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| << | < | > | >> |Indice3 Buoni vicini SONO STATI COMMESSI DEGLI ERRORI 35 I. Compiacente 57 II. Amiche del cuore 131 III. I liberi mercati favoriscono la concorrenza 2004 211 Rimozione delle cime 255 Il Paese delle Donne 317 La rabbia dell'uomo gentile 378 Adesso basta 419 Guai in vista 488 L'Orco di Washington SONO STATI COMMESSI DEGLI ERRORI (CONCLUSIONE) 561 IV. Sei anni 597 Canterbridge Estates Lake |
| << | < | > | >> |Pagina 5Le notizie su Walter Berglund non vennero riprese dalla stampa locale - lui e Patty si erano trasferiti a Washington due anni prima, e ormai non contavano piú niente per St Paul -, ma la nuova borghesia urbana di Ramsey Hill non era cosí leale alla propria città da non leggere il «New York Times». Secondo un lungo e assai poco lusinghiero articolo del «Nyt», Walter, nella capitale della nazione, aveva mandato a rotoli la propria vita professionale. I suoi vecchi vicini avevano qualche difficoltà a conciliare la descrizione del quotidiano («arrogante», «tirannico», «eticamente compromesso») con l'uomo generoso, sorridente e rubicondo dei loro ricordi, l'impiegato della 3M che risaliva Summit Avenue sulla sua bici da città nella neve di febbraio; sembrava assurdo che Walter, piú verde di Greenpeace e cresciuto in campagna, fosse finito nei guai per connivenza con l'industria del carbone ai danni dei contadini. Ma nei Berglund, d'altra parte, c'era sempre stato qualcosa che non andava.Walter e Patty erano stati i giovani pionieri di Ramsey Hill, i primi laureati a comprare una casa in Barrier Street da quando il vecchio cuore di St Paul era caduto in disgrazia, trent'anni prima. Avevano speso pochissimo per la loro villetta vittoriana, e poi avevano impiegato dieci anni per ristrutturarla, ammazzandosi di lavoro. Nei primi tempi, della gente molto risoluta gli aveva incendiato il garage e scassinato l'auto due volte prima che riuscissero a ricostruirlo. Motociclisti arrostiti dal sole continuavano a invadere il terreno di fronte, bevendo Schlitz, grigliando salsicce e smanettando in piena notte, fino a quando Patty non usciva fuori in tuta da ginnastica ed esclamava: «Ehi, ragazzi, sapete che vi dico?» Patty non faceva paura a nessuno, ma alle superiori e al college era stata una campionessa sportiva, e possedeva una certa audacia da atleta. Fin dal primo giorno, senza volerlo, aveva dato nell'occhio. Alta, con i capelli raccolti a coda di cavallo, assurdamente giovane, spingeva il passeggino accanto alle auto smantellate, ai cocci di bottiglie di birra e ai cumuli di neve vecchia sporca di vomito, come se dentro le borse di rete appese all'impugnatura ci portasse tutta la giornata ora per ora. Dietro di lei si scorgevano i preparativi intralciati dai figli per una mattinata di commissioni intralciate dai figli; davanti a lei un pomeriggio di radio pubblica, Il cucchiaio d'argento, pannolini di stoffa, stucco per cartongesso e pittura al lattice; e poi Buonanotte luna, e poi zinfandel. Rappresentava già in pieno quello che stava cominciando ad accadere al resto della via. Nei primi anni, quando si poteva ancora guidare una Volvo 240 senza sentirsi in imbarazzo, il compito collettivo degli abitanti di Ramsey Hill era reimparare certe abilità che i loro genitori avevano cercato di disimparare proprio fuggendo nei quartieri residenziali, tipo come invogliare la polizia locale a svolgere davvero il proprio mestiere, come proteggere una bicicletta da un ladro molto motivato, quando disturbarsi a svegliare un ubriaco addormentato sulle sedie del giardino, come convincere i gatti randagi a cagare nel recinto di sabbia dei figli di qualcun altro, e come stabilire se una scuola pubblica faceva troppo schifo per prendersi la briga di cercare di migliorarla. C'erano anche questioni piú attuali, tipo, cosa pensare dei pannolini di stoffa? Valeva la pena di usarli? Ed era vero che si poteva ancora farsi consegnare il latte nelle bottiglie di vetro? I Boy Scout erano accettabili da un punto di vista politico? Il bulgur era davvero indispensabile? Come smaltire le batterie scariche? Come reagire quando una persona di colore indigente ti accusava di aver distrutto il suo quartiere? Era vero che lo smalto delle vecchie ceramiche Fiestaware conteneva una pericolosa quantità di piombo? Il filtro per l'acqua potabile doveva per forza essere un oggetto complicato? Ogni tanto la 240 si rifiutava di andare in overdrive quando si spingeva il pulsante di overdrive? Era meglio dare qualcosa da mangiare ai mendicanti, oppure niente? Era possibile crescere bambini con un'inaudita fiducia in se stessi, felici e intelligenti, lavorando a tempo pieno? Si poteva macinare il caffè la sera prima oppure bisognava farlo il mattino stesso? Qualcuno, nella storia di St Paul, aveva mai avuto un'esperienza positiva con un conciatetti? Esisteva un bravo meccanico della Volvo? Anche il cavo del freno a mano della 240 degli altri non scorreva? E l'interruttore sul cruscotto con quel simbolo enigmatico, che emetteva un clic cosí gratificante, cosí svedese, ma che sembrava non azionare niente: a cosa serviva? Per chiunque nutrisse questi dubbi, Patty Berglund rappresentava una risorsa, una gioiosa portatrice di polline socioculturale, un'ape operosa e affabile. Era una delle poche mamme a tempo pieno di Ramsey Hill, famosa per la sua avversione a parlar bene di se stessa e male di chiunque altro. Diceva che un giorno sarebbe finita «decapitata» da una delle finestre a cui aveva sostituito la corda del contrappeso. I suoi figli sarebbero «probabilmente» morti di trichinosi per via della carne di maiale che lei non aveva cotto a sufficienza. Si chiedeva se la sua «dipendenza» dalle esalazioni dello sverniciatore fosse collegata al fatto che non leggeva piú «neanche un libro». Confessava che le era stato «proibito» fertilizzare i fiori di Walter, dopo quello che era successo «l'ultima volta». Alcuni non gradivano il suo stile autodenigratorio: vi scorgevano una certa condiscendenza, come se Patty, nell'esagerare i propri lievi difetti, stesse cercando troppo palesemente di non urtare la suscettibilità di casalinghe meno capaci di lei. Ma di norma la gente trovava la sua umiltà sincera, o quantomeno divertente, e in ogni caso era difficile resistere a una donna che piaceva tanto ai tuoi figli, e che si ricordava non solo dei loro compleanni ma anche del tuo, e veniva a bussare alla porta con un piatto di biscotti o un biglietto d'auguri o un mazzo di mughetti dentro un vasetto comprato in qualche negozio di beneficenza, dicendoti di non disturbarti a restituirlo. Di lei si sapeva che era cresciuta sulla costa orientale, in un sobborgo di New York, ed era stata una delle prime donne a ricevere una borsa di studio a copertura totale per giocare a pallacanestro alla University of Minnesota, dove al secondo anno, stando alla targa appesa nello studio di Walter, era stata eletta nella seconda squadra All-American. La cosa strana era che Patty, malgrado amasse tanto la famiglia, non aveva alcun legame evidente con le proprie radici. Passava intere stagioni senza metter piede fuori da St Paul, e non era chiaro se qualcuno, a cominciare dai suoi genitori, fosse mai venuto a trovarla dalla costa orientale. Se interrogata a bruciapelo sui genitori, Patty rispondeva che facevano tante belle cose per tanta gente; suo padre aveva uno studio legale a White Plains, sua madre era in politica, sí, una deputata dello stato di New York. Poi annuiva con enfasi e diceva: «Sí, ecco cosa fanno», come se avesse esaurito l'argomento. Cercare di farle ammettere che qualcuno si comportava in modo «pessimo» poteva diventare una gara di abilità. Quando venne a sapere che Seth e Merrie Paulsen avevano organizzato una grande festa di Halloween per i loro gemelli, invitando di proposito tutti i bambini dell'isolato tranne Connie Monaghan, Patty si limitò a dire che era molto «strano». La prima volta che la incontrarono per strada, i Paulsen le spiegarono che per tutta l'estate avevano cercato di convincere la madre di Connie Monaghan, Carol, a non lanciare i mozziconi dalla finestra della sua camera dentro la piscinetta dei gemelli. - È molto strano, - convenne Patty, scuotendo la testa, - ma non è colpa sua, sapete -. I Paulsen, tuttavia, si rifiutarono di accontentarsi di «strano». Volevano «sociopatico», volevano «passivo-aggressivo», volevano «pessimo». Sentivano il bisogno che Patty scegliesse uno di quegli epiteti e si unisse a loro nell'applicarlo a Carol Monaghan, ma Patty era incapace di andare oltre «strano», e i Paulsen a loro volta si rifiutarono di aggiungere Connie alla lista degli invitati. Patty provò un tale sdegno per quell'ingiustizia che il pomeriggio della festa portò i suoi bambini, insieme a Connie e a una compagna di classe, a fare un'escursione in un campo di zucche con il classico giro sul carro da fieno, ma la cosa peggiore che disse sui Paulsen fu che la loro durezza nei confronti di una bambina di sette anni era molto strana. Carol Monaghan era l'unica altra madre di Barrier Street che ci abitasse da tanto tempo quanto Patty. Era arrivata a Ramsey Hill grazie a quello che si potrebbe definire un programma di scambio clientelare, come ex segretaria di un personaggio di alto livello della contea di Hennepin che l'aveva allontanata dal suo distretto dopo averla messa incinta. Tenere a libro paga la madre del proprio figlio illegittimo: alla fine degli anni Settanta erano ormai poche le giurisdizioni delle Città Gemelle dove questo veniva considerato consono al buongoverno. Carol venne trasferita all'ufficio licenze, dove diventò una di quelle impiegate comunali distratte e sempre in pausa, mentre una persona di St Paul altrettanto bene ammanigliata prendeva il suo posto sull'altra sponda del fiume. L'affitto della casa in Barrier Street, di fianco a quella dei Berglund, doveva essere compreso nell'accordo; altrimenti era difficile immaginare perché Carol avesse acconsentito ad abitare in una zona che all'epoca era ancora molto degradata. Una volta alla settimana, in estate, un ragazzo dallo sguardo vacuo con una tuta del dipartimento parchi arrivava al crepuscolo su una 4x4 senza insegne e le tagliava l'erba del giardino, e in inverno lo stesso ragazzo si materializzava per sgomberarle il marciapiede dalla neve. Alla fine degli anni Ottanta, Carol era ormai l'unica persona dell'isolato che non appartenesse alla nuova borghesia urbana. Fumava Parliament, si ossigenava i capelli, si trasformava le unghie in vistosi artigli, nutriva la figlia con robaccia piena di conservanti, e rientrava molto tardi il giovedí sera («È la serata libera di mamma», spiegava, come se ogni mamma avesse una serata libera), introducendosi quatta quatta in casa Berglund con la sua copia della chiave per prelevare Connie dal divano dove Patty le aveva rimboccato le coperte. Patty, con generosità implacabile, si era offerta di badare a Connie mentre Carol era fuori a lavorare, a far compere o a svolgere le sue faccende del giovedí sera, e Carol dipendeva da lei per un sacco di babysitteraggio gratuito. Non poteva esserle sfuggito che Carol ricambiava tanta generosità ignorando sua figlia Jessica e stravedendo in modo indecoroso per suo figlio Joey («Posso avere un altro bacio da questo bel rubacuori?»), e inoltre incollandosi addosso a Walter durante le feste tra vicini, con quelle camicette trasparenti e quei tacchi da cameriera di night, lodando la sua abilità nel fai-da-te domestico e scoppiando in risatine stridule a ogni sua frase; ma per molti anni la cosa peggiore che Patty disse su Carol fu che le mamme single avevano una vita difficile, e che se a volte Carol la trattava in modo strano, probabilmente lo faceva solo per orgoglio. | << | < | > | >> |Pagina 82- Hai visto molti concerti? - chiese Walter.- No, nessuno. Cioè, uno. - Hai portato i tappi per le orecchie? - No. Ce n'è bisogno? - Richard suona molto forte. Puoi usare i miei. Sono quasi nuovi. Dal taschino della camicia estrasse un sacchetto con dentro due larve di gommapiuma biancastra. Patty le guardò e si sforzò di sorridere gentilmente. - No, grazie, - disse. - Sono una persona molto pulita, - disse serio Walter. - Non ci sono rischi per la salute. - Ma tu rimarrai senza. - Li rompo a metà. Ti serve qualcosa per proteggerti. Patty lo guardò dividere i tappi con cura. - Magari li tengo in mano e aspetto di vedere se mi servono, - disse. Restarono lí per quindici minuti. Infine Eliza tornò, ancheggiando sinuosa, raggiante, proprio mentre le luci si abbassavano e il pubblico si avventava verso il palco. Patty lasciò subito cadere i tappi. Tutto considerato, c'era molta piú ressa di quanto la situazione sembrava richiedere. Una persona grassa vestita di cuoio le piombò sulla schiena e la mandò a sbattere contro il palco. Eliza stava già saltellando e scuotendo i capelli ancora prima dell'inizio, e cosí toccò a Walter spingere indietro il grassone e fare un po' di spazio a Patty. I Traumatics che uscirono di corsa sul palco erano formati da Richard, dal suo fido bassista Herrera, e da due ragazzetti pelle e ossa che avevano a malapena finito le superiori. A quei tempi Richard era molto piú istrionico di quanto sarebbe diventato in seguito, quando capi che non sarebbe mai stato una star e che quindi era meglio essere un'antistar. Cominciò a saltellare in punta di piedi, a fare mezze piroette barcollanti con la mano sul manico della chitarra, e cosí via. Informò il pubblico che il suo gruppo avrebbe suonato tutte le canzoni che conosceva, e ci avrebbe messo venticinque minuti. Poi lui e il gruppo diedero in escandescenze, scatenando una rabbiosa aggressione acustica in cui Patty non riuscí a distinguere alcun ritmo. La musica era come una pietanza troppo piccante per sapere di qualcosa, ma l'assenza di ritmo e melodia non impediva al capannello centrale di maschi punk di pogare su e giú e prendersi a spallate e saltare su ogni caviglia femminile dei dintorni. Patty, nel tentativo di evitarli, si allontanò da Walter ed Eliza. Il rumore era insopportabile. Richard e altri due Traumatics urlavano nel microfono: «I hate sunshine! I hate sunshine!», e Patty, che non aveva proprio niente contro il sole, sfruttò le sue doti da cestista per trovare una via di fuga immediata. Si infilò tra la folla con i gomiti alzati, emergendo dalla mischia per ritrovarsi faccia a faccia con Carter e la sua ragazza luccicante, e continuò ad avanzare finché non usci sul marciapiede nell'aria tiepida e pulita di settembre, sotto il cielo del Minnesota che sorprendentemente conservava ancora qualche traccia di crepuscolo. Indugiò sulla soglia del Longhorn, guardando i fan ritardatari dei Buzzcocks e aspettando per vedere se Eliza usciva a cercarla. Ma anziché Eliza usci Walter. - Sto bene, - gli disse. - Non è il mio genere, tutto qui. - Posso accompagnarti a casa? - No, torna pure dentro. Di' a Eliza che vado a casa da sola, cosí non si preoccupa. - Non sembra molto preoccupata. Lascia che ti accompagni a casa. Patty rifiutò, Walter insistette, lei rifiutò ancora, lui insistette ancora. Poi Patty capí che Walter non aveva la macchina e si stava offrendo di accompagnarla in autobus, e allora tornò a rifiutare, e lui tornò a insistere. Walter, molto tempo dopo, le confessò che si stava già innamorando di lei mentre aspettavano alla fermata dell'autobus, ma in quel momento, nella testa di Patty, suonava tutt'altra sinfonia. Si sentiva in colpa per aver abbandonato Eliza, e si rammaricava di aver buttato via i tappi e di non essere rimasta a vedere Richard. - Mi sembra di non aver superato una prova, - disse. - Ma ti piace questa musica, almeno? - Mi piacciono i Blondie. Mi piace Patti Smith. Fondamentalmente no, direi che questa musica non mi piace. - Allora è lecito chiederti, perché sei venuta? - Be', Richard mi ha invitata. Walter annuí, come riconoscendo un significato segreto in quella frase. - Richard è una brava persona? - chiese Patty. - Certo che lo è! - disse Walter. - Cioè, dipende. Sai sua madre è scappata quando lui era piccolo, ed è diventata una fanatica religiosa. Suo padre, un impiegato postale alcolizzato, si è ammalato di cancro ai polmoni quando Richard era alle superiori. Richard lo ha accudito fino all'ultimo. È una persona molto leale, anche se forse con le donne un po' meno. A dire il vero non è molto gentile con le donne, se è questo che vuoi sapere. Patty lo aveva già intuito, e per qualche motivo la notizia non la scoraggiò. - E tu? - disse Walter. - Io cosa? - Sei una brava persona? Sembrerebbe di sí. Eppure... - Eppure? - Detesto la tua amica! - sbottò Walter. - Lei non è una brava persona. Anzi, secondo me è una persona orribile. Bugiarda e cattiva. - Be', è la mia migliore amica, - disse Patty, stizzita. - Con me non è orribile. Forse siete partiti con il piede sbagliato. - Succede spesso che ti porti in qualche posto e poi ti lasci sola mentre va a sniffare coca con altra gente? - No, a dire il vero non è mai successo. Walter tacque, restando a macerarsi nella sua avversione per Eliza. Non c'erano autobus in vista. - A volte mi adora, e questo mi fa stare benissimo, - disse Patty dopo un po'. - Non succede spesso. Ma quando succede... - Non dev'essere difficile trovare persone che ti adorao, - disse Walter. Patty scosse la testa. - C'è qualcosa che non va in me. Alle altre mie amiche sono affezionata, ma fra di noi c'è sempre una specie di muro. Come se fossi una persona diversa da loro. Piú competitiva ed egoista. Meno buona, fondamentalmente. Per qualche motivo, quando sono con loro, mi sembra sempre di fingere. Con Eliza non devo fingere. Posso essere me stessa ed essere comunque migliore di lei. Voglio dire, non sono tonta. Mi accorgo che è una persona incasinata. Ma una parte di me adora stare con lei. Non provi mai questa sensazione, con Richard? - No, - rispose Walter. - Anzi, in genere non è affatto piacevole stare con Richard. Ma c'è qualcosa in lui che ho amato a prima vista, fin dall'inizio dell'università. È completamente assorbito dalla sua musica, ma ha anche una grande curiosità intellettuale. È una cosa che ammiro. - Dev'essere perché sei davvero una brava persona, - disse Patty. - Gli vuoi bene per quello che è, non per come ti fa sentire. Dev'essere questa la differenza fra noi due. - Ma tu sembri veramente una brava persona! - disse Walter. Patty, sotto sotto, sapeva che Walter sbagliava a giudicarla. E l'errore che commise, il grande errore della sua vita, fu di immedesimarsi nell'immagine che Walter aveva di lei, pur sapendo che non era reale. Walter sembrava cosí certo della sua bontà che alla fine vinse la sua resistenza. Quando finalmente arrivarono al campus, quella prima sera, Patty si rese conto di aver parlato di sé per un'ora, senza accorgersi che Walter faceva sempre domande e non dava mai risposte. La sola idea di mostrarsi a sua volta gentile e interessata le sembrava faticosa, perché non era attratta da lui. - Posso chiamarti, uno di questi giorni? - disse Walter sulla soglia della residenza. Patty gli spiegò che non sarebbe uscita molto nei mesi successivi, per via degli allenamenti. - Ma sei stato gentilissimo ad accompagnarmi, - disse. - Ti ringrazio tanto. - Ti piace il teatro? Di solito ci vado con altre amiche. Non deve essere per forza una cosa a due. - È che ho molto da fare. - Questa è una città ideale per il teatro, - insistette Walter. - Scommetto che ti divertiresti. Oh, Walter: si rendeva conto che la cosa piú affascinante in lui, nei mesi in cui Patty cominciò a conoscerlo, era la sua amicizia con Richard Katz? Aveva notato che, quando si vedevano, Patty trovava sempre qualche pretesto disinteressato per parlare di Richard? Gli era venuto il sospetto, quando, quella prima sera, aveva ottenuto il permesso di chiamarla, che Patty in realtà stava pensando a Richard? | << | < | > | >> |Pagina 145Quando andarono a New York, un anno dopo, Patty gli suggerí di telefonare a Richard e passare un pomeriggio con lui, a Walter le ricordò che aveva chiamato Richard due volte negli ultimi mesi, mentre Richard non lo aveva mai chiamato. Patty disse: - Ma è il tuo migliore amico, - e Walter rispose: - No, tu sei la mia migliore amica, - e Patty ribatté: - Be', allora lui è il tuo migliore amico maschio, e dovresti andare a trovarlo -. Ma Walter sostenne che era sempre stato cosí - che era sempre lui quello che correva dietro a Richard; che fra loro c'era una specie di politica del rischio calcolato, una sfida a chi per primo si mostrava debole e bisognoso - e lui ne aveva abbastanza. Non era la prima volta che Richard gli faceva lo scherzetto di sparire. Se voleva ancora essere suo amico, allora forse, per una volta, poteva disturbarsi a chiamare per primo. Patty, pur sospettando che Richard si sentisse tuttora in imbarazzo per l'episodio di Chicago e non volesse interferire con la felicità domestica di Walter, e che quindi toccasse a Walter assicurargli che era sempre il benvenuto, anche in questo caso si guardò bene dall'insistere.Laddove Eliza aveva immaginato un'attrazione gay fra Walter e Richard, ora l'autobiografa vede un rapporto tra fratelli. Una volta superata la fase di prevaricazioni e botte in testa subite dal fratello maggiore e poi restituite in altrettante prevaricazioni e botte in testa al fratello minore, Walter non aveva piú trovato rivali soddisfacenti in famiglia. Aveva bisogno di un altro fratello-rivale da amare e odiare. E la questione che lo tormentava da sempre, per come la vede l'autobiografa, era se Richard fosse il fratello piccolo o il fratello grande, il cazzone o l'eroe, l'amico amatissimo e problematico o il pericoloso rivale. Walter sosteneva che con Richard era stato amore a prima vista, proprio come con Patty. Era successo la sera del suo arrivo a Macalester, dopo che suo padre lo aveva mollato lí ed era tornato di volata a Hibbing, nella saletta bar, seguendo il richiamo del Canadian Club. Walter aveva scritto a Richard una lettera carina durante l'estate, all'indirizzo fornitogli dall'ufficio alloggi, ma lui non aveva risposto. Sopra un letto nella loro stanza c'erano una custodia di chitarra, uno scatolone e una sacca da viaggio. Walter vide il proprietario di quel bagaglio ridotto solo dopo cena, a una riunione della residenza universitaria. Molte volte, in seguito, avrebbe descritto a Patty quel momento: in piedi in un angolo, in disparte, c'era questa persona da cui non riusciva a staccare gli occhi, un ragazzo molto alto con la pelle butterata dall'acne, un'acconciatura afro-ebraica e una maglietta di Iggy Pop, che non c'entrava niente con le altre matricole e non rideva, e neppure sorrideva per educazione, allo scherzoso discorsetto orientativo del referente studentesco. Walter provava una forte compassione per chi si sforzava di essere spiritoso, e rideva forte per premiarne lo sforzo, eppure capí all'istante di voler diventare amico della persona alta che non sorrideva. Sperava che fosse il suo compagno di stanza, e infatti lo era. Richard, strano ma vero, lo trovò simpatico. Tutto cominciò quando scoprí che Walter, per puro caso, veniva dalla cittadina in cui era cresciuto Bob Dylan. Dopo la riunione, quando tornarono nella loro stanza, Richard lo tempestò di domande su Hibbing, chiedendogli come fosse la scena locale e se avesse mai conosciuto qualche Zimmerman. Walter gli spiegò che il motel era parecchio fuori città, ma Richard fu colpito dall'esistenza del motel, cosí come dal fatto che Walter era uno studente con una borsa di studio a copertura totale e un padre alcolizzato. Richard gli disse di non aver risposto alla lettera perché il suo, di padre, era morto di cancro ai polmoni cinque settimane prima. Poi aggiunse che, poiché Bob Dylan era uno stronzo, uno di quegli splendidi stronzi purosangue che facevano desiderare a un giovane musicista di diventare stronzo a sua volta, lui aveva sempre immaginato Hibbing come un posto pieno di stronzi. Quello sbarbatello di Walter, che ascoltava entusiasta il nuovo compagno di stanza e cercava in tutti i modi di fargli una buona impressione, era un'evidente confutazione della sua teoria. Richard, già da quella prima sera, fece dei commenti sulle ragazze che Walter non avrebbe mai dimenticato. Si disse negativamente colpito dall'alta percentuale di pupe sovrappeso a Macalester. Disse di aver trascorso il pomeriggio a gironzolare per le vie dei dintorni, cercando di capire dove bazzicassero le pupe locali. Si disse meravigliato dal numero di persone che lo avevano salutato sorridendo: perfino le pupe carine. Era cosí anche a Hibbing? Disse che, al funerale del padre, aveva conosciuto una cugina molto fica che purtroppo aveva solo tredici anni, e che adesso gli scriveva lettere sulle sue avventure con la masturbazione. La premura di Walter nei confronti delle donne non aveva certo bisogno di incoraggiamenti, eppure l'autobiografa non può fare a meno di chiedersi, considerando la specializzazione degli obiettivi derivante dalla rivalità tra fratelli, se l'ossessione sessuale di Richard non avesse fornito a Walter un ulteriore incentivo per abbandonare la competizione in quel campo. Dettaglio importante: Richard e sua madre avevano interotto ogni rapporto. Lei non era neppure andata al funerale di suo padre. Come Richard stesso avrebbe raccontato a Patty (molto tempo dopo), la madre era una persona instabile, che alla fine era diventata una fanatica religiosa, ma prima aveva condannato a una vita infernale l'uomo che l'aveva messa incinta a diciannove anni. Il papà di Richard era un sassofonista bohémien del Greenwich Village. La mamma era una ragazza alta e ribelle, una wasp di buona famiglia e di scarso autocontrollo. Dopo quattro turbolenti anni di sbornie e infedeltà seriali, appioppò al signor Katz il figlio da crescere (prima nel Village, poi a Yonkers), mentre lei se ne andò in California, trovò Gesú e mise al mondo altri quattro figli. Il signor Katz smise di suonare ma non, ahimè, di bere. Alla fine trovò un impiego alle poste e non si risposò piú, e si può dire che le sue numerose giovani amiche, negli anni prima che l'alcol lo rovinasse completamente, non si impegnarono granché per fornire quella stabilizzante presenza materna di cui Richard aveva bisogno. Una di loro svaligiò l'appartamento prima di volatilizzarsi; un'altra tolse la verginità a Richard mentre gli faceva da babysitter. Poco dopo quell'episodio, il signor Katz lo mandò a trascorrere l'estate con la nuova famiglia della madre, ma Richard resistette meno di una settimana. Il giorno del suo arrivo in California, tutti i membri della famiglia gli si radunarono intorno, si presero per mano e ringraziarono Dio che fosse arrivato sano e salvo, e da quel momento in poi la situazione diventò sempre piú delirante. I genitori di Walter, che andavano in chiesa solo per coltivare le relazioni sociali, accolsero con gioia quell'orfano spilungone. Dorothy, in particolare, si affezionò molto a Richard - forse, a modo suo, aveva addirittura una pudibonda cottarella per lui - e lo invitò a trascorrere le vacanze a Hibbing. Richard, non avendo un altro posto dove andare, non se lo fece ripetere due volte. Rallegrò Gene interessandosi alle sue armi da fuoco, e piú in generale rivelandosi ben diverso dal tipo «puzza sotto il naso» con cui Gene temeva che Walter stringesse amicizia, e fece colpo su Dorothy aiutandola nelle faccende domestiche. Come già osservato in precedenza, Richard aveva un forte (anche se assai intermittente) desiderio di essere un bravo ragazzo, ed era scrupolosamente beneducato con le persone come Dorothy, che considerava Buone. Walter trovava falso e condiscendente il suo modo di comportarsi con Dorothy - come quando si complimentava per un mediocre pasticcio al forno, chiedendole informazioni sulla ricetta e sui principi di una dieta bilanciata - visto che le probabilità che Richard andasse a fare la spesa e preparasse un pasticcio al forno erano pari a zero, e visto che Richard tornava a essere il duro di sempre non appena Dorothy usciva dalla stanza. Ma Walter era in competizione con lui e, malgrado non fosse molto bravo a rimorchiare le pupe locali, ad ascoltare le donne con sincera attenzione non lo batteva nessuno, specialità della quale era molto geloso. Pertanto l'autobiografa si considera piú attendibile di Walter riguardo all'autenticità del rispetto di Richard per le brave persone. La caratteristica senza dubbio ammirevole di Richard era il suo desiderio di migliorarsi e di colmare il vuoto creato dall'assenza dei genitori. Era sopravvissuto all'infanzia suonando e leggendo libri scelti con gusto eccentrico, e Walter lo attirava, fra l'altro, per la sua intelligenza e la sua etica del lavoro. In alcuni campi (esistenzialismo francese, letteratura latino-americana) possedeva una vasta cultura, acquisita però senza ordine né metodo, e provava un'autentica soggezione per la chiarezza intellettuale di Walter. Lo rispettava abbastanza da non trattarlo mai con l'ipercortesia riservata ai Buoni, però amava ascoltare le sue idee ed esortarlo a spiegare le sue insolite convinzioni politiche. | << | < | > | >> |Pagina 164Walter sapeva che Patty aveva tagliato le gomme dell'orribile pick-up del loro orribile vicino. Non ne parlavano mai, eppure lo sapeva. Patty sapeva che Walter lo sapeva proprio perché non ne parlavano mai. Il vicino, Blake, stava costruendo un orribile annesso dietro la casa della sua orribile fidanzata, l'orribile madre di Connie Monaghan, e quell'inverno Patty trovava opportuno bere almeno una bottiglia di vino ogni sera, per poi svegliarsi nel cuore della notte, fradicia di sudore per l'ansia e la rabbia, e mettersi a camminare avanti e indietro come un'ossessa, con il cuore che le batteva all'impazzata. Blake aveva un'aria di stupida superiorità che Patty, frastornata dalla mancanza di sonno, equiparava all'aria di stupida superiorità del procuratore speciale che aveva spinto Bill Clinton a mentire su Monica Lewinsky, e all'aria di stupida superiorità dei membri del Congresso che di recente lo avevano incriminato. Bill Clinton, cosa rara per un potico, non le sembrava un ipocrita - non si fingeva Mister Purezza - e Patty, come milioni di altre donne americane, sarebbe andata a letto con lui senza pensarci un istante. Bucare le gomme all'orribile Blake era il meno che potesse fare per difendere il suo presidente. Tutto questo non serve a giustificarla, solo a spiegare in che stato d'animo si trovava.Ma la cosa piú irritante di quell'inverno era l'ammirazione che Joey ostentava per Blake. Joey era troppo intelligente per ammirare davvero Blake, ma stava attraversando una fase di ribellione adolescenziale che lo spingeva ad apprezzare tutto quello che Patty detestava, per allontanarla da sé. Patty probabilmente se lo meritava, a causa dei mille errori che aveva commesso amandolo troppo, però all'epoca le sembrava di non meritarselo affatto. Le sembrava di venire presa a frustate in faccia. E per via di certe cose mostruose che era stata capace di dire a Joey, nelle varie occasioni in cui, esasperata, aveva perso il controllo e gli aveva restituito le frustate, Patty cercava di sfogare il dolore e la rabbia su terze persone meno rischiose, come Blake e Walter. Non si considerava alcolizzata. Non era alcolizzata. Si stava solo comportando come suo padre, che a volte beveva troppo per evadere dalla famiglia. Una volta a Walter piaceva vederla bere un paio di bicchieri quando i bambini andavano a letto. Diceva che l'odore dell'alcol gli dava la nausea fin da quando era piccolo, ma che adesso aveva imparato a perdonarlo e ad amarlo nell'alito di Patty, perché lui amava il suo alito, perché il suo alito veniva da dentro di lei e lui amava quel che c'era dentro di lei. Queste erano le cose che le diceva; le dichiarazioni che lei non poteva ricambiare e che tuttavia la inebriavano. Ma quando i bicchieri, anziché un paio, diventarono sei o otto, tutto cambiò. La sera Walter aveva bisogno di trovarla sobria per poterle elencare le carenze morali del figlio, mentre Patty aveva bisogno di non essere sobria per non doverlo ascoltare. Non era alcolismo, era autodifesa. Ed ecco una grave mancanza di Walter: non riuscire ad accettare che Joey fosse diverso da lui. Se Joey fosse stato timido e diffidente con le ragazze, se Joey si fosse trovato a suo agio nel ruolo del bambino, se Joey avesse voluto un padre che gli insegnava tante cose, se Joey fosse stato irrimediabilmente onesto, se Joey si fosse schierato dalla parte dei diseredati, se Joey avesse amato la natura, se Joey fosse stato indifferente ai soldi, lui e Walter sarebbero andati d'amore e d'accordo. Ma Joey, fin dall'infanzia, si era rivelato piú simile a Richard Katz - cool per natura, rude e sicuro di sé, concentrato sui propri obiettivi, indifferente alla morale, intrepido con le ragazze - e cosí Walter aveva deposto ai piedi di Patty ogni frustrazione e delusione nei confronti del figlio, come se fosse lei la colpevole di tutto. Era da quindici anni che la implorava di appoggiarlo nei suoi tentativi di mettere in riga Joey, di aiutarlo a far valere la proibizione domestica di videogiochi, tv in eccesso e musica degradante per le donne, ma Patty non poteva fare a meno di amare Joey cosí com'era. Era ammirata e divertita dalla sua capacità di aggirare le proibizioni: lo considerava un vero genio. Uno studente modello, un grande lavoratore, amato dai compagni, con un fantastico spirito imprenditoriale. Forse, se lo avesse cresciuto da sola, avrebbe dato piú importanza alla disciplina. Invece a quello pensava Walter, mentre lei si era convinta di avere una splendida amicizia con suo figlio. Assisteva rapita alle sue maligne imitazioni degli insegnanti antipatici, gli riferiva senza censure i pettegolezzi salaci sul vicinato, si sedeva sul suo letto con le ginocchia piegate e cercava a tutti i costi di strappargli una risata; non si salvava neppure Walter. Patty non si sentiva sleale quando ridicolizzava le eccentricità di Walter - l'astensione dall'alcol, la fissa di andare al lavoro in bicicletta anche con la tormenta, l'incapacità di difendersi dai seccatori, l'odio per i gatti, il rifiuto dei tovaglioli di carta, l'entusiasmo per il teatro difficile - perché lei stessa aveva imparato ad amarle, o almeno a trovarle divertenti nella loro bizzarria, e voleva che Joey vedesse Walter come lo vedeva lei. Questa era la spiegazione razionale che cercava di darsi, ma in realtà, se fosse stata sincera con se stessa, avrebbe dovuto ammettere che il suo unico scopo era divertire Joey. Patty non riusciva a capire perché Joey fosse cosf leale e affezionato alla figlia della vicina. Connie Monaghan, quella piccola serpe competitiva, doveva essere riuscita ad attirarlo nelle sue luride grinfie, ma non lo avrebbe trattenuto per molto. Patty comprese con disastrosa lentezza la gravità della minaccia Monaghan, e nei mesi in cui sottovalutò i sentimenti di Joey per la ragazza - pensando di poterla semplicemente tagliar fuori, prendendo in giro quella zotica della madre e il suo ragazzo scimunito e pensando che presto anche Joey avrebbe riso di loro - riuscí a distruggere quindici anni di sforzi per dimostrarsi una brava madre. Mandò tutto quanto a puttane, Patty, e poi cominciò a dare i numeri. Lei e Walter ebbero delle liti tremende, nelle quali lui l'accusava di aver reso ingovernabile Joey, e Patty non era in grado di difendersi con efficacia perché non poteva azzardarsi a esprimere la convinzione profonda e morbosa che Walter le avesse rovinato l'amicizia con suo figlio. Per il solo fatto di dormire con lei, di essere suo marito, Walter aveva tirato Patty dalla parte degli adulti, convincendo Joey che era passata al nemico. Patty cominciò a odiare Walter per questo, e a pentirsi di averlo sposato, e poi Joey se ne andò di casa e si trasferì dalle Monaghan e costrinse tutti a pagare cari i loro errori. Malgrado si sia limitata a grattare la superficie dei fatti, l'autobiografa sente di aver già parlato fin troppo di quegli anni, quindi ora si farà coraggio e passerà oltre. | << | < | > | >> |Pagina 394- Allora, cominciamo con il problema, - disse Walter. - Il problema è che nessuno osa inserire la sovrappopolazione nel dibattito nazionale. E perché? Perché è un argomento deprimente. Perché sembra una storia vecchia. Perché, come per l'effetto serra, non abbiamo ancora raggiunto lo stadio in cui le conseguenze diventano innegabili. E perché, se cerchiamo di dire alla gente povera e incolta di non fare tanti bambini, sembriamo subito elitari. Il numero di figli è inversamente proporzionale al benessere economico delle famiglie, e lo stesso vale per l'età in cui le ragazze hanno il primo figlio, cosa altrettanto dannosa da svariati punti di vista. Basta raddoppiare l'età media delle primipare, da diciotto a trentacinque anni, per dimezzare il tasso di crescita della popolazione. È uno dei motivi per cui i ratti si riproducono molto piú dei leopardi: perché raggiungono la maturità sessuale molto prima.- Questa analogia crea già dei problemi, ovviamente, disse Katz. - Infatti, - disse Walter. - Di nuovo la questione dell'elitarismo. I leopardi sono una specie piú «nobile» di ratti e conigli. E quindi ecco un altro aspetto del problema: quando richiamiamo l'attenzione sull'alto tasso di natalità e sulla bassa età riproduttiva dei poveri, li trasformiamo in roditori. - Credo che il paragone con le sigarette sia molto efficace, - disse Jessica dall'estremità opposta del tavolo. Era evidente che aveva studiato in un college costoso e imparato a esprimere la propria opinione nei seminari. - La gente ricca può comprarsi Zoloft e Xanax. Cosí, quando si tassano le sigarette, e anche l'alcol, si colpiscono soprattutto i poveri. Si rendono meno accessibili le droghe piú economiche. - Giusto, - disse Walter. - Questo è un ottimo argomento. E vale anche per la religione, un'altra grande droga per la gente priva di mezzi. Se critichiamo la religione, che è il nostro vero nemico, significa che stiamo criticando i bisognosi. - E anche le armi, - disse Jessica. - Anche la caccia è molto popolare nei ceti bassi. - Ah, vai a dirlo al signor Haven, - ribatté Lalitha con la sua cadenza contratta. - Vai a dirlo a Dick Cheney. - No, in effetti Jessica ha ragione, - disse Walter. Lalitha gli si rivoltò contro. - Davvero? A me non sembra. osa c'entra la caccia con il problema demografico? Jessica alzò gli occhi al cielo con impazienza. Sarà una lunga giornata, pensò Katz. - Tutto gira intorno allo stesso problema, le libertà personali, - disse Walter. - La gente è venuta in questo paese per cercare soldi o libertà. Se non hai soldi, ti aggrappi ancora piú rabbiosamente alle tue libertà. Anche se il fumo ti uccide, anche se non puoi permetterti di nutrire i tuoi figli, anche se i tuoi figli vengono ammazzati da un pazzo armato ali fucile d'assalto. Sarai anche povero, ma l'unica cosa che nessuno ti potrà mai togliere è la libertà di sputtanarti la vita come ti pare e piace. Bill Clinton lo aveva capito: non possiamo vincere le elezioni mettendoci contro le libertà personali. E meno che mai contro le armi. Quando Lalitha annuí remissiva, anziché mettere il broncio, la situazione si chiarí. Stava ancora implorando, e Walter si stava ancora negando. E lui era nel suo elemento, nella sua fortezza, quando aveva la possibilità di parlare in astratto. Non era affatto cambiato dai tempi di Macalester. - Il vero problema, però, - disse Katz, - è il capitalismo del libero mercato. Giusto? A meno che tu non voglia vietare la procreazione, il tuo problema non sono le libertà civili. Il vero motivo per cui l'idea della sovrappopolazione non ha alcun richiamo culturale è che ridurre le nascite significa porre dei limiti alla crescita. Giusto? E la crescita non è una questione secondaria nell'ideologia del libero mercato. È la sua essenza. Giusto? Nella teoria economica del libero mercato, una cosa come l'ambiente non va tenuta in considerazione. Qual era la parola che ti piaceva tanto? «Esternalità»? - Sí, proprio quella, - disse Walter. - La teoria non sarà cambiata molto da quando andavamo a scuola, immagino. La teoria sostiene che non c'è nessuna teoria. Giusto? Il capitalismo non può permettersi un discussione sui limiti, perché lo scopo del capitalismo è proprio la crescita illimitata del capitale. Se vuoi usare i mezzi d'informazione capitalisti e comunicare in una cultura capitalista, non ha senso che parli di sovrappopolazione. È proprio un controsenso. Ed è questo il tuo vero problema. - Forse dovremmo aggiornare la riunione, allora, - disse Jessica in tono sarcastico. - Visto che non c'è niente da fare. - Non l'ho inventato io, il problema, - le disse Katz. - Ve lo sto solo facendo notare. - Conosciamo il problema, - disse Lalitha. - Ma siamo un'organizzazione pragmatica. Non stiamo cercando di abbattere il sistema, solo di mitigarne gli effetti. Cerchiamo di aiutare il dibattito culturale a mettersi in pari con la crisi, prima che sia troppo tardi. Vogliamo fare con la sovrappolazione la stessa cosa che Gore sta facendo con i cambiamenti climatici. Abbiamo un milione di dollari in contanti, e ci sono misure molto pratiche che possiamo adottare subito. - A me non dispiacerebbe abbattere il sistema, - disse Katz. - Per quello contate pure su di me, io ci sto. - Il motivo per cui non si può abbattere il sistema, in questo paese, - disse Walter, - è proprio la libertà. Il motivo per cui in Europa il libero mercato è temperato dal socialismo è che laggiú non sono cosí attaccati alle libertà personali. Hanno pure un tasso di crescita demografica inferiore, anche a parità di livello di reddito. Insomma, nel complesso gli europei sono piú razionali. E in questo paese il dibattito sui diritti non è razionale. Si svolge sul piano dell'emotività, dei risentimenti di classe, ed è per questo che la destra ha buon gioco a sfruttarlo. Ed ecco perché voglio tornare a quello che diceva Jessica sulle sigarette. Jessica rispose con un cenno, come per dire, grazie! Dal corridoio arrivò un rumore di tacchi: qualcuno, Patty, che camminava in cucina. Katz, che moriva dalla voglia di fumarsi una sigaretta, afferrò invece la tazza vuota di Walter e si preparò un pezzo di tabacco da masticare. - Le trasformazioni sociali positive partono dall'alto, - disse Walter. - Il ministero della Salute fa uscire un rapporto, la gente istruita lo legge, i ragazzi intelligenti cominciano a capire che fumare è stupido, non è cool, e il numero dei fumatori diminuisce in tutta la nazione. Oppure Rosa Parks si siede sull'autobus, gli studenti di college lo vengono a sapere, manifestano a Washington, salgono sugli autobus che vanno a sud, ed ecco che nasce un movimento per i diritti civili. Ormai siamo a un punto in cui qualunque persona mediamente istruita può capire il problema della crescita demografica. Quindi il prossimo passo sarà trasformarlo in una causa cool per gli studenti di college. | << | < | > | >> |Pagina 488L'Orco di WashingtonIl padre di Walter, Gene, era l'ultimo figlio di Einar Berglund, uno scontroso svedese immigrato all'inizio del ventesimo secolo. C'erano parecchie cose poco gradevoli nella Svezia rurale - il servizio militare obbligatorio, i pastori luterani che ficcavano il naso nella vita dei parrocchiani, una gerarchia sociale che impediva quasi del tutto la mobilità verso l'alto -, ma quello che aveva davvero spinto Einar ad andarsene in America, secondo la storia che Dorothy aveva raccontato a Walter, era stato un problema con la madre. Einar era il maggiore di otto fratelli, il principino della fattoria dove viveva con la famiglia, nell'Österland meridionale. Sua madre, che forse non era la prima donna scontenta di aver sposato un Berglund, aveva favorito il primogenito in modo sfacciato, vestendolo meglio dei fratelli, nutrendolo con la crema del latte degli altri, e risparmiandogli il lavoro nella fattoria per consentirgli di dedicarsi allo studio e alla cura di sé. («L'uomo piú vanitoso che abbia mai conosciuto», diceva Dorothy). Il sole materno splendette su Einar per vent'anni, ma poi, per errore, sua madre ebbe un figlio tardivo, un maschio, e se ne innamorò come un tempo si era innamorata di Einar; e questo, Einar non glielo avrebbe mai perdonato. Non riuscendo ad accettare di non essere piú il figlio preferito, il giorno del suo ventiduesimo compleanno si imbarcò per l'America. Una volta stabilitosi laggiú, Einar non fece mai piú ritorno in Svezia, non rivide piú sua madre e dichiarò con orgoglio di aver dimenticato ogni parola della lingua materna, mentre, alla minima provocazione, pronunciava lunghe invettive sul «paese piú stupido, compiaciuto e meschino del mondo». Diventò parte del campione demografico coinvolto nell'esperimento americano sull'autogoverno, un campione statisticamente inattendibile fin dall'inizio, perché la gente che lasciava l'affollato Vecchio Mondo per il nuovo continente non era quella con i geni della socievolezza: era quella che non andava d'accordo con il prossimo. Da giovane, in Minnesota, Einar aveva lavorato prima come boscaiolo per abbattere le ultime foreste vergini, e poi come sterratore in una squadra di costruttori di strade, finché, non riuscendo a far soldi in nessuno dei due modi, era stato attratto dall'idea comunista secondo cui il suo lavoro veniva sfruttato dai capitalisti della costa orientale. Poi, un giorno, mentre ascoltava un agitatore comunista in Pioneer Square, ebbe un'intuizione, e capí che per farsi strada nel nuovo paese avrebbe dovuto sfruttare a sua volta il lavoro altrui. Con alcuni dei fratelli minori che lo avevano seguito in America, Einar si mise in affari come costruttore di strade. Per tenersi attivi durante i mesi di gelo, lui e i suoi fratelli fondarono anche una cittadina sulle rive dell'alto Mississippi e vi aprirono un emporio. All'epoca Einar doveva avere ancora idee radicali, perché concesse credito illimitato agli agricoltori comunisti, molti dei quali finlandesi, che tentavano di sbarcare il lunario sfuggendo alle grinfie dei capitalisti della costa orientale. Il negozio andò ben presto in perdita, ed Einar stava per vendere la sua quota quando un suo ex amico, un uomo di nome Christiansen, apri un emporio rivale dall'altra parte della strada. Per puro dispetto (secondo Dorothy), Einar tenne aperto il negozio per altri cinque anni, nel pieno della Grande Depressione, accettando cambiali non riscuotibili da ogni agricoltore nel raggio di quindici chilometri dal paese, finché il povero Christiansen non fu costretto a dichiarare bancarotta. Allora Einar si trasferí a Bemidji, dove fece buoni affari con la costruzione di strade ma finí col vendere l'impresa per un prezzo disastrosamente basso a un collega untuoso che ostentava simpatie socialiste.
L'America, per Einar, era l'anti-Svezia, il paese della libertà, il luogo
dei grandi spazi aperti dove un figlio poteva
ancora sentirsi speciale. Niente, però, disturba questa sensazione quanto la
presenza di altri esseri umani che si sentono
altrettanto speciali. Dopo aver ottenuto, grazie all'intelligenza
innata e al duro lavoro, un certo grado di benessere e indipendenza, e aver
deciso che ciò non gli bastava, Einar divenne un
paradigma di rabbia e insoddisfazione. Negli anni Cinquanta,
dopo essersi ritirato dagli affari, cominciò a spedire lettere
natalizie ai parenti in cui deprecava la stupidità del governo
americano, l'iniquità della sua politica economica e la vacuità
della sua religione - tracciando, per esempio, in un biglietto
natalizio particolarmente caustico, un ingegnoso parallelo fra
la madonna nubile di Betlemme e la «puttana svedese» Ingrid
Bergman, che aveva da poco dato alla luce una «bastarda
(Isabella Rossellini) celebrata dai media americani controllati dagli «interessi
corporativi». Malgrado fosse lui stesso
imprenditore, Einar detestava le grandi imprese. Malgrado
avesse costruito la propria carriera sugli appalti governativi,
odiava anche il governo. E malgrado amasse la libertà della
strada, la strada lo rese infelice e folle. Acquistava berline
americane dal motore ultrapotente, con le quali sfrecciava a
centocinquanta-centosessanta all'ora sulle piatte autostrade
del Minnesota, molte delle quali costruite da lui, e sorpassava rombando gli
stupidi che gli intralciavano il cammino. Se
di notte incrociava una macchina con gli abbaglianti accesi,
reagiva accendendo a sua volta gli abbaglianti e lasciandoli
accesi. Se qualche cretino osava tentare di superarlo su una
strada a due corsie, prima accelerava a tavoletta per non lasciarlo passare e
poi decelerava per impedirgli di rientrare nella corsia di marcia, provando un
piacere particolare quando
si rischiava la collisione con un camion in arrivo. Se un altro
guidatore gli tagliava la strada o si rifiutava di dargli la precedenza, Einar
inseguiva il colpevole e cercava di spingerlo
fuori dalla carreggiata, in modo da poter saltare giú dall'auto
e riempirlo di insulti. (La personalità incline al sogno di una
libertà senza limiti è anche propensa, nel caso in cui il sogno
si infranga, alla misantropia e alla rabbia). Einar aveva settantotto anni
quando una manovra di guida alquanto infelice lo costrinse a scegliere tra uno
scontro frontale e un profondo fossato lungo la Route 2. Sua moglie, che gli
sedeva al fianco e che, a differenza di Einar, indossava la cintura di
sicurezza, resistette tre giorni all'ospedale di Grand Rapids
prima di morire per le ustioni. Secondo la polizia sarebbe potuta sopravvivere,
se non avesse tentato di estrarre il cadavere del marito dalla Eldorado in
fiamme. «L'ha trattata come un cane per tutta la vita, - avrebbe detto in
seguito il padre di Walter, - e poi l'ha uccisa».
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