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| << | < | > | >> |IndiceL'incertezza della scienza 11 L'incertezza dei valori 39 Un'epoca scientifica, la nostra? 67 |
| << | < | > | >> |Pagina 15Che cos'è la scienza? Con questa parola di solito si intendono tre cose diverse, o un misto delle tre. Non credo ci sia bisogno di essere precisi: essere troppo precisi non è sempre una buona idea. «Scienza» a volte significa un metodo speciale di scoprire delle cose; a volte significa l'insieme delle conoscenze che si originano dalle cose scoperte, ma può anche significare tutte le cose nuove che si possono fare usando la conoscenza acquisita, o il fare effettivamente queste cose. Quest'ultimo campo di solito si chiama «tecnologia», ma se si guarda alla pagina delle scienze su un qualsiasi quotidiano si constata che per il 50 per cento parla di nuove scoperte, e per il restante 50 per cento di nuove cose che si possono fare, o che si fanno già. E quindi la definizione corrente di scienza include anche la tecnologia.| << | < | > | >> |Pagina 26Il principio che l'osservazione è l'unico giudice impone vincoli ben precisi al tipo di domande a cui si può cercare una risposta. Bisogna limitarsi a questioni del tipo «Se faccio questo, cosa succede?», dove c'è modo di provare, e verificare. Domande come «Dovrei fare questa cosa?» o «Qual è il valore di...?» sono di altra natura.Ma se una cosa non è scientifica, se non può essere verificata tramite l'osservazione, non significa che sia inutile, o stupida, o sbagliata. Non stiamo cercando di dimostrare che la scienza è buona e le altre cose no. Gli scienziati si occupano di tutto ciò che si può esaminare con l'osservazione, e quindi scoprono quella cosa chiamata «scienza». Ma molto rimane escluso, fenomeni per i quali il metodo non funziona, e non significa che non siano importanti. In un certo senso sono i più importanti. In ogni decisione che riguarda l'azione, quando bisogna decidere il da farsi, c'è sempre di mezzo un «dovrei?» che non si può risolvere solo rispondendo a: «Se faccio questo, cosa succede?». Mi direte: «Be', puoi cercare di capire che cosa succederà, e poi decidere se vuoi che succeda», ma questo è un passo che lo scienziato non può fare. La scienza può aiutarmi a fare previsioni, ma non a prendere decisioni. | << | < | > | >> |Pagina 33E' interessante vedere come la mente umana cerchi continuamente di individuare nuove leggi e come queste (perlomeno in fisica) via via si riducano. Ho fornito un esempio dell'elegante riduzione di chimica ed elettricità in un unico schema, ma ce ne sono molti altri.Le leggi di natura hanno l'aspetto di leggi matematiche. Qui non c'entra il fatto che l'osservazione è il giudice ultimo, e nemmeno si può dire che la scienza in quanto tale debba essere matematica. Semplicemente constatiamo che si possono enunciare leggi in termini matematici - in fisica perlomeno - che sono molto potenti e utili. Perché poi la natura sia matematica è un altro mistero. Ora veniamo a un punto importante, ed è che le leggi possono rivelarsi sbagliate. Com'è possibile, se avevano trovato conferma in accurati esperimenti? Le osservazioni non erano corrette? Perché i fisici devono cambiare le leggi in continuazione? La risposta è che: primo, una cosa sono le leggi e una cosa le osservazioni; secondo, gli esperimenti non sono mai accurati al cento per cento. Le leggi sono tentativi umani di estrapolare regole generali dai risultati sperimentali, e non l'oggetto dell'esperimento. Si tira a indovinare, e la congettura per un po' sembra valida, perché passa attraverso il setaccio sperimentale. Ma con un setaccio più fine, può darsi che non passi più. Quindi le leggi sono solo congetture, sono estrapolazioni nell'ignoto. | << | < | > | >> |Pagina 36Tutta la conoscenza scientifica è incerta; gli scienziati sono abituati a convivere con il dubbio e l'incertezza. Questo tipo di esperienza è preziosa, e a mio modo di vedere anche al di là della scienza. Nell'affrontare una nuova situazione bisogna lasciare aperta la porta sull'ignoto, ammettere la possibilità di non sapere esattamente come stanno le cose; in caso contrario, potremmo non riuscire a trovare le soluzioni.[...] Questa libertà di dubitare è fondamentale nella scienza e, credo, in altri campi. C'è voluta una lotta di secoli per conquistarci il diritto al dubbio, all'incertezza: vorrei che non ce ne dimenticassimo e non lasciassimo pian piano cadere la cosa. Come scienziato, conosco il grande pregio di una soddisfacente filosofia dell'ignoranza, e so che una tale filosofia rende possibile il progresso, frutto della libertà di pensiero. E come scienziato sento la responsabilità di proclamare il valore di questa libertà, e di insegnare che il dubbio non deve essere temuto, ma accolto volentieri in quanto possibilità di nuove potenzialità per gli esseri umani. Se non siamo sicuri, e lo sappiamo, abbiamo una chance di migliorare la situazione. Chiedo la stessa libertà per le generazioni future. Nella scienza il dubbio è chiaramente un valore. Se lo sia in altri campi è una questione aperta, una faccenda tutt'altro che sicura. Mi propongo nelle prossime conferenze di discutere proprio questo punto, e di cercare di dimostrare che è importante dubitare, e che il dubbio non deve incutere timore, ma dev'essere accolto come una preziosa opportunità. | << | < | > | >> |Pagina 43In tutte le epoche l'umanità ha cercato di svelare il significato della vita, nella convinzione che se si potesse dare una direzione e un senso al nostro agire, e a tutto il resto, grandi forze umane verrebbero liberate. A questo grande interrogativo sono state date nei millenni le risposte più diverse. I sostenitori di una teoria guardavano con orrore ai sostenitori di un'altra, convinti che un punto di vista differente avrebbe incanalato tutte le energie del genere umano nella direzione sbagliata, portandoci in un vicolo cieco. Appunto studiando la storia delle enormi mostruosità create da false credenze, i filosofi si sono resi conto delle fantastiche potenzialità degli esseri umani.Il sogno dell'umanità è trovare il canale giusto. Qual è il significato di tutto quanto? Cosa possiamo dire, oggi, intorno al mistero dell'esistenza? Se teniamo conto di tutto, non solo di quanto sapevano gli antichi, ma anche di quello che loro ignoravano e noi abbiamo scoperto, allora credo che l'unica risposta onesta sia: nulla. Ma credo anche che con questa ammissione abbiamo probabilmente fatto un passo nella direzione giusta. Ammettere di non sapere, e mantenere sempre l'atteggiamento di chi non sa quale direzione è necessario prendere, ci dà modo di variare, di riflettere, di scoprire cose nuove e di avanzare nella conoscenza di noi stessi, per riuscire a fare quello che veramente vogliamo, anche quando non sappiamo cosa vogliamo. | << | < | > | >> |Pagina 86Ora mi occuperò di un altro principio, o concetto, cioè che non ha senso calcolare la probabilità di un evento dopo che è già avvenuto. Perfino molti scienziati non l'hanno ben chiaro. In effetti, la prima volta che ebbi una discussione su questo fu quando ero studente di dottorato a Princeton, e c'era un tizio al dipartimento di psicologia che faceva correre i topi. C'era un percorso fatto a T: i topi corrono, e arrivati in fondo vanno a destra o a sinistra, una cosa di questo tipo. Il ricercatore aveva progettato l'esperimento in modo che avrebbe dimostrato una certa cosa se i topi fossero andati tutti a destra, diciamo, non ricordo esattamente. Naturalmente i topi potevano andare a destra per caso. Di regola in psicologia si cerca di progettare il test in modo che la probabilità di una risposta casuale sia bassa, in genere meno di uno a venti. (Il che, tra l'altro, significa che mediamente una su venti delle leggi che scoprono è sbagliata). Per arrivare a quel valore ci voleva un gran numero di prove; lui le fece, e scoprì che non funzionava. I topi andavano sia a destra che a sinistra, e quindi non riuscì a dimostrare la sua teoria. Però notò una cosa molto interessante: i topi alternavano, prima a destra, poi a sinistra, poi a destra, poi a sinistra, e così via. Allora arrivò trafelato nel mio ufficio e mi disse: «Calcolami la probabilità che alternino, e dimmi se è meno di uno su venti». Io risposi: «Probabilmente è molto meno, ma non vale». «Perché?». «Perché non ha senso calcolare la probabilità dopo l'evento. Tu hai scoperto la peculiarità, e quindi hai selezionato a priori un caso particolare».| << | < | |