Copertina
Autore Euripide
CoautoreHugo von Hofmannsthal, Ghiannis Ritsos
Titolo Elena
SottotitoloVariazioni sul mito
EdizioneMarsilio, Venezia, 2005, Tascabili , pag. 216, cop.fle., dim. 125x190x15 mm , Isbn 978-88-317-8446-7
CuratoreFrancesco Donadi
TraduttoreCaterina Barone, Nicoletta Giacon, Nicola Crocetti
LettoreAngela Razzini, 2006
Classe classici greci , classici austriaci
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Indice

  7 Introduzione
    di Francesco Donadi

 29 Euripide
    ELENA


 95 Hugo von Hofmannsthal
    ELENA EGIZIA


177 Ghiannis Ritsos
    ELENA


207 Gli autori e i testi
    a cura di Valeria Turra

 

 

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Pagina 7

INTRODUZIONE



                «Ora andrò a letto e leggerò la guerra di Troia.
                Non riesco a leggere nessuno, oltre i greci. Ho
                un enorme volume tedesco: spesso si parla di
                Elena, alla fine mi è venuta voglia di sapere chi
                era e — nessuno! Semplicemente si è lasciata
                rapire»
                              (da una lettera di Marina Cvetaeva)



Considerazioni preliminari


Nella galleria di tipi femminili che l'antichità ci ha tramandato – da Fedra, a Elettra, a Medea –, Elena, per la quantità di opere letterarie e artistiche dedicate alle sue vicende, per i culti che le venivano professati, rappresenta un vero e proprio unicum nella storia della cultura occidentale. Essa infatti è venuta a identificarsi, nel nostro immaginario, con l' eros, e quindi, con la donna che ogni uomo sogna e teme: troppo bella, troppo complessa e ambigua per essere gestibile, Elena garantisce alla controparte maschile il piacere del letto e il fremito della passione, ma implica anche turbamento, gelosia, sofferenza. Reggere una relazione con una donna fatale non è da tutti: l'alternativa tra l'amore-passione, che essa incarna, e la tranquillità degli affetti che garantisce una moglie madre (come Penelope), è radicale e non mediabile, costituendo le eccezioni poca cosa, almeno nella storia letteraria. La "cosa sessuale" (si chiami Elena o Marylin Monroe) destabilizza, rende fragile, distrugge il faticoso equilibrio psicologico della controparte maschile. Ma anche lei, Elena, paga un prezzo altissimo. Conoscerne le vicende attraverso le opere che a lei s'ispirano non chiede solo motivazioni culturali, ma vuole anche una profonda adesione al personaggio, alla scomodità che esso implica, alla felicità precaria che solo consente. Tutto questo è Elena, e della sua lunga storia percorreremo alcune tappe, assai distanziate nel tempo. A partire dall'omonimo dramma euripideo, del 412 a.C., che del personaggio e delle sue vicende fornisce una versione già largamente elaborata ed edulcorata. C'è dunque la necessità, prima di soffermarci sul dramma, di raccontare l'antefatto: vale a dire, quel che gli Ateniesi sapevano della sua storia, entrando a teatro.

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Pagina 29

Euripide
ELENA

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Pagina 55

ELENA
    Ahimè! Tu risali a dolorosi inizi,
    vuoi conoscere una storia amara.

MENELAO
    Parla! Bisogna conoscerli i doni degli dèi.

ELENA
    Detesto le cose che sto per raccontarti.

MENELAO
    E tuttavia raccontale; è piacevole rammentare
        le sofferenze passate.
ELENA
    Non volavano i remi verso il letto di un giovane barbaro.
    Non mi trascinava il desiderio di un infame amplesso...

MENELAO
    È stato un dio o il destino a strapparti alla tua patria?

ELENA
    Il figlio di Zeus, sì, di Zeus , Ermes, mi ha
    portato qui, sul Nilo, marito mio.

MENELAO
    Incredibile! E chi lo mandava? È straordinario quello che
    dici.

ELENA
    Io piansi allora e ancora bagno gli occhi di lacrime:
    Era, la sposa di Zeus, fu lei l'artefice della mia rovina.

MENELAO
    Era? E che motivo aveva di colpirci così duramente?

ELENA
    Quei lavacri, quelle fonti fatali per me,
    dove le tre dee lavarono i loro corpi.
    Questa fu l'origine del giudizio di Paride.

MENELAO
    E per quel giudizio Era ha colpito proprio te...?

ELENA
    Per togliermi a Paride...

MENELAO
    Come? Racconta.

ELENA
    Cipride mi aveva promessa a lui...

MENELAO
    Che disgrazia!

ELENA
    Sì, che disgrazia! Così mi ha relegato in Egitto.

MENELAO
    E a Paride, al posto tuo, ha dato un fantasma, almeno a
    sentir te.

ELENA
    E tu, madre mia, a casa, quanto soffristi, quanto!

MENELAO
    Che dici?

ELENA
    Mia madre è morta. Si è impiccata
    per la vergogna della mia sciagurata unione.

MENELAO
    È atroce! E nostra figlia Ermione è viva?

ELENA
    Sì, priva di sposo, di figli, piange, marito mio, le mie
    nozze che non erano nozze.

MENELAO
    Paride, hai distrutto la mia casa fin dalle fondamenta,
    ma la rovina ha colpito anche te e migliaia
    di Danai dalle armi di bronzo.

ELENA
    La dea mi ha allontanato dalla patria,
    dalla mia città, mi ha separato da te, sotto il peso di un
    destino nefasto,
    malaugurato: dovetti lasciare la mia casa e il mio letto.
    Ma non li ho lasciati per un turpe legame.


CORO
    Se per il futuro avrete una sorte felice, questa vi
    compenserà delle passate disgrazie.

MESSAGGERO
    Menelao, rendi partecipe anche me della vostra gioia; vedo
    che siete felici, ma non capisco bene.

MENELAO
    D'accordo, vecchio, prendi parte anche tu ai nostri discorsi.

MESSAGGERO
    Non fu lei, dunque, a causare le pene che abbiamo patito
    a Troia?

MENELAO
    No, non fu Elena. Ci hanno ingannato gli dèí: avevamo tra
    le mani l'immagine luttuosa di una nuvola.

MESSAGGERO
    Che dici, abbiamo sofferto invano per una nuvola?

MENELAO
    E stata opera di Era, conseguenza della sfida fra le tre
    dee.

MESSAGGERO
    E questa, questa qui, è veramente tua moglie?

MENELAO
    Sì, è lei; puoi credermi.

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Pagina 95

Hugo von Hofmannsthal
ELENA EGIZIA

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Pagina 121

ETRA
    Menelao — ricordi il giorno,
    or sono tre volte tre anni e un anno,
    quando l'abbandonasti — e andasti a caccia?

MENELAO

    comprendendola appieno, con un'espressione incupita
    dall'ira

    Tu, di Paride non parlare, e di quel giorno!

ETRA
    Ascolta! Da quel maledetto giorno
    più non hai rivisto con i tuoi occhi
    la tua donna!


    Menelao alza repentino le mani sul proprio capo.


ETRA

    Si alza pure lei e gli si accosta vicinissima

    Bada! Quando quell'audace e impudente
    allungò la mano sulla tua donna,
    in segreto gli dei provvidero per te!

MENELAO
    Attenta, donna, ch'io non ti punisca!

ETRA
    Tremendo, sovrano, è il tuo sguardo!
    Bevi, qui, da questo calice.
    Bevi con me, così ci diamo forza.


    Bevono entrambi, Etra solo per finta.


ETRA
    In segreto gli dei provvidero per te!
    Nelle sue braccia posero un fantasma,
    un nebuloso spettro,
    con cui essi dei mortali si beffano.

ELFI
    Con cui gli dei
    dei mortali si beffano,
    sì! sì! sì! sì!

ETRA
    La tua sposa intanto, l'innocente bellezza —

MENELAO

    fissandola

    Bada alle parole che pronunci!

ETRA

    impavida

    — nascosero in un luogo remoto,
    a te e al mondo!

MENELAO

    pendendo dalle sue labbra

    In quale luogo? Bada alle parole!

ETRA

    libera e sicura

    Sul pendio dell'Atlante sta una rocca,
    mio padre siede là, un uomo potente,
    un re temuto!
    Tre figlie crebbero nella casa.
    Tutte e tre esperte in magia:
    Salomè, la superba,
    la bella Morgana,
    ed Etra, la giovane.
    Nella nostra casa
    condussero, in volo,
    la tua sposa.
    Castamente assopita,
    sognando di dormire tra le tue braccia,
    giacque da noi,
    in casa, anno dopo anno.
    Intanto troneggiava,
    lo spettro,
    là in alto tra le figlie di Priamo
    trescando con i suoi splendidi figli,
    godendo dell'incendio del mondo
    e della morte degli eroi, giorno dopo giorno!
    Quella vespa!

ELFI
    Sìsìsìsì!
    Quella vespa,
    lo spettro!

MENELAO

    dopo una pausa di sconcertato stupore

    Lei — quella che qui sfidava
    le mie minacce?

ETRA

    in tono confidenziale

    Uno spettro!
    E come mai avrebbe potuto
    la sposa tua vera
    osare provocarti
    così sfacciatamente?

MENELAO
    Colei... che io portai?

ETRA

    alzando le spalle

    Forse un molle
    serpente di mare
    con fattezze di donna
    ti si avvinghiò al collo!

MENELAO
    Là nella notte, chiara,
    senza fiaccola,
    a me la strappai
    dalla casa in fiamme,
    la figura d'oro!

ETRA

    senza riflettere

    Sì, il fantasma che
    Elena si faceva chiamare!

MENELAO
    Ma tutti la videro!
    I principi! I guerrieri!

ETRA
    Se il proprio sposo tradì,
    perché non il mondo intero?
    Che sarebbe il mondo
    senza tradimento!

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Pagina 177

Ghiannis Ritsos
ELENA

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Pagina 179

Sì, sì, – sono io. Siediti un po'. Non viene più nessuno. Sto quasi
per scordarmi le parole. E del resto non servono. Credo si avvicini l'estate;
si muovono diversamente le tende – vogliono dire qualcosa, – sciocchezze. Una di esse
è già uscita fuori dalla finestra, si tira, vuol rompere gli anelli,
fuggire sugli alberi, – forse cerca addirittura di trascinare
altrove tutta la casa – ma la casa resiste con tutti i suoi angoli
e insieme ad essa anch'io, benché mi senta, da mesi, affrancata
dai miei morti e da me stessa; e questa mia resistenza,
inconcepibile, involontaria, estranea, è la sola cosa che ho – il mio legame
con questo letto, con questa tenda; – ed è la mia paura, come se mi reggessi
tutta a quest'anello dalla pietra nera che porto all'indice.

Esamino questa pietra adesso, per interminabili ore, nella notte —
nera, priva di riflessi – s'ingrandisce, s'ingrandisce, si riempie
d'acque nere, – le acque inondano, crescono; sprofondo,
non in un basso fondo, ma in un fondo alto, da cui
distinguo sotto la mia stanza, me stessa, l'armadio, le ancelle
che altercano senza voce; ne vedo una in piedi
su uno sgabello pulire il vetro del ritratto di Leda
con espressione dura, vendicativa; vedo lo straccio lasciarsi dietro
una coda polverosa di minuscole bollicine che salgono e scoppiano
con un gemito silenzioso intorno alle mie caviglie o ai miei ginocchi.

Vedo anche te, l'espressione del viso attonita, imbarazzata, incrinata
dalle lente ondulazioni dell'acqua nera, – ora s'allarga il tuo viso, ora s'allunga
con striature gialle. I tuoi capelli si muovono verso l'alto
come una medusa rovesciata. Ma poi mi dico: "è soltanto una pietra,
una piccola pietra preziosa." Allora tutto il nero si contrae,
si secca riducendosi a un minuscolo nodo, – lo sento
qui, appena sotto la gola. Ed eccomi di nuovo
nella mia stanza, sul mio letto, accanto alle mie boccette familiari
che mi guardano una per una con approvazione; – sono il mio unico soccorso
nell'insonnia, nella paura, nel ricordo, nell'oblio, nell'affanno.

E tu, come stai? Sei sempre nell'esercito? Abbiti cura. Non darti troppa pena
per eroismi, gradi e glorie. Che te ne fai? Ce l'hai ancora
quello scudo su cui avevi inciso il mio volto? Com'eri buffo
con l'elmo alto dal lungo cimiero, – così giovane,
così riservato, come se avessi nascosto il tuo bel viso
dietro le zampe posteriori di un cavallo la cui coda pendeva fin sul fondo
della tua schiena nuda. Non adirarti di nuovo. Rimani ancora un po'.

È ormai trascorso il tempo delle rivalità; si sono inaridite le passioni;
forse ora possiamo guardare insieme allo stesso punto della vanità
ove si realizzano, immagino, i soli autentici incontri – ancorché indifferenti,
ma sempre riposanti – la nostra nuova comunanza, desolata, calma, vuota,
senza trasferimenti e opposizioni, – rimuovere solo la cenere nel caminetto,
foggiando, di quando in quando, urne cinerarie agili e belle,
o, seduti per terra, battere il suolo con palmi senza suono.

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