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| << | < | > | >> |IndiceIntroduzione 14 Tra medine e cemento armato 32 Gente fra mare e deserto 52 Un abbraccio di mare e sabbia 66 Le vestigia del passato 98 |
| << | < | > | >> |Pagina 15INTRODUZIONELa Libia, rimasta fino a questi ultimi anni nascosta agli occhi del turismo occidentale, ha aperto le sue frontiere e dischiuso i suoi inestimabili tesori ambientali e archeologici. Visitare il Paese significa entrare nel mondo preistorico dei graffiti rupestri e in quello di un'inaspettata ricchezza sotto il profilo archeologico, nel mondo dei mille deserti con i laghi azzurri e le oasi bianche, nel mondo dell'architettura coloniale e della forte connotazione tradizionale, ma anche in quello del moderno che avanza fra le antenne paraboliche, gli ultimi modelli della produzione tecnologica planetaria e le forme più avanzate della comunicazione. Più di 2000 chilometri di litorale mediterraneo, dal confine occidentale con la Tunisia fino all'estremità opposta, dove si raggiunge la frontiera con l'Egitto: questo è il mare di Libia. Quella libica non è altro che la costa meridionale di quel "mare interno", aperto e grande, che è il Mediterraneo. Lo sguardo si spinge all'orizzonte senza mai incontrare ostacoli, solo due piccolissime isolette: Farwa, verso la Tunisia, una lingua di sabbia con qualche palma, e Bomba, un affiorante scoglio cirenaico. La costa tripolitana è arenarica. Qui le rocce costituite dall'ossidazione della sabbia disegnano gradoni che digradano verso l'acqua; in alcuni punti si può camminare lungo l'ultimo di essi, proprio dove si infrangono le onde, in altri invece l'azzurro del mare si appropria delle rientranze dando vita a baie di assoluta bellezza dove la sabbia, con le sue tonalità che variano dal bianco all'ocra, incontra la spuma morbida della battigia. La zona di Psis, a circa un'ora da Tripoli in direzione est, o le spiagge intorno a Sabratha, sono incantevoli per un lunghissimo periodo dell'anno, a patto di tenersi a debita distanza dalle zone abitate. Qui, infatti, impera la malaugurata abitudine di abbandonare i rifiuti a ridosso del mare, creando quasi una continua discarica fra il villaggio e la linea della costa, dove gli avanzi di cibo si mescolano alle ruggini delle vecchie latte o alle scorie di plastiche indistruttibili. In queste zone, però, gli insediamenti sono così poco numerosi che la spiaggia resta intatta, ombreggiata dagli eucalipti che si spingono fin quasi al mare, morbida e selvaggia allo stesso tempo: la costa più inviolata di tutto il Mediterraneo. Al centro della costa libica una rientranza, dalla quale pare si sia staccata in tempi remoti la Sicilia, forma un ampio golfo dove il deserto incontra il mare. È la regione della Sirtica, le "terribili Sirti" dei marinai greci; lì la fanghiglia di acqua e sabbia creava pericoli costanti per le imbarcazioni. Quest'area, poco balneabile, proprio per questa sua caratteristica di confondere - in un habitat unico - terra e acqua si pone come spazio ideale per la fauna sia marina, sia della terra e del cielo. Luogo scelto dalle tartarughe marine per deporre le uova e da numerose specie di uccelli che vi trovano abbondante cibo, la Sirtica resta l'area più selvaggia e meno conosciuta del Paese, quella da cui proviene l'attuale leader, la regione dove - per lunghi anni i beduini hanno vissuto con le spalle al mare, attendati in mezzo alle loro mandrie di cammelli o alle loro greggi, unica importante ricchezza. Il mare della Cirenaica forse è meno suggestivo, le spiagge sono meno numerose ma, in alcuni tratti, la roccia che scende direttamente nel mare esercita un fascino assoluto, creando uno scenario forte: i colori si intensificano e si mescolano ai verdi della folta vegetazione della montagna, la stessa sulla quale gli antichi coloni greci di Thera (Santorini) decisero di fondare Cirene.
L'intera costa libica, nel passato, ha
vissuto una vita più intensa: in questa zona è stato rinvenuto un gran numero di
reperti sottomarini e altrettanto numerose nell'antichità erano le ville dei
ricchi commercianti di Leptis Magna, di Cirene o di Sabratha. Oggi, a secoli di
distanza, il mare della Libia, solcato da rarissimi pescherecci, ci parla di
orizzonti, di immensità, di spazio, di infinito.
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