Copertina
Autore Sergio Fiorini
Titolo Il potere a Milano
SottotitoloProve generali di centrosinistra (1959-1961)
EdizioneBruno Mondadori, Milano, 2006, Sintesi , pag. 254, cop.fle., dim. 14,5x21x1,5 cm , Isbn 978-88-424-9690-8
LettoreGiorgia Pezzali, 2007
Classe citta': Milano , storia contemporanea d'Italia
PrimaPagina


al sito dell'editore


per l'acquisto su IBS.IT

per l'acquisto su BOL.IT

per l'acquisto su AMAZON.IT

 

| << |  <  |  >  | >> |

Indice

VII Prefazione
    di Giulio Sapelli

 XV Ringraziamenti

  1 Introduzione

  9 1.  L'economia e la politica tra centro e periferia

  9 1.1 La politica nazionale verso il cambiamento
 17 1.2 La specificità di Milano
 27 1.3 Un'opportunità politica ed economica di portata storica

 40 2.  Regime politico e regime di monopolio

 45 2.1 La commissione consiliare
 47 2.2 La sottocommissione giuridico-contrattuale
 51 2.3 La sottocommissione tecnico-economica
 57 2.4 Le conclusioni della commissione consiliare

 62 3.  Un "ordine del giorno bomba"

 67 3.1 La municipalizzazione del gas come un salto nel buio
 69 3.2 Una situazione inaccettabile
 73 3.3 Una nuova maggioranza
 87 3.4 L'ora del gas
 96 3.5 L'ora del voto

108 4.  Le "giunte difficili"

118 4.1 La più difficile delle "giunte difficili"
125 4.2 Una maggioranza amministrativa di affinità
        programmatica
133 4.3 L'ennesima telefonata da Roma
140 4.4 L'elezione del sindaco

152 5.  Riformismo, nuove cariche e pianificazione

154 5.1 I primi provvedimenti di una volontà riformatrice
159 5.2 La spartizione delle cariche tra innovazione e
        conservazione
169 5.3 Programmare lo sviluppo economico come strumento
        per promuovere progresso sociale e democrazia

176 Conclusioni

181 Postfazione
    di Piero Bassetti

187 Note

232 Bibliografia


 

 

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 1

Introduzione


            Milano ha titoli nel campo industriale, ma nel campo
            politico ha sempre creato confusioni; i nemici di ieri
            sono quelli di oggi; nulla è cambiato.

                                                  Giulio Andreotti



La storia dei sistemi di potere, nel dopoguerra italiano, passa da Milano con ritmica regolarità. Non serve neppure ricordare che, all'inizio degli anni novanta, una stagione del potere italiano che sembrava e si pensava eterna finì di colpo. A chiudere una rete di potere, tanto politico quanto economico, fu un vero e proprio sisma, con epicentro a Milano. Da Milano, in quegli anni, si apriva infatti una nuova stagione politica e, prima ancora dell'ascesa di Silvio Berlusconi, fu la vittoria leghista alle elezioni amministrative del 1993 a costituire un laboratorio per esperienze di governo nazionale, da molti ritenute improbabili e che invece, di lì a pochissimo, sarebbero diventate parte della storia d'Italia.

Una valutazione complessiva dell'evoluzione dell'élite di governo e di gestione del potere a Milano, tuttavia, non può che fondarsi sull'analisi delle interazioni tra potere politico (il sistema dei partiti tra centro e periferia) ed economia (imprese private, aziende municipalizzate, associazioni di rappresentanza, banche, lobby economiche) a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta. È in quel momento, infatti, che un forte, radicale rinnovamento del sistema di potere a Milano apre una stagione politica, allargando le maglie della democrazia italiana. Nel 1961, con l'esperienza del centrosinistra milanese si inizia a superare l'ostracismo a sinistra, inaugurando una stagione di governo che vedrà la fine nei primi anni novanta. Simbolico ma non certo irrilevante è il fatto che, proprio con la prima giunta di centrosinistra in Italia, inizi anche l'esperienza amministrativa di un politico socialista allora ventiseienne, Bettino Craxi.

Nel biennio 1960-61, dunque, la politica italiana conosce una fase convulsa, anticipatrice di grandi cambiamenti. Nel luglio del 1960 cade il governo Tambroni, un monocolore democristiano sostenuto dai voti dei monarchici e dei neofascisti dell'Msi. L'allontanamento di Tambroni rappresenta una tappa importante della fase preparatoria alla formazione, nel febbraio del 1962, del primo governo di centrosinistra "programmatico" su scala nazionale, che varerà la legge sulla nazionalizzazione dell'energia elettrica, fino alla diretta partecipazione dei socialisti autonomisti guidati da Nenni al governo Moro del 1963.

Ma il primo passo formale, che per la prima volta consente alle maggioranze interne ad alcuni partiti di prendere la forma di un'importante trasformazione politica nazionale — l'incontro tra socialisti e cattolici alla vigilia del Concilio Vaticano II —, è sicuramente rappresentato dalle elezioni amministrative del 6 novembre 1960, da cui emergeranno maggioranze comunali incerte. A spendersi in prima persona affinché la prospettiva di amministrazioni di centrosinistra diventi realtà è Aldo Moro, segretario nazionale della Dc, che prende «a muoversi per varare delle giunte municipali con la partecipazione dei socialisti. Le città interessate erano Milano, Genova, Firenze, Palermo, senza escludere la stessa Roma. Le resistenze all'interno della Dc e da parte del mondo cattolico furono fortissime. La prima giunta di centrosinistra fu quella di Milano, dove storicamente radicata era la tradizione riformista, seguita da Firenze e da Venezia».

Tra queste realtà urbane alle prese con un processo di trasformazione politica spicca appunto la città di Milano, sia per la sua storia economica e politica, sia perché, durante la stagione del cosiddetto "miracolo economico", offre un esempio di modernizzazione accelerata in un paese arretrato. Nel 1963 la produzione di acciaio, che nel 1953 corrispondeva a 3 milioni di tonnellate, raggiunge i 13 milioni. Se nel 1953 la Fiat produceva 150.000 automobili all'anno, nel 1963 arriva a produrne 750.000, in buona parte destinate all'esportazione. Televisori, frigoriferi e lavatrici consentono all'industria italiana degli elettrodomestici di affermarsi nel mondo. Il tradizionale triangolo industriale, compreso fra Torino, Milano e Genova, si espande fino a Pordenone e alle città emiliane con le industrie meccaniche e chimiche. Sorgono a Ferrara la Montecatini e a Ravenna il petrolchimico dell'Eni. L'Edison investe nella petrolchimica i capitali ricavati dalla nazionalizzazione elettrica, dando vita a un grande centro specializzato a Porto Marghera. L'impressionante industrializzazione del paese impone, di fatto, l'abrogazione della legge che limitava l'immigrazione interna, generando una gigantesca migrazione dei contadini meridionali verso le fabbriche del Nord; l'aumento dei posti di lavoro dà, tra l'altro, un forte impulso all'occupazione femminile.

In questa fase di cambiamenti epocali, raffigurati magistralmente da Luchino Visconti in Rocco e i suoi fratelli e da Ermanno Olmi ne Il posto, Milano, appena uscita dalla fase della ricostruzione — non solo materiale —, rappresenta la capitale del boom. La modernizzazione dell'apparato industriale e l'intensificazione delle relazioni commerciali restituiscono il capoluogo lombardo al proprio storico ruolo di terra di mezzo, di cerniera tra i settori più avanzati dell'economia italiana e l'Europa. È in questo momento, all'inizio degli anni sessanta, che la Milano produttiva, assumendo i caratteri del gigantismo urbano, diviene un'area metropolitana capace di imporsi come capitale di una delle più importanti regioni economiche del mondo.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 169

5.3 Programmare lo sviluppo economico come strumento per promuovere progresso sociale e democrazia


        Il mito, tutto milanese, del buon regiùr che amministra
        i bilanci cittadini come quello famigliare, non incanta
        più nessuno."'
                                 Ettore Masina, Giancarlo Galli


        Bisogna dare un disegno agli accadimenti del capitalismo
        perché il capitalismo non sa dove va.
                                                  Piero Bassetti



Il piano quadriennale, l'elemento di innovazione caratterizzante l'amministrazione municipale dei primi anni sessanta, con cui vuole affermare un nuovo modo di "fare e pensare la politica", verrà presentato alla città nel 1962 unitamente al preventivo di bilancio del Comune. Per la prima volta una città pianifica il proprio sviluppo per un tempo che, superati i limiti tradizionali del bilancio annuale di previsione, si estende per un periodo di quattro anni, e precisamente dal 1962 al 1965. Il piano, inserendosi in un quadro storico di grande interesse per la città, farà emergere l'elemento determinante di un punto di crisi della storia di Milano e della sua cultura: l'esaurimento di un'attività puramente ricostruttiva, associata a uno sviluppo attribuito al caso o alle forze dell'individuo svincolato dal rapporto sociale, cresciuta al di fuori e spesso in opposizione al Comune.

Il piano è quindi lo strumento programmatore, individuato da tempo dalle correnti politiche favorevoli al centrosinistra, con cui i nuovi amministratori aspirano a governare gli interessi particolaristici e il caos che contraddistingue la crescita della capitale del boom economico. L'artefice principale della realizzazione di questa strategia è Piero Bassetti, figlio della borghesia milanese, già protagonista del dibattito sulla municipalizzazione del gas, il quale presterà la sua immagine al piano fino a identificarsi con esso a tal punto da venir ribattezzato, dai media milanesi, come il "Kennedy di Milano". Bassetti dà vita a un'equipe mista di tecnici comunali e consulenti esterni per redigere il "piano quadriennale di Milano", inedita esperienza di gestione municipale che è soprattutto un atto di fiducia nelle possibilità di autogoverno di una comunità che deve far conciliare modernità e risposte ai bisogni sociali in continua espansione; a esso, dunque, spetta il compito di esprimere la volontà di programmare lo sviluppo economico della città come strumento di progresso sociale e democratico nel solco della tradizione ambrosiana. Per Bassetti, il progetto rappresenta una molteplice sfida: significa sviluppare la politica fondiaria del Comune per contrastare la speculazione edilizia privata, costruire abitazioni e scuole, programmare l'istruzione e la cultura, sviluppare le aziende municipali, i trasporti e i servizi pubblici in periferia, per dare alla città investita dal fenomeno dell'immigrazione un profilo umano e un assetto ordinato e coerente.

Le motivazioni ideali di tale progetto sono contenute nella relazione del sindaco Cassinis, in occasione della presentazione del bilancio preventivo del 1961. Il documento, mentre procedono gli studi essenziali per avviare la programmazione, può essere considerato la sintesi ideale dei principi ispiratori delle forze che hanno promosso il cambiamento nella gestione del potere politico a Milano.

Le vicende che hanno preceduto la formazione della giunta di centrosinistra si configurano come segnali, trasmessi all'opinione pubblica, di un cambiamento ben più profondo di una semplice nuova combinazione di alleanze tra partiti. Le affermazioni rilasciate dai protagonisti sono sufficienti a far percepire all'opinione pubblica che non si tratta di un semplice cambiamento di alleanze. Una conferma viene dai contenuti di una conferenza stampa dell'assessore al Bilancio, immediatamente prima della presentazione in consiglio comunale del bilancio preventivo 1961. In tale occasione Bassetti dichiara:

Obiettivo fondamentale per l'amministrazione in carica è quello di legare sempre più strettamente l'attività del Comune allo sviluppo dell'economia. Negli ultimi dieci anni l'attività comunale non ha tenuto il ritmo della città formando così dei colli di bottiglia, delle strozzature, che tardano lo sviluppo della città.

| << |  <  |  >  | >> |

Pagina 176

Conclusioni


        La Giunta di centro sinistra di Milano ha rappresentato
        il momento iniziale di una operazione politica, a livello
        nazionale, a grande respiro: l'inserimento nel governo
        della città, prima, e del Paese, poi, delle forze popolari
        e democratiche."
                                                     Gino Cassinis


        Se il test di Milano ha un significato politico è per
        l'attacco che, da qui, viene mosso alla borghesia
        conservatrice impersonata fisicamente dal monopolio
        elettrico della Edison di Giorgio Valerio.
                                                   Giancarlo Galli



Il periodo a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta rappresenta, per l'intensità delle trasformazioni economiche e sociali, uno snodo storiografico centrale nella riflessione sull'evoluzione delle relazioni di potere a Milano. L'analisi delle interazioni tra potere politico, sistema dei partiti ed economia (imprese private, enti pubblici economici, aziende municipalizzate, associazioni di rappresentanza, banche, lobby economiche), proietta una nuova luce sulla fitta rete di rapporti che contraddistinguono i caratteri di una "periferia" specifica com'è quella costituita dalla capitale economica del paese.

Ricomporre la trama dei rapporti tra gli attori istituzionali ed economici significa definire un terreno di analisi ben più vasto dell'insieme delle relazioni convenzionali – codificate dagli accordi e dagli incontri formali tra le forze politiche – e sviluppare un approccio ampliato alla comprensione della complessa natura del capitalismo industriale milanese che assiste, non alieno da tensioni e fratture, alla comparsa di un nuovo grande attore, l'Eni di Enrico Mattei, che a Milano stabilirà il proprio centro.

È negli anni del miracolo economico infatti che il capoluogo lombardo diventa teatro di una intensa dialettica tra le differenti componenti della classe dirigente economica, da una parte rappresentata dagli oligopoli e dalle grandi famiglie della borghesia industriale milanese e dall'altra dal management delle imprese pubbliche. È qui che avrà luogo una progressiva polarizzazione, non circoscritta alla sola sfera economica ma estesa agli attori e alle organizzazioni sociali attraverso la mobilitazione degli interessi contrapposti, di fronte ai quali il ceto politico, selezionando i potenziali alleati, è chiamato a intraprendere una battaglia decisiva per la salvaguardia della propria autonomia dai centri di potere dominanti.

Questa è la cornice all'interno della quale un settore della classe dirigente politica milanese – prendendo le mosse da un dibattito politico-amministrativo che trae fondamento dal proposito di municipalizzazione del servizio di produzione e distribuzione del gas – decide di dare luogo a un'inedita coalizione trasversale, promotrice di un nuovo corso riformatore e capace di emancipare la città dal "dominio situazionale di fatto" della Edison, stabilendo le condizioni materiali per la realizzazione di un più vasto progetto politico: il centrosinistra municipale. Il nuovo disegno consente all'élite politica locale di farsi precorritrice delle decisioni intraprese dai maggiori partiti a livello nazionale, consci sin dall'inizio degli anni cinquanta del logoramento di una formula di governo, quella centrista, incapace di offrire la stabilità politica necessaria alla regolazione delle profonde trasformazioni sociali ed economiche in atto nel paese.

Milano rappresenta dunque il primo, concreto passo compiuto dalla politica, intrapreso nel perimetro di un governo municipale, sia pure simbolicamente ed economicamente importante, nella direzione del cambiamento. Contestualmente alla delibera di municipalizzazione del gas e alla formazione della prima giunta di centrosinistra, in Italia muove i primi passi l'articolato progetto politico di ampliamento della base democratica e di governo che condurrà poi, con il centrosinistra nazionale, alla nazionalizzazione dell'energia elettrica.

Con l'incontro tra democristiani e socialisti ha inizio perciò a Milano una stagione politica nuova, contraddistinta dal proposito di elaborare un indirizzo preciso e coerente allo sviluppo di una città che, nella metamorfosi profonda di quegli anni, esprime nuove aspettative e inedite domande sociali. Alla nuova classe dirigente spetta dunque il compito di raccogliere la sfida che deve passare, preliminarmente, attraverso un decisivo attacco al blocco di potere conservatore, gravitante attorno al più importante oligopolio elettrico del paese: la Edison di Giorgio Valerio.

| << |  <  |