Copertina
Autore Jonathan Franzen
Titolo Forte movimento
EdizioneEinaudi, Torino, 2004, Supercoralli , pag. 556, dim. 140x220x30 mm , Isbn 978-88-06-16097-5
OriginaleStrong Motion [1992]
TraduttoreSilvia Pareschi
LettoreAngela Razzini, 2004
Classe narrativa statunitense
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Pagina 3 [ inizio libro ]

A volte, quando le chiedevano se avesse fratelli o sorelle, Eileen Holland doveva pensarci un po' prima di rispondere.

Alle elementari Eileen giocava ai quattro cantoni con le amiche durante l'intervallo, e quando scoppiava una rissa nell'angolo opposto del cortile, di solito a restare con la faccia schiacciata contro l'asfalto era il fratello minore di Eileen, Louis. Eileen e le sue amiche continuavano a far rimbalzare la palla da un quadrato all'altro. Stavano saltando la corda, il giorno in cui Louis fece a pugni con un bambino in cima al vecchio castello di tubi infestato dal tetano e riportò una lesione diversa per ognuno dei tubi che urtò durante la caduta: rottura di un incisivo al livello tre, costole contuse al livello due, commozione cerebrale e colpo di frusta al livello uno e schiacciamento del diaframma contro l'asfalto. Le amiche di Eileen corsero a vedere il potenziale cadavere. Eileen invece rimase a reggere la corda, sentendosi come se fosse stata lei a cadere e nessuno fosse corso in suo aiuto.

Eileen era un fedele e grazioso ritratto della madre, con gli occhi scuri stupefatti e le sopracciglia cosi sottili da sembrare disegnate, la fronte alta, le guance paffute e i capelli scuri e lisci. Aveva il corpo flessibile come un salice, e a volte, quando era cosi felice di trovarsi con le amiche da dimenticarsi della loro presenza, si metteva a ondeggiare a occhi chiusi, proprio come un salice.

Louis, come il padre, era meno decorativo. Dall'età di dieci anni portava occhiali da aviatore con una montatura di metallo vagamente intonata ai suoi capelli, che erano ricci e del colore delle vecchie viti di ottone, e che avevano cominciato a diradarsi alla fine delle superiori. Anche il torace ampio e rotondo era un dono del padre ai cromosomi di Louis. Alle medie e alle superiori le nuove amiche di Eileen si aspettavano di sentirsi rispondere «No, nessuna parentela» quando le chiedevano se Louis Holland fosse suo fratello. Per Eileen queste domande erano come iniezioni di vaccino, alle quali seguiva, come un confortante batuffolo intriso di alcol, l'affermazione delle amiche che suo fratello non le somigliava affatto.

- Già, - conveniva Eileen, - siamo molto diversi.

I giovani Holland crebbero a Evanston, Illinois, all'ombra della Northwestern University, dove il padre era professore di storia. Ogni tanto, di pomeriggio, Eileen scorgeva Louis in un séparé di McDonald's, circondato dai disadattati con cui bazzicava, da pietanze degradanti, da sigarette e facce pallide e abiti militari. La negatività che emanava da quel séparé le faceva venir voglia di stringersi ancora di piú al braccio delle coetanee. Lei era, si diceva, molto diversa da Louis. Ma non era mai completamente al sicuro da lui. Persino al centro di un sedile posteriore gremito di persone e di risate, le capitava di lanciare un'occhiata dal finestrino giusto in tempo per vedere suo fratello procedere a grandi passi lungo il lurido ciglio di una strada suburbana a sei corsie, con la camicia bianca grigia di sudore e gli occhiali bianchi per il riflesso degli abbaglianti. Sembrava sempre che fosse lí solo per lei, un'apparizione da quel mondo privato e parallelo in cui Eileen aveva smesso di vivere quando aveva cominciato a farsi degli amici, ma nel quale Louis evidentemente abitava ancora: il mondo della solitudine.

Un giorno, l'estate prima di andare al college, Eileen ebbe improvvisamente bisogno della macchina dei genitori per andare dal suo ragazzo, Judd, che viveva un po' piú a nord lungo il lago Michigan, a Lake Forest. Quando Louis le fece notare di aver prenotato la macchina una settimana prima, Eileen si infuriò con lui come si sarebbe infuriata con un oggetto inanimato che continuasse a sfuggirle di mano. Infine mandò la madre a chiedergli di essere generoso, solo per quella volta, e di lasciarle usare l'auto per andare a trovare il fidanzato. Quando arrivò a casa di Judd, Eileen era ancora cosi furiosa che dimenticò le chiavi nell'accensione. La macchina venne subito rubata.

La polizia di Lake Forest non fu particolarmente gentile con lei. Sua madre, al telefono, lo fu ancora meno. E Louis, quando finalmente Eileen arrivò a casa, scese le scale con indosso una maschera da sub.

- Eileen, - disse sua madre. - Tesoro. La macchina è finita nel lago. Non è stata rubata. Mi ha appena chiamato la signora Wolstetter. Non hai tirato il freno a mano e non hai inserito la marcia. Ha attraversato il prato dei Wolstetter ed è finita nel lago.

- Park, Eileen? - La voce di Louis suonava ovattata e adenoidale. - La piccola «P» all'estrema sinistra? N come Neutral? P come Park?

- Louis, - disse la madre.

- O forse è N come No e P come... Procedi? D come Desisti?

Dopo quel trauma Eileen non riusd piú a tenere a mente alcuna informazione riguardante Louis. Sapeva che andava a scuola a Houston e si stava specializzando in qualcosa tipo ingegneria elettrica, ma quando sua madre lo nominava al telefono, magari per dire che aveva cambiato specializzazione, la stanza in cui Eileen si trovava diventava di colpo rumorosa. Non riusciva a ricordare ciò che la madre le aveva appena detto. Doveva chiedere: «Quindi adesso si sta specializzando in... cosa?» E la stanza diventava di nuovo rumorosa! Non riusciva a ricordare cosa le stesse dicendo nemmeno mentre lo diceva! E cosi non capí mai in cosa si stesse specializzando Louis. Quando lo vide durante le vacanze di Natale del secondo anno di università - stava seguendo un MBA ad Harvard - dovette tirare a indovinare su cosa avesse fatto dopo essersi laureato a Rice: - La mamma dice che ti occupi, come dire, della progettazione di microchip?

Louis sgranò gli occhi.

Lei scosse la testa come per dire no no no no, cancella. - Dimmi cosa fai, - chiese umilmente.

- Ti sto guardando meravigliato.

Piú tardi sua madre le disse che Louis lavorava per una radio FM di Houston.

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Pagina 68

In quel momento Louis provò un senso di vera solitudine. Si sedette sopra una roccia, con il mento appoggiato a una mano. Il mare respirava come una persona malata; il tempo si allungava, fra l'impatto di un'onda e la rassicurazione della successiva. I frangenti erano scuri, imbrattati di sabbia in sospensione e materia organica. Tutto ciò che Louis riusciva a scorgere nella direzione in cui era fuggito il cane era sabbia, acqua, foschia.

Benché fosse scoppiato a ridere, Louis non si era sorpreso nel sentire che Eileen aveva già cercato di attingere alle nuove risorse della madre. Eileen aveva acquisito prestissimo la capacità di chiedere l'elemosina a Melanie senza entrare in conflitto con la propria coscienza. Negli anni dell'adolescenza, a Louis capitava spesso di incrociarla sulle scale mentre ripiegava uno o due pezzi da venti, e di trovare poi ulteriori prove della transazione in sala da pranzo, il borsellino materno in una posizione diversa sopra il tavolo e la sua proprietaria visibilmente intenta a darsi un contegno, con un messaggio per lui negli occhi: Il portafoglio è stato rimesso via, perciò non provare a chiedermi qualcosa anche tu. E questo era interessante, perché Louis non chiedeva mai nulla, nemmeno quando aveva un bisogno piú impellente di quello manifestato da Eileen per un altro capo primaverile della Benetton o per il biglietto di un concerto. Non chiedeva mai, perché chissà come sembrava sempre che Eileen lo battesse sul tempo. Eppure non era una questione di tempismo, perché ogni volta che gli veniva in mente di chiedere, si sentiva in dovere di aspettare un po' perché Eileen aveva appena chiesto, e mentre lui aspettava, Eileen andava a chiedere di nuovo e veniva accontentata. Era evidente che, se davvero Eileen era arrivata al denaro della madre prima di lui, lo aveva fatto in un lontano passato, una volta per tutte.

Era inevitabile che arrivasse il giorno in cui si sarebbero incontrati in corridoio e non avrebbero taciuto. Accadde nell'estate in cui Eileen fece finire la macchina nel lago. Louis aveva appena smesso di falciare l'erba, e nel corridoio al piano di sopra vide Eileen con i soliti pezzi da venti, piegati in quattro e maneggiati con la disinvoltura del cane vittorioso che si allontana da una rissa con il pezzo di brasato conteso fra i denti. Il risentimento aggravatosi nel tempo, e l'oscenità di quelle dita strette intorno alle banconote, lo spinsero a dire: - Quanti soldi hai lí? - Eileen replicò: - Quanti soldi ho dove? - E Louis: - In mano. Magari potresti darmi venti dollari -. Lei lo guardò come se le avesse proposto di togliersi la camicia. - Neanche per sogno! Vai a chiederli per conto tuo. Questi li ho chiesti per me -. Louis disse: - Già, be', glieli hai appena chiesti tu, e adesso io cosa dovrei fare? - Eileen rispose: - Io li ho chiesti per me. Tu puoi andare a chiederli per te -. E Louis disse: - Non ho voglia di chiedere. I soldi mi piace guadagnarli.

Fu come se Eileen avesse sempre saputo che quel momento sarebbe arrivato. Arrossí violentemente, gettò le banconote avvelenate ai piedi di Louis e si chiuse in camera sbattendo la porta. Piú tardi, dalla sua stanza, Louis senti la madre dire: - Eileen? Eileen, tesoro, ti sono caduti i soldi qui fuori.

Melanie, in effetti, avrebbe preferito essere piú imparziale, soprattutto se ciò non avesse comportato un aumento delle elargizioni. Senza dubbio le richieste di Eileen le fornivano l'occasione di rimproverarla per il suo egoismo e di additare come esempio Louis e il suo spirito indipendente. Ma se uno dei figli non avanzava nessuna pretesa, diventava non solo possibile dal punto di vista economico, ma anche piú conveniente dal punto di vista personale, dare semplicemente all'altra figlia tutto ciò che voleva. Eileen riusciva a essere silenziosa e perfida in modo soprannaturale, quando le veniva negato qualcosa. Sedeva a tavola e fissava i vestiti e i gioielli di Melanie cosí a lungo e intensamente da avvelenare il piu semplice dei piaceri di sua madre. Non cedeva finché non le veniva offerto del denaro o il suo equivalente in merce. Era triste, quella cospirazione tra madre e figlia, ma funzionava. Lo scopo della cospirazione era di evitare che il denaro diventasse veleno, e per raggiungere quello scopo occorreva soltanto aggirare Louis, perché il padre poteva soddisfare i suoi pochi bisogni personali tramite prelievi diretti, e per il resto lasciava fare a Melanie. Solo Louis - lo stravagante, scontroso Louis - aveva il potere di avvelenare il denaro. La serenità degli altri dipendeva dal suo riserbo. Ed egli esercitò questo riserbo, e permise volutamente che Eileen venisse viziata, e solo una volta, quando la affrontò nel corridoio al piano di sopra, lasciò intravedere tutto il veleno che si stava accumulando dentro di lui.

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Pagina 150

Louis andò alla casa con la piramide sul tetto. Il prato di fronte all'edificio aveva assunto un colore verde metallico, con i fili d'erba piegati e ondeggianti come se fossero sommersi da una corrente, un vasto flusso di materia invisibile connesso alla brillante falsità della luce che confondeva i colori, gettando un po' del nero dei tronchi d'albero dentro il cielo azzurro e un po' del bianco delle nuvole dentro gli alberi. Per chi non ha dormito, ciò che rende strano il nuovo giorno e lo riempie di cattivi presagi è il fatto che il sole al tramonto si trovi a est e non stia tramontando; per tutto il giorno la luce assomiglia alla luce dei sogni, che non proviene da alcuna direzione.

- Louis, Dio mio, - disse Melanie, chiudendosi il collo della vestaglia e sbirciando dalla porta dietro una nuova catenella d'ottone. - Sono le nove del mattino, non mi ero ancora alzata. Devo prendere l'aereo.

- E se aprissi la porta?

- Non hai chiamato! Se fossi venuto tra due ore...

- E se aprissi la porta?

Nell'atrio era stata installata la tastiera numerica di un sistema d'allarme. In soggiorno e in sala da pranzo l'intonaco era stato riparato, e i libri e gli oggetti ornamentali di Rita Kernaghan, compreso il ritratto del padre di Melanie, avevano lasciato il posto a un'opulenza piu convenzionale, adatta alla suite di un albergo di lusso - litografie giapponesi, tendine trasparenti, broccato color oro.

- Volevo chiamarti, - disse Melanie. - Sono arrivata solo giovedi e ho avuto tanto da fare.

- Non ne dubito, - disse Louis. Entrò nel soggiorno, montò sopra un divano foderato di seta e cominciò a pestare i piedi, ascoltando le vibrazioni metalliche delle lesioni interne.

- Louis! Per l'amor di Dio!

Louis passò al tavolino da caffè. Usando il collo del piede in perfetto stile calcistico, tirò un calcio di rigore che spedi una coppa di vetro molato dentro il caminetto. - Ho sentito dire che stai dando soldi ai tuoi figli, - fece, salendo di nuovo sopra il divano. - Sono venuto a reclamare la mia parte.

- Vieni giu di lí. Quel divano non è tuo.

- Credi che lo tratterei cosí se fosse mio?

- Te l'ho già detto. Non intendo parlare di soldi. Se vuoi parlare di qualcos'altro va bene, ma...

- Due milioni.

Melanie si portò la mano alla testa, sul lato solitamente afflitto dall'emicrania.

- Quanto hai dato a Eileen?

- Niente, Louis. Non le ho dato niente.

- E allora da dove viene l'appartamento?

- Si tratta di un prestito.

- Oh, capisco. Che ne diresti di prestarmi due milioni?

Melanie fece scivolare la mano in avanti a coprirsi la faccia, premendo due dita contro le palpebre.

- Non ti darò piu fastidio, mamma. Promesso. Due milioni e siamo pari. Mi sembra un buon affare. Sai, forse potrò persino restituirteli.

- Non riesco piú a prenderlo come uno scherzo.

- E chi scherza? Quei soldi mi servono. Devo comprare una stazione radio. La cifra che avevo in mente era due milioni, ma potrei già fare qualcosa di buono con duecentomila. Potrei stabilizzare la situazione finché non arriverai tu con gli altri soldi.

- Di cosa stai parlando?

- Sto parlando di Philip Stites. Quel tizio antiabortista, l'hai già sentito nominare. Voglio regalargli duecentomila dollari. Per sostenere la causa, sai. Da quando ci siamo arricchiti sono diventato un buon cristiano, mamma, tu non lo sai, naturalmente, perché non mi telefoni mai e...

- Anche tu non mi telefoni mai!

- Oh, e invece Eileen ti telefona, ed è per questo che riceve ricompense in denaro? - Louis montò sopra lo schienale del divano e lo ribaltò all'indietro, ripiombando per terra un attimo prima che cadesse. - Come mai tutti tranne te si accorgono che ti chiama soltanto per spillarti quattrini? Credi che le importi qualcosa di te? Eileen ti odia fino a quando non le dài i soldi, e poi ti ricompensa non odiandoti finché non gliene servono altri. Non te ne sei mai accorta? Si chiama essere viziati.

Sua madre si girò dall'altra parte, come se non fosse interessata alla conversazione. Il brivido violento e improvviso che la scosse da capo a piedi e le riempi gli occhi di lacrime sembrò cogliere di sorpresa anche lei. Tossi e degluti rumorosamente. Forse Louis sarebbe stato piú comprensivo se non avesse pensato che le lacrime di sua madre e di Eileen tornassero sempre a suo svantaggio, e se non avesse sospettato che in sua assenza le due donne fossero fondamentalmente felici.

- Sto cercando di farti un vero favore, - disse. - Voglio dire, pensaci. Mi dài due milioni, e per il resto della tua vita puoi considerarmi uno stronzo egoista. Non dovrai mai piú sentirti in colpa. Niente piú lacrime, niente piú pretesti. Inoltre ti resteranno ancora venti milioni per fare i tuoi giochetti con Eileen.

Sua madre scuoteva la testa. - Tu non capisci. Tu non capisci. Ho perso... - Una forte scossa di assestamento le fece tremare le spalle. - Ho perso... - Un'altra scossa di assestamento. - Ho perso...

- Soldi?

Melanie annui.

- Quanti?

Melanie scosse la testa; non lo sapeva.

- Cosi hai perso dei soldi. Incredibile. Eileen fa in tempo a guadagnarci un appartamento, ma io sono leggermente in ritardo. È incredibile come funzionano queste cose.

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C'è un caratteristico odore umido, malinconico e antico che si diffonde a Boston dopo il tramonto, nelle giornate fresche e senza vento. Le correnti ascensionali lo prelevano dalle acque ecologicamente dissestate dei laghi e dei fiumi Mystic e Charles. Si sprigiona dalle fabbriche chiuse e dagli stabilimenti abbandonati di Waltham. È l'alito che esce dalla bocca dei vecchi tunnel, lo spirito che sale dai mucchi di vetri affumicati e dalle vecchie massicciate della ferrovia, da tutti i luoghi silenziosi dove la ghisa arrugginisce, il cemento diventa friabile e marcio come Roquefort inorganico, i derivati del petrolio tornano a infiltrarsi sottoterra. In una città dove non c'è un pezzo di terra che non sia stato trasformato, questo è diventato un odore primordiale, l'odore della natura che ha preso il posto della natura. I fiori sbocciano ancora, l'erba tagliata e le foglie cadute e la neve fresca alterano ancora periodicamente l'aria. Ma questi odori sono sovrapposti; sentimentali; piu giovani delle emanazioni pazientemente durature che provengono da sotto i ponti e dai detriti di un migliaio di banchine, dai pontili al creosoto sui corsi d'acqua oleosi, dalle pagine del «Globe» e dell'«Herald» avvolte intorno alle rocce incrostate nei canali di scolo, e dall'interno di ogni scatola di metallo annerita ancora esistente lungo la ferrovia abbandonata, di ogni scopo e simbolo della proprietà cancellati dalle intemperie, di ogni buco della serratura otturato dalla corrosione: l'odore dell'infrastruttura.

Quell'odore era al massimo dell'intensità quando Louis e Renée risalirono Dartmouth Street dalla fermata della linea verde di Copley Square. Camminavano in silenzio. La notte ventosa e rischiarata dai fanalini dei freni in cui avevano percorso quelle strade in cerca di un parcheggio sembrava sepolta nel passato da molto piú tempo del mese che era effettivamente trascorso. Era ancora una serata di finesettimana, ma questa volta il quartiere era silenzioso, tranquillo e privo di traffico, come se per una coincidenza circadiana tutti i residenti avessero lasciato la città o fossero rimasti in casa con la famiglia. Il cielo al crepuscolo sembrava un fondale dipinto di blu, appeso dietro le villette a schiera con la loro illuminazione domestica gialla.

Eileen si era dimostrata diffidente quando Louis le aveva telefonato. Aveva dovuto spararle una salva di scuse, attribuendo la sua recente villania al fatto di aver perso il lavoro. Il suo rimorso era risultato sufficientemente autentico da renderla sentimentale. Disse che era «una vera sfortuna» che fosse disoccupato. Si dimostrò vagamente interessata all'idea di rivederlo, prima o poi, e a quel non-invito Louis rispose subito: - Fantastico! Ti va bene venerdi sera? - Eileen rispose che ne avrebbe parlato con Peter. Louis disse che sarebbe arrivato con Renée intorno alle otto. Lei disse che prima doveva parlarne con Peter. Lui la avvisò che Renée non mangiava carni rosse né pollame. - Oh, non c'è problema, - disse Eileen in tono piú allegro. - Preparerò un piatto vegetariano.

Una volta fissato l'appuntamento, la cosa piú difficile fu convincere Renée a mentire.

- Una matematica? - disse, spalancando la bocca per lo stupore. - È la cosa piú stupida che tu mi abbia mai detto.

- Già, - rispose lui, - ma cosa penserà Peter quando una sismologa comincerà a fargli domande sullo smaltimento dei rifiuti? Penserà ai terremoti. Vogliamo che pensi ai terremoti? Che vada a dire a suo padre che una sismologa si interessa all'azienda? Sei stata tu a dirmi che studiavi matematica, prima di passare alla geofisica.

- Non voglio neanche discuterne.

- Perché? Perché? Non devi fare altro che dirlo. Sempre che qualcuno sia abbastanza gentile da chiederti che lavoro fai, cosa di cui dubito. Devi solo dire, che ne so, matematica applicata. La sismologia non è questo, dopotutto?

- È una bugia. Quando dico una bugia arrossisco.

- Uh! Sei cosi irreprensibile che stento a crederci.

- Si, e mi chiedo se tu lo apprezzi. Comincio a chiedermelo davvero.

- Mentire è una necessità sociale, - disse pazientemente Louis. - Tutti devono mentire. E questa particolare bugia è del tutto a fin di bene.

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Pagina 357

- Secondo me la gente desidera soprattutto che non si interferisca con la sua vita privata.

- Non interferirei se non pensassi che ci sono delle vite in pericolo. Ma cosí come stanno le cose, sono moralmente costretto a intervenire. E lei ritiene che la rabbia della mia chiesa sia pericolosa, e che i miei metodi siano estremi, ma pensi a quanto pericolosi ed estremi dovevano sembrare i contestatori hippy ai conservatori nel 1969, anche se avevano una .cor buona ragione morale, proprio come me oggi. Inoltre sarebbe diverso se la società adorasse apertamente mammona e dicesse sí, siamo disposti a distruggere vite innocenti in cambio del sesso libero. Quello che mi dà sui nervi è l'ipocrisia. L'idea che si possa trasformare la vita delle persone in una diabolica ricerca del piacere e affermare che si sta facendo loro un favore. È difficile immaginare un mondo che considera la religione come una forma di psicosi ma ritiene che il desiderio di possedere un nuovo forno a microonde sia il sentimento piu naturale di tutti. Le persone che inviano denaro a un predicatore televisivo perché sentono un vuoto nella loro vita sono state plagiate, ma quelle che hanno bisogno di una pelliccia per pavoneggiarsi in drogheria sono persone normali come lei e me. È come se la cosa piu sacra di questo paese fosse la Costituzione. La storia dell'umanità non è mai stata priva di sofferenza, ma d'improvviso il signor Boston Globe e il signor senatore del Massachusetts sono diventati piu intelligenti di chiunque altro sulla faccia della terra. Sono convinti di avere la risposta, e la loro risposta è una legge di qua e una legge di là, e lo studio universitario del comportamento umano, e la Costituzione degli Stati Uniti. Ma io le dico, Renée, l'unica ragione per cui qualcuno potrebbe pensare che la Costituzione sia la piu grande invenzione della storia umana è che Dio ha dato all'America tante favolose ricchezze che persino un'idiozia totale sembrerebbe grandiosa a breve termine, se non contiamo i trenta milioni di poveri e lo spreco sistematico di tutte le ricchezze che Dio ci ha elargito e il fatto che per la maggior parte degli oppressi della terra la parola America è sinonimo di avidità, armi e immoralità.

- E libertà.

- Un altro modo per dire ricchezza e decadenza. Mi creda. Quello che la maggioranza dei russi ama dell'America sono i videoregistratori e i McDonald's. Solo i politici e i conduttori televisivi sono tanto stupidi o disonesti da comportarsi diversamente. I primi ministri vengono a Washington, e noi diciamo, Benvenuti nella terra della libertà. I primi ministri rispondono, Dateci altri soldi. Siamo lo zimbello del mondo, glielo assicuro. Perché sorride?

- Mi ricorda un uomo cinico che ho conosciuto.

- Cinico, eh? Lei crede che sia cinico riconoscere che tutti gli esseri umani, me compreso, vogliono gratificare i sensi senza prendersene la responsabilità? Perché invece non mi chiama cristiano, o sincero, o realista? Perché dall'altra parte vedo solo sentimentalismo e illusione. Questa idea che gli esseri umani siano fondamentalmente buoni e altruisti. Che il dolore e la solitudine e l'invidia e l'ingordigia e la lussuria e la falsità e la rabbia e l'orgoglio si possano curare con la piena occupazione e bravi psicologi. Sa qual è la mia fiaba moderna preferita?

- Quale.

- Chappaquiddick. Il perfetto liberal vede di che pasta è fatto l'essere umano e scappa di corsa. Passa il resto della vita a negare che quanto ha visto abbia un significato. A dire a tutti cosa c'è che non va in loro. Vede, il liberalismo è cosi disonesto da non ammettere nemmeno che tutto ciò che ha di buono - la presunta compassione che ne rappresenta il fulcro - e che è irrazionale, badi bene, proprio come la religione - proviene direttamente dai duemila anni di tradizione cristiana. Ma almeno possiede quella compassione. È innocente come un bambino di sei anni. E Dio ha un debole per tutti gli innocenti del mondo. Cosi ciò che odio di piú sono i politici conservatori. Il partito conservatore non è altro che cinico interesse economico. Certo ha un'idea piuttosto realistica dell'avidità umana, e quindi è abbastanza adulto, sa, piú o meno come un tredicenne saputello. Ma è ancora piú colpevole del liberalismo per aver sostituito Dio con la ricerca della ricchezza. E questo lo trovo imperdonabile.

- Ed è per questo che vive in un edificio pericolante. Insieme a un gruppo di signore borghesi arrabbiate.

- Proprio cosi.

- Lo trovo piuttosto ammirevole.

- L'ha detto lei, non io. Perché naturalmente quando si cerca di fare del bene si corre sempre un rischio. L'idea che se fai del bene sapendo di farlo, allora quel bene non conta. Ma io dico, qual è l'alternativa: comportarsi da stupidi per non macchiarsi di superbia?

- Non è male come alternativa. Dovrebbe provare.

- Anche lei è un po' cinica. Perché è venuta qui?

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Pagina 511

Per tutto il lunedí, tutto il martedí, il paese rimase ostaggio del terremoto. Titoli giganteschi, marciando serrati come squadracce fasciste, espulsero a calci tutte le altre notizie dalle prime pagine, e nel pomeriggio chi tentò di guardare qualche soap opera dovette invece subirsi le edizioni straordinarie. La major league annullò due serate di partite, nel timore che ai tifosi venisse in mente di sfuggire alle notizie rifugiandosi tra lanci e battute. Persino il vicepresidente fu costretto a interrompere il giro delle capitali dell'America centrale per volare a Boston.

Non è piacevole essere tenuti in ostaggio; e non si tratta soltanto di una figura retorica. In una società decadente si può scivolare a poco a poco nella brama di violenza, oppure venire lentamente trascinati verso la violenza dalla cultura del commercio. Forse tutti noi abbiamo la profonda e congenita consapevolezza che nessuna civiltà dura in eterno, che anche la piú pacifica prosperità un giorno dovrà finire, o forse si tratta soltanto della natura umana. Ma la guerra può cominciare a sembrare un meritato spettacolo pirotecnico, e un serial killer (purché abiti lontano) qualcuno per cui fare il tifo. La società decadente ci insegna ad apprezzare pubblicità che mostrano violenze sulle donne, con richiami a strappare reggiseni e strizzare seni, a stuprare, a legare membra, a perforare pance, a sentire urla. Ma poi una donna in carne e ossa di nostra conoscenza viene rapita e stuprata, e non solo non si diverte, ma rimane arrabbiata o ferita per sempre, e d'un tratto diventiamo ostaggi della sua esperienza. Ci sentiamo inibiti e repressi, perché tutte quelle immagini e quelle allusioni sexy sono ormai da tempo un ponte che copre il vuoto dei nostri giorni.

E adesso il disastro che aveva promesso di farti sentire in un'epoca speciale, un'epoca reale, un'epoca di quelle che si trovano nei libri di storia, un'epoca di sofferenza e morte ed eroismo, un'epoca facile da ricordare quanto era facile dimenticare tutti quegli anni in cui non avevi fatto altro che cercare vanamente sesso e romanticismo nella lista della spesa: adesso un disastro di quelle proporzioni storiche era arrivato, e adesso sapevi che non era neppure questo ciò che desideravi. Non l'infinita, infinita ripetizione di cliché televisivi e austeri aggrottamenti di sopracciglia giornalistiche, non l'incubo delle facce ricoperte di cerone dei conduttori che ti fissavano un'ora dopo l'altra. Non le riprese di quei pochi corpi insanguinati, sempre gli stessi, sulle barelle. Non la nauseante proliferazione di articoli di giornale identici, con identiche interviste ai sopravvissuti che raccontavano quanto era stato spaventoso e identiche dichiarazioni di scienziati che non riuscivano a spiegarsi l'accaduto. Non le foto di edifici danneggiati ma non distrutti. Non la stessa immagine, ripetuta mille volte, delle rovine fumanti di Peabody su cui splendeva il consueto sole mattutino, perché il sole sorgeva ancora, perché il mondo non era cambiato, perché la tua vita non era cambiata. Avresti preferito la piú onesta futilità di una partita di World Series, un evento spettacolare su cui si potessero costruire mesi di attesa e settimane di lanci pubblicitari, superando il vuoto dell'estate e dell'autunno e producendo infine una serie di numeri perfettamente maneggevoli che i media non potevano sbatterti in faccia per piú di un'ora. Perché adesso ti rendevi conto che il terremoto non era né storia né spettacolo. Era semplicemente un terribile disastro. E anche se persino il terremoto poteva essere ridotto a un punteggio - feriti 1300, morti 71, magnitudo 6.1 - era un genere di punteggio che i tuoi legittimi sequestratori si sentivano in diritto di ripetere finché non diventavi pazzo e scomparivi tra urla che loro comunque, dietro ai microfoni e ai monitor, non potevano sentire.

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