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| << | < | > | >> |Indice7 Introduzione Gino Frezza Parte prima L'archivio digitale, culture dell'audiovisivo. Questioni 25 Note di epistemologia dell'archivio Fabrizio Denunzio 31 Quale utente per l'archivio multimediale? Fabrizio Denunzio e Teresa Numerico 39 Archivi multimediali digitali: i termini del problema Nadia Riccio 51 Oggetti, archivi, interfacce Guelfo Tozzi e Stefano Perna 67 Dal piccolo schermo al pc: la tv a portata di mouse nell'esperienza italiana Nadia Riccio 77 Siti web, agenzie pubblicitarie e archivi digitali interattivi Renée Capolupo 87 Profili di qualificazione giuridica degli archivi digitali multimediali Vito Iorio Parte seconda Archivi digitali e memorie locali/globali 105 L'archivio e la memoria audiovisiva Alfonso Amendola 115 Reti di memorie. Archivi visuali (digitali) e memorie locali Bianca Arcangeli 127 Una banca dati per le immagini di un'area del Mezzogiorno: l'esperienza della banca dati per la memoria dei luoghi dell'Università di Salerno Furio Memoli 147 Fotografi ambulanti a Vallo della Lucania. Uno studio sulla memoria visuale locale Rosaria Gaudio 161 Bersaglio trailer. Prossimamente e "promo": archivio e attivazione della memoria cinematografica Renée Capolupo 175 Bibliografia 187 Sitografia |
| << | < | > | >> |Pagina 7Introduzione
Gino Frezza
1. Il tema degli archivi mediali (archivi che collezionano e rendono consultabili repertori testuali; sonori, principalmente musicali, ma anche dei parlati delle varie lingue e dei dialetti in uso a dimensione locale o nazionale; visivi, principalmente fotografici ma anche illustrativi e a fumetti; audiovisivi, principalmente cinematografici e televisivi; e, oggi, prodotti videoindipendenti, sperimentali, o circolanti on line nelle reti interattive) è emerso nel corso dell'ultima decade come una questione principale della memoria collettiva e della testimonianza culturale non solo generazionale. E come tema connesso sia ai problemi della ricerca scientifica e della conoscenza sia a una dimensione nuova della progettazione e della produzione intellettuale del sapere, con non scarse conseguenze per forme innovative di economia della comunicazione e della cultura. Nell'era digitale, gli archivi fanno crescere esponenzialmente l'esigenza sociale di rivitalizzare e usare permanentemente le memorie a valore collettivo depositate nei repertori di comunicazione pubblici e privati, e di poter fare ciò dentro e fuori da cornici istituzionali. Per esempio, le vecchie e pur gloriose logiche che hanno portato alle concezioni fondative (e alle procedure di uso) di biblioteche, cineteche e mediateche di grado analogico trovano nelle tecnologie e nei linguaggi interattivi del digitale non solo piattaforme di rilancio ma, soprattutto, un orizzonte inedito di significato. Ancora: molte delle acquisizioni relative al valore degli archivi mediali audiovisivi, accumulate nelle decadi fra i Sessanta e gli Ottanta del Novecento, con la crescita e la diffusione delle tecnologie digitali sono soggette a un ripensamento radicale. Archivi digitali corrispondenti a cineteche e a mediateche non soltanto aggiungono nuove funzioni di uso a quelle tipiche della conservazione e del restauro, ma implicano modelli diffusivi originali dei beni di conoscenza legati alla consultazione e alla collocazione del materiale "virtuale" corrispondente a quello "originario" costituente l'archivio. Non solo per i suddetti motivi, pensiamo sia giunto il momento di ricostruire i principali paradigmi teorici che si sono dedicati al tema degli archivi di comunicazione, seppure in modo breve e necessariamente sommario. In special modo, in questo volume, pur toccando questioni che attengono al tema generale degli archivi nell'epoca delle comunicazioni digitali, ci si occupa principalmente degli archivi visivi e audiovisivi: non solo per l'interesse specifico dedicato a essi da una buona parte degli autori del libro ma in quanto, proprio dal punto e dalla situazione che li riguarda (sia sul piano tecnologico, che per la loro complessità di oggetti e di pratiche comunicative sottese), sono stati evidenziati problemi che hanno una valenza sia peculiare che generale. E difatti, nel merito degli archivi audiovisivi si è mossa una vasta discussione di ordine storico e interpretativo. Sui quesiti inerenti la qualità delle fonti visive e audiovisive si è articolata una ricca bibliografia teorica e metodologica: un primo importante risultato è l'avere, in questo modo, ricollocato il repertorio del cinema e degli audiovisivi nell'ambito disciplinare delle storie contemporanee. Questo risultato da un lato attesta la centralità dei modi con cui gli audiovisivi comunicano per le scienze storiche (al centro di tali riflessioni è il problema non solo del reperimento ma soprattutto della natura della fonte storica, da quella testuale-linguistica alle fonti visive e audiovisive, private e pubbliche, e alle loro "critiche" modalità di accesso) ma dall'altro segnala come al nodo dell' archivio mediale oggi si riconducono le discipline teoriche della comunicazione. Le storie del cinema e della televisione, le sociologie della comunicazione, da prospettive disciplinari diverse, pongono una specifica attenzione a come i linguaggi e le tecnologie del cinema, della tv, dei nuovi media abbiano contribuito in maniera decisiva a ripensare la nozione stessa di archivio, e come a loro volta gli archivi audiovisivi costituiscano non una mera funzione di servizio ma siano formidabili strumenti di nuova conoscenza e di originale produzione. Le sociologie dei vecchi e nuovi media negli ultimi anni hanno esplicitato non solo l'alto interesse antropo-sociologico degli oggetti e dei repertori mediali audiovisivi, cioè la loro capacità di rappresentare e testimoniare una vasta serie di processi sociali e culturali avvenuti nel corso del Novecento, ma anche il grande ruolo che tali repertori adempiono per la fattibilità e la producibilità di una comunicazione in grado di reggere le sfide del presente e la progettazione delle forme espressive del prossimo futuro. In questo quadro, anche filologi, linguisti e sociolinguisti che si sono dedicati a una profonda revisione della nozione di fonte testuale e del particolare rapporto fra pratica linguistica orale e scritta hanno trovato nell'occasione tecnologica degli archivi digitali un'opportunità tanto inattesa quanto assai rivelatrice. Dal loro particolare angolo visuale, i processi della comunicazione scritta e parlata manifestano relazioni e depositi di senso che appositi archivi – rinnovati nella concezione e nel funzionamento di uso diffuso e interattivo – conservano e ordinano in categorie analitiche che favoriscono una più avanzata comprensione dei meccanismi del linguaggio verbale. Una particolare attenzione in questi anni è stata rivolta, specialmente dai sociologi dei media e dagli interpreti più attenti alle dinamiche del cambiamento dei meccanismi della comunicazione audiovisiva, agli archivi delle strutture produttive pubbliche (ad esempio RAI, Mediaset, cine e mediateche comunali, ecc.); ciò per il dichiarato e noto ruolo da queste svolto nell'arco di vari decenni, un ruolo non secondario nel delineare gli attuali assetti della società della conoscenza e dell'informazione tecnologica. Oltre che a tali archivi pubblici, occorre però far riferimento a un'altra vasta area di archivi, comprendente gli archivi privati, testuali e non, gli archivi audiovisivi di strutture operanti in settori laterali a quelli della comunicazione, gli archivi di imprese le più diverse, più o meno grandi (dalla dimensione multinazionale a quella familiare...) e così via; si tratta di un'area composita ed eterogenea che ancora attende di divenire oggetto di adeguata ricerca scientifica. Specialmente nella stratificata e multiforme realtà — che talora presenta punte non solo di arretratezza ma anche di interessante modernità — del Mezzogiorno italiano. Questo scenario, mentre si rivela decisamente interessante, non è privo di incognite e difficoltà di vasta risonanza. Dal punto di vista delle realtà private che, in epoca digitale, hanno facoltà di ricostruire archivi a partire dalle produzioni materiali d'epoca e dai reperti ancora integri o in grado di assemblare universi di senso (per le culture materiali o per la documentazione di pratiche d'impresa, dal livello artigianale a quello aziendale moderno), l'orizzonte delle possibilità appare assai promettente, ma anche complesso e non privo di strade divaricabili. Se ne sta accorgendo chi, negli ultimi anni, cerca nuovi criteri e ideazioni originali per la creazione di "musei virtuali": per questi spazi espositivi che spostano sul web il valore di oggetti del passato e di pratiche di vita, il design ambientale deve — come dire? — appunto "sposarsi" con il carattere immateriale degli oggetti e dei dati che costituiscono la natura stessa di un archivio "virtuale". E così, dunque, le teorie e le pratiche del design — oggettuale, industriale, architettonico — sono intrinsecamente coinvolte dalla nozione di archivio mediale, dalla quale derivano elementi di operabilità e relazioni che pongono radicalmente in questione le procedure tradizionali e le idee fondative, i saperi, della progettazione di ambienti, di oggetti, di "cose". Last but not the least, l'insieme delle conoscenze giuridiche — per le quali l'epoca digitale sta riformulando i settori e le pratiche di comunicazione con la mera qualità di una aggiornata strumentalità ma come dimensione integralmente innovativa - a sua volta riflette su caratteri e vincoli di norme adeguate a rappresentare l'immaterialità del bene di conoscenza costituito dai prodotti della comunicazione digitale, e dunque dall'archivio mediale; quando si tratti di un archivio o di un'opera di comunicazione individuabile al di fuori dei perimetri un tempo materialmente riconducibili alla nozione di autore individuale, si introducono necessariamente altri quadri di concezione al di fuori di ogni pretesa di esclusività del diritto. L'archivio mediale digitale mette in discussione un intero ambito di validità di criteri e vincoli giuridici: è la curva dei mutamenti che, dal diritto d'autore, sottolinea il valore pubblico, la partecipazione collettiva alla memoria intersoggettiva testimoniata nelle singole forme dei testi e delle opere, ovvero la configurazione eminentemente sociale delle conoscenze disposte e articolate dagli archivi. | << | < | > | >> |Pagina 112. Il nostro volume, L'arca futura, cerca di inserirsi in questo "quadro" brevemente disegnato. E lo fa riprendendo e prolungando almeno due "tratti" di questo disegno generale.Il primo riguarda l'interdisciplinarietà, o meglio, le valenze plurime e le prospettive molteplici che si generano dal momento in cui il problema degli archivi digitali è inquadrato nel modo sopra appena esposto: riflessione tecnologica, analisi storica e semiotica, teoria socio-culturale, conoscenza giuridica si trovano chiamate in causa, e sono tenute a intrecciare le loro competenze di fronte alla controversia su come pensare gli archivi nell'epoca digitale e all'interno della società della conoscenza. La prima parte del volume testimonia i risultati ottenuti dopo alcuni primi approcci di metodo e di scelta dei principali significati emergenti a questo livello dell'analisi. Il secondo "tratto" è rappresentato dalla valorizzazione del patrimonio archiviale del Mezzogiorno; questo libro ha l'ambizione di dimostrare l'estrema produttività di intraprendere un'ampia serie di interventi sulla qualità degli archivi mediali, pubblici e privati, del Sud d'Italia, portando una prima esemplificazione sui risultati che ne possono conseguire. Si è scelto infatti di lavorare empiricamente su un territorio specifico come il Cilento (situato nella provincia di Salerno e ai margini di quella di Cosenza), analizzando dettagliatamente, e con grande passione, alcuni repertori del luogo; in tal modo la ricerca ha scoperto attestazioni archiviali che documentano una storia moderna e contemporanea di significativo interesse antropo-sociologico e culturale-mediologico. La seconda parte del volume registra le acquisizioni ottenute in questa direzione. Da qui apparirà più chiaro il senso del titolo dato al libro: l'arca futura da un lato evoca forme e modi di raccolta e di conservazione degli oggetti, in particolare degli oggetti della cultura, il cui scopo principale è tutelare le cose, i saperi, i punti di vista, del passato (è il caso del Cilento, ma l'intero Mezzogiorno e, anzi, tutta la penisola italiana presentano una assai ricca tipologia di casi), dall'altro permette di pensare a un ponte e a un collegamento – produttivo, testimoniale, memoriale – verso il futuro (di ciò, non a caso, si è fatta carico la riflessione teorica). Questo libro affronta, quindi, il tema degli archivi mediali digitali e il modo in cui essi, nell'era delle reti di comunicazione, organizzano in modo nuovo le strategie della conservazione culturale e della memoria. Pone alcuni quesiti ed evidenzia aspetti che mostrano che la nozione di archivio digitale non è semplice né è il frutto di volontà spontanee o di operazioni conducibili secondo idee precostituite o tradizionali, ma anzi richiede l'elaborazione di saperi specifici, di attività ben mirate e finalizzate e, soprattutto, da inquadrare in maniera aperta, disponibile a rimettersi in gioco. Fra i problemi discussi in questo volume, non a caso emergono i seguenti nodi: il rapporto fra comunicazioni digitali e nuovi profili di utenti; archivi digitali e rilancio di memorie locali; la qualità interattiva richiesta da varie tipologie di archivi digitali, in particolare di quelli audiovisivi; la qualificazione giuridica di tali archivi. Insomma, gli archivi digitali si pongono all'apice della necessità di formulare quadri e cornici metodologiche che sappiano adeguarsi alle esigenze di una cultura sottoposta a una ridefinizione profonda del rapporto fra comunicazione e sapere. | << | < | > | >> |Pagina 133. Può essere utile passare in veloce rassegna gli aspetti teorici più significativi che emergono dagli archivi digitali e osservare come essi modifichino sostanzialmente il paesaggio culturale all'interno del quale vengono concepite le complesse relazioni che intercorrono, appunto, tra comunicazione e sapere.
Qui si riporta in maniera sintetica e generale il complesso di riflessioni,
trattazioni e problematizzazioni che
ogni saggio del volume affronta in modo specifico e dettagliato. Se ne fa cioè
una "panoramica" concettuale, mentre il "primo piano" dell'argomentazione spetta
invece ai singoli contributi degli autori. Per raggiungere
tale fine è opportuno indicare l'insieme degli elementi
teorici collocati nella panoramica, con le conseguenze
che ne derivano.
Incorporazione e innesto Il campo degli archivi digitali pone in gioco la stratificazione dei modi con cui nei nuovi media vengono incorporati i media "classici" visivi e audiovisivi come la fotografia, il fumetto, il cinema e la televisione. Il problema non è da poco poiché i media "classici" sono già al loro interno definiti da straordinarie complessità, relative alle forme produttive e agli aspetti socio-culturali connessi a una varietà di forme di destinazione e di usi dei prodotti audiovisivi.
L'innesto di patrimoni audiovisivi analogici – pubblici
e privati – nell'ambito delle opportunità consentite dalle
tecnologie digitali deve necessariamente misurarsi con esigenze di trasferimento
e con piani di operabilità che riflettano e comprendano questo tipo di
complessità. Tali piani di operabilità configurano questioni relative alle
particolari modalità con cui gli audiovisivi comunicano, su piani eterogenei e
interconnessi (suoni, icone, figure, cornici della visualizzazione ecc.),
attivando strategie di ordine
cognitivo, procedure di significazione, che qualsiasi forma
di archiviazione digitale deve portare a esiti soddisfacenti. Non sempre tali
livelli (costituenti l'identità stessa delle forme di comunicazione audiovisiva)
sono tenuti in conto da coloro che allestiscono archivi mediali digitali;
quasi sempre gli audiovisivi sono trattati alla stregua dei
repertori testuali scritturali, o al più sono equiparati o tradotti attraverso
equivalenti testuali. E ciò, evidentemente,
non tratteggia l'ottica meglio pertinente a sviluppare archivi digitali in grado
di ricomporre tutte le sfere di comunicazione e di conoscenza attivate dagli
audiovisivi. Il problema si amplifica quando questi vengono ammessi, nel
progettare archivi digitali, in logiche di operabilità ipertestuale o
multimediale con altri e diversi repertori di comunicazione.
Dicibilità e narrazione
La complessità e l'eterogeneità delle forme comunicative audiovisive finisce
con il coinvolgere inevitabilmente
i motori di ricerca poiché da essi dipende l'accesso alle
informazioni. Nel caso degli archivi digitali questo significa pensare a motori
di ricerca capaci di poter "dire" e
"navigare" la molteplicità dei "testi" conservati grazie a database archiviali
fatti in modo tale da fornire prestazioni
dignitose (di consultazione, di ricerca, di individuazione
del "pezzo" cercato, dell'unità di "senso" settoriale o generica che può essere
variamente presente in una dotazione
archiviale complessa). La questione si pone ogni qualvolta si debba confezionare
o allestire un catalogo multimediale audiovisivo degno di questo nome. Catalogo
che non si restringa alla sola elencazione numeraria, terminologica o
definitoria – in modalità quasi esclusivamente testuale/linguistica – del
repertorio, ma che consenta ricerche finalizzate e specializzate o tematizzate
nella valorizzazione dei diversi campi semantici eterogenei che
contraddistinguono gli oggetti e i prodotti audiovisivi.
Supporto e identità Le tecnologie digitali approntano processi tecnici e socio-culturali su una soglia epistemologica innovativa e dirompente. Per questa, infatti, i "supporti" della comunicazione analogica (che hanno svolto e ancora svolgono un ruolo nient'affatto secondario nelle pratiche della comunicazione audiovisiva di tipo tradizionale – basti pensare alla pellicola per il cinema – ma anche in quelle di fattura ibridata – basti pensare al vhs o al dvd per il cinema e la tv) emergono in una loro enigmatica irrisorietà. Tant'è che il "contenuto" del prodotto digitale è senz'altro trasferibile da supporto a supporto, e dunque il "materiale" preposto a questa funzione del "veicolare" si riduce a una mera evenienza. La crescita esponenziale dei formati digitali, peraltro suscettibili di innovazione e di ricreazione su livelli più avanzati o più interoperabili ecc., dei prodotti archiviati – e in special modo degli audiovisivi – mette in evidenza, con la suddetta radicalità epistemologica, la questione dell' identità degli oggetti culturali trasformati o reinscritti in formati digitali. Un'identità di segno e di senso di incerta e problematica definizione. Essa da un lato richiede di definire con maggiore sapienza la forma storica degli audiovisivi, cioè la loro origine ed evoluzione nel corso del Novecento (nell'epoca dei media "classici", i supporti non erano meri dispositivi di registrazione e riproduzione, ma implicavano serie ben determinate di creazione di forme-segno e di usi, nella produzione e nel consumo degli stessi audiovisivi) e, inoltre, gli scenari della futura società interattiva e multimediale-digitale del futuro (nella quale gli audiovisivi, in formati d'avanzata interoperabilità, potrebbero avere, anzi senz'altro avranno, identità culturali di esistenza e di circolazione tali da giungere a occasioni in cui gli audiovisivi stessi – all'estremo – potrebbero "spogliarsi" del peso specifico dei loro apparati di produzione). Muovendosi in questo senso, appare chiaro quanto la tecnologia digitale abbia mutato il contesto della produzione audiovisiva, rendendo possibili realizzazioni a basso costo di prodotti e di forme-segno dell'immagine sonora che in precedenza richiedevano investimenti, impianti e attrezzature dispendiosi e di complessa gestione. Non c'è solo questo "effetto" da considerare, però. Il basso costo e la dotazione tecnologica digitale diffusa aprono il campo a possibilità sperimentali di forme e di espressioni inedite – dalla contaminazione alla mutazione nei rapporti fra immagini e suoni – che squadernano i processi produttivi e creativi e riposizionano l'intero scenario della creatività audiovisiva.
Ancora: "secondo un processo che potrebbe dirsi di democratizzazione
produttiva, il panorama degli audiovisivi riscontra come numerosi e
differenziati soggetti accedono alla produzione di contenuti e, grazie alla
'leggerezza' del codice binario, li diffondono attraverso canali che
non sono più sottoposti – in linea di principio: qui si situa
uno degli aspetti dei conflitti attuali fra accesso alla conoscenza e proprietà
delle opere digitali – al controllo dei gestori di media
mainstream".
Inoltre, "nel passaggio dal modello di comunicazione televisiva broadcasting a
quella
on demand
risiede il nuovo statuto della televisione come archivio o, con il termine
invalso tra gli addetti ai lavori, come
library"
(Riccio,
infra).
Struttura dell'archivio Dall'interazione dei diversi elementi teorici appena definiti si ottiene almeno un risultato decisivo. Un archivio audiovisivo digitale, degno di tal nome, non ha quasi nulla a che fare con la struttura e la finalità di una cineteca classica (alla quale va senz'altro riconosciuta un'altra funzione, con una connessa dignità che però va globalmente riconfigurata all'interno di più complete e diversificate funzioni dell'archivio audiovisivo digitale). Un archivio fotografico digitale non ha, nemmeno esso, poco o nulla da spartire con una teca fotografica referenziale o storicistica o di rappresentazione sociale antropologica (anche se tali funzioni possono essere riconvertite in una delle funzioni da progettare, in futuro, per archivi mediali fotografici di livello innovativo).
Si tratta di un orizzonte dove la ricerca teorica e applicata
(interdisciplinare: di progettazione informatica e di
design interattivo; di segmentazione socio-semiotica dei valori di significato
delle immagini sonore, come testimonianza di saperi culturali pubblici e
individuali, globali e locali; di valorizzazione territoriale delle relazioni
comunicative aperte fra aree determinate e campi d'interazione sociale
a dimensione sovranazionale, ecc.) ha una serie vasta di
compiti da chiarire e da condurre a soluzione. La struttura
dell'archivio digitale audiovisivo non è, in questa prospettiva, una mera
funzione tecnica ma un'opzione culturale, un
quesito posto sia ai saperi scientifici che alle esigenze politiche di una
comunicazione all'altezza delle forme di vita e
dei contesti ambientali della società postmoderna.
Immaterialità ed espansione In virtù delle differenze radicali rispetto agli archivi testuali o audiovisivi tradizionali, gli archivi digitali mostrano una dimensione immateriale che supera i vecchi parametri con cui si identificavano (proprio come "oggetti") i prodotti e le opere del cinema e della televisione. Opere che vengono trasferite su diverse piattaforme di funzionamento, che ne cambiano relativamente la forma e il quadro di interazione con i pubblici, le condizioni pragmatiche di comunicazione; ossia opere soggette a una reinscrizione del senso, a una riattivazione che rende problematici, ma anche fortemente interessanti, i collegamenti fra passato e presente. L'archivio digitale è una verifica permanente della conoscenza collettiva e delle categorie con le quali un repertorio memoriale e sociale si cristallizza in saperi istituzionali. Non ultimo effetto: l'archivio digitale espande e reticola in modo innovativo le memorie depositate nei "vecchi" repertori audiovisivi "analogici" (per esempio, piccoli o grandi repertori di memorie locali e territoriali) in rapporto a esigenze di fruizione distribuite su scala sovranazionale. L'archivio digitale rende percepibile – e soprattutto attivo – in maniera diretta il nodo fra globale e locale. | << | < | > | >> |Pagina 184. L'insieme degli aspetti concettuali posti in essere dagli archivi mediali digitali, e riportati nella "panoramica" che si è appena delineata, costituisce una sorta di piano generale teorico, una serie di coordinate di pensiero, con cui affrontare l'intera questione.
Ma, a questo piano ne corrisponde un altro di natura
pratica, ossia un livello sul quale la proposta teorica diventa
operativa. L'orizzonte della nostra ricerca su l'
arca futura
si è posto come obiettivo anche quello di chiarire alcuni
termini di un modello progettabile di interfaccia cognitiva per gli archivi
digitali.
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