ad essa anch'io, benché mi senta, da mesi, affrancata
dai miei morti e da me stessa; e questa mia resistenza,
inconcepibile, involontaria, estranea, è la sola cosa che ho – il mio legame
con questo letto, con questa tenda; – ed è la mia paura, come se mi reggessi
tutta a quest'anello dalla pietra nera che porto all'indice.
Esamino questa pietra adesso, per interminabili ore, nella notte —
nera, priva di riflessi – s'ingrandisce, s'ingrandisce, si riempie
d'acque nere, – le acque inondano, crescono; sprofondo,
non in un basso fondo, ma in un fondo alto, da cui
distinguo sotto la mia stanza, me stessa, l'armadio, le ancelle
che altercano senza voce; ne vedo una in piedi
su uno sgabello pulire il vetro del ritratto di Leda
con espressione dura, vendicativa; vedo lo straccio lasciarsi dietro
una coda polverosa di minuscole bollicine che salgono e scoppiano
con un gemito silenzioso intorno alle mie caviglie o ai miei ginocchi.
Vedo anche te, l'espressione del viso attonita, imbarazzata, incrinata
dalle lente ondulazioni dell'acqua nera, – ora s'allarga il tuo viso, ora s'allunga
con striature gialle. I tuoi capelli si muovono verso l'alto
come una medusa rovesciata. Ma poi mi dico: "è soltanto una pietra,
una piccola pietra preziosa." Allora tutto il nero si contrae,
si secca riducendosi a un minuscolo nodo, – lo sento
qui, appena sotto la gola. Ed eccomi di nuovo
nella mia stanza, sul mio letto, accanto alle mie boccette familiari
che mi guardano una per una con approvazione; – sono il mio unico soccorso
nell'insonnia, nella paura, nel ricordo, nell'oblio, nell'affanno.
E tu, come stai? Sei sempre nell'esercito? Abbiti cura. Non darti troppa pena
per eroismi, gradi e glorie. Che te ne fai? Ce l'hai ancora
quello scudo su cui avevi inciso il mio volto? Com'eri buffo
con l'elmo alto dal lungo cimiero, – così giovane,
così riservato, come se avessi nascosto il tuo bel viso
dietro le zampe posteriori di un cavallo la cui coda pendeva fin sul fondo
della tua schiena nuda. Non adirarti di nuovo. Rimani ancora un po'.
È ormai trascorso il tempo delle rivalità; si sono inaridite le passioni;
forse ora possiamo guardare insieme allo stesso punto della vanità
ove si realizzano, immagino, i soli autentici incontri – ancorché indifferenti,
ma sempre riposanti – la nostra nuova comunanza, desolata, calma, vuota,
senza trasferimenti e opposizioni, – rimuovere solo la cenere nel caminetto,
foggiando, di quando in quando, urne cinerarie agili e belle,
o, seduti per terra, battere il suolo con palmi senza suono.
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