Copertina
Autore Jon Fosse
Titolo Melancholia
EdizioneFandango, Roma, 2009, Mine vaganti 37 , pag. 398, cop.fle., dim. 14x21x2 cm , Isbn 978-88-6044-132-4
OriginaleMelancholia I-II
EdizioneSamlaget, Oslo, 1995
TraduttoreCristina Falcinella
LettoreGiangiacomo Pisa, 2010
Classe narrativa norvegese
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Pagina 9

DÜSSELDORF, POMERIGGIO, TARDO AUTUNNO 1853: sono sdraiato sul letto, indosso il mio abito di velluto color malva, il mio bellissimo abito, e non voglio incontrare Hans Gude. Non voglio sentire Hans Gude dire che non riesce a farsi piacere il quadro che sto dipingendo. Voglio solo stare sdraiato a letto. Oggi non ce la faccio a vedere Hans Gude. Perché, pensa, se a Hans Gude non piace il quadro che sto dipingendo e lo ritiene di una bruttezza imbarazzante, se crede che io non sono proprio capace di dipingere, pensa se Hans Gude passandosi una mano sulla barba mi guarda dritto con quegli occhietti piccoli e mi dice che non so dipingere, che non c'è niente da fare per me all'Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, né in nessun altra Accademia se è per questo, pensa se Hans Gude mi viene a dire che non diventerò mai un pittore. Non devo permettere ad Hans Gude di dirmi una cosa del genere. Devo solo restare a letto, ché oggi viene Hans Gude al nostro atelier, alla soffitta dove dipingiamo, ciascuno al suo posto in fila per bene, passerà da un quadro all'altro esprimendo il suo parere su ciascuno, anche il mio quadro vedrà e dirà qualcosa in proposito. Non voglio incontrare Hans Gude. Perché io so dipingere. Anche Gude sa dipingere. E pure Tidemann sa dipingere. Io so dipingere. Nessuno sa dipingere come me, solo Gude. E poi Tidemann. E oggi Gude guarderà il mio quadro ma io non sarò lì, me ne starò sul letto a guardare davanti a me, verso la finestra, io voglio unicamente stare a letto con il mio abito di velluto color malva, il mio bellissimo abito, voglio solo ascoltare i suoni che provengono dalla strada. Non voglio andare all'atelier. Soltanto voglio stare a letto. Non voglio incontrare Hans Gude. Sono sdraiato a letto con le gambe incrociate, sdraiato a letto completamente vestito, con addosso il mio abito di velluto malva. Guardo dritto davanti a me. Oggi non andrò all'atelier. E in una delle altre stanze della casa c'è la mia cara Helene, forse è in camera sua, forse in sala. Anche la mia cara Helene si trova in questa casa. Ho portato le mie valigie in corridoio e la signora Winckelmann mi ha indicato la stanza dove mi ha detto che avrei abitato. Poi mi ha chiesto se la stanza mi sembrava bella e io ho annuito, perché la camera era davvero molto bella, non avevo mai avuto una stanza così bella prima. E poi, ho visto Helene. Helene era là con il suo vestito bianco. Con i capelli biondi che ondeggiavano anche se legati così stretti, Helene era là, con la sua bocca piccolina sopra un piccolo mento, era là. Ed Helene era là con i suoi occhi grandi. Helene, illuminandomi con i suoi occhi. La mia cara Helene. Io sono sdraiato sul mio letto e da qualche parte dentro casa c'è Helene che gironzola con i suoi begli occhi luminosi. Sto sul letto in ascolto, magari riesco a sentire il suo passo? O forse Helene non è a casa? E poi quel tuo zio maledetto, Helene. Mi puoi sentire, Helene? Il maledetto signor Winckelmann. Perché io me ne stavo tranquillo sul letto, con il mio abito di velluto malva, quando hanno bussato alla porta, io ero sul letto, con il mio vestito di velluto malva e non ho fatto in tempo ad alzarmi prima che la porta si aprisse e sullo stipite della porta c'era il signor Winckelmann, la sua barba nera, gli occhi neri, il pancione schiacciato contro il gilè. E il signor Winckelmann mi guardava soltanto, senza dire nemmeno una parola. Mi sono tirato fuori dalle coperte, mi sono alzato dal letto e ho fatto due passi verso di lui. Sono andato incontro al signor Winckelmann, gli ho porto la mano ma lui non ha accettato la mia mano. Ero in piedi con la mano tesa verso di lui, ma lui non ha accettato la mia mano. Guardavo per terra. Poi il signor Winckelmann ha detto che era il fratello della signora Winckelmann, il signor Winckelmann. Ha guardato verso di me con i suoi occhi neri. Poi ha semplicemente girato i tacchi e se n'è andato chiudendo la porta dietro di sé. Tuo zio, Helene. Sono sdraiato a letto, con il mio abito di velluto malva e ascolto, posso sentirti? Ascoltare i tuoi passi? Il tuo respiro? Posso sentire il tuo respiro? Sono sul letto nella mia stanza, completamente vestito, con le gambe incrociate e ascolto, posso forse sentire i tuoi passi? Sei in casa? E sul comodino c'è la mia pipa. Dove sei, Helene? Prendo la pipa dal comodino. Mi accendo la pipa. Sono sdraiato a letto, con il mio abito, il mio abito di velluto malva, prendo una boccata dalla mia pipa. E oggi Hans Gude vedrà il quadro che sto dipingendo io, ma io non oso ascoltare quello ha da dirmi, no, no, preferisco starmene sdraiato a letto ad ascoltare te Helene. Non voglio uscire. Perché ora io sono un pittore. Sono il pittore Lars Hertervig, che studia a Düsseldorf con il famoso Hans Gude come insegnante. Vivo in una stanza in affitto nella Jägerhofstrasse, dai Winckelmann. Non sono niente male, io. Vengo da Stavanger, sì, sono un ragazzo di Stavanger! Che ora vive a Düsseldorf, dove studia per diplomarsi pittore. E ho dei vestiti così eleganti adesso, un abito di velluto malva mi sono comprato, sono un pittore ora, io, proprio io, sì, il ragazzo, il ragazzo di strada, il figlio del quacchero, il poverello, l'artistucolo, io, adesso hanno mandato me a studiare in Germania, all'Accademia di Belle, Arti di Düsseldorf, Hans Gabriel Buchholdr Sundt in persona mi ha mandato in Germania, all'Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, affinché io, Lars Hattarvåg, possa studiare per diventare pittore, paesaggista. Sono uno studente di Belle Arti adesso, e nientemeno che Hans Gude è il mio insegnante. E io sono davvero capace di dipingere. Forse non so fare molto altro, ma dipingere, quello sì che lo so fare. Sono capace di dipingere, mentre quasi nessuno degli altri studenti ne è capace. Anche Gude sa dipingere. E oggi Hans Gude esaminerà il mio quadro, dirà se gli piace oppure non gli piace, cosa c'è di buono, cosa non va, a proposito del quadro insomma dirà qualcosa. E intorno a me nell'atelier ci saranno gli altri pittori, quelli che non sono capaci di dipingere, si guarderanno l'un l'altro bisbigliando e annuendo. Ché anche loro sentiranno cosa ha da dire Gude. Prima Gude mormorerà soltanto qualcosa davanti al quadro, che sì, ah, sì, e poi dirà, guardandomi con quegli occhietti piccoli, che non so dipingere, che me ne devo tornare da dove sono venuto, che non sussiste nessuna ragione per cui io debba continuare gli studi artistici, perché non sono per niente portato, sì, sarà questo che Hans Gude mi dirà. Ma io non posso diventare un paesaggista in ogni caso. Hans Gude. Oggi Hans Gude esaminerà il mio quadro. Io però non ho il coraggio di ascoltare quello che dirà, perché se Hans Gude, che sa davvero dipingere, dice che io non so dipingere, allora è proprio vero che non so dipingere. E allora non mi resta altro da fare che riprendere la via di casa e ritornare l'artistucolo che ero. Ma io ho così tanta voglia di dipingere quadri bellissimi, nessuno è bravo come me a dipingere. Perché io so dipingere. Mentre gli altri studenti, loro non sono capaci. L'unica cosa che sanno fare è ammiccare e ridacchiare. Non sanno dipingere. Io me ne sto sul mio letto a fumare la pipa. E poi il suono di un pianoforte. Sento suonare il pianoforte, una musica che proviene dalla sala della grande casa dove affitto una stanza, io sono sdraiato sul letto con il mio abito malva addosso, il mio bellissimo abito, la pipa in bocca, c'è nientemeno che il pittore Lars Hertervig sdraiato sul letto, che ascolta musica sdraiato sul letto. Sento una bella musica dal suono brillante, un crescendo regolare. Sdraiato a letto sento la mia cara Helene suonare ìl pianoforte. Perché non può essere che lei al pianoforte. Una musica bellissima. Qui, nientemeno che io, ed Helene al pianoforte. È per me che sta suonando la mia amata Helene. Ma certo, perché si sa che Helene Winckelmann e Lars Hertervig da Hattarvågen sono fidanzati. È quello che si sono detti, sì, si sono detti che sono fidanzati, siamo fidanzati si sono detti. E lei, Helene Winckelmann gli ha mostrato i suoi capelli. Helene Winckelmann dagli occhi azzurro chiaro e i capelli biondi, lunghi capelli biondi che le ricadono ondeggianti sulle spalle quando li lascia sciolti invece di raccoglierli, come fa di solito, però lui! Lui, Lars da Hattarvågen! Lui ha potuto vedere i suoi capelli sciolti! Ha visto i suoi occhi brillare. Ha visto i suoi capelli ondeggiare liberi lungo le spalle. Infatti Helene Winckelmann si è sciolta i capelli per lui, gli ha mostrato i suoi capelli liberi. Helene Winckelmann, nella stanza di lui, si è sciolta i capelli. Helene Winckelmann era in piedi di spalle, là accanto alla finestra e a un certo punto ha sollevato le mani fino alla testa e si è sciolta i capelli. E così i capelli le sono ricaduti a cascata lungo la schiena. E lui, Lars da Hattarvågen, lui, Lars dalla baia con gli isolotti vicini vicini l'uno all'altro, gli isolotti che assomigliano a dei cappelli, per questo infatti si chiama Hattarvågen, la baia dei cappelli, e per questo lui si chiama Hattarvågen oppure Hertervig, lui insomma, Lars che viene dalla baia dove ci sono degli isolotti che sembrano cappelli, un'insenatura su di una piccola isola lassù nell'estremo nord, in terra di Norvegia, lui, originario di un'isoletta di nome Borgøya, lui proprio, Lars Hertervig, seduto su una sedia nella stanza che ha preso in affitto per il periodo di studi all'Accademia di Belle Arti di Düsseldorf, ha potuto vedere Helene Winckelmann accanto alla finestra con i capelli che le ricadevano liberi giù giù lungo la schiena. E poi Helene si è voltata verso di lui. Ed Helene era là che lo guardava con i capelli che le ricadevano dalla riga in mezzo sul visino tondo con gli occhi azzurri luminosi, con la bocca piccola e stretta, il mento piccolino. Con gli occhi che brillavano. I capelli che le scendevano lungo le spalle. Capelli biondi, ondeggianti. Poi un sorriso sulle sue labbra. E i suoi occhi si aprivano verso di lui. E dai suoi occhi proveniva la luce più forte che avesse mai visto in vita sua. La luce dei suoi occhi. Non aveva proprio mai visto una luce così. Poi lui, Lars da Hattarvågen, si è alzato. E Lars da Hattarvågen se ne stava là con il suo abito malva, di velluto, lui, Lars da Hattarvågen, con le braccia a penzoloni lungo il corpo a guardare i capelli, gli occhi e le labbra che aveva di fronte a sé, niente altro faceva, e poi ha sentito come se la luce dagli occhi di lei si posasse intorno a lui, come una sensazione di calore, anzi no, non come calore! Non come un tepore, ma come una luce! Si, la luce dei suoi occhi si posava intorno a lui come una luce! E dentro quella luce lui diveniva un'altra persona da quella che era, non era più Lars da Hattarvågen, era un altro, tutta la sua inquietudine, tutte le sue paure, tutto ciò che gli mancava e che sempre sentiva dentro di sé come un'ansia, tutti i suoi desideri erano come riempiti di luce dagli occhi di Helene Winckelmann e lui si sentiva tranquillo, colmo mentre stava là in piedi con le braccia che gli penzolavano lungo i fianchi e poi, senza volerlo, senza averci pensato sopra, così, senz'altro, semplicemente è andato verso Helene Winckelmann ed è come scomparso completamente dentro la sua luce, quella luce che la circondava, sentendosi calmo come mai prima d'allora, così inconcepibilmente calmo si sentiva e le ha messo un braccio intorno alle spalle per stringersi a lei. Lui, Lars da Hattarvågen sta abbracciando Helene Winckelmann ed è così tranquillo, colmo di qualcosa che non sa cosa sia. Lars Hertervig è con Helene Winckelmann. E non è più se stesso, è con lei. Si trova dentro qualcosa che non sa cosa sia. È con lei. La cinge con le braccia e lei ora lo abbraccia. Lui preme il suo viso nei suoi capelli, sulle sue spalle. Si trova dentro qualcosa che non ha mai conosciuto prima, qualcosa che non sa cosa sia e lui, il paesaggista Lars Hertervig, non ha idea di cosa sia ma all'improvviso se ne rende conto, ed è in quel momento che capisce, è proprio in quel momento che sa di trovarsi dentro qualcosa verso cui il suo quadro tende, qualcosa che è nel suo quadro, quando sta dipingendo al meglio, è lì che si trova lui ora, lo sa, perché ci è già stato prima nelle vicinanze di questo qualcosa all'interno del quale ora si trova, mai non ci era mai entrato prima, come adesso, lì dove il pittore Lars Hertervig respira attraverso i capelli di Helene Winckelmann. E non fa altro che restare nella sua luce, in qualcosa che lo colma. E ora, sdraiato sul letto non riesce a ricordare quanto tempo è rimasto abbracciato a lei, alla sua cara, carissima Helene, ma certo deve essere stato parecchio, magari quasi un'ora era stato ad abbracciarla così mentre adesso se ne stava sdraiato sul letto con il suo abito malva ad ascoltare una bellissima musica. Ed è la mia amata Helene che sta suonando. E io, Lars da Hattarvågen ho visto Helene sciogliersi i suoi bei capelli, l'ho vista in piedi davanti alla finestra della mia stanza e ho visto i suoi capelli biondi caderle ondeggianti lungo le spalle. E ho visto la luce dei suoi occhi. E sono stato dentro la sua luce. Sono entrato dentro la sua luce. Mi sono alzato dalla sedia, sono andato verso di lei e davanti alla sua luce mi sono tranquillizzato, a lungo sono rimasto nella sua luce, me ne stavo lì cingendola con le mie braccia, con la faccia contro le sue spalle, respirando attraverso i suoi capelli finché Helene ha detto in un sussurro che doveva proprio andare adesso perché sua mamma sarebbe tornata presto, per tutto questo tempo sono rimasto a respirare nei suoi capelli e adesso sono sdraiato sul letto, con il mio abito di velluto malva ad ascoltare una musica che proviene dalla sala ed è la mia cara Helene che sta suonando il pianoforte. E io ho visto i tuoi capelli, Helene, mia cara. Ti ho vista scioglierti i capelli davanti alla finestra. E mi sono alzato dalla sedia per venirti incontro e abbracciarti. Ho respirato nei tuoi capelli. E ti ho sussurrato nell'orecchio, ma allora adesso siamo fidanzati? E tu mi hai sussurrato nell'orecchio che sì, sì, siamo fidanzati ora. Lì eravamo, poi abbiamo sentita una porta aprirsi e chiudersi. Ci siamo staccati. Eravamo lì nella luce che si stava ritirando, scomparendo. I tuoi capelli cambiavano. E poi abbiamo sentito dei passi nel corridoio. E tu hai detto che adesso stava proprio tornando a casa tua mamma, ora dovevi proprio andartene, dovevi fare in fretta, ma prima ti dovevi sistemare i capelli, mi hai detto sorridendomi. Che se non ti avesse trovata in sala sarebbe venuta a bussare a questa stanza. Mi hai detto che dovevi andare via immediatamente. E ti ho vista andare verso la porta, entrare in corridoio e richiudere la porta, e ti ho sentita camminare lungo il corridoio e ti ho sentita urlare ciao mamma, qui, sono qui, sei a casa? - hai urlato. E io sono andato a sdraiarmi sul letto. Sdraiato sul letto guardavo la finestra, dove fino a un attimo prima c'eri tu. Ti stavo immaginando, lì, davanti alla finestra. Te e i tuoi capelli. Quando hanno bussato alla porta. Non ho fatto nemmeno in tempo a uscire fuori dal letto, che tuo zio già era sulla porta. Il signor Winckelmann. La sua barba nera, gli occhi neri. Mi sono alzato. Ha pronunciato il suo nome il signor Winckelmann. Io gli ho porto la mano, ma lui non l'ha accettata, si è girato e se ne è andato chiudendo la porta dietro di sé. Io sono sdraiato a letto vestito con il mio abito di velluto malva ad ascoltare una bellissima musica. Ti sento suonare il pianoforte in sala. Io sono il giovane pittore norvegese Lars Hertervig, uno dei più grandi talenti dell'arte pittorica norvegese contemporanea, questo sono io! Infatti sono davvero un gran talento. Io sono davvero capace di dipingere. E non oso ascoltare cosa ha da dire Gude a proposito del quadro che sto dipingendo. Perché è vero, no, che so dipingere? Io devo saper dipingere, no? C'è forse qualcuno più bravo di me a dipingere? Magari sono perfino più bravo di Gude a dipingere, ed è per questo che mi dirà che non sono capace? Gude mi dirà che non sono buono a dipingere, quindi devo tornare a Stavanger, non c'è niente da fare per me all'Accademia di Belle Arti, mi dirà, né in questa né in nessun altra Accademia, mi dirà, perciò, mi dirà, sarebbe meglio se mi mettessi a dipingere pareti piuttosto che quadri. Oggi Gude esaminerà il mio quadro, esprimerà la sua opinione in proposito, ma io non voglio sapere cosa ne pensa. Perché di sicuro dirà che non gli piace il mio quadro. Io lo so. Non voglio sapere cosa ne pensa del mio quadro. Sono sdraiato a letto e non voglio sentire cosa ne pensa Gude del mio quadro, perché adesso sto così bene mentre ti ascolto, mia cara, carissima Helene, tu suoni così bene. La musica più bella. Dal salotto arriva fino alla mia stanza la musica più bella. Tiro una boccata dalla mia pipa. E sento che smetti di suonare, l'ultima nota svanisce come il fumo nell'aria o nella luce. Sento anche una porta che si apre e dei passi in corridoio. Sei forse tu che vieni da ne? Forse vieni da me, a mostrarmi i tuoi capelli? Forse vuoi scioglierti i capelli davanti alla finestra e farti vedere bella in modo così impensabile per me, con i capelli sciolti? O è tuo zio che torna? Che torna per cacciarmi fuori? Sarà di nuovo lì sulla porta con la sua barba nera, i suoi occhi neri, starà di nuovo lì a guardarmi dall'alto in basso? Busserà alla porta per poi guardarmi e basta, senza dire una parola, e poi dire che è il signor Winckelmann, solo questo, niente di più? E poi dirà che devo andare via, non posso continuare ad abitare qui, me ne devo andare? Sento ancora dei passi nel corridoio e sono passi calmi, leggeri. E capisco che sono i tuoi passi che sento avvicinarsi in corridoio. Adesso i tuoi passi arrivano in corridoio. Mi metto a sedere sul bordo del letto. E guardo la porta. Sento i passi fermarsi davanti alla porta. E poi sento bussare alla porta. Ti sento bussare alla porta, perché non puoi non essere tu. Non può mica essere qualcun altro a bussare alla porta. E io devo dire avanti, devo dire entra pure.

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