Copertina
Autore Michel Foucault
Titolo La cura di sé
SottotitoloStoria della sessualità 3
EdizioneFeltrinelli, Milano, 1985, Saggi , pag. 252, dim. 140x220x17 mm , Isbn 978-88-07-08026-5
OriginaleLe souci de soi
EdizioneGallimard, Paris, 1984
TraduttoreLaura Guarino
Classe scienze sociali , filosofia , storia sociale
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Indice


  7 I.   Sognare i piaceri dell'amore
 10   l. Il metodo di Artemidoro
 23   2. L'analisi
 31   3. Il sogno e l'atto

 41 II.  La cultura di sé

 73 III. Sé e gli altri
 76   l. Il ruolo matrimoniale
 85   2. Il gioco politico

101 IV.  Il corpo
109   1. Galeno
116   2. Benefici o deleteri
127   3. Il regime dei piaceri
136   4. Il lavoro dell'anima

147 V.   La donna
152   l. Il legame coniugale
166   2. La questione del monopolio
177   3. I piaceri del matrimonio

187 VI.  I ragazzi
193   l. Plutarco
210   2. Lo Pseudo-Luciano
226   3. Una nuova Erotica

231 Conclusione
239 Indice delle opere citate

 

 

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Pagina 231

Tutta una riflessione morale sull'attività sessuale e i suoi piacerí sembra sottolineare, nei primi due secoli della nostra era, un certo rafforzamento delle tematiche di austerità. Vi sono medici che considerano allarmati gli effetti della pratica sessuale, tendono a raccomandare l'astinenza e dichiarano di preferire la verginità all'uso dei piaceri. E vi sono filosofi che condannano ogni eventuale relazione extramatrimoniale e prescrivono agli sposi una fedeltà rigorosa e assoluta. Infine, l'amore per i ragazzi sembra essere investito da una certa squalifica dottrinale.

Si deve forse riconoscere, nello schema che così si prefigura, l'abbozzo di una morale a venire, quella che si troverà nel cristianesimo quando l'atto sessuale stesso sarà considerato un male, quando non gli si attribuirà legittimità che all'interno del legame coniugale e quando l'amore per i ragazzi sarà condannato come contro natura? E si deve supporre che nel mondo greco-romano alcuni avessero già presagito quel modello di austerità sessuale cui si darà poi, nelle società cristiane, struttura legale e supporto istituzionale? Si troverebbe così, formulato da alcuni filosofi austeri - voci isolate in un mondo che austero non sembrava l'abbozzo di una morale diversa, destinata, nel corso dei secoli seguenti, ad assumere delle forme più rigide e una validità più generale.

La questione è importante e s'iscrive in una lunga tradizione. A partire dal Rinascimento, essa ha tracciato, sia nel cattolicesimo che nel protestantesimo, delle linee di divisione in qualche modo similari: da una parte, coloro per i quali una certa morale antica era molto vicina al cristianesimo (è la tesi della Manuductio ad stoicam philosophiam di Juste Lipse che C. Barth ha poi radicalizzato facendo di Epitteto un autentico cristiano; ed è, più tardi, da parte cattolica, la tesi di J.-P. Camus e soprattutto dell' Épictète chrétien di Jean-Marie de Bordeaux); dall'altra, coloro che ritenevano lo stoicismo nient'altro che una filosofia, basata senz'altro sulla virtù, ma irriducibilmente pagana (vedi Saumaise, fra i protestanti, e Arnauld o Tillemont per quanto riguarda i cattolici). La posta in gioco, tuttavia, non consisteva semplicemente nel far rientrare alcuni dei filosofi antichi nell'ambito della fede cristiana o nel preservare quest'ultima da ogni contaminazione pagana; il problema era anche quello di determinare quali fondamenti dare a una morale i cui elementi prescrittivi sembravano, fino a un certo punto, comuni alla filosofia greco-romana e alla religione cristiana.

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