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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione: Steven Spielberg: la dimora delle ali senza tempo 9 LUCA LARDIERI Capitolo primo: Oltre le nuvole. Sospesi nel volo del tempo LUCA LARDIERI E ILARIO PIERI 1.1 Always — per sempre 13 Fumo negli occhi. L'incredibile viaggio di un'illusione 1.2 Hook — Capitan Uncino 18 Uncini e polvere di fata. L'isola del tempo che non c'è 1.3 Prova a prendermi Tra le "righe" della favola morale 23 1.4 The Terminal 27 L'eterna (dis)illusione Capitolo secondo: La zona oscura dell'illusionista SIMONE ISOLA 2.1 1941: allarme a Hollywood 32 Ridere per (non) ridere 2.2 Il colore viola 39 In principio era il melò 2.3 L'impero del sole 49 Infanzia, vocazione e morte sotto la luce di Hiroshima 2.4 Schindler's List 57 La (finta) conversione dell'illusionista Capitolo terzo: L'insostenibile peso del dovere GIAMPIERO FRANCESCA 3.1 Amistad, Salvate il soldato Ryan, Munich 70 Obbedire agli ordini o alla propria coscienza? Capitolo quarto: Professione: Storyteller ILARIO FIERI 4.1 Incontri ravvicinati del terzo tipo 84 Il giocattolo cinema. I balocchi di Dio 4.2 E.T.: l'Extra-Terrestre 88 Telefono casa. La via del ritorno 4.3 A.I. Intelligenza Artificiale 94 Essere o non essere amati. Il (mecha)nismo della malinconia 4.4 Minority Report 100 Verso le tenebre. Nel paese degli uomini ciechi, colui che ha un occhio solamente è Re 4.5 La guerra dei mondi 106 Un duello. Lo sguardo di Medusa Capitolo quinto: Le avventure non finiscono mai... LUCA LARDIERI 5.1 Dispersi tra paure e utopia 111 Il primo Spielberg e la trilogia dell'inseguimento 5.2 Duel 112 Il subconscio di latta 5.3 Sugarland Express 117 Al costante inseguimento del proprio Road Runner 5.4 Lo squalo 121 Divorati da un ignoto profondo Capitolo sesto: Cappelli sgualciti e microscopi tra rettili e pterodattili LUCA LARDIERI 6.1 Jurassic Park e The Lost World 126 Ritorno al futuro... preistorico 6.2 Reperti archeologici... l'eroe ha il nome di un cane! 134 I predatori dell'arca perduta, Indiana Jones e il tempio maledetto, Indiana Jones e l'ultima crociata, Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo Filmografia 150 Bibliografia 157 |
| << | < | > | >> |Pagina 9IntroduzioneSteven Spielberg: la dimora delle ali senza tempo
LUCA LARDIERI
«[...] Sono convinto che nei film di Spielberg ci siano tutte le risposte ai dubbi della vita. [...] Ogni volta che ho un problema non devo far altro che guardare un suo film e trovo la soluzione».
DAWSON LEERY (James Van Der Beek),
Dawson's Creek,
Stagione 1, Episodio 1
Volare. Librarsi in aria e sentirsi libero. Il vento che docile accarezza i tratti del volto ed improvvisamente li distende, li rassicura. Il sogno ad occhi aperti che elettrizza ogni bambino e risveglia il fanciullo che, nascosto o meno, è in ognuno di noi. Libertà, fantasia, immaginazione, capacità di emozionare ed emozionarci, di guardare al mondo sempre con occhi incantati, puri, innamorati. Il volo e l'amore nella poetica di Steven Spielberg sono l'uno, l'esatta ed inevitabile derivazione dell'altro. La costante che, esplicitamente o implicitamente, attraversa tutta la filmografia del sessantaduenne regista di Cincinnati ed in maniera soave, ma allo stesso tempo prepotente, rappresenta la traccia identificativa del suo cinema, il "tocco" che ci palesa la sua presenza registica e ci regala sorrisi, lacrime, suggestioni. Il volo dunque, ma anche il concetto del tempo, affascinante metafora che accompagna la vita di ogni personaggio spielberghiano e linfa vitale di ogni sua pellicola. D'altro canto i film stessi offrono una romantica idea del tempo, imprigionando e contemporaneamente donando libertà ai personaggi rimasti impressi sulla superficie di effimeri negativi. Il magico processo chimico che attraverso emulsioni, sviluppo e stampa offre immortalità ai propri eroi, trasformandoli in eterne figure leggendarie ogni volta che il fascio di luce di un proiettore li riporta in vita. Molte, troppe volte si è detto che Spielberg ed il suo cinema (eccezion fatta per film quali Schindler's List e Munich) rappresentano la voglia e la necessità del regista stesso di restare un eterno fanciullo. Un bambino rinchiuso nel corpo di un adulto, che rifiuta l'idea del tempo che passa e che, tristemente conscio dell'avvicinarsi della fine della sua vita mortale, utilizza la macchina da presa come fonte di eterna giovinezza, imprimendo nel supporto audiovisivo il lato più giovane e spensierato della propria anima. Il suo, invece, è un grido di libertà, è un monito per tutti coloro che, occupati in inutili mansioni, si lasciano sfuggire il tempo dalle mani, fuorviati da un concetto di vita che in realtà vita non è. È questa la vera illusione, portare avanti un'esistenza che crediamo concreta per poi scoprire che essa edificava le proprie fondamenta sulla polvere. I suoi personaggi sono molteplici e mutevoli, ognuno di loro vive il tempo in maniera differente offrendoci l'opportunità di capire la natura filosofica di un concetto astratto e soggettivo ma estremamente concreto e spietato nel momento stesso in cui si decide di ignorarlo o di non prestarvi la necessaria attenzione. Spielberg è perfettamente conscio del fatto che la vita è suddivisa in stagioni e che l'esperienza e la conoscenza sono indispensabili, così come la maturità intellettuale e fisica, all'arricchimento e alla costruzione di una vita terrena sempre migliore, ma è anche consapevole che l'ingresso in una delle stagioni successive dell'esistenza, non implica, o almeno, non dovrebbe implicare forzatamente un completo abbandono di quelle che l'hanno preceduta. Essendo l'infanzia la prima fase che viviamo e con la quale ci confrontiamo, sicuramente essa risulta essere la più importante di tutte, perché giorno dopo giorno darà il via al modellamento psicologico e caratteriale degli adulti che saremo domani. È indispensabile non dimenticare il fanciullo che è in noi e non perdere la voglia di inseguire i sogni e, con essi, di imparare a volare. Non a caso un altro elemento fondamentale del cinema di Steven Spielberg è quello della casa. Casa intesa come famiglia, patria, padre, madre, amore, amicizia e affetto, ma anche come sofferenza, utopia e muro contro il quale si arrestano sogni infranti. Un porto sicuro nel quale rifugiarsi e al quale tendere per il resto dei nostri giorni, che repentinamente può tramutarsi in un inferno pronto a tarparci le ali e quindi ad impedirci di spiccare il volo. La memoria, la gratitudine, le nostre origini e le radici profonde che ben salde o meno ci portano ad essere ineluttabilmente ciò che siamo, rappresentano una sorta di mondo fantastico e quasi mai visibile, che nei film di Spielberg si trasforma in una realtà ancor più vera della realtà stessa. Basti pensare ad E.T.: The Extra-Terrestrial (E.T. l'extra-terrestre, 1982) e alla fondamentale importanza che ha il concetto di casa per il piccolo alieno, lontano dalla quale rischia addirittura la morte, o a Viktor Navorski, personaggio principale di The Terminal (id., 2004) il quale non riesce ad aver paura della propria terra natia, l'immaginaria Krakozhia, neanche quando verrà informato della terribile guerra civile scoppiata al suo interno. Orrore che trasforma il noto in ignoto, l'amata dimora in un'isola che non c'è; il tutto mentre l'ingenuo Navorski era in viaggio per realizzare un candido desiderio paterno nella mitica "terra dei sogni" (infranti?) gli Stati Uniti. «Il suo Paese è in guerra. Viktor. – dice l'irreprensibile Frank Dixon (uno straordinario Stanley Tucci) – Ci sono uomini armati per le strade. Persecuzioni politiche. È orribile, orribile... Dio solo sa cosa può succedere, giusto? Persone innocenti vengono strappate dal letto e gettate in prigione, giusto? Orribile, sì orribile. [...] Sto parlando delle bombe. Sto parlando di dignità umana. Sto parlando di diritti umani... Viktor, la prego, non abbia timore di dirmi che lei ha paura della Krakozhia» «È mia casa – risponderà un risoluto Viktor Navorski – Io non ha paura di mia casa». Nella semplice risposta di questo "alieno" venuto dall'est Europa, risiede l'essenza di tutta l'opera cinematografica spielberghiana: giusta o sbagliata che sia, rassicurante o meno, casa è sempre casa. In Catch Me If You Can (Prova a prendermi, 2002), il giovane Frank Abagnale, diventerà un geniale truffatore a causa dello spaccamento della propria famiglia. La perdita del rifugio accogliente e rassicurante risulterà destabilizzante per un ragazzo ancora pieno di domande ed insicurezze. Il venir meno delle radici, dell'unica cosa di cui non aveva mai dubitato in tutta la sua esistenza, ancora così acerba, avrà un impatto psicologico non indifferente sulla sua mente, che lo porterà alla fuga e a mutare continuamente identità per ritrovare qualcosa che ha smarrito; per tornare nuovamente a casa (proprio come tenta di fare l'isterica ed irragionevole Goldie Hawn di Sugarland Express, in fuga verso il figlio per ricreare un utopico nucleo familiare). Spielberg, attraverso i suoi film esplora se stesso e si mette in gioco. Riporta in vita sensazioni e stati d'animo profondi ed estremamente intimisti. Amplia il concetto di "casa" e lo rende un qualcosa prossimo alla riscoperta dell'Io più profondo. Omaggerà il cinema e la televisione che ha amato da bambino (in Always, ad esempio, riporterà in vita Victor Fleming ed il classico degli anni '40 A Guy Named Joe, secondo film, dopo Bambi, capace di farlo piangere), portando alla luce le sue radici artistiche. Ricorderà ed esprimerà commossa e malinconica gratitudine alle proprie origini, mettendo in scena il più importante film mai girato sulla Shoa (ma anche sull'amore, sul triste concetto di "eroe" e su quello di appartenenza) Schindier's List. Sazierà lo spirito e onorerà la propria infanzia portando sul grande schermo personaggi fantastici, valorosi avventurieri e affascinanti creature preistoriche (il Peter Pan di Hook, il Dottor Jones dei quattro film di Indiana Jones ed il pauroso T-Rex di Jurassic Park). Ma soprattutto dispiegherà le ali come pterodattilo, accenderà i reattori di aerei e navicelle spaziali ed in ogni pellicola mostrerà l'innamorata anima reale di un eterno regista surreale. | << | < | |