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| << | < | > | >> |IndiceLa Dea della Terra 3 Il Lucumone Tarkun 7 Il genio Tages 14 La sacerdotessa Thanaquil 17 Leggende del Lago Sacro 21 La Dea del lago 25 Zodiaco etrusco 29 Il tesoro segreto 42 La lingua etrusca degli Dei 47 Lingua sacra 49 Antichi popoli del mare 54 Simboli cosmologici 57 Origini mitiche 69 Bestiario etrusco 72 Creature alate, animali e piante 78 La stirpe di Atlas 97 Appendici 107 Aradia 109 Il fallo nel fuoco 112 Le arti divinatorie 114 Offerte votive e rituali 115 Etruschi e Villanoviani 117 Dizionario etrusco 119 Bibliografia e note 122 |
| << | < | > | >> |Pagina 7Il Lucumone TarkunUn autorevole scrittore cristiano del II secolo a.C., Clemente Alessandrino, scriveva in una delle sue opere: "I Cabiri portarono nella Tirrenia il cesto dei Misteri, con dentro il fallo di Dioniso". Tirrenia, o Tirrenide, era il nome antico dell'Italia centrale. In un altro passo: "E che c'è da meravigliarsi che i barbari Tirreni con atti tanto turpi procedono alle iniziazioni, quando per gli Ateniesi e gli altri Greci, mi vergogno anche a dirlo, tutta la mitologia riguardante Demetra è piena di cose vergognose?". L'opinione che il culto misterico della Grande Dea della terra, praticato dai Tirreno-Etruschi, dai Greci e altri 'pagani', fosse incentrato su pratiche oscene e turpi, si è imposta nella cultura moderna, grazie al discredito alimentato da Clemente Alessandrino, proseguito dai Padri della Chiesa e confermato dalla Santa Inquisizione. A parte rare ricerche specialistiche, notizie e informazioni attendibili sulla religione degli Etruschi sono poche e contraddittorie. Non è che le notizie manchino. Spesso, però, le testimonianze tramandate dagli scrittori antichi non sono considerate o, peggio ancora, sono prese acriticamente alla lettera o ridotte a favole. Una quantità di notizie indica che l'originario substrato della religione etrusca risaliva al culto matrilineare di Cibele, dea della terra, venerata soprattutto nell'Egeo e in Asia Minore. Fu il primo re etrusco di Roma, Tarquinio Prisco, a diffondere il culto misterico di Cibele nei templi dell'Etruria e poi di Roma. Gli storici hanno dato ampio rilievo alla figura di Tarquinio Prisco (VII secolo a.C.), soprattutto per essere stato il primo re etrusco di Roma. Se dei primi quattro re di Roma — Romolo, Numa Pompilio, Anco Marzio e Tullo Ostillio — si hanno solo frammenti di narrazioni leggendarie, con Tarquinio Prisco diverse notizie storiche ci permettono di costruire un suo ritratto verosimile. | << | < | > | >> |Pagina 49Lingua sacraNonostante gli strenui e approfonditi studi non si è ancora giunti a una decifrazione della lingua etrusca. La scrittura etrusca invece è tradotta con competenza, ma in modi diversi e da scuole linguistiche in completo disaccordo tra loro. Le principali si rifanno al sanscrito, alle lingue mesopotamiche e semite, al basco e all'illirico. Ognuna di queste scuole propone una interpretazione diversa dell'etrusco. Qual è quella giusta? Difficile dirlo, perché ognuna si fonda su basi coerenti e attendibili. Tra loro, filologi e linguisti si accusano di usare metodi sbagliati ma, se si leggono le differenti traduzioni, si ha l'impressione che nessuno abbia torto o ragione. Piuttosto è la moderna scienza linguistica a mostrare una sua intrinseca incapacità a comprendere una lingua antica e diversa. La diversità riguarda un particolare aspetto dell'etrusco, evidenziato da molti studiosi: l'essere esclusivamente una lingua sacra. Non sono mai state rinvenute iscrizioni etrusche di uso comune, commerciale o quotidiano. Tutto il corpus delle iscrizioni tirreniche, più di quindicimila testi, riguarda temi sacri, funerari e religiosi. Alcune iscrizioni su cippi confinali rientrano nella tematica sacrale, poiché in epoca etrusca i confini erano considerati sacri e inviolabili, e dunque materia sacra. E' comprensibile la difficoltà dei linguisti moderni alle prese con una lingua concepita e scritta per usi rituali e religiosi. La definizione di sacra non si riferisce soltanto all'uso pratico, ma anche al fatto che era stata concepita e strutturata secondo le regole di un antico alfabeto sacro, dove ogni suono e lettera avevano il loro specifico significato simbolico e religioso. | << | < | > | >> |Pagina 102Discendenza troiano-etruscaLa ninfa Elettra è riconosciuta quale madre di Dardano, istitutore dei Misteri di Cibele e capostipite dei Troiani. Ma, prima di sbarcare a Troia, Dardano dovette peregrinare a lungo per terre e mari. Si racconta che, di stirpe pelasgica, fosse vissuto da giovane nella terra chiamata Esperia, cioè l'Italia antica. Lo scrittore romano Servio asserisce che Dardano era chiamato 'Hesperothen', che significa "proveniente dall'Italia" (Esperia). Secondo Virgilio e altre autorevoli fonti, Dardano si trovò a capo di una migrazione, dall'italia centrale in direzione dell'Egeo. Ma un improvviso maremoto di eccezionale forza travolse la sua flotta e Dardano riuscì a salvarsi su un'imbarcazione di fortuna, naufragando infine sull'isola di Samotracia. A causa del diluvio, l'isola era stata quasi interamente ricoperta dalle acque alte, solo il suo innevato monte sacro, il Fengari, svettava sulle acque. Lì, a Samotracia, il figlio di Elettra istituì i sacri riti dei Misteri in onore di Cibele e delle altre divinità cabiriche. Una ipotesi verosimile è che il maremoto che fece naufragare Dardano, alzando spaventosamente il livello del mare, sia stato il diluvio che sconvolse il Mediterraneo orientale e l'Egeo intorno al 1450 a.C., causato dallo sprofondamento del vulcano di Thera (Santorini). L'onda lunga del maremoto provocò distruzioni soprattutto a Creta e nell'arcipelago delle isole egee. Da Samotracia, consacrata alla dea, Dardano riprese la via del mare e sbarcò vicino alla grande strettoia che immette nel Mar Nero, e che da lui prese il nome di Stretto dei Dardanelli. Lì, su una bassa altura, in posizione strategica, Dardano fondò Troia, i cui abitanti presero da lui il nome di Dardanidi. Da Dardano discesero i re troiani che, nei miti, rivestono un ruolo fondamentale nella fondazione della civiltà etrusca e di Roma. Il figlio del re Priamo, Alessandro detto Paride, generò alla bella Elena — o alla ninfa Enone, secondo alcuni — un bimbo di nome Corito. Questi, emigrato in Italia, fondò la città di Corito che, rifondata una seconda volta in un successivo rito celebrato dalla stirpe di Tarkun, venne poi detta Tarquinia. Da Corito nacque Telefo che divenne re della Misia, regione anatolica confinante con la Lydia dei Tirreno-Etruschi. A lui si fanno risalire alcune delle principali stirpi nobiliari etrusche. I suoi figli furono: Capi, fondatore di Capua, 'ombelico' sacro dell'Etruria campana, e i gemelli Tarkun e Tirreno che in diverse narrazioni mito-storiche compaiono come fondatori dell'Etruria originaria. Riguardo a questi due gemelli etruschi non si può non rimarcare una corrispondenza con il mito latiim di Romolo e Remo. I nomi dei gemelli che fondarono Roma sono infatti etruschi e derivano da 'Ruma' — poi divenuta Roma — che fu il nome della figlia del re Telefo, sorella di Tarconte e Tirreno, che andò in sposa a Enea. Questa donna, secondo altri miti, era anche chiamata Tirrenia, così come uno dei suoi fratelli si chiamava Tirreno. Se al tempo delle origini troviamo in Italia la civiltà di Atlante e dei Giganti, in epoca più recente, agli inizi della storia ufficiale, troviamo tre stirpi innestate tra loro: troiana, pelasgica e tirrenica.
Da quelle stirpi, che avevano la perduta Atlantis come terra progenitrice,
nacque la discendenza dei re-sacri etruschi, i Lucumoni.
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