Copertina
Autore Brian S. Everitt
Titolo Le leggi del caso
SottotitoloGuida alla probabilità e al rischio
EdizioneUTET Libreria, Torino, 2008 , pag. 192, cop.fle., dim. 15x23x1,5 cm , Isbn 978-88-02-07907-3
OriginaleChance Rules. An informal guide to Probability, Risks and Statistics
EdizioneSpringer-Verlag, New York, 1999
TraduttoreCostanza Masi
LettorePiergiorgio Siena, 2008
Classe matematica , giochi , medicina
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Indice


  IX Prefazione
XIII Ringraziamenti

   3 Capitolo 1  Una breve storia del caso
  19 Capitolo 2  Testa o croce? Femmina o maschio?
  33 Capitolo 3  Dadi
  43 Capitolo 4  Giocare per divertirsi:
                 le scommesse calcistiche e la lotteria
  53 Capitolo 5  I professionisti dell'azzardo:
                 roulette, carte e corse di cavalli
  77 Capitolo 6  Palline, compleanni e coincidenze
  87 Capitolo 7  Il Reverendo Thomas Bayes e la probabilità
                 condizionata
 105 Capitolo 8  Probabilità sconcertanti
 115 Capitolo 9  Una vita spericolata
 131 Capitolo 10 Statistica, statistici e medicina
 151 Capitolo 11 Terapie alternative: sono placebo o panacee?
 167 Capitolo 12 Caso, caos e cromosomi

 183 Epilogo

 185 Bibliografia minima

 187 Indice analitico


 

 

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Pagina 5

Una breve storia del caso

Sarebbe pura speculazione pensare che gli uomini dell'Età della Pietra potessero valutare la probabilità di morire di una morte violenta dopo un incontro con la tigre dai denti a sciabola, sarà più saggio, specialmente per chi storico non è, iniziare questo breve racconto un po' più vicino nel tempo.

I giochi da tavola sottoposti in qualche modo al caso probabilmente erano già noti in Egitto 3000 anni prima di Cristo e l'uso di meccanismi casuali era diffuso nell'antichità pagana. Palamede inventò i giochi d'azzardo durante le guerre troiane per tirare su il morale ai soldati ed evitare che si annoiassero durante i lunghi intervalli fra i combattimenti in cui potevano fare a pezzi i nemici.

L'elemento di casualità richiesto in questi giochi era dato dal lancio degli astragali, le ossa della caviglia di una pecora o di altri ungulati; queste ossa potevano cadere e appoggiarsi solo su quattro lati, dato che gli altri due erano rotondi. Sembra che la parte più alta dell'osso, larga e leggermente convessa, valesse quattro; la parte opposta, larga e leggermente concava, tre; la parte laterale, piatta e stretta, uno e la parte laterale opposta, stretta e leggermente incavata, sei. I numeri due e cinque erano esclusi.

Il passaggio dall'astragalo al classico dado cubico oggi a noi familiare, avvenne probabilmente oltre un migliaio di anni fa e può darsi che i primi dadi rudimentali fossero ottenuti limando le parti rotonde dell'astragalo fino a renderle abbastanza piatte. Sembra probabile che il primo dado abbia raggiunto la sua forma definitiva con i Greci, che lo chiamavano tessera, dal termine greco che significa «quattro», in riferimento ai quattro spigoli di ogni faccia del dado. Nell'Iraq del nord e in India furono trovati altri dadi primitivi, fatti di terracotta.

L'uso degli astragali sopravvisse all'invenzione del dado ed essi continuarono a svolgere un ruolo importante nel gioco d'azzardo che stava nascendo allora tra i Romani, passatempo diffuso tra tutti i ceti e tutte le classi. Il gioco d'azzardo divenne così diffuso che forse fu inevitabile che qualcuno si proclamasse tutore della moralità pubblica e considerasse necessario promulgare leggi che lo proibissero, eccetto durante il mese di dicembre in occasione dei Saturnalia. Ormai sappiamo bene che nel corso della storia questo tipo di proibizioni non ha mai funzionato. Sebbene tali divieti fossero spesso ripetuti, in genere venivano ignorati perfino dagli stessi imperatori: Svetonio racconta che a Cesare Augusto «non importava essere definito un giocatore d'azzardo e che anche in vecchiaia giocava in pubblico a dadi semplicemente per il piacere di giocare; e non lo faceva solo a dicembre quando lo permetteva la licenza dei Saturnalia, ma anche in occasione di altre feste e addirittura nei giorni feriali».

Nella comunità ebraica dell'epoca i rabbini disapprovavano i giochi d'azzardo e spesso i giocatori venivano considerati dei ladri. Tuttavia non era tanto il gioco d'azzardo in sé a essere considerato sbagliato, quanto il fatto che il vincitore si portasse via la sua vincita senza pagare il giusto compenso!

Nell'antichità, però, il caso giocava un ruolo ancora più insidioso. Il lancio dei dadi (o comunque il risultato di simili casualità) era spesso il fattore decisivo nell'amministrare la giustizia. Si può facilmente immaginare quante vittime innocenti abbiano incontrato una morte orribile sfidandosi nella corsa con i carri o siano diventate il pasto di un leone affamato, solo perché un astragalo era caduto da una parte piuttosto che dall'altra. In molti casi si usava un meccanismo casuale - tirare a sorte - per decidere chi dovesse avere la meglio tra due contendenti con gli stessi diritti. (La parola lots ha origine germanica e passa nelle lingue romanze attraverso l'italiano «lotteria» e da qui torna poi all'inglese).

Nella Bibbia tirare a sorte era una pratica usata spesso per assicurare una divisione equa delle proprietà e dei privilegi, come pure per assegnare doveri e obblighi. Forse l'esempio tristemente più famoso è quello dei soldati di Ponzio Pilato che sorteggiarono tra di loro le vesti di Cristo sulla croce. La Bibbia offre inoltre altri esempi.

Numeri, 25:55. Così fu ordinato a Mosè per la distribuzione della terra alle tribù d'Israele e per la sua spartizione tra i singoli gruppi e le famiglie:

La ripartizione del paese sarà gettata a sorte [ma il capitoletto è il 26, versetto 55].

Giosuè, 14:1-2. Eseguendo il compito impartito a Mosè:

Questo invece ebbero in eredità gli Israeliti nel paese di Canaan: lo assegnarono loro in eredità il sacerdote Eleazaro e Giosuè, figlio di Nun [...] la loro eredità fu stabilita per sorte.

Paralipomeni - Primo libro delle cronache, 6:39. L'ordine in cui le famiglie sacerdotali dovevano celebrare nel Tempio:

Furono assegnate in sorte.

Il libro dei Giudici, 20:9-10. I soldati di leva che dovevano occuparsi di obblighi militari e non, erano scelti tirando a sorte. Nelle azioni punitive contro Gabaa di Beniamino si trova per esempio:

Tireremo a sorte e prenderemo [...] dieci uomini su cento.

[Trad. it. La Sacra Bibbia, Edizione Paoline].

Storicamente la parola lot aveva un duplice significato: designava non solo un qualcosa usato per determinare una questione secondo un meccanismo casuale - il sorteggio -, ma anche quella parte di ricompensa terrena determinata dalla divina provvidenza - la sorte. Quest'ultimo significato è più vicino all'uso di lots che si fa nella Bibbia, perché ai quei tempi il risultato del sorteggio era considerato frutto della guida divina piuttosto che del caso.

Volgere la sorte a proprio favore poteva migliorare drasticamente la qualità della vita e di conseguenza spesso si era tentati di manomettere in qualche modo gli oggetti usati per tirare a sorte, in modo da avere maggiori probabilità di assicurarsi la posta in gioco, qualunque essa fosse, o evitare di rimetterci.

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Pagina 60

Poker

Il poker è forse il gioco di carte più popolare al mondo, sia in termini di quantità di denaro che circola ogni anno, sia per il numero di giocatori. Secondo John Scarne, il sedicente decano del gioco d'azzardo d'America, sembra che poker sia stato sviluppato dai bari che lavoravano sulle barche fluviali lungo il Mississippi all'inizio del XIX secolo. Sebbene la maggior parte dei dizionari e degli storici del gioco suggeriscano che il nome derivi da poque, un gioco francese di inizio Settecento, Scarne ritiene che provenga dal gergo della malavita e derivi dal termine che i borseggiatori usavano per portafoglio o borsetta: poke.

Il tipo di poker più comune è quello in cui i giocatori ricevono cinque carte e successivamente ne possono cambiare alcune, provando così a migliorare la propria mano. I diversi tipi di mani sono divise in gruppi: nulla, coppia, tris, scala, colore, full, poker, scala colore e scala reale. Successivamente, in base alla frequenza con cui si presentano le diverse mani, ognuna è classificata secondo il relativo valore: le mani più frequenti avranno un valore più basso, mentre quelle meno frequenti uno più alto. Così, per esempio, una mano finale formata da un tris batterà una coppia.

È necessario che un buon giocatore di poker abbia un'idea corretta delle probabilità relative alle differenti mani, ma come ho imparato a mie spese quand'ero giovane, il poker è principalmente un gioco di strategia, psicologia e inganno. Qualche volta conoscere la forza esatta della propria mano o della probabilità di migliorarla pescando un certo numero di carte non è di grande aiuto, perché le abitudini di gioco dei nostri avversari possono vanificare anche i migliori piani. Un rilancio di un giocatore calmo e controllato dà un messaggio piuttosto diverso rispetto al rilancio fatto da un giocatore ubriaco che ha già provato a bluffare per l'ultima mezza dozzina di partite. Ciò nonostante, conoscere il modo di calcolare le probabilità coinvolte può essere utile.

Per prima cosa, consideriamo quante possibili mani di poker si possono distribuire da un mazzo di 52 carte. Possiamo fornire una risposta usando la formula della combinazione che abbiamo già incontrato nel Capitolo 3. Il numero è dato da:

Numero delle possibili mani di poker = 52!/(5!x47!) = 2.598.960

Consideriamo ora la probabilità che vengano distribuiti determinati tipi di mano, come per esempio poker (quattro carte dello stesso tipo), full (una coppia e tre carte dello stesso tipo) ecc.


1. Poker

a) Consideriamo per prima cosa una mano di quattro assi. Gli assi possono essere selezionati in un unico modo (d'altra parte in un mazzo ce ne sono solo quattro). Le carte rimanenti possono essere selezionate tra le altre 48 in 48 modi. Di conseguenza ci sono 48 mani di questo tipo.

b) Vale lo stesso ragionamento per tutte le altre mani di poker, così in tutto ci sono 13 x 48 = 624 di questo tipo di mano.

c) La probabilità richiesta è semplicemente:

Pr (poker) = 624/2.598.960 = 0,00024

2. Full

a) Innanzitutto, per una coppia ci sono tredici valori di carte possibili. La coppia può essere selezionata tra le quattro carte di un determinato valore in 4!/(2!x2!) = 6 modi. Il valore del tris necessario può essere scelto a questo punto in dodici modi e in 4!/(3!x1!) = 4 modi per un determinato valore. Il numero totale di queste mani è perciò:

Numero delle possibili mani di full = 13x6 x 12x4 = 3744

b) In questo caso, quindi, la probabilità richiesta è:

Pr (full) = 3744/2.598.960 = 0,0014

3. Coppia

a) Cerchiamo adesso il numero di mani che contengono una coppia. Questa mano è formata secondo lo schema AABCD, dove A, B, C e D sono differenti valori di carte. Per prima cosa consideriamo una coppia formata da due assi. I due assi possono essere scelti tra i quattro del mazzo in 4!/(2!x2!) = 6 modi. Le tre carte rimanenti devono essere selezionate tra i dodici valori rimasti, visto che una singola carta è stata pescata dalle quattro carte di ognuno dei tre valori selezionati. Il numero di modi in cui queste tre carte possono essere pescate è quindi:

12!/(3!x9!) x 4 x 4 x 4 = 14.080

b) A questo punto il numero di mani che contengono una coppia di assi è semplicemente 6 x 14.080 = 84.480 e il numero di mani che contengono una coppia di qualsiasi tipo è 13 x 84.480 = 1.098.240. Di conseguenza la probabilità di una coppia è di 0,423.


I lettori più interessati potranno calcolare allo stesso modo il valore della probabilità di due coppie come 0,048 e di un tris come 0,021. La maggior parte dei lettori può credermi sulla parola: questi valori sono corretti!

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Pagina 94

Thomas Bayes: il vero eroe della statistica

Thomas Bayes era figlio di un pastore protestante non conformista, Joshua Bayes (1671-1746). Non si è certi della sua data di nascita, ma probabilmente nacque nel 1701; morì il 17 aprile del 1761 e fu sepolto nella stessa tomba del padre a Bunhill Fields, a Londra. Si sa poco della vita di Bayes, a parte il fatto che fu avviato alla carriera religiosa e per la maggior parte della sua vita fu pastore non conformista a Tunbridge Wells. Era conosciuto come abile matematico, ma finché fu in vita non venne pubblicata nessuna delle sue opere in merito. Sebbene non avesse pubblicato nessuna opera scientifica, Bayes nel 1742 venne nominato membro della Royal Society. Nel documento ufficiale che propone la sua candidatura, datato 8 aprile 1742, si legge:

Visto il desiderio del Reverendo Thomas Bayes di Tunbridge Wells, di entrare in questa Società, proponiamo e raccomandiamo la sua candidatura in quanto gentiluomo di indubbio merito, ben istruito nella geometria e in tutte quelle aree del sapere matematico e filosofico, perciò completamente qualificato per essere membro della stessa.

Il documento è firmato da:

Stanhope, James Burrow, Martin Folkes, Cromwell Mortimer, John Eames.


Come mai Bayes fu scelto come membro della Royal Society anche se non sembra aver pubblicato nessuna opera pertinente? E come è riuscito a conoscere uomini del calibro di Philip Stanhope, il celebre Conte di Chesterfield, e di Sir James Burrow, eminente avvocato e Capo dell'Ufficio della Corona? Forse i due si sono recati alle terme di Tunbridge Wells o lì hanno avuto modo di ascoltare le prediche di Bayes.

Oggi Bayes viene ricordato per uno scritto che l'amico Richard Price sostiene di aver trovato tra i sui possedimenti dopo la morte dello statistico. Lo scritto è apparso nel 1763 negli Atti della Royal Society ed è stato ristampato più volte. È assurdo pensare che l'opera che ha assicurato a Bayes la sua fama (se non altro tra gli esperti di statistica) - pubblicata postuma e intitolata Essay toward solving a Problem in thè Doctrine of Chance [Saggio per risolvere un problema nella dottrina del caso] - sia stata ignorata dai suoi contemporanei e non sembra aver avuto una grande influenza sulla nascita della statistica stessa.

L'opera conteneva gli elementi fondamentali di quello che oggi è conosciuto come Teorema di Bayes, un metodo di corretta combinazione di fatti empirici; il teorema ha avuto e continua ad avere una grande importanza sullo sviluppo della statistica moderna. Per il momento, tuttavia, presenteremo il Teorema di Bayes in un contesto limitato, quello della possibilità di invertire le probabilità condizionate. Esso ci fornisce il mezzo per scrivere la probabilità condizionata di un evento A, dato il verificarsi di un evento B, nei termini della probabilità di un evento B, dato il verificarsi di A, e le probabilità non condizionate degli eventi A e B. A questo punto è necessario prendere il toro per le corna, introducendo una formula piuttosto proibitiva:

La formula del Teorema di Bayes è:

Pr(A|B) = Pr(B|A) x Pr(A) / Pr(B)

Nonostante questa formula possa spaventare chi non ha dimestichezza con la terminologia matematica, è relativamente semplice da applicare in pratica. Come primo esempio dell'applicazione del Teorema di Bayes considereremo il problema usato nelle ricerche degli psicologi Daniel Kahneman e Amos Tversky:

Di notte un taxi viene coinvolto in un incidente e scappa senza prestare soccorso. In città lavorano due compagnie di taxi, la Green e la Blue. Si conoscono i seguenti fatti:

• L'85% dei taxi in città appartengono alla compagnia Green, il 15% alla Blue.

• Un testimone sostiene che il taxi coinvolto appartenesse alla compagnia Blue. La Corte ha verificato l'affidabilità del testimone nelle stesse circostanze della notte dell'incidente e ha concluso che l'80% delle volte il testimone è riuscito a identificare correttamente i due colori, mentre ha fallito nel rimanente 20%.

Qual è la probabilità che il taxi coinvolto nell'incidente sia davvero della compagnia Blue?

Kahneman e Tversky hanno visto che la classica risposta è «intorno all'80%»; possiamo usare il Teorema di Bayes per scoprire quella corretta. Facendo corrispondere le percentuali date alle probabilità, sia A l'evento che indica il taxi Blue e B l'evento che indica la dichiarazione del testimone (il taxi appartiene alla Blue), a questo punto sappiamo che:

Pr(A) = 0,15 Pr (B|A) = 0,80

Per applicare il Teorema di Bayes e ottenere Pr (A|B) - cioè la probabilità che il taxi sia Blue, dato che il testimone dichiara che è Blue - abbiamo bisogno di calcolare la probabilità non condizionata che il testimone sostiene di aver visto un taxi Blue - cioè Pr(B). Siccome il testimone non è infallibile, a volte identificherà correttamente un taxi della Blue, mentre altre lo scambierà per uno della Green. Di conseguenza, la probabilità non condizionata richiesta è data dalla somma delle probabilità dei due eventi:

• La probabilità che il taxi sia Blue e il testimone lo identifichi correttamente è di: 0,15 x 0,80.

• La probabilità che il testimone scambi un taxi Green per uno Blue è di: 0,85 x 0,20.

Perciò la necessaria probabilità non condizionata dell'evento «il testimone dichiara che il taxi è Blue» è:

Pr(B) = (0,15 x 0,80) + (0,85 x 0,20) = 0,29

A questo punto abbiamo tutti i termini necessari per applicare il Teorema di Bayes, che da una probabilità di:

Pr(A|B) = (0,80 x 0,15) / 0,29 = 0,41

Così la probabilità che il taxi sia veramente Blue, dato che il testimone dichiara che è Blue, è inferiore alla metà. Nonostante la dichiarazione del testimone oculare, è più probabile che il taxi coinvolto nell'incidente sia Green piuttosto che Blue! La dichiarazione del testimone oculare, tuttavia, ha aumentato la probabilità che il taxi responsabile fosse Blue da un valore di 0,15 (in assenza di prove) a uno di 0,41.


Applicazione del Teorema di Bayes

Possiamo applicare la stessa serie di operazioni all'esempio iniziale del cancro al seno. In questo caso ad A facciamo corrispondere l'evento «donna con cancro al seno» e a B l'evento «mammografia con esito positivo». La sensibilità della mammografia, Pr (B|A), di solito si aggira intorno a un valore di 0,9, lo stesso della sua specificità, cioè la probabilità che l'esito della mammografia sia negativo, dato che una donna non ha il cancro al seno. Per usare il Teorema di Bayes e trovare la probabilità condizionata «inversa» che indica la possibilità di una donna con una mammografia positiva di avere un cancro al seno, dobbiamo conoscere le probabilità non condizionate di avere un cancro al seno e quelle di ottenere una mammografia positiva. Cifre note sul cancro al seno in donne che non mostrano sintomi, indicano che la probabilità di un cancro è di circa 0,1. Che dire della probabilità di una mammografia positiva?

Un risultato del genere può derivare o da un esame con esito positivo fatto su una donna con il cancro al seno, o da un esame con esito positivo fatto su una donna senza cancro al seno. La necessaria probabilità incondizionata che l'esame sia positivo si ottiene combinando le probabilità di ognuna delle due ipotesi. Ecco i dettagli.

1. La probabilità che l'esame su una donna con il cancro al seno dia esito positivo è dato da:

Pr (esito positivo, dato che la donna ha un cancro al seno) x Pr (cancro al seno)

2. In termini di sensibilità e specificità ciò può essere scritto come:

Sensiblitità x Pr (cancro al seno)

3. Inserendo valori numerici si ha:

Pr (esito positivo su una donna con il cancro al seno) = 0,9 x 0,01 = 0,099

1. La probabilità che l'esame su una donna senza cancro al seno dia esito positivo è dato da:

Pr (esito positivo, dato che la donna non ha un cancro al seno) x Pr (nessun cancro al seno)

2. In termini di sensibilità e specificità ciò può essere scritto come:

(1 - specificità) x Pr (nessun cancro al seno)

3. Inserendo valori numerici si ha:

Pr (esito positivo su una donna senza cancro al seno) = 0,1 x 0,99 = 0,099

1. La probabilità incondizionata di ottenere una mammografia positiva è semplicemente la somma della probabilità di esito positivo su una donna con il cancro al seno con la probabilità di esito positivo su una donna senza cancro al seno.

2. Di conseguenza, dati i risultati ottenuti, si avrà:

Pr (esito positivo) = 0,099 + 0,099 = 0,108

3. Adesso possiamo applicare il Teorema di Bayes per ottenere la probabilità che una donna con una mammografia positiva abbia anche un cancro al seno:

Pr (donna con il cancro al seno | mammografia positiva) = (0,01 x 0,9)/0,108 = 0,08

Una donna che ottiene una mammografia positiva ha circa una possibilità su dodici di avere realmente un cancro al seno. Per dirla in un altro modo, solo circa otto mammografie «positive» su un centinaio sono veramente positive. Una cifra così bassa ha importanti implicazioni per lo screening del cancro al seno e può indicare la necessità di riesaminare una pratica accettata ormai quasi universalmente.

Il grande numero di falsi positivi che derivano dallo screening porta a molte biopsie inutili e chissà a quante mastectomie. Oltre ai danni fisici, questo tipo di screening comporta anche danni psicologici. Per le persone che hanno il cancro e che non possono trarre nessun vantaggio da una diagnosi precoce, lo screening aggiunge il carico degli anni vissuti sotto il segno della malattia - ovvero anni pieni di ansia per la malattia che si è scoperto di avere. Senza diagnosi, sarebbero rimasti asintomatici. Il peso dell'angoscia che deriva dai falsi positivi è più grave, visto che colpisce ancora più persone. È chiaro come la cosa lasci danni psicologici che si rimarginano più lentamente delle ferite di una biopsia.

La prova del nove per i programmi di screening del cancro al seno, naturalmente, è se il loro utilizzo riduca o meno la mortalità causata dalla malattia. A questo punto, i risultati dei test clinici (si veda il Capitolo 10) ottenuti nel Regno Unito sono a favore dell'utilizzo dello screening, sebbene la diminuzione della mortalità non sia enorme. Senza dubbio, la maggior parte dei politici e degli operatori sanitari accetta a priori che lo screening per varie malattie sia di per sé efficace, nonostante il fatto che il suo utilizzo non sia stato completamente legittimato dagli studi scientifici eseguiti in merito.

A costo di diventare noioso, vale la pena ripetere la differenza tra le due probabilità condizionate coinvolte in questo esempio.

• La probabilità di un test positivo, dato che una donna ha il cancro al seno, esprime il dubbio sul fatto che la mammografia di una donna con un cancro al seno possa risultare o meno positiva; vale a dire: la mammografia non è infallibile.

• La probabilità di avere il cancro, dato un test positivo, esprime l'incertezza sulla possibilità di avere un cancro quando si ottiene un esito positivo.

La differenza tra le due probabilità è chiaramente fondamentale e il Teorema di Bayes fornisce un modo per trovarne una dato il verificarsi dell'altra. Le due probabilità condizionate vengono spesso confuse - una confusione a volte definita come Prosecutor's Fallacy, perché compare spesso nelle cause legali.

Quello delle indagini medico-legali è un campo dove la probabilità condizionata e il Teorema di Bayes sono fondamentali per valutare adeguatamente le prove. Entrambi i concetti vengono ampiamente fraintesi, non solo da molti medici e dalla polizia, ma addirittura dai giudici, i più illustri membri della professione legale.

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Ricchi premi e cotillon

Consideriamo adesso un altro problema. Vi capita di partecipare a un quiz televisivo (mi auguro che i miei lettori preferiscano infilarsi degli spilli negli occhi, piuttosto che sottoporsi a un'umiliazione del genere, ma abbiate un po' di pazienza e usate la vosta immaginazione). Vi chiedono di scegliere tra tre porte, dietro una di esse è nascosto un «premio fantastico»; una casa, una macchina, una crociera intorno al mondo, una lavatrice e cose del genere. Dietro le altre due invece c'è l'autobiografia del presentatore recentemente pubblicata. Scegliete una porta e, a quel punto, Wanda, l'alta e slanciata valletta, che sa benissimo cosa si nasconde dietro le altre porte, apre una di quelle rimaste svelando l'autobiografia del «boss». A questo punto vi viene chiesto se volete fare a cambio con la porta che Wanda non ha ancora aperto. Che fate? Se volete aumentare al massimo la possibilità di non tornarvene a casa con un noioso malloppo di 500 pagine sulla vita ancora più noiosa del conduttore, dovreste cambiare. Scegliere un'altra porta raddoppia la vostra probabilità di vittoria. Ed ecco perché.

Il premio fantastico può essere nascosto in tre posti possibili. Ipotizziamo che iniziate sempre scegliendo la porta numero uno. La probabilità di portarvi a casa il premio e non l'autobiografia è di un terzo. La probabilità che il premio si nasconda dietro la seconda o la terza porta è di due terzi. Quando il premio si trova dietro una di queste due porte, ciò che dice Wanda vi permette di scoprire quale (partiremo dall'assunto che, quando il premio non è dietro nessuna delle due porte, Wanda ne scelga una semplicemente a caso). In questo modo ora avete una probabilità di due terzi di scegliere la porta che nasconde il premio. Cambiando porta porterete a casa il libro solo nel caso in cui il premio sia dietro la porta numero uno.

Per chi fosse ancora perplesso ecco una spiegazione più dettagliata. Ci sono due scelte possibili: cambiare o non cambiare porta. Se scegliete di non cambiare, i risultati possibili sono:


Il premio

è nascosto              Wanda
dietro la   Scegliete   apre
porta       la porta    la porta
numero:     numero:     numero:     Risultato:

Porta 1     Porta 1     Porta 2 o 3 Vinci se mantieni la scelta 1
Porta 2     Porta 1     Porta 3     Perdi se mantieni la scelta 1
Porta 3     Porta 1     Porta 2     Perdi se mantieni la scelta 1

Perciò, mantenendo la vostra scelta iniziale, avrete una probabilità di 1/3 di vincere il fantastico premio. Ma se scegliete di cambiare porta i risultati sono:


Il premio
è nascosto              Wanda
dietro la   Scegliete   apre
porta       la porta    la porta
numero:     numero:     numero:     Risultato:


Porta 1     Porta 1     Porta 2     Perdi se mantieni la scelta porta 1
Porta 2     Porta 1     Porta 3     Vinci se passi alla porta 2
Porta 3     Porta 1     Porta 2     Vinci se passi alla porta 3


Cambiare porta aumenta a 2/3 la vostra probabilità di aggiudicarvi il premio.

Se la cosa non vi convince, non siete i soli. Quando nel 1990 il problema fu affrontato in «Chiedi a Marilyn» (Marilyn vos Savant, che sostiene di avere il QI più alto del mondo: 228), una rubrica della rivista «Parade», la curatrice consigliò giustamente di cambiare porta. Ricevette dozzine di lettere da parte di matematici che sostenevano che le probabilità a favore di tale strategia fossero di cinquanta e cinquanta e non di 2/3. Basta la lettera del professor E. Ray Bobo per far vedere cosa dev'essersi trovata nella posta la signorina Savant:

Sulla questione del gioco a premi si sbaglia completamente e spero che questa controversia sollevi un po' di attenzione pubblica sulla grave crisi nazionale degli studi matematici. Se vorrà ammettere il suo errore, contribuirà in modo costruttivo a porre rimedio a una situazione deplorevole. Quanti matematici infuriati occorrono per farle cambiare idea?

Probabilmente il povero professor Bobo sta ancora cercando di riprendersi dalla brutta figura.

Ancora più sorprendente del fatto che il professor Bobo non sia riuscito a capire la soluzione corretta è che nemmeno Paul Erdös, uno dei più famosi matematici del XX secolo, era convinto che fare a cambio di porte non cambiasse nulla, come si vede chiaramente nella seguente descrizione di una discussione con un collega, tratta dall'affascinante biografia di Erdös, The Man Who Loved only Numbers, di Paul Hoffman: [...]

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Smettere di fumare

È provato al di là di ogni possibile dubbio che il fumo è una delle cause principali degli studi statistici.

Fletcher Krebel


Il fumo ogni anno provoca circa tre milioni di morti in tutto il mondo e circa il 15% dei casi di cancro sono attribuibili al fumo. Nonostante le proteste e le dichiarazioni ambigue delle maggiori compagnie produttrici di tabacco, la nicotina è una droga che provoca una forte dipendenza e la maggioranza dei fumatori, anche se fortemente motivati, trova molto difficile togliersi quest'abitudine. Il tasso di successo nell'eliminare il vizio del fumo è molto basso rispetto al numero di fumatori che desiderano smettere e ci provano più volte. Negli ultimi anni l'aiuto principale per chi vuole smettere è stato somministrare la nicotina con i cerotti e con i chewingum.

La maggioranza delle ricerche su queste terapie ha scoperto che anche quando si mantiene l'astinenza per parecchi mesi il rischio di ricaduta è molto alto. Nella disperata ricerca di salvezza, molti fumatori si sono rivolti ad altri metodi per perdere quest'abitudine e tra questi, naturalmente, c'è l'agopuntura. Grossomodo solo negli ultimi due anni si sono fatti tentativi per valutare l'efficacia dell'agopuntura nella riduzione del fumo; ma i risultati sono stati scarsi e ci sono poche prove a favore dell'efficacia di questa tecnica: i risultati sembrano ancora più deludenti di quelli ottenuti con i due tipi di somministrazione alternativa della nicotina.

In entrambi i campi, quello della riduzione del peso e della perdita dell'abitudine di fumare, le prove accettabili dell'efficacia dell'agopuntura sono poche. Cercare di nascondere o negare questi fallimenti indebolisce gli sforzi degli agopuntori di affermare l'efficacia del procedimento almeno in alcuni casi. In altri campi, per esempio nella prevenzione della nausea in pazienti affetti da dolori cronici, alcuni risultati di sperimentazioni cliniche sembrano indicare che il procedimento è realmente efficace. Ma rimane sempre il problema del fatto che l'agopuntura sia o meno un semplice placebo elaboratamente mascherato che soddisfa un bisogno di misticismo e di rituali antichi. Naturalmente l'agopuntura potrebbe essere valida anche se agisse solo come placebo, ma comunque sarebbe più corretto chiamare le cose con il loro nome.

Un problema nella valutazione delle prove della sperimentazione clinica dell'agopuntura è stato che uno studio condotto in alcuni paesi (Cina, Giappone, Hong Kong e Taiwan) si è dimostrato a favore di questa pratica. Potrebbe darsi che in questi paesi gli agopuntori siano più esperti nell'applicate la tecnica, ma è più probabile che gli agopuntori in Cina siano già convinti dell'efficacia della cura e forse «aggiustino» un po' i risultati a loro vantaggio. Certamente non è necessario essere uno scettico incallito per sollevare dubbi in merito alla serietà della maggior parte di questi resoconti.

Forse alcuni aspetti della terapia con l'agopuntura sono ancora da vedere, ma il tono evangelico dell'agopuntore R.A. Dale al convegno inaugurale dell'Associazione americana di agopuntori e di medicina orientale tenutosi nel 1981 a Los Angeles, sembra del tutto ingiustificato davanti alle prove concrete della sperimentazione clinica ora disponibile:

"L'agopuntura fa parte di una più grande battaglia che si combatte oggi tra il vecchio e il nuovo, tra la morte e la rinascita, tra il decadimento vero e proprio e la morte della nostra specie e la nostra più completa liberazione. L'agopuntura fa parte di una Nuova Era che facilita la salute globale e il fiorire dell'umanità".

Il signor Dale non è certo un maestro di modestia! E ciò che suggerisce agli agopuntori quando devono occuparsi della gente ha qualcosa di inquietante:

• Minare la fede della gente nella medicina e nella scienza moderna.

• Informare la gente sul bisogno della medicina alternativa.

• Spiegare alla gente che ciò di cui ha bisogno non è uno medico specialista ma un agopuntore generico.


Omeopatia

L'omeopatia si basa sul principio di «rimedi» diluiti in quantità infinitesimali, rimedi che in una dose più alta producono i sintomi ai quali il trattamento è rivolto. L'arsenico per esempio causa il vomito, l'omeopata a questo punto prende l'equivalente di un cucchiaino di arsenico e lo diluisce con cento cucchiaini di acqua e poi ripete lo stesso procedimento diciamo per sei volte. L'arsenico, così diluito, a questo punto viene usato come cura per il vomito. È il principio di diluizione che ha portato così tanti scienziati a essere scettici sul metodo omeopatico, ancor prima di considerare qualsiasi risultato empirico ottenuto da sperimentazioni cliniche compiute correttamente.

Secondo gli omeopati, più la soluzione è diluita, più è efficace, se il diluente viene «agitato» in modo da impartirgli la «forza vitale». La diluizione omeopatica più comune equivale all'incirca a un pizzico di sale sciolto in una quantità di diluente che riempirebbe diecimila miliardi di sfere, ognuna larga abbastanza da racchiudere l'intero sistema solare: ecco la ragione dello scetticismo di prima! Sfortunatamente gli omeopati rimangono restii a contestare i loro detrattori e a organizzare sperimentazioni cliniche, scarseggiano ricerche fondate e studi controllati su placebo. Uno dei discorsi che gli omeopati amano ripetere è che le cure omeopatiche sono «strettamente personalizzate», ma si è tentata qualche sperimentazione clinica, vediamo di esaminare due esempi.

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Alla fine degli anni Sessanta un giovane assistente della Columbia University, Edward P. Tyron, seguì un seminario di Dennis Sciama, un noto cosmologo britannico. Durante una pausa della lezione, Tyron se ne uscì con una domanda «è possibile che l'universo sia una fluttuazione del vuoto?» Tyron poneva questa domanda seriamente e gli dispiacque che i suoi colleghi anziani la considerassero uno scherzo arguto e che si mettessero a ridere. Ma forse, tutto considerato, questa fu la prima idea scientifica sul tema: da dove viene l'universo? Per la fluttuazione del vuoto Tyron rinviava alla descrizione molto complessa di vuoto, o spazio vuoto, che emergeva dalla teoria relativistica dei quanti. La caratteristica della teoria quantistica, sviluppata per descrivere il comportamento degli atomi, è la natura probabilistica delle sue previsioni. È impossibile, anche solo in teoria, prevedere il comportamento di qualsiasi atomo, sebbene sia possibile prevedere le proprietà medie di un grande insieme di atomi. Il vuoto, come qualsiasi altro sistema fisico, è soggetto a queste incertezze quantiche. In parole povere, nel vuoto può accadere ogni cosa, anche se è incredibilmente piccola la probabilità che si materializzi un orologio digitale. Tyron avanzava la bizzarra ipotesi che l'intero universo si fosse materializzato in questo modo!

Dieci anni più tardi Tyron tornò su quest'idea, pubblicando su «Nature» un articolo dal titolo L'universo è una fluttuazione del vuoto? Il punto fondamentale era che il vasto universo che ci circonda potrebbe aver avuto origine come fluttuazione del vuoto, in sostanza dal niente al tutto, perché la grande energia positiva delle masse nell'universo può essere controbilanciata dalla quantità corrispondente di energia negativa sotto forma di campo gravitazionale. «Secondo il mio modello» scrive Tyron, «sostengo che il nostro universo sia apparso dal nulla intorno a diecimila, un milione di anni fa. Contrariamente all'opinione comune, un evento del genere non viola necessariamente nessuna delle leggi tradizionali della fisica».

Se Tyron avesse ragione (e io, come semplice statistico, lascio che siano gli altri a discuterne), vorrebbe dire che l'universo e tutto quello che contiene derivano dalla fluttuazione quantica. La fluttuazione quantica è un fenomeno ben conosciuto, innesca l'emissione di un quanto di luce da un atomo e il decadimento radioattivo di un nucleo. Non è prevedibile, è un evento casuale senza causa e, se questa può essere la spiegazione al Big Bang, sembra che sia davvero il caso a governare. In questo modo il «Grande Disegno», tanto caro nei secoli al cuore dei teologi, pare ridotto a un glorioso singhiozzo cosmico! Una lacrima casuale nella grandiosa simmetria preesistente del nulla.

Ma anche se Tyron avesse torto e la mitologia greca avesse ragione (e temo che molti lettori potrebbero essere pronti a difendere la mitologia piuttosto che la teoria di Tyron), dobbiamo accettare la conclusione che il caso ha giocato e continua a giocare un ruolo di rilievo nella costruzione e nell'evoluzione dell'universo in cui viviamo e, presumibilmente, in molti degli altri universi paralleli che molti fisici considerano essere una conseguenza necessaria della teoria quantistica.

La casualità interviene regolarmente nella vita di tutti i giorni, spesso senza pietà, qualche volta generosamente. Forse Anatole France ha colpito nel segno quando notò coraggiosamente che «il caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare». Mi accorgo che sto uscendo dal mio terreno, parlare di Dio e di universi paralleli tocca a teologi e filosofi. Gli statistici sono una forma di vita più umile, noi portiamo la lancia, non indossiamo la corona, e non ce lo dobbiamo dimenticare! Perciò eviterò altre speculazioni vistose sulla vita, sull'universo e il tutto e piuttosto raggiungerò il bookmaker di zona, giocando le mie carte sul programma pomeridiano delle corse a Sandown Park.

Come diceva il mio buon vecchio zio: «In bocca al lupo».

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